30 settembre 2004

In sole 24 ore, 22 Palestinesi uccisi e 108 feriti.

Mercoledì sera un lancio di razzi Qassam contro la cittadina di Sderot ha provocato la morte di due bambini israeliani, Dorit Aniso, di due anni, e Yuval Abebeh, di quattro: ancora due innocenti vittime di un'aggressione barbara e illegittima.
Va detto, a onor del vero, che - secondo un recente rapporto dello Shin Bet - i Palestinesi ad oggi hanno lanciato 460 razzi Qassam, di cui 380 oltre la green line, e solo in questo e in un altro caso il lancio ha avuto conseguenze letali, determinando in totale la morte di quattro israeliani.
Precedentemente, nel corso di una sola giornata, l'esercito israeliano aveva ucciso sei Palestinesi, di cui tre minori di 18 anni: Mohammed Jaber, di anni 13, ucciso a Netzarim mentre tirava pietre ai soldati, Ahmad Madi, di anni 17, e Said Mohammed Abu Eish, di anni 14, questi ultimi due assassinati da Tsahal nel campo profughi di Jabalya.
E' adesso, tuttavia, che è arrivata puntuale e terribile la vendetta di Israele per i fatti di Sderot, ed è così vasta la portata delle operazioni militari - iniziate mercoledì sera e proseguite oggi - ed il numero di morti e di feriti è così alto che non si riesce più letteralmente a seguire lo svolgersi degli avvenimenti!
Un dato certo è che risultano morti ben 22 Palestinesi ed altri 108 risultano feriti dal fuoco dell'esercito israeliano, il più alto numero di vittime in una sola giornata dall'inizio della seconda Intifada.
Soltanto nel campo profughi di Jabalya, e nel giro di sole sei ore, sono stati feriti ben 72 Palestinesi, di età compresa tra i 10 e i 60 anni.
Non si ha notizia di vittime tra le fila del valoroso esercito israeliano...
Un portavoce del Governo israeliano, Gideon Meir, ha dichiarato che Israele ha l'obbligo di proteggere i propri cittadini: vero, ma non crediamo che tale obbligo possa contemplare la punizione collettiva ed il massacro dell'intera popolazione palestinese della zona!

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29 settembre 2004

La discriminazione razziale in Israele.

Non è una notizia recentissima, comunque...
Esiste in Israele la Legge sulla Cittadinanza e l’Ingresso in Israele (Disposizione Temporanea) 5763 – 2003, originariamente approvata nel luglio dell’anno scorso, che vieta che venga accordata la residenza o lo status di cittadino ai Palestinesi dei Territori occupati che siano sposati a cittadini israeliani o permanentemente residenti in Israele.
Questa è una legge di discriminazione razziale, perché individua come “bersaglio” una categoria di persone individuata solo sulla base della nazionalità, ed impedisce loro di vivere insieme al proprio coniuge ed ai propri figli in Israele o a Gerusalemme Est.
Per converso, agli Israeliani sposati con cittadini residenti nei Territori occupati viene negato un diritto che è invece riconosciuto a tutti gli altri Israeliani, quello di vivere con i propri cari e di stabilire la residenza insieme ad essi in un posto di propria scelta, nonché quello di essere protetti da arbitrarie e illegali interferenze all’interno della propria sfera familiare.
Poiché non è permesso ai Palestinesi dei Territori occupati di ricongiungersi ai propri familiari cittadini o residenti di Israele o di Gerusalemme est, questa legge ingiusta li costringe ad una scelta dolorosa.
Infatti queste persone o scelgono di vivere separate, oppure il cittadino israeliano è costretto a trasferirsi nei Territori occupati.
Ma, a parte ogni altra considerazione, questa scelta non è certo indolore, perché in tal modo il cittadino israeliano viene a perdere ogni diritto legato alla residenza e/o alla cittadinanza, inclusi i benefici relativi al sistema di sicurezza sociale.
Approvando questa legge, Israele ha violato i suoi obblighi di diritto internazionale di rispettare il diritto di ciascun cittadino a vivere nel proprio Paese, ed ha costretto, e costringe tutt’ora, molti bambini a vivere con uno solo dei propri genitori.
Due organismi dell’Onu – il Comitato per i Diritti Umani (HRC) ed il Comitato per l’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale (CERD) hanno ripetutamente protestato contro questa legge, chiedendone la revoca: ogni misura presa da Israele per assicurare la propria sicurezza, infatti, deve comunque conformarsi agli standard previsti a livello internazionale per i diritti umani.
La Legge sulla Cittadinanza e l’Ingresso in Israele è una legge di discriminazione razziale, che viola i principi fondamentali della non discriminazione posti dagli articoli 2 e 26 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), dall’art.1 della Convenzione Internazionale sulla Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione Razziale, dall’art.2 della Convenzione sui Diritti del Bambino (CRC) e dall’art.2 della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR) : Israele ha ratificato di sua spontanea volontà tutte queste Convenzioni, ed è dunque tenuto a rispettarne le previsioni.
In particolare secondo quanto previsto dall’ICCPR – ratificata da Israele nel 1991 – “anche in caso di pubblica emergenza che minacci la vita della nazione” ad Israele è proibito adottare misure che prevedano forme di discriminazione “sulla base di razza, colore, sesso, lingua, religione o origini sociali”.
La Legge sulla Cittadinanza e l’Ingresso in Israele aveva, inizialmente, una durata limitata ad un anno, ma era previsto che il Governo israeliano, con il consenso della Knesset, avrebbe potuto prolungarne la validità di volta in volta, per periodi non superiori ad un anno per ciascuna occasione: il che val quanto dire all’infinito, volendo!
Mercoledì 21 luglio, la validità della Legge sulla Cittadinanza e l’Ingresso in Israele è stata estesa per un periodo di ulteriori sei mesi, nel più totale silenzio delle istituzioni israeliane e, naturalmente, dei media.
Probabilmente, anche in Israele c’è qualcuno che si vergogna per l’approvazione di simili leggi!

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L'Onu prende nuovamente posizione contro Israele.

Riferendosi alla recente escalation delle uccisioni di civili palestinesi, il Segretario Generale dell'Onu Kofi Annan ieri ha rilasciato un comunicato in cui si chiede ad Israele "di assicurare l'incolumità dei Palestinesi innocenti".
Anche le istituzioni dell'Onu, infatti, non sono immuni dall'attività "difensiva" di Israele, che evidentemente ritiene che la stessa organizzazione rappresenti una minaccia per la sua sicurezza!Il 27 settembre il 55enne palestinese Said al Madhoun è stato ucciso da una raffica di mitra, proveniente da un vicino posto di blocco israeliano, davanti al cancello di una preparatory school gestita dall'Unrwa a Khan Yunis.
Nella stessa giornata, un contractor dell'Unrwa (UN Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) è stato gravemente ferito da soldati israeliani mentre lavorava in un deposito Onu a Rafah.
Mercoledì scorso è morta al Gaza European Hospital di Khan Yunis una bambina di dieci anni, in conseguenza di un colpo di fucile sparatole in testa il 7 settembre, mentre era seduta nel suo banco in una scuola gestita dall'Unrwa a Gaza.
Annan ha chiesto che venga assicurata l'inviolabilità delle istituzioni e delle installazioni dell'Onu, ed ha nuovamente richiamato Israele al rispetto dei suoi obblighi di proteggere l'incolumità dei civili nei Territori palestinesi occupati.
Ma Israele, da questo orecchio, non ci sente proprio!
Intorno alla mezzanotte di ieri, infatti, nuova operazione dell'esercito israeliano (la 12a in tre mesi) nel nord della Striscia di Gaza, condotta da elementi di varie brigate tra cui la Givati e la Golani al comando del Colonnello Avy Levy.
L'operazione era mirata a prevenire nuovi lanci di razzi Qassam contro la cittadina di Sderot, nuovi lanci di quei razzi artigianali così pericolosi da aver causato solo due vittime in tutta la seconda Intifada.
Ma le proteste dei coloni sono sempre così forti e veementi (e la lobby dei coloni è così influente...) che ad ogni lancio, anche senza vittime o danni, Tsahal interviene per rappresaglia con estrema durezza, e così è stato anche ieri e stamattina.
Il sindaco di Sderot, Eli Muyal, non a caso aveva dichiarato: "Beit Hanun dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra!".
E così, detto fatto, incursione notturna di Tsahal a Beit Hanun, Beit Lahiya e a Jabalya.
Gli scontri più duri si sono avuti proprio in quest'ultimo campo profughi, con la morte di due militanti palestinesi, il ferimento di altri quattro e, soprattutto, con l'assassinio dell'inerme 14enne Said Mohammed Abu Eish.
Altri dieci Palestinesi, di età compresa tra i 12 e i 21 anni, sono rimasti feriti dal fuoco delle truppe israeliane, che hanno sparato in risposta ad un letale ... lancio di pietre.
All'incirca nelle stesse ore, a Nablus, Tsahal uccideva un militante di Fatah, il 25enne Majdi Halifa.
Sarebbe interessante conoscere le circostanze esatte della morte dell'uomo: l'esercito israeliano si è limitato a comunicare che il militante palestinese è stato ucciso mentre cercava di scappare.
Fonti ospedaliere palestinesi, tuttavia, hanno specificato che Halifa era stato colpito da almeno 10 pallottole, alcune sparate a bruciapelo...
Nonostante gli obblighi nascenti dal diritto internazionale, nonostante le previsioni della road map, nonostante le risoluzioni e i ripetuti moniti dell'Onu, nonostante il biasimo e la condanna di gran parte dell'opinione pubblica mondiale, Israele continua la sua indefessa opera di devastazione dei Territori occupati e di massacro della popolazione palestinese.
E non si vede proprio come questa barbarie possa avere fine senza un deciso intervento della comunità internazionale, con forme di embargo e di boicottaggio simili a quelle che contribuirono a far cadere il regime dell'apartheid in Sudafrica.

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28 settembre 2004

L'esercito israeliano uccide otto Palestinesi.

Nella giornata di ieri, 27 settembre, l'esercito israeliano ha notevolmente intensificato la sua attività "difensiva", a tal punto che diventa persino difficile tenere dietro al susseguirsi degli avvenimenti e del massacro della popolazione palestinese.
Nelle prime ore della mattinata, operazione in grande stile a Jenin condotta dai soldati delle brigate Nahal e Golani, appoggiate da circa 70 veicoli armati.
Nel corso dell'operazione, i soldati israeliani hanno fatto irruzione in vari edifici, tra cui una scuola e persino un ospedale, l'Al Arazi Hospital; il direttore, Talal Khamad, ha dichiarato che i soldati israeliani hanno causato diversi danni alle attrezzature mediche dell'ospedale.
Risultato finale dell'azione di Tsahal: otto palestinesi feriti.
A Gaza, altri tre Palestinesi sono stati uccisi dall'esercito israeliano: due erano militanti che, a detta di Tsahal, trasportavano esplosivi, il terzo era un civile di 55 anni, Said al-Madhun, fermo davanti al cancello di una scuola nel campo profughi di Khan Yunis e ucciso da una raffica di mitra sparata da un vicino posto di blocco israeliano, sotto gli occhi di una scolaresca.
Nel pomeriggio, ennesima (e sempre illegale) esecuzione extra-giudiziaria da parte di Israele, questa volta a mezzo di un missile lanciato da un elicottero della Iaf a Khan Yunis, che ha colpito un'auto uccidendo un Palestinese e ferendo gli altri tre occupanti.
Nel frattempo, un colono israeliano provvedeva di suo ad assassinare con un colpo di pistola un taxista palestinese presso l'incrocio di Itamar, nel West Bank, forse si trattava di una questione di precedenza, in Israele magari ci si regola così...
Nel pomeriggio, ancora, l'esercito israeliano ha ucciso due Palestinesi nel campo profughi di Balata, vicino Nablus; si trattava del 18enne Ahmed Tirawi e del 25enne Ammar Daasan: gli Israeliani sostengono che i due trasportavano armi, i Palestinesi che stavano tirando pietre ai soldati...
E infine, per chiudere in bellezza la giornata, Tsahal ha assassinato a Jenin un palestinese di 46 anni, il disabile mentale Baleh Bilalu, perchè, udite udite, stava violando il coprifuoco!
In totale, otto morti, vari feriti, una ventina di arresti solo a Jenin.
E nel frattempo, che cosa avevano combinato i feroci, agguerriti e ben armati Palestinesi?Avevano lanciato tre razzi Qassam su Sderot, mandando ben 5 persone in ospedale a curarsi per ... shock!
Andrebbe ricordato, a questo punto, che il lancio di questi razzi artigianali, ad oggi, soltanto in un caso ha provocato due vittime, qualche mese addietro.
Azioni illegali e da condannare senz'altro, ma che non hanno niente a che vedere con i missili israeliani e con il continuo massacro dei Palestinesi messo in atto da Tsahal, ieri come ogni giorno che trascorre in Palestina.

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25 settembre 2004

L'informazione televisiva filoisraeliana

Al contrario di quanto continuamente strombazzato dalla propaganda sionista, l’informazione televisiva italiana – con la sola eccezione della testata di rainews24 – appare sempre più afflitta da una sostanziale parzialità filoisraeliana.
Se qualcuno dovesse farsi un’idea dell’andamento del conflitto israelo-palestinese soltanto dai resoconti dei telegiornali – soprattutto quelli della tv di stato – giungerebbe alla conclusione che il popolo israeliano è vittima di un orrendo e ingiustificato massacro da parte dei biechi terroristi palestinesi mentre, naturalmente, la realtà dei fatti è del tutto diversa.
Questo perché ogni notizia relativa agli attentati kamikaze, o comunque riguardante l’uccisione di civili o di militari israeliani, viene data con ampio risalto ed enfasi, mentre il lento ma costante stillicidio delle morti dei Palestinesi non trova quasi mai spazio, tra una notizia sul traffico ed una sull’influenza di stagione.
Al più, ogni tanto, viene riportato il resoconto di qualche esecuzione “mirata” di militanti palestinesi, con il vergognoso sottinteso – più o meno palese – che è buon diritto di Israele di procedere alla loro eliminazione.
E un esempio di ciò è ben rappresentato dai servizi televisivi relativi a quanto successo in Palestina nella giornata di ieri.
La mattina, militanti di Hamas hanno sparato quattro colpi di mortaio contro l’insediamento colonico di Neveh Dekalim, nel sud della Striscia di Gaza, uccidendo una cittadina americana residente a Gerusalemme – la 24enne Tiferet Tratner – e danneggiando gravemente la casa in cui si trovava.
Pronto resoconto giornalistico della tv di stato, a cura dell’ottimo Claudio Pagliara, immagini della casa danneggiata, la disperazione dei parenti, la giusta deplorazione di quanto accaduto; valido e tempestivo giornalismo, magari si poteva aggiungere che questa è la prima volta che gli attacchi con colpi di mortaio contro gli insediamenti israeliani nella Striscia di Gaza provocano una vittima…
Quello che è completamente sfuggito all’attenzione del buon Pagliara – che sicuramente riceverà un plauso dai redattori di informazionecorretta – è l’attività militare israeliana precedente e successiva all’attacco contro Neveh Dekalim, e i morti ed i feriti tra la popolazione civile palestinese provocati dall’azione di Tsahal.
In precedenza, infatti, l’esercito israeliano aveva provveduto a demolire alcuni edifici di civile abitazione vicino all’insediamento di Morag, solita misura di punizione collettiva – vietata dal diritto internazionale umanitario – conseguente all’uccisione di tre soldati israeliani.
Sempre venerdì, i carri armati di Tsahal hanno aperto il fuoco contro il campo profughi di Khan Yunis, ferendo due civili palestinesi, un uomo di 42 anni ed un bambino di quattro.
Nella tarda serata, un elicottero israeliano ha sparato due razzi all’interno dello stesso campo profughi, uccidendo un uomo di 55 anni e ferendo altri cinque civili; per concludere degnamente la giornata, infine, sono entrati in azione i bulldozer, che hanno raso al suolo ben 35 abitazioni, in una delle più devastanti operazioni di punizione collettiva contro la popolazione civile palestinese di queste ultime settimane.
Di tutto questo, i telegiornali italiani non hanno dato alcuna notizia, né della morte di un civile palestinese, né dei feriti, né della distruzione delle case.
Anche riguardo alla copertura mediatica, dunque, vi è una graduatoria delle distruzioni e delle sofferenze, alcune meritano di essere citate, altre no; anche riguardo ai resoconti giornalistici, vi sono morti di serie A e morti di serie B, e questi ultimi non sono mai residenti in Israele!


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23 settembre 2004

Israele acquista dagli Usa 5.000 bombe "intelligenti".

Israele, evidentemente sentendosi minacciato dalla "aggressività" dei Palestinesi, ha deciso di non avere abbastanza armi per affrontarli; così, ha chiesto ed ottenuto dagli Usa la vendita di 5.000 bombe "intelligenti", per un costo totale di 319 milioni di dollari.
Lo si è appreso grazie ad un rapporto presentato al Congresso Usa poche settimane fa, che specifica nel dettaglio la composizione della fornitura: si tratta di bombe a guida satellitare, più precisamente 500 "bunker-buster" da 1 tonnellata, capaci di penetrare muri di cemento spessi due metri, 2.500 bombe da 1 tonnellata "normali", 1.000 bombe da 500 chili e 500 bombe da 250 chili.
Il Pentagono ha reso noto che la fornitura - una delle più grosse degli ultimi anni - servirà a mantenere il vantaggio qualitativo dell'esercito israeliano e a promuovere, altresì, gli interessi strategici e tattici degli Usa.
Ne saranno contenti i Palestinesi, perchè forse gli americani ignorano che l'Idf utilizza normalmente queste bombe "intelligenti" anche per le sue eliminazioni "mirate", ovvero assassinii extra-giudiziari, di militanti.
L'aviazione israeliana, ad esempio, utilizzò una bomba da 1 tonnellata per far fuori il dirigente di Hamas Salah Shehadeh: operazione perfettamente riuscita salvo un piccolo danno collaterale, la morte di 15 civili innocenti tra cui 7 bambini, la moglie ed un figlio di Shehadeh.
Per ovviare a questi spiacevoli "effetti collaterali", l'esercito israeliano decise di utilizzare bombe da 250 kg., e così fece l'anno successivo con Ahmed Yassin, il quale però (solo per quella volta...) riuscì a sfuggire all'esecuzione.
Adesso, pare, è stata scelta la misura mediana, e vengono utilizzate solo bombe da 500 kg. e non più quelle da una tonnellata.
Forse Israele, in questo modo, pensa di venire incontro ai richiami dell'Onu di rispettare i suoi obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale e di tutelare in ogni modo possibile l'incolumità dei civili Palestinesi.
Come sono "umani" questi israeliani!

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21 settembre 2004

La "legittima difesa" di Israele.

Per capire quanto sia falsa la tesi - tanto cara alla propaganda sionista - secondo cui Israele si limiterebbe a "difendersi" dagli attacchi terroristici dei Palestinesi, basta considerare la cronaca di un giorno qualunque in Palestina.
Nella giornata di ieri, i Palestinesi hanno effettuato il lancio di tre missili artigianali Qassam: due sono atterrati nel deserto del Negev, senza causare alcun danno, uno è caduto su Sderot, danneggiando alcune case.
Bilancio medico: quattro coloni israeliani curati per ... shock.
Nella giornata di ieri, gli Israeliani - nelle prime ore della mattina - hanno ucciso con un'esecuzione "mirata" (lancio di un missile da un elicottero) Khaled Abu Shamiyeh, esponente di Hamas; in conseguenza dello scoppio del missile, altre sei persone sono rimaste ferite, di cui una gravemente: tra i feriti, un bambino di nove anni ed un uomo di 75.
Nella giornata di ieri, verso sera, un altro missile israeliano ha assassinato a Gaza City altri due militanti di Hamas, Rabah Zakut e Nabil al-Saidi; a seguito di questa eliminazione "mirata", altri 5 civili palestinesi sono rimasti feriti.
Nel mezzo, Tsahal ha anche provveduto ad assassinare un civile palestinese, che non stava facendo un bel nulla, vicino all'insediamento colonico di Gush Katif, nella striscia di Gaza.
Un portavoce dell'esercito israeliano ha ammesso che l'uomo era disarmato, ma si era avvicinato "troppo" alla colonia!
Nella giornata di ieri, dunque, operazioni militari contrarie alla road map ed agli accordi internazionali da parte di entrambi i "contendenti".
Ma il bilancio finale mostra, come minimo, una certa sproporzione nella tecnologia impiegata, nella forza militare adoperata, nel numero dei morti e dei feriti.
C'è da aggiungere che i missili Qassam lanciati ieri erano i primi degli ultimi dieci giorni; e in questi ultimi dieci giorni, cosa aveva fatto l'esercito israeliano?
Nella sola giornata di mercoledì, Tsahal aveva ucciso ben 11 Palestinesi, di cui 5 civili inermi.
Tra essi, una bambina di 11 anni, Miriam a-Nahla, uccisa sulla porta di casa a Nablus da un cecchino israeliano, mentre nella zona non erano in corso combattimenti.
Nella giornata di venerdì, sempre a Nablus, un'altra donna, la 19enne Beriza Aminawi, veniva uccisa da una fucilata al petto mentre, dalla finestra di casa, cercava di chiamare i suoi fratelli per farli rientrare, dato che l'Idf stava pattugliando la zona.
Anche in questa occasione non era in corso alcun combattimento, ed anche in questo caso si è trattato di un assassinio assolutamente gratuito ed immotivato, un crimine di guerra destinato purtroppo a restare impunito.
L'esercito israeliano non ha voluto commentare l'accaduto...
Nel corso delle ultime cinque settimane, sono stati uccisi 80 Palestinesi e 17 Israeliani, mentre i feriti ammontano rispettivamente a 630 e a 133, senza contare la devastazione di campi coltivati e la demolizione delle case palestinesi, una cinquantina soltanto nella settimana tra il 9 ed il 15 settembre.
In queste condizioni, di fronte alla cruda realtà dei numeri, non vedo proprio come si possa continuare a parlare di "legittima difesa" da parte di Israele piuttosto che di un lento ma costante massacro della popolazione civile palestinese!

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19 settembre 2004

Le puzzole americane.

Ogni tanto anche i media di stato ci regalano qualche primizia interessante.
Questa sera, ad esempio, il tg2 ci ha informato che l'esercito israeliano starebbe adottando un nuovo gas antisommossa, ricavato dal liquido ... delle puzzole americane!
Il gas, particolarmente ... odoroso per l'appunto, si attaccherebbe ai vestiti e alla pelle delle vittime per vari anni, costringendole a trascorrere un non indifferente periodo di vita ben poco piacevole.
Ci mancava solo questa, gli Usa non solo assistono militarmente e finanziariamente Israele, adesso mandano all'attacco anche le loro puzzole!
Viene da ridere, ma in realtà a sproposito, perchè Filippo Landi ci informa anche che, nel corso dell'ultimo mese, l'esercito israeliano ha fatto fuori 80 Palestinesi e ne ha feriti ben 630.
Secondo i dati resi noti dal Sottosegretario Generale dell'Onu per gli Affari Politici Kieran Prendergast, durante la riunione mensile del Consiglio di Sicurezza sulla situazione in Medio Oriente svoltasi venerdì 17 settembre, il totale dei morti a partire dallo scoppio della seconda Intifada è salito a 3.633 Palestinesi e 966 Israeliani, mentre il numero dei feriti ammonta rispettivamente a 35.400 e a 6.235.
L'ultima vittima dei valorosi soldati di Sion è stata una 19enne palestinese, Beriza Aminawi, uccisa proprio venerdì a Nablus da una fucilata in pieno petto, mentre era affacciata ad una finestra della propria casa.
Nessuna sosta per i soldati israeliani, nessun periodo di ferie, e meno male che ogni tanto devono pur dormire!

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16 settembre 2004

Terrorismo di stato.

La morte di una bambina palestinese di 11 anni, avvenuta ieri a Nablus durante un'operazione delle truppe "scelte" dello Shayetet 13, ripropone ancora una volta il problema relativo all'uso indiscriminato e sproporzionato della forza e del coinvolgimento negli scontri armati di civili inermi da parte dell'esercito israeliano, che configurano un vero e proprio "terrorismo di stato".
La bambina, di nome Mariam al-Nakhla, è stata assassinata con un colpo di fucile in faccia da un cecchino israeliano, in un momento in cui il precedente conflitto a fuoco (che aveva portato all'uccisione di sei militanti palestinesi) era cessato ed erano giunte sul posto le ambulanze per portare via i feriti.
Nel corso della giornata, inoltre, almeno una ventina di civili sono stati feriti, e tra di essi vi è anche un ragazzino di 14 anni colpito alla testa, che versa in condizioni gravissime.
C'è chi sostiene che, in questo come in altri casi similari, si tratti di "tragici errori" o di semplici "danni collaterali" non voluti da parte di Tsahal, ben diversi dal terrorismo kamikaze, che invece intenzionalmente colpisce civili inermi ed inconsapevoli.
Ma, intanto, se un Palestinese che uccide un soldato israeliano in territorio di Israele commette un atto di terrorismo, qual è e dove risiede il fondamento di legittimità dei continui raid dell'esercito israeliano in territorio palestinese e del continuo massacro di militanti, rivendicati con orgoglio dai governanti di Israele?
Anche gli assassinii extra-giudiziari sono vietati dal diritto internazionale, al pari dell'uso della torutra negli interrogatori, della distruzione delle case e delle proprietà dei Palestinesi, della prassi delle punizioni collettive.
Per quanto riguarda, poi, il triste capitolo dell'uccisione di civili innocenti, in particolar modo di bambini, durante le azioni militari israeliane, ho già detto, e ribadisco, che si tratta di veri e propri assassinii legalizzati, perchè un conto è un "errore", un conto è un comportamento reiterato, un altro ancora è l'utilizzo di armamenti pesanti in aree densamente popolate, che rende inevitabile il coinvolgimento e l'uccisione di civili inermi ed innocenti: questa è la prova del totale disprezzo della vita umana (altrui) mostrata dai soldati di Israele che, quando si macchiano di tali crimini, possono essere considerati delle "belve umane" al pari dei terroristi.
Prendiamo un caso eclatante, l'assassinio "mirato" dell'esponente di Hamas Salah Shehade, avvenuto nel luglio del 2002.
L'azione, definita da Sharon "una delle operazioni più riuscite dell'esercito israeliano", portò alla morte non solo di Shehade ma anche della moglie e della figlia, unitamente ad altri 12 civili innocenti (di cui 7 bambini), oltre al ferimento di circa 140 persone: un vero "successo"!
E come si era svolta l'operazione? Semplice, un F-14 (ah, beata tecnologia...) aveva lanciato un missile contro un gruppo di case, radendone al suolo ben cinque.
In quell'occasione tutto il mondo, persino gli Usa, protestarono contro Israele e, tra le tante, vorrei citare le parole di Kofi Annan, Segretario generale dell'Onu: "Israele ha la responsabilità LEGALE E MORALE di prendere tutte le misure possibili per evitare la perdita di vite umane innocenti, ed ha chiaramente mancato a questo dovere utilizzando un missile contro un edificio di appartamenti".
E' chiaro che indirizzare un missile contro un edificio di civile abitazione non può non comportare la morte ed il ferimento di quanti lo abitano, e questo non è un "tragico errore", è TERRORISMO DI STATO!
Così come è chiaro che sparare in faccia a una bambina di 11 anni mentre è affacciata all'uscio di casa a guardare le ambulanze è un vero e proprio ASSASSINIO, un crimine bestiale che non ha affatto maggior dignità di un attentato kamikaze.

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15 settembre 2004

Nuova incursione dell'esercito israeliano.

Nuovo raid dell'esercito israeliano nei Territori occupati, in particolare a Jenin e a Nablus (West Bank).
A Jenin, agenti infiltrati della polizia di frontiera hanno sorpreso alcuni militanti di Fatah in un caffè all'interno di un centro commerciale, uccidendone quattro; tra essi vi era anche Fadi Zacharna, che secondo gli israeliani si era reso responsabile di vari attentati terroristici.
In precedenza a Nablus, nelle prime ore della mattinata, truppe israeliane dell'unità di elite dello Shayetet 13 avevano ucciso quattro militanti di Tanzim e uno della Jihad islamica, dopo aver circondato l'edificio in cui si trovavano. Secondo Tsahal, i militanti uccisi stavano pianificando nuovi attentati all'interno di Israele.
Negli scontri seguiti a quest'ultima operazione sono rimasti coinvolti anche civili disarmati, ed il bilancio finale parla di una ventina di feriti e, soprattutto, dell'assassinio di una bambina palestinese di 11 anni.
Come era facilmente prevedibile, anche se difeso dal suo insuperabile muro di "sicurezza", Israele continua indisturbato a compiere raid in territorio palestinese, uccidendo militanti delle diverse organizzazioni con la solita giustificazione della "prevenzione" di nuovi attacchi terroristici o, comunque, sostenendo sempre che gli uccisi si erano macchiati di tanti e tali crimini da meritare senz'altro la morte.
E continua indisturbato, l'esercito israeliano, a coinvolgere civili innocenti nelle sue azioni, soprattutto bambini.
Ma questo massacro - che avviene quotidianamente in modo lento e silenzioso - non meriterà mai la ribalta della cronaca o la commozione dell'opinione pubblica, e nemmeno una candela alla finestra.

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14 settembre 2004

Fermiamo il massacro dei bambini palestinesi!

L'opinione pubblica è rimasta giustamente scossa dal terribile eccidio di Beslan, nell'Ossezia del nord, e dalla morte di centinaia di bambini orrendamente massacrati durante quella che doveva essere la festa del primo giorno di scuola.
Rischia, tuttavia, di passare sotto silenzio un altro massacro, più lento e silenzioso ma continuo ed altrettanto terribile, quello dei bambini palestinesi ad opera dell'esercito israeliano.
Basta dare uno sguardo agli eventi degli ultimi giorni nei Territori occupati per rendersi conto di questa tragica realtà.
Il 17 agosto, a Nablus, Khaled Alousta, di anni 10, viene ucciso sulla porta di casa dai paracadutisti israeliani che, nel tentativo di disperdere un gruppo di ragazzini che tiravano pietre, si mettevano a sparare ad altezza d'uomo; nel corso dell'eroica azione, altri dieci giovani Palestinesi venivano feriti, uno gravemente.
Il 31 agosto, a Rafah, Mazem al Agah, di anni 14, viene ucciso dal fuoco proveniente da un tank di Tsahal; un'ambulanza che cercava di soccorrerlo viene fatta oggetto di colpi d'arma da fuoco ed è costretta ad allontanarsi.
Il 7 settembre, a Khan Yunis, Raghda Adnan al-Assar, di anni 10, viene ferita alla testa da un colpo di fucile sparato dall'insediamento di Neve Dekalim, mentre era seduta nel suo banco a scuola.
Il 9 settembre, a Jabalya, Munir Dages, di anni 9, viene ucciso durante un raid dell'esercito israeliano, mentre cercava di rientrare in casa del nonno.
Sempre il 9 settembre, a Ramallah, Mohammed Jad al-Haq, di anni 16, viene investito e ucciso da una jeep dell'esercito israeliano, che passa per due volte sul corpo del giovane; la "manovra" viene filmata da un cameraman di al Jazeera.
Ancora stamattina l'esercito israeliano, nel corso di un'azione a Jenin che ha portato all'uccisione di Mahmoud Abu Halifa e di altri due militanti delle Brigate al Aqsa, ha provocato il ferimento di tre bambini palestinesi che erano ai margini della strada dove è avvenuto l'assassinio "mirato".
In un precedente tentativo fallito di uccidere Halifa, avvenuto il 30 agosto, un altro missile lanciato da un elicottero israeliano aveva provocato il ferimento di una bambina di otto anni.
A partire dall'inizio della seconda Intifada ad oggi, i Palestinesi minori di 18 anni uccisi dagli israeliani ammontano a circa 600, ma questo numero pare destinato a salire rapidamente.
Bisogna fermare questo massacro di bambini, si tratta di un problema ineludibile, e forse il tempo è ormai maturo per ipotizzare sanzioni economiche e forme di boicottaggio nei confronti di Israele, e ognuno di noi, per quanto possibile, deve fare la sua parte in questo senso.

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Arafat a rischio di espulsione o di assassinio?

In una intervista rilasciata oggi al quotidiano Yedioth Ahronoth, il primo ministro israeliano Ariel Sharon ha nuovamente rilanciato l'ipotesi di espellere Arafat dalla Cisgiordania.
Si tratta dell'ennesima minaccia pronunciata contro Arafat da esponenti del governo israeliano, evidentemente non paghi di tenerlo confinato tra le macerie del suo quartier generale di Ramallah ormai da più di due anni.
In tal senso, infatti, durante i giorni scorsi si erano già espressi il ministro della difesa Mofaz ("Israele troverà il modo ed il tempo giusti per rimuovere Yasser Arafat dalla regione") ed il ministro degli esteri Shalom ("l'espulsione di Arafat è più vicina che mai").
Questa volta, tuttavia, la questione sembra essere ben diversa, visto che Sharon, nell'intervista odierna, ha dichiarato di non vedere differenza tra Arafat e i leader di Hamas Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi, entrambi vittime qualche mese fa di assassinii extra-giudiziari da parte di Israele.
Tutti e tre infatti, secondo Sharon, "hanno scelto una politica di morte; come abbiamo agito contro altri assassini, così agiremo contro Arafat".
A questo punto, tuttavia, Sharon dovrebbe mettersi d'accordo con sé stesso dato che, con gli altri "assassini" da lui citati, l'opzione scelta non è stata certo quella dell'espulsione!
Ma dovrebbe mettersi d'accordo anche con Shimon Peres, il quale, giusto ieri, ha ribadito che Arafat meritò, senza dubbio alcuno, il Nobel per la pace conferitogli nel 1994.
Secondo Peres, "a Oslo Arafat fece molto: riconobbe lo Stato di Israele, accettò la linea di demarcazione in vigore fino al 1967 come futuro confine dello Stato palestinese, denunciò il terrorismo, si impegnò per la pace; si, penso proprio che si sia meritato il premio Nobel".
Ma insomma, dunque, Arafat è un terrorista o un uomo di pace?
In ogni caso, la progettata "rimozione" di Arafat dai Territori occupati, con il mezzo che Israele riterrà "appropriato", è destinata a scontrarsi con la netta contrarietà degli Usa a tale ipotesi e, soprattutto, con la posizione tenuta dall'Unione europea.
La scorsa settimana, infatti, sia il ministro degli esteri danese Bernard Bot - in qualità di Presidente di turno del Consiglio europeo dei ministri degli esteri - sia il ministro degli esteri tedesco Joschka Fischer hanno ribadito, per l'ennesima volta, la richiesta europea di porre fine al confino di Arafat alla Muqata e la necessità di coinvolgerlo nuovamente nel processo di pace.
Come andrà a finire, Israele procederà per davvero all'espulsione (o all'assassinio...) di Arafat ovvero continuerà a tenerlo confinato in quel di Ramallah?
La prima ipotesi, in verità, sembra poco probabile, sia per le conseguenze che, sul piano internazionale, ne deriverebbero ad Israele, ormai a rischio di sanzioni dopo la pronuncia dell'Icj dell'Aja sulla illegalità del muro di "sicurezza", e sia per il rischio di una vera e propria sollevazione popolare che inevitabilmente seguirebbe ad una tale azione.
Tenere Arafat in vita, ma "congelato", serve invece ad Israele per poter sostenere che, tra i Palestinesi, non vi è un partner idoneo per trattare la pace, per poter definire ormai morta la road map e, in definitiva, per continuare a fare i propri comodi senza tener conto neanche di quei pochi obblighi che la road map stessa poneva in capo ad Israele.
Ma si sa, con gli Israeliani non si è mai sicuri di niente!

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13 settembre 2004

Ennesima condanna targata Onu contro Israele.

Ancora una volta l'Onu - per bocca del Coordinatore Speciale per il processo di pace in Medio Oriente Terje Roed-Larsen - ha condannato Israele, questa volta per la recente operazione militare condotta dal suo esercito nella Striscia di Gaza durante lo scorso fine settimana.
Bisogna ricordare, infatti, che soltanto sabato scorso l'esercito israeliano ha lasciato le sue posizioni nel nord della Striscia, al termine di una operazione durata quattro giorni e che ha portato all'uccisione di otto Palestinesi ed al ferimento di altri 50.
Nel corso di quest'ultimo raid, svoltosi principalmente a Jabalya e a Beit Lahia, le truppe israeliane si sono macchiate dell'assassinio di un bambino di 9 anni, Munir Dages, ucciso mentre cercava di rientrare in casa del nonno.
In un separato incidente a Ramallah, inoltre, una jeep dell'Idf ha investito e ucciso un giovane Palestinese di 16 anni; l'incidente, particolarmente cruento, è stato ripreso da al Jazeera, che ha mostrato il video in cui si vede la jeep passare per due volte sul cadavere del giovane prima di allontanarsi.
Terje Roed-Larsen, in un comunicato, ha espresso le proprie condoglianze alle famiglie delle vittime, ed ha richiamato Israele "a rispettare i suoi obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale di evitare l'uso sproporzionato della forza in aree densamente popolate e di proteggere la popolazione civile".
Sono circa 600 i civili Palestinesi minori di 18 anni uccisi dall'esercito israeliano a partire dall'inizio della seconda Intifada, e la giustificazione di Israele è sempre la stessa: si tratta di deprecabili "danni collaterali" della lotta contro il terrorismo.
Ma quanto il "danno collaterale" viene reiterato, quando l'uccisione di bambini diviene una triste "prassi", quando l'uso di armamenti pesanti (tank, elicotteri armati di missili, artiglieria) in centri urbani densamente popolati rende inevitabile il coinvolgimento negli scontri e l'uccisione di civili inermi, allora questa "giustificazione" non è più accettabile, e il "danno collaterale" va chiamato con il suo nome: assassinio!

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9 settembre 2004

L'esercito israeliano uccide un altro bambino palestinese.

Per l'ennesima volta è un bambino palestinese ad essere vittima della furia omicida dell'esercito israeliano.
Oggi, infatti, le truppe di Tsahal, appoggiate da carri armati e altri veicoli corazzati, sono entrate nel campo profughi di Jabalya, nella Striscia di Gaza, ed hanno ucciso quattro Palestinesi - tra cui un bambino di nove anni - e ne hanno feriti altri 25.
Un nuovo raid assassino dell'esercito israeliano, dunque, e meno male che Sharon ha annunciato il suo "disengagement plan": fino ad ora, tuttavia, piuttosto che andarsene, gli israeliani continuano ad entrarci a Gaza, con intenzioni invero non molto pacifiche...
Questo ennesimo assassinio di un bambino innocente segue da vicino il ferimento di Raghda Adnan al-Assar - colpita alla testa mentre era nella sua scuola a Khan Yunis - e l'uccisione di Khaled Alousta avvenuta il 17 agosto a Nablus, ad opera dei paracadutisti israeliani comandati dal colonnello Yossi Bechar.
Dall'inizio della seconda Intifada ad oggi, sale così a 600 il numero dei Palestinesi minori di 18 anni uccisi da Israele.
La loro "colpa" più grande è quella di essere morti non tutti insieme, ma pochi per volta, silenziosamente e lontano dai riflettori: così non fanno notizia, e l'esercito israeliano può tranquillamente continuare a entrare nei Territori Occupati per dispensarvi morte e distruzione, mentre sono troppo pochi, ancora, quelli che cercano di gridare il proprio sdegno e la propria protesta.

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8 settembre 2004

Bambina palestinese ferita alla testa a Khan Yunis.

Con un comunicato ufficiale (che non ha avuto alcuna eco sui media, come troppo spesso ormai accade) l'Unrwa ha fermamente criticato il ferimento alla testa di una bambina palestinese, avvenuto ieri all'interno di una delle scuole gestite dall'Agenzia all'interno della Striscia di Gaza.
La bambina, Raghda Adnan al-Assar, di anni 10, è stata ferita alla testa mentre era seduta al suo banco all'interno di un'aula della scuola da un colpo di fucile sparato dai bravi e pacifici coloni dell'insediamento di Neve Dekalim; Raghda è attualmente ricoverata all'European Gaza Hospital e versa in gravi condizioni.
L'Unrwa (UN Relief and Works Agency for Palestine Refugees) ricorda come questo sia il terzo incidente di questo genere negli ultimi 18 mesi: il 1° giugno, infatti, due bambini palestinesi di dieci anni furono feriti da proiettili sparati da un tank israeliano, mentre nel marzo del 2003 una bambina dodicenne venne accecata da un colpo di fucile sparato da un posto di osservazione dell'Idf.
Il Commissario Generale dell'Unrwa, Peter Hansen, ha vivacemente protestato contro questo "incidente", definendo "inaccettabile" che si spari contro una scuola, e annunciando che "l'Unrwa protesterà presso le autorità israeliane contro il mancato rispetto della inviolabilità delle sue scuole nei termini più duri possibili".
Lo stesso Hansen a cui, qualche giorno fa, è stato impedito il transito al valico di Erez, in una ennesima flagrante violazione di Israele dei suoi obblighi di osservare il diritto internazionale e di permettere totale libertà di movimento al personale Onu.
Lo stesso Hansen che, qualche mese addietro, fu costretto ad ordinare lo sgombero da Gaza del personale non palestinese dell'Unrwa, dopo che lui ed il suo staff erano stati fatti oggetto di colpi d'arma da fuoco da parte delle truppe israeliane.
L'Unrwa non ospita terroristi sulle sue ambulanze, contrariamente a quanto sostiene la propaganda sionista, nel vano tentativo di giustificare le quotidiane violazioni del diritto umanitario e della legge internazionale da parte di Israele.
L'Unrwa, piuttosto, fornisce aiuti alimentari e medici, servizi sociali, istruzione a oltre 4 milioni di rifugiati Palestinesi nel medio oriente.
L'Unrwa, soprattutto, è uno dei tanti scomodi testimoni - che Israele tenta in ogni modo di espellere dai Territori Occupati - delle atrocità e dei crimini commessi quasi quotidianamente contro la popolazione civile palestinese.

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7 settembre 2004

La vendetta di Israele è compiuta!

Era chiaro che i fulmini di Tsahal non avrebbero tardato a punire i Palestinesi dopo l'attentato di Be'er Sheva, che ha provocato la morte di 16 civili israeliani.
Ed infatti ecco la cronologia della vendetta messa in atto dai valorosi soldati dell'esercito israeliano.
Nella tarda serata di mercoledì 1 settembre, un elicottero della Iaf ha sparato due missili nel campo profughi di Khan Yunis, nel sud della striscia di Gaza, ferendo sette Palestinesi, di cui tre in modo grave.
Giovedì 2 settembre quattro giovani Palestinesi sono stati uccisi e 36 feriti durante un raid dell'esercito israeliano nel campo profughi di Dir al-Balah, Striscia di Gaza: Mohammed Abu Barka, 18 anni, ucciso dai colpi di un cecchino; Ahmed Abu Shawish, 19 anni, e Mohammed Abu Musaib, 15 anni, trucidati dal fuoco dei soldati mentre tiravano sassi contro i tank israeliani, così come Mohammed Jamal Baraka, 19 anni, ucciso nel pomeriggio.
Venerdì 3 settembre, la mattina, vengono uccisi due Palestinesi "sospetti" vicino al valico di Karni; in tarda serata, un altro Palestinese ucciso e uno ferito gravemente a Rafiah Yam, sempre nella Striscia di Gaza, perchè si trovavano a camminare in un'area "proibita" agli spostamenti dei Palestinesi.
In tutti e due i casi, secondo l'Idf, "apparentemente" (!) i Palestinesi trasportavano esplosivi, mentre in realtà - secondo i testimoni dell'accaduto - stavano semplicemente facendo ritorno a casa, purtroppo dalla parte sbagliata: basta così poco, a volte, per morire!
Ieri sera, infine, 6 settembre, intorno a mezzanotte un attacco combinato di tank ed elicotteri israeliani contro un campo di addestramento di Hamas a Gaza City ha provocato 14 morti ed una cinquantina di feriti, alcuni militanti di Hamas, alcuni semplici civili.
Il copione è noto, un primo attacco con il lancio di due missili, seguito da un secondo attacco per colpire chi nel frattempo si era recato a prestare soccorso: bravi e valorosi i soldati di Sion!Precedentemente, altri quattro Palestinesi erano stati feriti da Tsahal vicino all'insediamento di Itamar.
Last but not least, stamattina rainews24 ha dato la notizia del ferimento di una bambina palestinese di 10 anni, colpita da un proiettile alla testa mentre si trovava nella sua aula in una scuola di Khan Yunis.
In totale, nel giro di meno di una settimana, fanno 21 morti e 99 feriti, e mi si scuserà se ne ho dimenticato qualcuno...
In aggiunta, solito copione di illegali punizioni collettive quali la demolizione di case e la devastazione di campi.
Tutta questa carneficina secondo il solito stile israeliano, quietamente, lontano dai clamori dei media e dall'attenzione dell'opinione pubblica.
Resterà così, sempre, la memoria del terribile e odioso attentato di Be'er Sheva, non quella del lento, sanguinoso e altrettanto barbaro e odioso massacro del popolo palestinese ad opera dei soldati israeliani, e chissà se è davvero finita...
Allo stesso modo del resto, quietamente e silenziosamente, erano stati liquidati 61 Palestinesi a giugno (più 580 feriti) e 54 a luglio (più 400 feriti).
E chi cerca di dare una informazione il più possibile corretta e completa rischia di essere tacciato di contiguità al terrorismo, o magari di fare propaganda antiebraica.
Ma questo trucchetto un po' vile non funziona più.

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2 settembre 2004

Rischio allargamento del conflitto in Palestina?

Come era facile prevedere, arrivano puntuali le ritorsioni di Israele dopo il tragico attentato di Be'er Sheva, ritorsioni già avviate, peraltro, con il totale blocco di Hebron, con la distruzione delle case delle famiglie dei due attentatori, con il divieto fino a nuovo ordine per i Palestinesi di recarsi al lavoro in Israele e nella zona industriale di Erez.
Nella tarda serata di ieri, infatti, un elicottero della IAF ha sparato due missili nel campo profughi di Khan Yunis - nel sud della Striscia di Gaza - ferendo sette Palestinesi, di cui tre versano in gravi condizioni.
Sempre a Khan Yunis, nelle prime ore di stamattina, l'impresa di demolizioni Tsahal ha provveduto a distruggere due edifici di dieci piani, situati nelle adiacenze della colonia illegale di Neveh Dekalim.
Nel corso della brillante operazione - che ha causato il ferimento di 5 Palestinesi e di 2 soldati - ben 6.000 Palestinesi sono stati costretti ad evacuare le proprie abitazioni, e circa 150 famiglie la loro casa l'hanno persa per sempre!
Spiegava il colonnello Yehoshua Rinski, comandante della ... demolizione, che la distruzione degli edifici è stata resa necessaria dalla vicinanza degli stessi alla colonia israeliana di Neveh Dekalim, e dall'incombente pericolo di aggressione che ne derivava per i "settlers".
Ma bravi! Ma come, con l'anno nuovo le colonie della Striscia di Gaza saranno evacuate, e Tsahal proprio ora distrugge due edifici e lascia 150 famiglie senza casa?
E quando i coloni se ne saranno andati, dove andranno a dormire questi poveri disgraziati, a casa di Rinski?
Ma gli sviluppi più gravi della situazione riguardano il nuovo peggioramento dei rapporti tra Israele e la Siria, che viene senza mezzi termini accusata dagli Israeliani di aver favorito l'attentato di Be'er Sheva, consentendo agli esponenti di Hamas di vivere ed operare indisturbati all'interno del proprio territorio.
L'accusa - proveniente da ambienti militari - è che gli uffici di Hamas a Damasco, guidati da Khaled Mashaal, non si occupano solo di propaganda, ma sono a tutti gli effetti dei comandi operativi.
Si teme, dunque, un nuovo raid aereo di Israele in territorio siriano, come avvenne circa un anno fa, quando fu colpito un presunto campo di addestramento dei terroristi vicino Damasco.
Il Ministro della Difesa israeliano Ze'ev Boim, in realtà, si è affrettato a precisare che, se attacco vi sarà, Israele adotterà ogni cautela per non causare una "conflagrazione", per mezzo di una "corretta selezione dei bersagli".
Sarà, ma violare lo spazio aereo di uno Stato sovrano per compiervi un raid missilistico non è, intanto, un'azione lecita, e nemmeno priva di rischi!
Per pronto accomodo un esponente di Hamas, Osama Hamda, ha minacciato ritorsioni gravissime nel caso Israele tentasse di assassinare i suoi leader all'estero.
Per Hamda, una simile azione rappresenterebbe una "luce verde" per dare il via ad attacchi contro bersagli israeliani in Paesi esteri.
La consueta, tragica spirale di azioni e ritorsioni che insanguina il vicino oriente rischia quindi, ancora una volta, di far precipitare gli eventi e di determinare un allargamento del conflitto di cui proprio nessuno sente il bisogno.

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1 settembre 2004

L'attentato di Be'er Sheva e le corrispondenze Rai.

Orrore e morte a Be'er Sheva, nel sud di Israele, dove ieri, ancora una volta, sono entrati in azione i terroristi kamikaze delle Brigate Iz a Din al-Kassam, braccio armato di Hamas.
Il tragico bilancio dell'attentato - un doppio attentato in realtà perchè a saltare in aria alle 14:50 sono stati due autobus - è di 16 morti ed un centinaio di feriti, di cui 15 in gravi condizioni.
Nel momento in cui scrivo, soltanto 12 delle vittime sono state identificate, nomi senza volto, alcuni di chiara origine sovietica, un bambino di tre anni, Aviel Atash, una ragazza 23enne, Karin Malka, che ancora ci sorride dolcemente dalla foto che accompagna sui giornali la tragica notizia del suo barbaro assassinio.
Sfugge ad ogni comprensione questo terrorismo ferocemente cieco degli integralisti di Hamas, non solo per il disprezzo mostrato per la vita dell'odiato "nemico", ma anche perchè esso non sembra tenere alcun conto delle conseguenze che la popolazione palestinese sarà chiamata a pagare per questo ennesimo bagno di sangue.
Già sono scattate le prime misure di punizione collettiva (peraltro vietate dal diritto umanitario internazionale) messe in atto dagli Israeliani: la demolizione delle case delle famiglie dei due attentatori, Ahmed Kawasma e Nisim Jabri, la totale chiusura della loro città di provenienza, Hebron, la proibizione fino a nuovo avviso, per i lavoratori palestinesi, di recarsi al lavoro in Israele e nella zona industriale di Erez.
Ci si aspetta a breve, inoltre, una ulteriore ondata di assassinii "mirati" di esponenti di Hamas, con l'incombente corollario di vittime innocenti tra la popolazione civile, insomma si ricomincia il tragico balletto di uccisioni e ritorsioni.
Pare che un operativo di Hamas a Jenin abbia affermato che l'attentato è un "regalo" ai Palestinesi in carcere in Israele che stanno conducendo uno sciopero della fame per migliorare le loro condizioni di detenzione. Che assurda menzogna!
Proprio questo vile attentato fa passare in secondo piano questa forma di lotta non violenta che aveva creato qualche difficoltà alle autorità carcerarie israeliane, e ne vanifica ogni possibile risultato.
Ciò detto, però, non si comprende nemmeno che tipo di informazione sia stata data dai tg italiani sulla vicenda, in particolare per quel che riguarda le corrispondenze del buon Claudio Pagliara.
Sul canale satellitare rainews24, la rubrica "superzap" consente di mettere a confronto i vari servizi giornalistici dei notiziari di prima serata di tutto il mondo, e ancor più evidente è risultata la parzialità e l'incompletezza del servizio di Pagliara su Be'er Sheva rispetto all'equilibrio e all'oggettività del servizio della Bbc relativo al medesimo argomento.
Claudio Pagliara ci parla dell'attentato, dei morti e dei feriti, dello strazio degli israeliani - come è giusto - poi ci dice che l'attentato è riuscito perchè a sud del Monte Hebron il muro di "sicurezza" non è stato ancora costruito (citando il Ministro israeliano Hanegbi), ci parla dei 1.000 civili israeliani vittime di attentati (e questa è una menzogna, e vedremo ora perchè), e nulla più!
Ben diverso è il servizio della Bbc, che ospita i diversi punti di vista delle due parti, e in cui il deputato palestinese Hanan Ashrawi ricorda la violenza dell'occupazione militare israeliana, le devastazioni, le uccisioni dei civili palestinesi, la mancanza di speranza e di vie d'uscita da questo tragico cerchio di morte che vede un continuo susseguirsi di azioni militari, attentati, violenze e ritorsioni.
Le cronache di Claudio Pagliara sono sempre, invece, decontestualizzate, sembra sempre che il terrorismo palestinese venga su dal nulla, sia come un fatto genetico, un odio immotivato dei palestinesi verso gli israeliani, ma così chiaramente non è.
Perchè non dire, ad esempio, che dei 902 israeliani morti durante la seconda Intifada (dati B'tselem al 12 luglio 2004) e, per Pagliara, "civili vittime di attentati", in realtà 284 sono soldati dell'esercito di occupazione e 207 sono coloni, uccisi nei Territori occupati?
Perchè non ricordare che, a monte della tragedia di Be'er Sheva, sta l'assassinio extra-giudiziario del paraplegico sceicco Ahmed Yassin e del suo successore Abdel Aziz Rantisi?
Ci si aspettava la vendetta di Hamas, era chiaro che sarebbe arrivata, puoi sventare uno, dieci, cento attentati, ma poi qualcuno, prima o dopo, riesce sempre a passare tra le maglie dell'esercito e dell'intelligence.
Perchè non ricordare che Be'er Sheva è stata scelta non solo perchè lì non c'è (ancora) il muro, ma soprattutto perchè è vicina a Hebron, e laggiù Hamas è molto forte, le sue cellule operative operano nel più assoluto segreto e i servizi israeliani non riescono a ottenere sufficienti informazioni?
Perché Pagliara non ricorda che l’ultimo attentato suicida all’interno di Israele risale al 14 marzo, data in cui vennero uccisi 11 israeliani ad Ashdod?
E, nel frattempo, quanti Palestinesi sono stati uccisi dall’esercito israeliano, quietamente e lontano dall’attenzione dell’opinione pubblica?
Soltanto nel mese di luglio, sono stati uccisi ben 54 Palestinesi e oltre 400 sono stati feriti, questi numeri non meritano di essere ricordati?
Dall’inizio della seconda Intifada alla metà di agosto, si sono contati 3.553 Palestinesi morti e 34.770 feriti, rispettivamente tre volte e cinque volte il numero dei morti e dei feriti israeliani, questo non vale, non dico a giustificare, ma almeno a capire da dove proviene questa cieca e barbara violenza, manifestatasi ieri a Be’er Sheva?
La condanna del duplice attentato ed il cordoglio per le vittime innocenti – espressi oggi da Kofi Annan – sono anche la nostra condanna ed il nostro dolore.
Ma da questo attentato non può derivare la continuazione delle incursioni di Tsahal nei Territori palestinesi, con il consueto corollario di coprifuoco, devastazione, distruzione, morte.
Da questo attentato non può derivare la continuazione della costruzione di un muro che ha certamente anche funzioni di sicurezza, ma che primariamente sottrae un ulteriore 16% e oltre del West Bank ai legittimi proprietari, danneggia economicamente i Palestinesi e lede i loro diritti umani, crea una realtà territoriale di "bantustan" degna dell'apartheid sudafricano.
Il bagno di sangue in Palestina potrà essere fermato solo con un accordo tra le parti su tutte le questioni controverse, nel quadro tratteggiato dalla road map; il semplice ritiro unilaterale degli Israeliani da Gaza, invece, soprattutto se servirà solo per riaffermare l’occupazione militare e la colonizzazione del West Bank, probabilmente non sortirà alcun effetto.

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