25 agosto 2010

Quei rabbini che istigano all'assassinio.

Nei media occidentali si fa’ un gran parlare del fondamentalismo islamico e del pericolo rappresentato dalle prediche incendiarie degli imam che incitano i propri fedeli alla “guerra santa” contro gli infedeli, fomentando paure e innescando una repulsione generalizzata del mondo islamico.

Curiosamente, non altrettanta attenzione viene concessa al fondamentalismo ebraico e a quella tendenza rabbinica, sempre più dominante, che incita al razzismo, alla sottrazione illegale delle terre, all’assassinio.

Non si tratta certo di una novità. L'ex rabbino capo militare Avihai Rontzki – citato nell’articolo che segue – era noto per lo slogan “colui che è misericordioso con il crudele finirà per essere crudele con il misericordioso”, e in passato è stato accusato da Avshalom Vilan, deputato della sinistra israeliana, di avere “trasformato le attività dell’esercito israeliano da un combattimento di necessità in una guerra santa”.

Le testimonianze dei soldati israeliani che hanno partecipato all’operazione “Piombo Fuso” nella Striscia di Gaza, raccolte da Breaking the Silence, sono concordi nel ricordare gli sforzi delle unità del rabbinato militare per trasformare l’attacco in una guerra santa tra i “figli dell’oscurità” e i “figli della luce”. Raccontano: “(Ci dissero) Nessuna pietà, Dio vi protegge, qualunque cosa facciate è santificata”.

Ma ora, come racconta Zvi Bar’el per il quotidiano Ha’aretz, non si tratta più di casi isolati, ma di una sorta di “wahabismo” giudaico che sta diventando la tendenza religiosa dominante in Israele, senza che alcuno – né tra i laici né tra gli uomini di fede – abbia la forza e/o la volontà di opporsi.

E, purtroppo, questi fondamentalisti sono responsabili della formazione di decine di migliaia di studenti delle yeshiva che diventeranno soldati, pronti a seguire gli insegnamenti dei loro rabbini e a macchiarsi dei crimini più orrendi.

Ora è più facile comprendere come, delle oltre 1.400 vittime palestinesi di “Piombo Fuso”, l’83% fosse rappresentato da civili non combattenti, e perché durante le operazioni siano stati massacrati ben 352 bambini.

Semplicemente i soldati hanno seguito le regole della legge religiosa ebraica.


Rabbini fondamentalisti hanno approvato l'assassinio, gli attacchi contro gli Arabi, l’occupazione illegale della terra, la segregazione razziale, ed hanno sorvolato sull'omicidio di un primo ministro.

di Zvi Bar'el – 22.8.2010

In primo luogo, la lezione quotidiana: "Un soldato che prende parte alla guerra contro di noi , ma lo fa solo perché costretto con le minacce, è certamente un malvagio .... Ci riferiamo a qualsiasi tipo di partecipazione alla guerra: un soldato che combatte, un soldato di supporto, assistenza civile o qualsiasi forma di incoraggiamento e di sostegno." E ancora: "Anche se i civili sono legati o imprigionati e non hanno altra scelta di rimanere e servire come ostaggi, è ammissibile ucciderli."

Inoltre: "Nel dibattito sulla uccisione di neonati e bambini ... è ragionevole fare del male ai bambini se è chiaro che cresceranno per farci del male. In tali circostanze dovrebbero essere quelli da colpire." E infine: "Non c'è alcun bisogno di discutere la questione di chi è o non è innocente, proprio come quando ci difendiamo contro il male non esitiamo a colpire gli arti che non sono stati effettivamente utilizzati in azioni contro di noi".

Queste citazioni sono tratte dal libro "The King's Torah” (Torat Hamelech") dei rabbini Yitzhak Shapira e Yosef Elitzur, pubblicato da Hamercaz Hatorani, nei pressi della Yeshiva di Od Yosef Hai. Molti importanti rabbini hanno sostenuto i due, e queste citazioni sono parte dei motivi per i quali sono indagati per sospetta istigazione e razzismo. Il loro rifiuto ad essere interrogati si è basato presumibilmente sul fatto che nessuno dovrebbe essere interrogato o processato per le proprie opinioni.

In sostanza, il loro rifiuto pone la legge della Torah al di sopra della legge dello stato. Il rabbino Dov Lior (rabbino capo di Kiryat Arba ed Hebron, n.d.t.), che ha appoggiato il libro, ha spiegato la sua opposizione al loro interrogatorio nel modo che segue: "Le vessazioni dei rabbini a causa delle loro interpretazioni della halakha (il complesso delle leggi religiose ebraiche, che include le leggi bibliche, talmudiche e rabbiniche, ma anche quelle consuetudinarie, n.d.t.) è in diretto contrasto con i principi della libertà di religione e di espressione che sono accettati dallo Stato." Infatti, è possibile accusare qualcuno di odiare i gentili? In uno stato ebraico?

Niente di nuovo, finora. Rabbini fondamentalisti hanno approvato l'assassinio, gli attacchi contro gli Arabi e le loro proprietà, l'occupazione illegale della terra, la segregazione razziale tra gli Ashkenaziti e le alunne Mizrahi, ed hanno sorvolato (come minimo) sull'omicidio di un primo ministro. Dopo tutto, la fonte dell’autorità di quegli stessi rabbini, il libro dei libri, è pieno di descrizioni da far rizzare i capelli delle vendette pretese dai Figli di Israele sui popoli di questa terra.

Quanto all'umanità del "Signore tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri sui figli, e sulla terza e la quarta generazione di coloro che mi odiano," assassino dei primogeniti egiziani, potremmo tenere un seminario o due. Fare marameo alle leggi dello stato non è un'invenzione di Lior o di rabbini di tal fatta. Per quanto riguarda il mancato rispetto della legge, Lior è un eccellente allievo del rabbino Moshe Levinger. Solo l’ingenuità o la finzione possono spiegare la sorpresa per gli sputi in faccia alla polizia che cercava di indagare i rabbini che hanno fornito un muro di difesa all’abominio.

La novità è che questi non sono più "rabbini della collina", "erbacce selvatiche" o "scavalcatori del recinto" che voltano le spalle agli insegnamenti delle grandi figure rabbiniche e alla legge. Essi e i loro sostenitori stanno trasformando il fondamentalismo zelante e il vergognoso "The King's Torah” nella corrente dominante.

Dopo tutto, da cosa sono stati turbati i critici? Non dal contenuto del libro, a cui alcuni dicono di opporsi (“certo che non lo sostengo"), quanto piuttosto dall’audacia dello stato di minare la libertà di espressione dell’autore. Nessun movimento di protesta religioso ha preso posizione contro il contenuto del libro, nessuno ha scritto un testo per opporsi a questo wahabismo giudaico. Improvvisamente, quella stessa comunità che santifica la gerarchia rabbinica, l'obbedienza assoluta ai rabbini, è sconvolta da questo affronto alla libertà di espressione.

Ma questi fondamentalisti, responsabili della formazione di decine di migliaia di studenti delle yeshiva che diventeranno soldati, si lavano le mani quando i loro seguaci e gli studenti eseguono gli ordini dei rabbini. Nessun rabbino è stato mai processato per un atto illegale commesso da un civile o da un soldato a causa dei suoi insegnamenti. Dopo tutto, essi sono solo insegnanti, e poi "l'autorizzazione è stata concessa". In stati "correttamente funzionanti" come l'Arabia Saudita o l'Egitto si è da tempo capito che la responsabilità di una figura religiosa non è inferiore a quella di un terrorista. Essi arrestano e imprigionano, esiliano o fanno tacere in vari modi i predicatori che hanno allevato generazioni di fanatici assassini. La Turchia rimuove dall’esercito chiunque esprima eccessivo fervore religioso.

In Israele, dall'altro lato, l'ex rabbino capo militare Avihai Rontzki ha avviato incontri dei soldati dell’intelligence con il rabbino Lior, la colonna della "King’s Torah". Ciò che segue è stato detto a proposito del codice etico dell’esercito israeliano: "Quando c'è un conflitto tra gli ordini che si basano sul codice etico ed una istruzione della halakha, ognuno dovrà ovviamente attenersi alla halakhà" - la legge ebraica. Non è l'istigazione ad essere pericolosa, ma piuttosto la sua trasformazione nella forma accettata e centrale del discorso.

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Fondo norvegese disinveste da una holding israeliana.

Lunedì scorso il Ministro delle Finanze norvegese ha annunciato che il Fondo Norway Oil dismetterà ogni partecipazione nella Africa-Israel Investments e nella controllata Danya Cebus Ltd., a causa dell’attività di costruzione svolta dalle due compagnie nella Cisgiordania occupata.

Il Ministro, in particolare ha affermato: "Il consiglio etico (del Fondo) ha sottolineato che la costruzione di insediamenti colonici nei territori occupati viola le regole della Convenzione di Ginevra in materia di protezione dei civili in tempo di guerra. Varie decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e della Corte Internazionale di Giustizia sono giunte alla conclusione che la costruzione degli insediamenti israeliani nei Territori palestinesi è proibita”.

La Africa-Israel Investments Ltd. – AFI GROUP – è una holding internazionale con sede a Yehud, in Israele. AFI GROUP è costituita da varie società, sia private sia pubbliche, operanti nel settore immobiliare, dell’edilizia, infrastrutture, manifatturiero e del turismo.

Il Fondo Norway Oil ha un patrimonio del valore di 450 miliardi di dollari e detiene azioni della Africa-Israel per un valore pari a 1,16 milioni di dollari.

Il Fondo, che è gestito dalla Banca Centrale norvegese, disinveste per ragioni etiche. In particolare Norway Oil non investe in aziende che producono armi nucleari o di distruzione di massa, né in quelle che danneggiano l’ambiente o negano i diritti dei lavoratori.

Una dimostrazione che etica e affari possono benissimo convivere e, soprattutto, un altro passo in avanti nella campagna di disinvestimento, boicottaggio e sanzioni (BDS) che sempre più punisce l’occupazione illegale dei Territori palestinesi e le violazioni del diritto umanitario da parte di Israele.

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23 agosto 2010

Appello: raccolta di fondi per uno studente palestinese.

In questi giorni si stanno raccogliendo dei fondi per un ragazzo del campo profughi Dheisheh di Hebron, Murad O., che è riuscito ad ottenere una borsa di studio presso l'Università di Perugia dove potrà continuare i suoi studi presso la facoltà di Scienze Politiche.

Purtroppo però il sistema delle borse di studio italiane non consente il pagamento del biglietto aereo e prevede che il ragazzo paghi da solo la prima rata di iscrizione all'università, di 440 euro; non è inoltre compreso il corso di lingua italiana, che ha ugualmente costi molto alti. Se non troviamo questi soldi Murad non potrà usufruire di questa grande opportunità. Si tratta di un piccolo contributo diretto e faccio appello in particolare alla Campagna per il Diritto allo Studio perchè dia un sostegno in questa causa.

Per ora l’Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario (ADISU) dell’Umbria garantisce l'alloggio e il servizio mensa fino alla fine di settembre, quando le graduatorie saranno uscite gli verrà rinnovato. Tuttavia i 440 euro e il biglietto aereo sono a suo carico, ugualmente gli servirebbe un po' di denaro che gli consenta di affrontare le piccole spese fino alla fine di dicembre, quando la prima rata della borsa di studio gli sarà versata.

Chiedo a tutti voi di partecipare alla raccolta di fondi versando sul conto corrente sotto indicato, al più presto possibile, una piccola cifra, anche simbolica, di 10 o 20 euro a testa, che verranno versate a Murad al suo arrivo in Italia: (se solo in 40 mettiamo 20 euro a testa riusciamo a coprire i costi più ingenti: del volo e quelli della prima tassa di iscrizione).

Conto intestato a: Caterina Donattini
Causale: Murad O./Sostegno agli studi
Banca: Cassa di Risparmio di Cento, agenzia 1
Indirizzo: Via della Grada, 2, 40122 Bologna
Swift: CRCEIT2C
IBAN: IT89F0611502400000000001059

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22 agosto 2010

Gli Ebrei in Iran stanno molto meglio dei Palestinesi a Gaza.

La propaganda filo-israeliana ama dipingere il Presidente iraniano Ahmadinejad come un abietto antisemita e un novello Hitler, ma la verità dei fatti è che la comunità ebraica iraniana – la più numerosa in Medio Oriente al di fuori di Israele - vive tranquillamente nella pienezza dei diritti civili e di libertà, anche religiosa.

Di questo tratta l’articolo che segue, pubblicato il 18 agosto da Mike Whitney su counterpunch.org e tradotto dal sito Come DonChisciotte.

Aggiungo solo che gli ebrei iraniani stanno molto meglio non solo dei Palestinesi di Gaza, come è ovvio, ma anche di quelli che vivono in Israele, dei veri e propri cittadini di seconda classe pesantemente discriminati sul piano legislativo (in Israele almeno 35 leggi esplicitamente privilegiano gli Ebrei rispetto ai non Ebrei), nella pratica amministrativa, nella distribuzione dei fondi per il welfare e per lo sviluppo.

Ma, ancora una volta, la propaganda sionista e l’acquiescenza e/o il servilismo dei media riescono a fornire una rappresentazione della realtà completamente rovesciata.

Perché gli Ebrei iraniani stanno meglio dei Palestinesi di Gaza.
Di Mike Whitney
counterpunch.org 18.8.2010

25 000 Ebrei vivono in Iran. È la più grande popolazione ebraica nel Medio Oriente fuori da Israele. Gli Ebrei iraniani non sono perseguitati, né subiscono abusi da parte dello stato, anzi, sono protetti dalla Costituzione iraniana. Sono liberi di praticare la loro religione e di votare alle elezioni. Non vengono fermati e perquisiti ai posti di blocco, non vengono brutalizzati da un esercito di occupazione, e non vengono ammassati in una colonia penale densamente popolata (Gaza) dove vengono privati dei loro mezzi di sussistenza di base. Gli Ebrei iraniani vivono nella dignità e godono dei diritti della cittadinanza.

Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad è stato demonizzato dai media occidentali. Viene definito un antisemita e il “nuovo Hitler”. Ma se queste teorie sono vere, perché la maggioranza degli Ebrei iraniani ha votato per Ahmadinejad alle recenti elezioni presidenziali? Potrebbe essere che la gran parte di quello che sappiamo su Ahmadinejad altro non sia che voci senza fondamento e propaganda?

Questo estratto è stato pubblicato in un articolo della BBC: “l’ufficio (di Ahmadinejad) ha fatto una recente donazione di denaro all’ospedale ebraico di Tehran. È solo uno dei quattro ospedali di carità ebraici in tutto il mondo ed è finanziato con le sovvenzioni della diaspora ebraica – una cosa straordinaria in Iran, dove persino le organizzazioni di aiuto locali hanno difficoltà a ricevere sovvenzioni dall’estero per timore di essere accusati di essere agenti stranieri”.

Quando mai Hitler ha donato denaro agli ospedali ebraici? L’analogia con Hitler è un tentativo disperato di fare il lavaggio del cervello agli Americani. Non ci dice niente di come sia realmente Ahmadinejad.

Le menzogne su Ahmadinejad non sono diverse da quelle su Saddam Hussein o su Hugo Chavez. Gli Stati Uniti e Israele stanno cercando di creare la giustificazione per un’altra guerra. È per questo che i media attribuiscono ad Ahmadinejad di aver detto cose che non ha mai detto. Non ha mai detto di “volere cancellare Israele dalla carta geografica”. Questa è un’altra finzione. L’autore Jonathan Cook spiega quello che il presidente iraniano ha realmente detto: “Questo mito è stato riciclato a non finire dal momento in cui fu commesso un errore di traduzione di un discorso di Ahmadinejad fatto quasi due anni fa. Gli esperti della lingua persiana hanno verificato che il presidente iraniano, lungi dal minacciare di distruggere Israele, stava citando un discorso precedente del defunto Ayatollah Khomeini, in cui rassicurava i sostenitori dei Palestinesi che “il regime Sionista a Gerusalemme” sarebbe “svanito dalla pagina del tempo”.

Non minacciava di sterminare gli Ebrei e neppure Israele. Stava paragonando l’occupazione da parte di Israele dei [territori] Palestinesi ad altri sistemi illegittimi di governo il cui tempo è ormai finito, compresi gli Shah che un tempo governavano l’Iran, l’apartheid in Sud Africa e l’impero sovietico. Ciononostante, questa traduzione errata è persistita e ha prosperato perché Israele e i suoi sostenitori l’hanno sfruttata per i propri crudi scopi di propaganda”. (“Israel Jewish problem in Tehran, Jonathan Cook, The Electronic Intifada)

Ahmadinejad non rappresenta una minaccia né per Israele né per gli Stati Uniti. Come chiunque altro in Medio Oriente, vuole una tregua dall’aggressione degli USA e di Israele.

Questo [estratto] proviene da Wikipedia: “Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha mosso accuse di discriminazione in Iran contro gli Ebrei. Secondo tale studio, gli Ebrei non potrebbero occupare alte posizioni nel governo e non potrebbero prestare servizio nei servizi giudiziari e di sicurezza, né diventare presidi di scuole pubbliche. Lo studio dice che ai cittadini ebrei è consentito ottenere il passaporto e viaggiare fuori dal paese, ma che spesso gli vengono loro negati i permessi di uscite multiple normalmente rilasciati agli altri cittadini. Le accuse mosse dal Dipartimento di Stato americano sono state condannate dagli Ebrei iraniani. La Association of Tehrani Jews ha detto in una dichiarazione, “noi Ebrei iraniani condanniamo le accuse del Dipartimento di Stato americano sulle minoranze religiose iraniane, annunciato che siamo pienamente liberi di praticare i nostri doveri religiosi e non sentiamo alcuna restrizione in merito alla pratica dei nostri rituali religiosi”.

A chi dovremmo credere: agli Ebrei che a tutti gli effetti vivono in Iran, o alle provocazioni del Dipartimento di Stato americano?

Ci sono 6 macellerie kosher, 11 sinagoghe e numerose scuole ebraiche a Tehran. Né Ahmadinejad, né nessun altro funzionario del governo iraniano ha mai fatto alcun tentativo di far chiudere queste strutture. Mai. Gli Ebrei iraniani sono liberi di viaggiare (o di spostarsi) ad Israele a loro piacimento. Non sono imprigionati da un esercito di occupazione. Non gli vengono negati né cibo, né medicine. I loro figli non crescono con disturbi mentali provocati dal trauma della violenza sporadica. Le loro famiglie non vengono fatte saltare in aria dagli elicotteri d’assalto che girano intorno alle spiagge. I loro sostenitori non vanno a finire sotto ai bulldozer, né gli vengono sparati nel cranio delle pallottole di gomma. Quando fanno manifestazioni pacifiche per le loro libertà civili non vengono picchiati né vengono usati gas lacrimogeni. I loro leader non vengono perseguitati ed uccisi con assassini premeditati.

Roger Cohen ha scritto un articolo molto attento sull’argomento per il New York Times. Ha detto: “Sarà che io prediligo i fatti alle parole, ma dico che la realtà della civiltà iraniana nei confronti degli Ebrei ci dice più sull’Iran – sulla sua sofisticazione e sulla sua cultura – di quanto lo faccia tutta la retorica incendiaria. Potrà essere perché sono ebreo, e raramente sono stato trattato con un tale e costante calore come in Iran. O forse mi ha colpito che l’ira per Gaza, sbandierata sui poster e sulla TV iraniana, non si è mai riversata sotto forma di insulti o di violenze contro gli Ebrei. O forse è perché sono convinto che la caricatura di “Mullah Pazzo” dell’Iran e che l’assimilarne qualunque compromesso al Monaco del 1938 – una posizione popolare in alcuni circoli ebraici americani – sia fuorviante e pericoloso”. (“What Iran’s Jews Say”, Roger Cohen, New York Times).

La situazione non è perfetta per gli Ebrei che vivono in Iran, ma è meglio di quella dei Palestinesi che vivono a Gaza. Molto meglio.

Mike Whitney vive nello stato di Washington. Può essere contattato all’indirizzo fergiewhitney@msn.com.

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI

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21 agosto 2010

Israele nella Ue? Già fatto!

Molti ricorderanno come il premier italiano Berlusconi, in occasione di una recente visita in Israele, abbia ribadito la propria volontà di adoperarsi per favorire l’ingresso di Israele nell’Unione Europea (un vecchio cavallo di battaglia dei radicali, in realtà).

Naturalmente si trattava solo di belle parole adatte alla circostanza, perché né la Ue né Israele hanno intenzione di formalizzare un simile passo. Anzitutto, perché è chiaro che Israele dovrebbe prima rinunciare ai Territori occupati e rientrare nell’alveo della legalità internazionale.

L’ingresso israeliano nel club europeo, inoltre, dovrebbe fondarsi sulle quattro libertà di circolazione della Ue: delle persone, delle merci, del denaro e dei servizi. Cose che Israele non è assolutamente pronto ad autorizzare.

E, infine, l’adesione di Israele alla Ue mal si concilia con il regime di apartheid vigente nei Territori palestinesi e con l’elevato tasso di discriminazione razziale che permea la legislazione e la pratica amministrativa israeliane.

E, tuttavia, Israele ha di fatto con i Paesi europei legami fortissimi da un punto di vista politico, economico e, soprattutto, militare, tali da averlo fatto divenire – in maniera informale e soprattutto “silenziosa” – un vero e proprio Stato-membro della Ue.

Di questo tratta l’articolo pubblicato il 31 luglio da Robert Fisk sull’Independent, qui proposto (con qualche correzione) nella versione offerta dal sito ComeDonChisciotte.

Israele si è insinuato nell’Unione Europea senza che nessuno se ne accorgesse.

La morte di cinque soldati israeliani 2 settimane fa a causa di un incidente d’elicottero in Romania non ha fatto notizia.

C’era in corso una esercitazione Nato-Israele. Bene, allora è tutto ok. Immaginate ora se a morire in un incidente d’elicottero in Romania questa settimana fossero stati cinque soldati di Hamas. A questo punto staremmo ancora ad indagare su questo straordinario fenomeno. Come potrete notare, non sto paragonando Israele ad Hamas. Israele è il paese che 19 mesi fa ha massacrato a Gaza in tutta legittimità più di 1300 palestinesi - di cui più di 300 bambini - mentre i cattivi, succhiatori di sangue e terroristi membri di Hamas hanno ucciso 13 israeliani (3 di essi in realtà si sono uccisi accidentalmente tra di loro).

Ma c’è un parallelo. Richard Goldstone, l’eminente giudice ebreo sudafricano, nella sua inchiesta per conto dell’Onu sul bagno di sangue a Gaza è giunto alla conclusione che entrambe le parti hanno commesso crimini di guerra – egli è stato, come è ovvio, correttamente definito come “il male” da ogni sorta di sostenitori di Israele negli Usa giustamente indignati, il suo eccellente rapporto è stato rifiutato da 7 governi della Ue - pertanto una domanda nasce spontanea. Cosa sta facendo la Nato quando gioca a combattere con un esercito accusato di crimini di guerra?

O, più precisamente, cosa diavolo fa la Ue quando cerca di ingraziarsi gli Israeliani? In un libro straordinario, dettagliato - forse leggermente esasperante - che uscirà a novembre, l’instancabile David Cronin presenta un’analisi minuziosa sui “nostri” rapporti con Israele. Ho da poco terminato la lettura del manoscritto, e mi ha lasciato senza parole. Come scrive nella prefazione: “Israele ha sviluppato dei legami politici ed economici con la Ue negli ultimi 10 anni talmente forti da essere divenuto uno stato membro dell’unione in tutto tratte che nominalmente.” A dir la verità è stato lo stesso Javier Solana, capo della politica estera dell’Unione Europea (già segretario generale della Nato) a dichiarare lo scorso anno che “Israele, consentitemi di dirlo, è un membro dell’Unione Europea senza essere membro dell’istituzione”.

Scusate, per caso ne eravamo a conoscenza? Abbiamo votato per questo? Chi ha permesso che ciò accadesse? È possibile che David Cameron - adesso convinto sostenitore dell’ingresso della Turchia nella UE - sia d’accordo con ciò? Probabilmente sì, visto che continua a dichiararsi amico di Israele dopo che questo paese ha fornito una eccellente serie di passaporti britannici falsi per i suoi assassini a Dubai. Come afferma Cronin: “La Ue si mostra vile nei confronti di Israele, in netto contrasto con le ferme posizioni adottate quando atrocità anche maggiori si sono verificate in altri conflitti”. Per esempio, dopo la guerra russo-georgiana nel 2008, la Ue ha incaricato una missione indipendente per sapere se il diritto internazionale fosse stato violato, e ha preteso un’inchiesta internazionale sulle violazioni dei diritti dell’uomo dopo la guerra dello Sri Lanka contro le Tigri Tamil. Cronin non nega la responsabilità dell’Europa nell’Olocausto e accetta che ci sarà sempre una sorta di “dovere morale” per i nostri governi affinché ciò non accada di nuovo – anche se ho notato che Cameron ha dimenticato di menzionare l’Olocausto armeno del 1915 quando questa settimana ha leccato i piedi ai Turchi.

Ma non è questo il punto. Nel 1999, le vendite di armi britanniche ad Israele – una nazione che occupa la Cisgiordania (e Gaza) e che costruisce colonie illegali solo ed esclusivamente per ebrei in terra araba - hanno sfiorato gli 11,5 milioni di sterline, per raddoppiare in due anni fino a raggiungere un totale di 22,5 milioni di sterline. Si tratta di armi leggere, di kit di granate pronte per il montaggio e di equipaggiamenti per aerei da combattimento e per carri armati. C’è stato qualche rifiuto quando Israele nel 2002 ha utilizzato contro i Palestinesi carri Centurion modificati, ma nel 2006, l’anno in cui Israele ha massacrato altri 1300 Libanesi, quasi tutti civili, durante l’ennesima crociata contro il “terrorismo mondiale” di Hezbollah, la Gran Bretagna ha concesso più di 200 licenze per l’esportazione di armi.

Certamente alcune attrezzature britanniche sono dirette ad Israele passando per gli Usa. Nel 2002, la Gran Bretagna ha fornito un “head-up display” (o semplicemente HUD, un tipo di display che permette di controllare i dati di volo, senza visualizzare i diversi strumenti di cabina, n.d.t.), creato dalla BAE Systems per Lockheed Martin, subito istallato sui caccia-bombardieri F-16 destinati ad Israele. La Ue non si è opposta. È da aggiungere che, nello stesso anno, i Britannici hanno ammesso di aver provveduto alla formazione di 13 membri dell’esercito israeliano. All’epoca della guerra in Libano nel 2006, aerei Usa che trasportavano armi per Israele fecero rifornimento in aeroporti britannici (e, ahimé, sembra anche in aeroporti irlandesi). Durante i primi tre mesi del 2008, abbiamo fornito licenze di esportazione d’armi a Israele per un totale di 20 milioni di sterline, giusto in tempo per l’attacco contro Gaza. Gli elicotteri Apache utilizzati contro i Palestinesi, a detta di Cronin, contengono pezzi fabbricati da SPS Aerostructures nel Nottinghamshire, da Smiths Industries a Cheltenham, da Page Aerospace nel Middlesex e da Meggit Avionics nell’Hampshire.

Devo continuare? Israele, per inciso, è stato elogiato dalla Nato per il suo aiuto “logistico” in Afghanistan – dove annualmente uccidiamo persino più Afgani rispetto ai Palestinesi usualmente uccisi dagli Israeliani - il che non sorprende affatto visto che il capo dell’esercito israeliano Gabi Ashkenazi ha visitato la sede Nato a Bruxelles per discutere di legami più stretti con la Nato. E Cronin spiega in maniera convincente uno straordinario – quasi oscenamente bello - accordo finanziario in “Palestina”. La Ue stanzia milioni di sterline di fondi comunitari per i progetti nella striscia di Gaza. Questi sono regolarmente distrutti dalle armi israeliane di fabbricazione americana. Funziona così. I contribuenti europei sborsano per i progetti, i contribuenti americani per le armi che Israele usa per distruggerli. In seguito i contribuenti della Ue sborsano per la ricostruzione dell’intero lotto. E i contribuenti americani… Insomma avete capito. Israele, fra l’altro, ha già un “programma di cooperazione particolare” con la Nato, che gli consente di accedere alle risorse informatiche dell’organizzazione.

A conti fatti, è bene avere un alleato solido come Israele dalla nostra parte, anche se il suo esercito è una marmaglia e alcuni dei suoi uomini criminali di guerra. A questo punto, perché non domandare anche a Hezbollah di unirsi alla Nato - immaginate quanto i nostri ragazzi in Helmand potrebbero beneficiare delle sue tattiche di guerriglia. E poiché gli elicotteri Apache israeliani uccidono spesso dei civili libanesi - come nel 1996, quando un’ambulanza che trasportava donne e bambini è stata distrutta da un missile aria-terra Boeing Hellfire AGM 114C - speriamo che i Libanesi possano sempre vedere di buon occhio i cittadini delle contee di Nottingham, del Middlesex, del New Hampshire e, naturalmente, di Cheltenham.

Robert Fisk

(Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINA PALAZZO)

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20 agosto 2010

In libreria: Israele, uno stato razzista.


Gli ebrei, vittime degli stermini nazisti, a loro volta divengono feroci persecutori del popolo palestinese. E' questo il paradosso storico, che stupisce e lascia sgomenti, affrontato da Mario Moncada di Monforte nel suo ultimo libro, Israele, uno stato razzista.

Scrive l'autore: "Quello che più sorprende e lascia allibiti è l'accanimento razzista anche verso gli ebrei orientali e verso quegli ebrei che non riconoscono lo stato d'Israele o ne contestano i comportamenti spietati contro i palestinesi. Sorprende, soprattutto, il tradimento dei valori dell'Ebraismo".

Per avvalorare le sue tesi, lo studioso di geopolitica sceglie di avvalersi di studi ed affermazioni di importanti studiosi ebraici, tra i più aspri critici del razzismo sionista.

L'emblema del conflitto israelo-palestinese è il Muro, 720 chilometri per separare Gerusalemme dal resto dei territori palestinesi e difendere le colonie illegali. Muro anch'esso dichiarato illegale dalla Corte Internazionale dell'Aja nel 2004, che richiama alla memoria quel terribile muro di Varsavia dentro il quale i nazisti avevano rinchiuso gli ebrei polacchi.

A volte la storia non ha memoria.

Israele, uno stato razzista
Autore: Mario Moncada di Monforte
Editore: Armando Editore
Data pubblicazione: 2010
Prezzo: 16 euro

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17 agosto 2010

I migliori anni della loro vita.




Queste sono alcune delle foto pubblicate sul profilo Facebook di Eden Abergil, una soldatessa di Ashdod da poco congedatasi dall'esercito israeliano. Le immagini sono inserite in un album dal significativo titolo "l'esercito ... il periodo più bello della mia vita :)".

Certo, in Israele il servizio militare ha i suoi vantaggi, si possono sbeffeggiare civili legati e bendati come nelle foto, si possono maltrattare ragazzini ai checkpoint, si possono financo uccidere civili inermi con la fondata speranza di farla franca!

Le poche voci dissonanti che, in Israele, denunciano i crimini dell'occupazione e la corruzione morale che da essa deriva, si riferiscono proprio ad episodi come questo.

La pubblicazione di queste foto davvero sconcertanti naturalmente ha scatenato un putiferio su internet e la notizia è stata riportata da vari quotidiani, tra cui Ha'aretz; a causa di ciò, la brava ex soldatessa ha cambiato le regole di privacy della sua pagina su Facebook, bloccando l'album ai non amici.

Non ci sarebbe bisogno di alcun commento, ma mi piace riportare la dichiarazione ufficiale sulla vicenda rilasciata dal Public Committee Against Torture in Israel (PCATI): "Foto di questo genere riflettono la norma accettata tra i soldati israeliani ai checkpoint, e il trattamento riservato ai detenuti palestinesi".

Un'altra prova di come l'Idf - l'esercito più "morale" al mondo - sia in realtà un'accozzaglia di volgari banditi buoni soli a umiliare, a vessare, a torturare povera gente inerme e indifesa. Ritendendo peraltro la cosa divertente.

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15 agosto 2010

Boicotta i prodotti israeliani!


La vignetta qui sopra (di Carlos Latuff) ci fa riflettere sull'importanza del boicottaggio delle merci israeliane e della campagna di disinvestimento, boicottaggio e sanzioni (BDS) avviata nel 2005 sulla base dei principi universali di libertà, giustizia e parità di diritti che avevano caratterizzato l'analoga lotta contro l'apartheid sudafricano.

Si tratta di un metodo di lotta assolutamente non violento e moralmente inattaccabile, per ciò stesso temuto da Israele, che si appresta a varare nuove leggi che prevedono pesanti pene per chi avvia o incoraggia azioni di boicottaggio.

E allora, dunque, boicotta Israele!

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14 agosto 2010

In Palestina anche lo sport è sotto occupazione.

Il sito web del Corriere della Sera ha pubblicato ieri la notizia secondo cui a sei giocatori della nazionale di calcio palestinese – originari di Gaza ma residenti in Cisgiordania – è stato impedito di recarsi all’estero per disputare una amichevole contro la Mauritania. I sei, infatti, sono stati bloccati al momento di entrare in Giordania, per “motivi di sicurezza”, naturalmente…

Secondo le autorità israeliane, il blocco al confine sarebbe legato al mancato rinnovo del “permesso di soggiorno” in Cisgiordania dei sei atleti, come detto nati e registrati nella Striscia di Gaza.

Contro l’accaduto ha subito protestato Jibril Rajoub, presidente del Comitato olimpico palestinese. “Guerra aperta per garantire la libertà di movimento dei giocatori palestinesi, delle squadre e dei membri dei club” ha dichiarato, aggiungendo “esigiamo che Israele sia radiato dalle organizzazioni sportive internazionali”. Il che sarebbe invero auspicabile, e non solo per questo episodio…

“Quando mi hanno detto che non potevo andare in Mauritania, sono stato molto deluso perché il sogno di ogni sportivo è portare i colori del proprio paese all'estero” ha detto Suleiman al-Obeid, uno dei sei calciatori bloccati. Originario di Gaza, vive da un anno e mezzo in Cisgiordania e non è mai rientrato nella Striscia dalla moglie e dai due figli per paura di perdere la nazionale.

Il perché è facilmente intuibile, dato che dalla Striscia di Gaza – a causa dell’assedio israeliano – è quasi impossibile uscire, per qualsivoglia motivo, dallo studio allo sport, dalle cure mediche alla semplice visita a parenti all’estero.

E, dunque, ancora una volta Israele tira in ballo la “sicurezza” per impedire ad alcuni Palestinesi di recarsi all’estero, solo che non si capisce bene cosa c’entri la “sicurezza” dello Stato israeliano con una partita di calcio in Mauritania e con degli atleti che non avrebbero nemmeno dovuto transitare in territorio israeliano.

E, ancora una volta, si disvela come menzognera la pretesa israeliana di non occupare più la Striscia di Gaza. All’opposto, questa vicenda ci ricorda che Israele pretende di dettar legge anche in materia di stato civile e di residenza dei Palestinesi, richiedendo un “permesso di soggiorno” ai Palestinesi di Gaza per risiedere in Cisgiordania, quando tutti gli atti ufficiali e gli accordi precedenti hanno sempre riconosciuto che Gaza e la West Bank costituiscono un’unica entità.

E, ancora una volta, l’occupazione israeliana si rivela non solo brutale e feroce, ma anche ottusa e insensata, come è insensato impedire a degli atleti di gareggiare all’estero con i colori del proprio paese.

Si spera solo che le autorità internazionali interessate questa volta battano un colpo e non voltino la testa dall’altra parte fingendo di non vedere. Ed espellere Israele dagli organismi sportivi internazionali sarebbe un buon inizio.

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10 agosto 2010

Ancora una volta Israele implicato nel traffico di organi.

Lo scorso 6 agosto l’Ansa ha reso nota una notizia “stranamente” non riportata dai principali media italiani.

E la notizia in questione è che Israele coordinava un’organizzazione dedita al traffico di organi, destinati ad essere trapiantati a pazienti facoltosi che li avevano "prenotati" in anticipo.

L’organizzazione è stata smantellata dalle autorità di polizia ucraine, che hanno arrestato dodici persone, tra cui un cittadino israeliano. Il reperimento degli organi si concentrava in Ucraina, dove venivano depredati a pazienti moribondi o - nel caso dei reni - acquistati da persone bisognose (soprattutto donne) al prezzo medio di 10.000 dollari l'uno.

Il successivo smistamento veniva coordinato in Israele e i trapianti 'su commissione' - secondo quanto dichiarato dal capo del Dipartimento sul traffico di organi del Ministero dell’interno Yuriy Kucher – arrivavano a costare fino a 200.000 dollari per ogni singolo intervento e venivano eseguiti in strutture compiacenti sparse tra Kiev, l’Azerbaigian e l’Ecuador.

Con questo sistema, i promotori avevano già lucrato oltre 40 milioni in alcuni mesi, stando alle stime della polizia ucraina.

L'episodio non è il primo a vedere coinvolte organizzazioni e specialisti israeliani in reti internazionali di traffico di organi, denunciano i media. Un caso simile fu stroncato mesi fa in Romania, mentre risale ad aprile - secondo quanto ricorda l'edizione online di Yediot Ahronot - la clamorosa incriminazione da parte della Procura di Stato israeliana del generale della riserva Meir Zamir, originario di Rishon Letzion (non lontano da Tel Aviv): accusato con altre quattro persone di aver creato un business illegale di espianto, esportazione clandestina e impianto di organi per milioni di shekel.

Sarebbe dunque il caso di telefonare a qualche parlamentare italiano e fargli (meglio, farle) sapere che, forse, quella di Aftonbladet non era dopo tutto una calunnia antisemita.

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7 agosto 2010

Solo a Israele è permesso.

Lo scontro armato di martedì scorso alla frontiera tra Israele e il Libano – che è costato la vita a due soldati e a una giornalista libanesi e a un militare israeliano – è stato una provocazione israeliana oppure un “atto totalmente ingiustificato” da parte dell’esercito libanese, come ha sostenuto il portavoce del Dipartimento di Stato Usa?

Per l’informazione ufficiale italiana, Israele ha agito legittimamente dal proprio lato del confine, e tanto basta. Ma le cose non stanno esattamente così, come racconta Gideon Levy su Ha’aretz in questo articolo del 5 agosto, qui proposto nella sintesi offerta dal sito Frammenti vocali in MO.

Only we’re allowed.
di Gideon Levy – 5.8.2010

Quei bastardi , i libanesi, hanno cambiato le regole. Scandaloso. Inoltre hanno un comandante di brigata, che è determinato a proteggere la sovranità del paese. Scandaloso.

E’ accusato di "indottrinare le sue truppe" - solo noi siamo autorizzati a farlo, naturalmente - e di essere "vicino agli Hezbollah”.

E ora che abbiamo recitato fino alla nausea le dichiarazioni di propaganda dell'IDF per quanto è successo martedì al confine settentrionale, cominciamo ad analizzare i fatti.

Israele ha chiesto un "coordinamento" con l'UNIFIL per effettuare un'altra operazione di confine. UNIFIL ha invitato a rinviare l'operazione, perché il suo comandante era all'estero. All'IDF ciò non interessa A mezzogiorno cominciano a tagliare gli alberi. I soldati libanesi e dell'UNIFIL hanno urlato loro di fermarsi, sparando, si dice, colpi di avvertimento in aria.

I rami degli alberi sono stati tagliati e sangue è stato versato da entrambi i lati del confine: invano.

È vero, Israele sostiene che l'area in tutta la recinzione è nel suo territorio e Unifil ha confermato ufficialmente ciò. Ma un recinto è un limite. A Gaza è sufficiente avvicinarsi al reticolato per essere uccisi da noi. In Cisgiordania i palestinesi non possono attraversare la linea di demarcazione definita dal Muro che, tra l'altro, non segue la Linea Verde.

In Libano abbiamo stabilito diverse norme: la recinzione è solo una recinzione, ci è permesso di attraversarla e di fare tutto ciò che ci piace, come per esempio, quando violare lo spazio aereo libanese.

Questa zona è sotto occupazione israeliana da 18 anni, senza che noi riconosciamo ciò. E 'stato un lavoro non meno brutale di quanto abbiamo fatto nei territori e l'abbiamo definita "zona di sicurezza". Così ora possiamo fare ciò che ci piace.

Ma improvvisamente c'è stato un cambiamento. Martedì c'è stato un incidente, gonfiato a dismisura e considerato motivo sufficiente per una guerra che solo la famosa "moderazione" israeliana, ha impedito, Da mesi i tamburi di guerra hanno cominciato a rullare.

Nessuno si chiede il perché e il percome, è arrivata l'estate e con essa la nostra solita minaccia di guerra. Ma un rapporto dell'Onu pubblicato questa settimana considera Israele totalmente responsabile per questa tensione pericolosa.

In questo clima surriscaldato l'IDF avrebbe dovuto stare attenta: UNIFIL ha richiesto di rinviare l'operazione? L'area è esplosiva? Forse l'esercito libanese è più determinato ora a proteggere la sovranità del suo paese - questo non è un suo diritto, ma un suo dovere - e un comandante libanese che vede le Forze di Difesa israeliane agire lungo tutta la recinzione, potrebbe dare l' ordine di sparare, anche se ciò appare ingiustificato.

Chi meglio dell' IDF spara dinanzi a qualsiasi violazione reale o immaginaria? Basta vedere quanto avviene a Gaza o in Cisgiordania. Arroganza respingere la richiesta di rinvio dell'Unifil, arroganza pretendere che nè gli Usa nè la Francia armino l'esercito libanese. Solo ai nostri militari è permesso avere armi. Sono anni che Israele ha chiesto all'esercito libanese di assumersi la responsabilità di quanto sta accadendo nel sud del Libano, ora che lo fa abbiamo cambiato la nostra musica. Perché? Perché ha smesso di comportarsi come subappaltatore di Israele e sta cominciando a comportarsi come l'esercito di uno stato sovrano.

E questo è proibito, naturalmente. Così risuona il grido di dare una "duro colpo" al Libano e di infliggere una maggiore distruzione, rispetto all'altra volta, al quartiere Dahiya di Beirut. Tre libanesi uccisi, tra cui una giornalista, non sono abbastanza per l' uccisione del nostro comandante di battaglione.Vogliamo di più. Il Libano deve imparare una lezione e noi gliela insegneremo. E che dire di noi? Non abbiamo alcuna lezione da imparare. Noi continueremo a ignorare UNIFIL, a ignorare l'esercito libanese e il suo nuovo comandante di brigata, che ha il coraggio di pensare che il suo compito è quello di proteggere la sovranità del suo paese.

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4 agosto 2010

Per favore, non portate via il mio papà!

Distretto di Hebron, Cisgiordania. Khaled Jabari ha solo 5 anni, ma gli tocca di vivere un momento angosciante e drammatico, che probabilmente lo segnerà per la vita, quando i soldati israeliani arrestano il suo papà Fadel, colpevole di aver rubato dell'acqua.

A piedi nudi, in preda a una crisi di nervi, chiama a gran voce suo padre e cerca di aggrapparsi a lui per non farselo portare via, poi uno dei soldati lo allontana e Fadel viene fatto salire a bordo di una jeep che si allontana rapidamente.

Quale migliore scuola dell'odio esiste al mondo di quella gestita dalla canaglia di Tsahal?

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1 agosto 2010

I trucchi e gli inganni di chi non vuole la pace.

Questo video, mandato in onda in Israele da Channel 10 News, mostra l’attuale primo ministro israeliano Netanyahu che, nel 2001, si trova a casa di un suo elettore e, non sapendo di essere ripreso, getta la maschera della menzogna e parla liberamente degli Accordi di Oslo, del processo di pace, degli Usa.

Così veniamo a sapere chi veramente ha fatto fallire gli Accordi di Oslo – Israele e non i Palestinesi – e conosciamo da un assoluto protagonista quella che è l’attitudine menzognera degli Israeliani, che siglano gli accordi e subito dopo li piegano a loro favore con l’inganno o semplicemente li disattendono.

Veniamo a sapere quale è il modo in cui gli Israeliani intendono tenere i rapporti con i Palestinesi, bisogna “colpirli duramente” in modo da piegarne la resistenza facendo pagar loro “un prezzo insostenibile”, tanto la comunità internazionale, e in special modo l’America, si berrà la favola dell’autodifesa. Quell’America che può essere facilmente” manovrata” e piegata ai voleri dello stato sionista.

E, alla fine, ci rendiamo conto che la tattica israeliana è, è sempre stata e sempre sarà – a meno che gli Usa e gli altri stati che contano non rinsaviscano – una ed una soltanto: restare in possesso dei territori palestinesi occupati e delle loro risorse limitandosi a pagare “un prezzo minimo”. E utilizzando, a tal fine, ogni possibile inganno e ogni manovra dilatoria.

E poi, magari, qualcuno ha anche il coraggio di criticare Abu Mazen perché non vuole avviare negoziati diretti con Israele e il suo leader infido e menzognero senza aver prima ricevuto l’assicurazione scritta che la base dell’accordo di pace sarà costituita dai confini del 1967 e che, durante i colloqui, la moratoria della costruzione negli insediamenti sarà prorogata.

Non aveva certo bisogno di guardare questo video per diffidare di Bibi e degli Israeliani!

Sull’argomento, Gideon Levy ha scritto per Ha’aretz l’articolo che segue, qui riportato nella traduzione offerta dal sito dell’API (Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus).

Infido Bibi

Israele ha avuto molti leader di destra dall’epoca in cui Menachem Begin promise “molte Elon Moreh”, ma non c’è mai stato nessuno come Netanyahu, che vuole farlo con l’inganno

di Gideon Levy – 15.7.2010

Questo video avrebbe dovuto essere proibito ai minori. Questo video avrebbe dovuto essere visto in tutte le case di Israele e poi mandato a Washington e a Ramallah. Proibito ai bambini, per non corromperli e distribuito in tutto il paese e nel mondo perché ognuno sapesse chi è alla testa del governo di Israele. Canale 10 ha presentato: Il vero (e infido) volto di Binyamin Netanyahu. Trasmesso venerdì sera in “Questa settimana con Miki Rosenthal”, è stato girato in segreto nel 2001, durante la visita del cittadino Netanyahu a una famiglia in lutto della colonia di Ofra e, sorprendentemente, non ha creato scompiglio.

La scena era a un tempo patetica e scandalosa. L’ultimo dei devoti seguaci di Netanyahu, convinto che questi porti la pace, se l’ha vista ha cambiato subito opinione. Il Presidente Barack Obama e Shimon Peres, che continuano a credere che Netanyahu porterà la pace, parlerebbero un altro linguaggio se avessero visto questo video girato in segreto. Se il Presidente dell’Autorità palestinese obiettasse a prender parte a negoziati diretti con l’uomo del video sarebbe comprensibile. Cosa c’è da discutere con un piccolo mercante il cui solo scopo è di “dare il 2 per cento per evitare il 100 per cento”, come il padre gli diceva, citando il nonno?

Israele ha avuto molti leader di destra dacché Menachem Begin promise “molte Elon Moreh”, ma nessuno come Netanyahu, che vuole farlo con l’inganno, prendersi gioco dell’America, turlupinare i palestinesi e portare noi chissà dove. Le stesse parole dell’uomo del video tradiscono l’imbroglione, e adesso è di nuovo primo ministro di Israele. Nessuno mi dica che da allora è cambiato. Un modo di pensare così truffaldino non cambia con gli anni.

Lasciamo perdere il discorso all’Università Bar-Ilan, lasciamo stare i potenziali successi della sua ultima visita negli USA; il vero Netanyahu è questo qui. Nessuno pretenda più che gli Accordi di Oslo sono falliti per colpa dei Palestinesi. Netanyahu ha esposto la nuda verità ai suoi ospiti di Ofra: ha distrutto gli Accordi di Oslo con le sue mani, e ne è pure orgoglioso. Dopo anni che ci sentivamo dire che la colpa era dei Palestinesi, la verità è venuta dall’alto.

E come l’ha fatto? Ha ricordato di aver posto condizioni alla sua firma dell’accordo di Hebron del 1997 con il consenso degli americani, secondo cui non ci sarebbe stato alcun ritiro di truppe da “siti militari specifici” e ha insistito di aver scelto lui quei luoghi, come per esempio l’intera valle del Giordano. “Perché la cosa è tanto importante? Perché da quel momento bloccai gli Accordi di Oslo”, si vanta. Il vero Netanyahu millanta anche la sua conoscenza dell’America:”Io so che cos’è l’America. L’America è qualcosa che si può facilmente manovrare”. Per informazione della Casa Bianca.

Chiama l’ex presidente USA Bill Clinton “estremamente filopalestinese” e dice che i Palestinesi vogliono buttarci in mare. Di fronte a idee così retrograde, nessuno può sostenere in modo convincente che egli voglia un accordo.

Queste osservazioni sono profondamente deprimenti. Confermano tutte le nostre paure e sospetti: che il governo di Israele è guidato da un uomo che non crede ai palestinesi né crede alla possibilità di un accordo con loro, il quale pensa di avere Washington in tasca e di poter gettare fumo nei suoi occhi. Non c’è ragione di attribuire all’impossibile coalizione di destra di Netanyahu la responsabilità dello stallo. D’ora in poi, dobbiamo dire che Netanyahu non vuole.

E se Kadima entrasse nel governo e Yisrael Beiteinu se ne andasse? Nulla cambierebbe. E se Danny Danon diventasse di sinistra e Tzipi Hotovely entrasse in La pace adesso? Netanyahu non vuole l’accordo di pace.

Se l’avesse detto onestamente, come ha fatto quando credeva che la macchina da presa fosse spenta, avrebbe potuto essere perdonato per le sue posizioni estremiste. E’ suo diritto pensarla in quel modo ed essere eletto in base a quello. La gente avrebbe quel che ha voluto. Ma quando Netanyahu nasconde le sue vere posizioni tessendo inganni e raggiri, non solo riduce le possibilità di raggiungere un accordo, ma nuoce alla cultura politica di Israele. Molti possono volere un primo ministro di destra, nazionalista, ma un primo ministro che è un imbroglione? E’ esagerato aspettarsi che Netanyahu ci parli esattamente come ha parlato a Ofra? Perché una manciata di coloni meritano di sapere la verità, e noi no? Dicci la verità, Netanyahu. Parla con noi come se le macchine da presa fossero spente, proprio come cedevi allora, nel 2001 a Ofra.

(tradotto da Marilla)

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