27 marzo 2012

Cancelli chiusi per gli agricoltori palestinesi


Quello che segue è il rapporto settimanale del rabbino Yehiel Grenimann, di Rabbis for Human Rights, sullo stato dell’agricoltura nei Territori palestinesi occupati e sulla difficile situazione dei contadini palestinesi, stretti tra l’impossibilità di accedere ai propri terreni e la crescente violenza da parte dei coloni.

26.3.2012

All’inizio del periodo dell’aratura il rabbino Yehiel Grenimann ci fornisce il suo rapporto settimanale su quanto succede in tema di diritti umani nei territori occupati. Gli agricoltori hanno necessità di accesso alle loro terre e di coordinamento con l’esercito israeliano, ma spesso le loro esigenze non vengono soddisfatte, così come anche soffrono per la continua e crescente violenza da parte dei coloni.

Area di Ramallah

Siamo stati informati che a Naalin, nonostante delle date coordinate a partire dal 25 marzo per una aratura di cinque giorni sul lato di Modiin del muro di separazione, il primo giorno i contadini sono stati rimandati indietro, e solo dopo una mediazione il giorno successivo i cancelli sono stati aperti e ad alcuni agricoltori è stato concesso di passare. I nostri contatti lì ci dicono che cinque giorni non sono sufficienti e che ad alcuni è stato comunque negato l’accesso, come pure imposte severe limitazioni alle attrezzature che era possibile trasportare – per esempio, il 26 marzo un solo trattore.

A Sinjil la data concordata per l’aratura è stata cancellata all’ultimo momento, senza alcuna spiegazione, ed una nuova data non è ancora stata annunciata.

Area di Shchem/Nablus

Il 25 marzo gli agricoltori di Burin hanno lavorato sul lato orientale della colonia di Yitzhar sotto la protezione dell’esercito. Nei pressi di Havat Gilad i giorni per l’aratura sono stati annunciati e successivamente annullati negli ultimissimi giorni, e solo il nostro intervento ha evitato un incidente tra gli agricoltori privi di protezione e gli incolleriti residenti di quell’avamposto illegale, a causa della confusione sulle date.

Nei villaggi di Ein Abus, Urif e Awwarta l’aratura è stata coordinata e procede finora senza incidenti.

Oggi, 26 marzo, si sta iniziando ad arare a Kusra, Yatma e Sawya (nei pressi degli insediamenti di Rachelim e di Migdalim. Siamo in contatto e “disponibili su chiamata” qualora vi fossero problemi in queste aree (ve ne sono stati negli anni passati, ma finora è tutto tranquillo).

La violenza dei coloni

Il 21 marzo 10 coloni mascherati hanno “rapito” a Jit un anziano agricoltore palestinese e sua moglie. Lei è riuscita a chiedere aiuto per telefono prima che questo gli venisse “confiscato” dai coloni. Secondo il rapporto che abbiamo ricevuto, il fatto è accaduto nella valle tra Kadum e Farrata. Abbiamo contattato la polizia, l’Ufficio distrettuale di coordinamento e le forze di sicurezza. Nell’incidente che ne è seguito alcuni palestinesi sono rimasti feriti ed hanno dovuto ricorrere a cure mediche. Due coloni sono stati arrestati, ma subito dopo rilasciati, ed un certo numero di palestinesi sono stati arrestati e rilasciati soltanto il giorno successivo. I nostri amici ci hanno inviato delle foto di alcune delle vittime. Per quanto ne sappiamo non vi sono accuse né indagini a carico dei coloni, che a quanto sembra hanno dato vita all’incidente.

Rapporti supplementari: Coloni armati sono entrati in un villaggio ed hanno ferito gravemente un residente. Indagheremo ulteriormente. E’ stato anche segnalato un altro episodio di sradicamento di 85 alberi. Condivideremo ulteriori informazioni in futuro se disponibili (A volte ci viene chiesto di non rendere pubblici i dettagli a causa del timore di rappresaglie da parte dei coloni). 

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22 marzo 2012

L'unica vera sofferenza è quella degli ebrei


Già a caldo, mi avevano dato molto fastidio le reazioni e l’infuriata levata di scudi di numerose personalità israeliane ed ebraiche in tutto il mondo di fronte alle dichiarazioni di Catherine Ashton, rappresentante Ue per la politica estera, che si era limitata ad unire nel ricordo e nella commemorazione tutti i bambini e gli adolescenti vittime dell’odio e della cieca violenza, a Tolosa come un anno fa in Norvegia, in Siria come a Gaza.

Ma naturalmente tutto ciò risulta inaccettabile a quanti sostengono Israele e le sue politiche genocidarie con cieco fanatismo e senza alcun tentennamento, perché ai loro occhi non si può mettere sullo stesso piano l’assassinio di quattro innocenti, tre dei quali bambini, con i tragici “errori” saltuariamente commessi dall’esercito israeliano, che resta pur sempre l’esercito “più morale al mondo” e che compie “sforzi erculei” per evitare l’uccisione di civili durante i suoi raid quotidiani.

Analogo senso di fastidio e irritazione, credo, deve aver motivato Gilad Atzmon a scrivere l’articolo che segue, in cui si da conto delle reazioni alle affermazioni della Ashton, tutte improntate al criterio in base al quale la sofferenza degli ebrei è unica e insuperabile, e non può essere paragonata a nessun’altro dolore e sofferenza, tanto meno a quella dei palestinesi.

Ora, dispiace davvero dover fare queste considerazioni, soprattutto di fronte ad una tragedia come quella di Tolosa e alla morte di poveri innocenti, perché questo è il tempo in cui ci si dovrebbe raccogliere in un commosso silenzio e nella commemorazione di queste giovani vite che sono state spezzate dal gesto di un fanatico.

E, tuttavia, non si può tacere di fronte a certe dichiarazioni e a certi distinguo che mirano a delineare la superiorità morale di Israele quale paese che si limita a combattere il “terrorismo”, pur commettendo talvolta qualche piccolo errore scusabile.

A costoro vorrei ricordare, tra i tanti altri, il caso della piccola Iman al-Hams, la scolaretta tredicenne uccisa mentre andava a scuola con il suo zainetto da un gruppo di assassini della brigata Givati che avevano visto benissimo – come risulterà poi dalla registrazione delle conversazioni radio – che si trattava di una ragazzina impaurita e non di una terrorista. Una ragazzina che uscendo di casa non avrebbe mai potuto immaginare che sulla sua strada avrebbe incontrato un tagliagole, il Capitano R. (di questo infame nemmeno il nome abbiamo il diritto di conoscere…), che per “confermarne la morte” le avrebbe scaricato in corpo un intero caricatore.

Ma, a differenza di Tolosa, dove il folle assassino verrà assicurato alla giustizia e pagherà per il suo crimine, il Capitano R. non è mai stato condannato, nemmeno per uso illegale delle armi: come dire, licenza di uccidere, in fondo sono solo palestinesi!

E, ancora, pensando all’uccisione di Ayoub Asaliya, un ragazzino di soli 12 anni ucciso lo scorso 11 marzo da un raid aereo israeliano mentre era in campo aperto e si trovava in un’area sgombra da miliziani e da armati di alcun genere, che differenza c’è tra l’assassinio folle di una bambina uccisa da un colpo alla testa e quello asettico di un bambino da parte di un pilota che si limita a premere un bottone?

E dove risiede la ”superiorità morale” di chi ordina bombardamenti indiscriminati o autorizza l’uso del fosforo bianco e di altri armamenti proibiti in aree densamente popolate, con la certezza di causare numerose vittime civili, donne e bambini compresi? Al contrario, a fronte del gesto isolato di un fanatico ci troviamo di fronte a precise responsabilità della catena di comando politica e militare, ad un vero e proprio “terrorismo di stato”, a crimini contro l’umanità le cui vittime reclamano una giustizia che forse mai avranno.

Non sfugga, peraltro, che il vittimismo di cui gli israeliani sono formidabili maestri non è certo fine a sé stesso, ma punta ad ottenere ben precisi risultati politici. Non è un caso che comincino a circolare articoli come questo, in cui si accusa l’Europa di avere uno scarso senso morale e di essere cieca di fronte alla realtà mediorientale. Deplorando i pallidi tentativi della Ue di supportare i diritti del popolo palestinese e persino gli interventi in favore dei prigionieri in sciopero della fame, infatti, si cerca di mettere pressione sui rappresentanti istituzionali europei per convincerli ad adagiarsi comodamente sulle posizioni smaccatamente filo-israeliane dell’amministrazione Obama.

Bene ha fatto, dunque, il premier palestinese Salam Fayyad a intervenire con decisione, affermando che deve cessare l’uso strumentale della causa palestinese da parte di gruppi criminali di fanatici e che nulla può giustificare crimini orrendi come quello di Tolosa.

Ma non può certo essere consentito ad Israele di strumentalizzare le povere vittime di Tolosa per lavarsi le mani sporche del sangue di migliaia di palestinesi, vantando una superiorità morale (anche nei confronti di noi europei par di capire…) che non ha alcun fondamento nella realtà. Direi anzi che i fatti di ogni giorno mostrano proprio l’esatto contrario.

di Gilad Atzmon - 21 marzo 2012  
L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e le Politiche della Sicurezza ieri è stato criticato per aver messo a confronto l’uccisione a colpi d’arma da fuoco di tre bambini e di un rabbino in un attentato in Francia con la situazione di Gaza. 

Alla conferenza “I profughi palestinesi nel Medio Oriente che cambia”, a Bruxelles, la baronessa Ashton ha descritto gli omicidi di Tolosa come una “terribile tragedia”, ma poi ha aggiunto: “quando vediamo quel che accade a Gaza e in varie parti del mondo – ricordiamo i giovani e i bambini che perdono le loro vite”.

Apparentemente alcuni importanti leader ebrei e israeliani non potevano essere maggiormente in disaccordo. Per essi la sofferenza degli ebrei supera ogni altra sofferenza e in particolare quella dei palestinesi.

Il London Jewish Chronicle ha citato alcuni dei critici indignati. “Anche se lette nel loro contesto, le parole della Ashton sono più che inaccettabili”, ha detto Oliver Worth, il presidente dell’Unione Mondiale degli studenti ebrei in Gran Bretagna. Egli ha affermato che tali parole sono state “veramente scandalose e ripugnanti” e le ha chiesto di dimettersi avendo “perso ogni credibilità”. E tuttavia, il sig. Worth non spiega perché sia “scandaloso e ripugnante” mettere sullo stesso piano la sofferenza ebraica con quella palestinese. 

“I commenti della baronessa Ashton sono ad un tempo stupidi e del tutto inappropriati” ha detto il direttore generale del Comitato dei Rappresentanti, tuttavia anch’egli non ha fornito alcuna motivazione. 

“Non c’è assolutamente alcuna equivalenza tra la situazione di Gaza e lo spietato assassinio a sangue freddo del rabbino Jonathan Sandler e di tre bambini” ha detto Stefan Kerner, direttore per gli affari pubblici della Federazione Sionista. E io mi chiedo perché non vi sia alcuna “equivalenza”, è perché gli ebrei devono ancora ritirarsi da Tolosa? O forse il sig. Kerner si aspetta in realtà che siano i francesi a ritirarsi da Tolosa, lasciandola al rabbino Sandler e a pochi altri ebrei? Evidentemente trovo davvero difficile continuare a seguire la logica sionista.

Il rabbino ha aggiunto: “per una persona nella posizione della Baronessa Ashton è vergognoso perfino il giudicare i propri commenti come appropriati. Dovrebbe ritirare immediatamente le proprie dichiarazioni e scusarsi senza riserve per le offese che ha arrecato”. E io mi chiedo perché gli ebrei considerino offensivo che qualcuno equipari il loro dolore alle sofferenze dei Goyim. Davvero il rabbino ritiene che le sofferenze degli ebrei siano in qualche modo superiori?

Avigdor Lieberman, il ministro degli esteri israeliano, ha detto di considerare le sue osservazioni come “inappropriate”. Ha affermato che spera che la Ashton le riesamini e le ritiri”. E io mi chiedo quale tipo di ritrattazione farebbe piacere al governo israeliano. Davvero si aspettano che la baronessa Ashton accetti che la sofferenza degli ebrei sia la massima forma del dolore umano? 

Anche il criminale di guerra israeliano nonché leader dell’opposizione Tzipi Livni ha cercato di offrire qualche ragionamento. Ella ha descritto il commento della Ashton come “biasimevole, irritante e sbagliato” nel delineare un qualsiasi collegamento “tra l’assassinio dei bambini a Tolosa e il massacro che Assad sta conducendo in Siria e la situazione a Gaza”. La Livni tanto per cambiare può aver ragione, il crimine commesso a Gaza dallo stato ebraico in nome del popolo ebraico è infatti unico nella storia della brutalità. Anche il fatto che il 94% della popolazione ebraica israeliana appoggiasse le tattiche di genocidio dell’Idf al tempo dell’operazione Piombo Fuso è anch’esso davvero unico. E i crimini di guerra israeliani sono davvero di una crudeltà senza eguali e senza paragone. 

Ma la Livni non si è fermata  solo lì, ha cercato di qualificare le proprie affermazioni. “Un delitto dettato dall’odio o un leader che uccide il suo popolo non sono la stessa cosa di un paese che combatte il terrorismo, anche se i civili vengono colpiti”. Secondo la Livni, la baronessa non è riuscita a fare “l’appropriata distinzione morale”. Per cominciare non sappiamo ancora cosa abbia portato ai tragici eventi di Tolosa. Tuttavia, il fatto che Israele definisca i palestinesi come “terroristi” serve ancora a fornire allo stato ebraico una scusa morale per trucidare la popolazione indigena di quella terra e per prevaricare ogni diritto umano possibile. 

Credo che noi tutti stiamo diventando impermeabili alla logica politica ebraica. Ma può darsi che questo sia un altro sintomo della sionizzazione della nostra realtà. D’ora in poi ci si aspetta che noi obbediamo.

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21 marzo 2012

Jerusalem for Us All!

 

30 marzo: marcia globale per Gerusalemme.

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14 marzo 2012

Stop alla barbarie della detenzione in isolamento dei minori palestinesi

Il 30 gennaio scorso, oltre 100 professionisti di spicco, ecclesiastici, educatori, medici, accademici e artisti americani e israeliani hanno inviato al Primo Ministro israeliano Netanyahu e ad altri alti funzionari di Israele e Usa la lettera che segue, sollevando le loro preoccupazioni per l’uso continuato della detenzione in isolamento dei bambini nei centri di interrogatorio di Al Jalame e di Petah Tikva, in Israele.

A partire dal 2008, Defence for Children International – Palestine ha documentato 38 casi in cui dei ragazzi sono stati posti in isolamento in queste strutture per periodi che vanno dalle 48 ore fino ai 65 giorni in un caso. La durata media del periodo in cui i minori sono rimasti in isolamento è stata di 11 giorni. Gli effetti dannosi sul piano psicologico e fisico della detenzione in isolamento di una persona sono ben documentati e includono: ansia e disperazione, disorientamento, depressione, insonnia,  psicosi, auto-mutilazioni e tentativi di suicidio.

In varie occasioni, da ultimo nell’ottobre del 2011, vari organismi dell’Onu, incluso il Comitato sui Diritti del Fanciullo e il Relatore Speciale dell’Onu sulla Tortura, hanno lanciato un appello per un divieto totale dell’uso della detenzione in isolamento sui minori. Questo appello trova eco nella lettera che segue.

Chi scrive può solo aggiungere il proprio sdegno e la propria riprovazione per l’utilizzo di un simile strumento di pressione che rappresenta una vera e propria forma di tortura, soprattutto quando ciò avviene a danno dei più piccoli e indifesi. Quando si discute di boicottaggio economico e culturale come forma di pressione contro Israele, si dovrebbero sempre tenere a mente atti abominevoli e immorali come questi, compiuti da uno stato-canaglia cui da troppo tempo la comunità internazionale garantisce piena e totale impunità per ogni crimine ed ogni illegalità.

E ciò è ancor più grave laddove dovrebbe essere chiaro che compiere simili atti abominevoli non serve ad altro che ad instillare gocce di veleno che scavano un solco di odio sempre più profondo tra israeliani e palestinesi, destinato a perpetuarsi nelle generazioni che verranno.

Equality and Justice for Children and Families

Onorevole Benjamin Netanyahu, Primo Ministro dello Stato di Israele
Onorevole Yaacob Ne’eman, Ministro della Giustizia dello Stato di Israele
Cc:
Onorevole Susan Rice, Rappresentante permanente degli Stati Uniti d’America presso le Nazioni Unite
Onorevole Daniel B. Shapiro, Ambasciatore americano in Israele
Onorevole Ron Prosor, Rappresentante permanente di Israele presso le Nazioni Unite
Onorevole Michael Oren, Ambasciatore israeliano negli Stati Uniti d’America

Re: L’uso della detenzione in isolamento dei minori nelle carceri israeliane
30 gennaio 2012

Cari Signori e Signore,

vi scriviamo come gruppo internazionale di professionisti, ecclesiastici, educatori, medici, accademici e artisti impegnati a favore dello stato di Israele e che hanno profondamente a cuore il futuro dei giovani israeliani e palestinesi.

Siamo preoccupati riguardo a continui credibili rapporti secondo cui degli adolescenti vengono tenuti in isolamento nei centri di detenzione in Israele. (1) Da ultimo, a ottobre e novembre del 2011, cinque adolescenti palestinesi riferiscono di essere stati detenuti in isolamento per periodi che vanno dai 3 ai 24 giorni. Secondo tali rapporti, i minori sono stati arrestati per azioni ritenute pericolose per la sicurezza di Israele. In tre casi, essi sono stati arrestati nel cuore della notte, senza che i loro genitori venissero informati del motivo per cui venivano arrestati o del luogo dove venivano portati. Le autorità hanno risposto con le più dure misure possibili. Essi sono stati deportati dalla Cisgiordania ai centri di detenzione ed interrogatorio di Al Jalame e di Petah Tikva, situati all’interno di Israele. Essi hanno riferito di essere stati legati dolorosamente, bendati per molte ore e soggetti ad abusi verbali durante il trasferimento. Sembra che ad essi sia stato persino negato il cibo, l’acqua e la possibilità di andare in bagno, e che siano stati privati della possibilità di dormire per lunghi periodi di tempo e tenuti in isolamento. (2)

Non si tratta di incidenti isolati. Secondo Defence for Children International, dal 2008 almeno 33 altri minori sono stati tenuti in isolamento in circostanze analoghe.(3) In uno degli incidenti, due adolescenti di 16 anni riferiscono di essere stati arrestati il 1° luglio 2010 e detenuti per 22 giorni, inclusi sei giorni in isolamento a Petah Tikva, prima di essere rilasciati senza alcuna accusa. Uno di questi ragazzi racconta che la luce della sua cella veniva tenuta accesa per tutto il giorno. Questi casi sono corroborati da un rapporto pubblicato da B’tselem e Hamoked, basato su 121 testimonianze di palestinesi detenuti a Petah Tikva nel 2009, dei quali 18 erano minori. (4) Molti di questi casi fanno riferimento all’uso della detenzione in isolamento, dove i prigionieri venivano tenuti in condizioni sorprendentemente simili a quelle dei cinque casi più recenti, ivi inclusa la luce accesa nelle celle per l’intera giornata.

Vorremmo attirare la vostra attenzione su un recente rapporto presentato all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal Relatore Speciale sulla Tortura, datato 5 agosto 2011. (5) Nel suo rapporto sulla detenzione in isolamento, il Sig. Juan E. Méndez ha concluso che l’uso dell’isolamento “può costituire tortura ovvero trattamento o punizione crudeli, disumani o degradanti quando viene utilizzato come punizione, durante il periodo di detenzione precedente il processo, indefinitamente o per un periodo prolungato, nei confronti di persone con disabilità mentali o dei minorenni”. Per queste ragioni il Relatore Speciale ha raccomandato che l’uso della detenzione in isolamento dei bambini venga abolito. Questa raccomandazione riecheggia simili appelli fatti dal Comitato Onu per i Diritti del Fanciullo nel 2007. (6)

Siamo dunque estremamente preoccupati nell’apprendere di queste cinque nuove segnalazioni di bambini detenuti in isolamento nei centri di interrogatorio di Al Jalame e di Petah Tikva. Gli effetti insidiosi della deprivazione sensoriale e dell’isolamento sugli adulti sono stati ben documentati. La letteratura in maniera costante mostra che anche quegli individui che non hanno predisposizione a disturbi psicologici possono sviluppare in isolamento deliri paranoidi e sintomi di schizofrenia. Immaginate quindi il maggior rischio psicologico per gli adolescenti, le cui capacità intellettive sono ancora in via di sviluppo e che sono, pertanto, ancora influenzabili e modificabili. Privare gli adolescenti di un contatto significativo può avere gravi e devastanti conseguenze psicologiche e fisiche. L’isolamento provoca ansia e disperazione, li disorienta e li terrorizza, innescando depressione, insonnia, tendenze suicide e psicosi. Ricordi e flashback dell’isolamento interferiscono con la riabilitazione, che è ancora possibile. Successivamente al loro rilascio, le conseguenze per i minori detenuti, per le loro famiglie, e per i loro fratelli hanno gravi implicazioni per la stabilità delle comunità dalle quali provengono. Come professionisti, siamo preoccupati per la trasmissione di traumi come questi da una generazione all’altra di israeliani e di palestinesi. 

Siamo sensibili alle legittime preoccupazioni di Israele per la sicurezza e al suo dovere di proteggere dalla violenza i propri cittadini e le persone che si trovano sotto la sua giurisdizione, o sotto il suo controllo de facto. Tuttavia, siamo anche profondamente convinti che tali considerazioni possano, e debbano, essere affrontate senza la detenzione in isolamento dei minorenni. Vorremmo cogliere questa occasione per esortarvi a prendere misure immediate per fermare la pratica della detenzione in isolamento dei minori, se ancora avviene, e per porre in essere un quadro normativo che assicuri che i minori, in nessuna circostanza, vengano sottoposti a così dure condizioni mentre sono reclusi nei centri di detenzione israeliani.

Aspettiamo al più presto una vostra risposta. Si prega di indirizzare tutte le risposte per la task force “Equality and Justice for Children and Families” all’indirizzo: ejcf.taskforce@gmail.com

Distinti saluti,

(seguono n.103 firme)

(1) DCI – Palestine, Appello Urgente (5 gennaio 2012) – http://www.dci-palestine.org/sites/default/files/ua_1_12_solitary_confinement.pdf   B’tselem e Hamoked, Kept in Darkness (ottobre 2010) - http://www.btselem.org/download/201010_kept_in_the_dark_eng.pdf
(2) Particolarmente disturbanti sono le descrizioni con cui i minori raccontano la loro detenzione in isolamento in una cella a cui costantemente si riferiscono come alla “cella n.36”. Queste sono le parole di un 17enne tenuto in isolamento per 24 giorni: “E’ una cella molto piccola, con un materasso sul pavimento e un gabinetto che fa una puzza terribile. Vi sono anche due sedili di cemento. Le luci sul soffitto erano di un giallo fioco e erano accese 24 ore al giorno, il che mi faceva male agli occhi. I muri erano grigi e dalla superficie ruvida. La cella non aveva finestre, solo due aperture per fare entrare e uscire l’aria. Il cibo veniva servito attraverso una ribalta nella porta.” (DCI-Palestine: R.J. – (17 anni)  http://www.dci-pal.org/english/display.cfm?DocId=1342&CategoryId=1
(3) DCI-Palestine, Appello Urgente (5 gennaio 2012) - http://www.dci-palestine.org/sites/default/files/ua_1_12_solitary_confinement.pdf
(4) B’tselem e Hamoked, Kept in Darkness (ottobre 2010) - http://www.btselem.org/download/201010_kept_in_the_dark_eng.pdf
(5) Relatore Speciale dell’Onu sulla Tortura, rapporto sulla detenzione in isolamento (5 agosto 2011): http://solitaryconfinement.org/uploads/SpecRapTortureAug2011.pdf
(6) Si veda ad esempio la Dichiarazione di Istanbul sull’Uso e gli Effetti della detenzione in isolamento: http://solitaryconfinement.org/uploads/Istanbul_expert_statement_on_sc.pdf e http://www.phr.org.il/default.asp?PageID=116&ItemID=1323

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13 marzo 2012

Il mio unico desiderio

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30 marzo: marcia globale per Gerusalemme

Ricevo e pubblico con sentita adesione.


SONO PIU' DI VENTI I GRUPPI DELLA SOCIETA' CIVILE PALESTINESE PROMOTORI DELLA GMJ

ILARION CAPUCCI E DESMOND TUTU CON LA GMJ
Il Comitato dei Garanti della Marcia Globale per Gerusalemme

AVANTI MARCH!
Elenco dei primi 150 firmatari italiani dell'Appello

CRESCONO LE ADESIONI
George Galloway e Tariq Ali con la GMJ
http://marciapergerusalemme.blogspot.com/2012/03/crescono-le-adesioni-per-la-marcia.html

Crescono ogni giorno le adesioni alla Marcia Globale, sia qui in Italia (a giorni pubblicheremo sul sito la lista completa dei nuovi firmatari dell'Appello) che nel mondo.
Noi, qui in Italia, con le poche forze che abbiamo a disposizione, stiamo facendo il massimo che possiamo. Ma i risultati iniziano a giungere, anche sul fronte di coloro che hanno dato la disponibilità a marciare verso la Palestina il 30 marzo.

In sede internazionale si è deciso di dislocare le delegazioni europee su tutte e tre le marce che procederanno verso la Palestina e Gerusalemme: dalla Giordania, dall'Egitto e dal Libano.

Noi italiani andremo in Libano, e ci uniremo alla grande manifestazione che raggiungerà la frontiera palestinese il giorno 30 marzo. Oltre a migliaia e migliaia di cittadini libanesi e di palestinesi, ci saranno delegazioni dall'India, dal Bangladesh, dal Pakistan, dall'Iran, dalla Turchia e speriamo dall'Iraq.

Approfitteremo della Marcia per soggiornare in Libano almeno quattro giorni che saranno densi di appuntamenti. Oltre ad una conferenza stampa, faremo visita ai campi profughi palestinesi, Sabra e Chatila ed Ein el-Hilweh, a Sidone. Incontreremo le varie formazioni palestinesi, politiche, della società civile e religiose. Incontreremo infine rappresentanti della Resistenza nazionale libanese.

Nei nostri piani la delegazione italiana dovrebbe partire per il Libano il 28 marzo, per fare ritorno il 2 aprile. Per quanto riguarda i costi stiamo tentando di contattare tutte le compagnie aeree per strappare il prezzo più basso. Ci sono poi i costi di alloggio per 5 giorni in Libano. Faremo tutto quanto è possibile per stare dentro i 500 euro a testa, tutto compreso.

Ricordiamo che chi desidera firmare l'Appello e/o unirsi alla delegazione deve contattarci a questo indirizzo: globalmarch@tiscali.it. Daremo tutte le delucidazioni del caso.   

C'è un'ultima cosa, ma davvero importante. Il Comitato internazionale della GMJ ha invitato tutti i sostenitori a non limitarsi ad inviare donne e uomini alle marce verso la Palestina. Ha chiesto che il 30 marzo, in ogni paese, si svolgano manifestazioni e presidi in simultanea, meglio sotto le ambasciate israeliane, con al centro la protesta contro la pulizia etnica nella Città Santa di Gerusalemme. Noi vorremmo farlo a Roma.

Un obiettivo non facile, visto anche che molti di noi si uniranno alla marcia del 30 marzo in Libano. C'è quindi bisogno di unire tutte le forze!

Dateci una mano.

Daniela Di Marco per il 
Comitato italiano GMJ

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Gaza chiama ... e Jasmine ci mette la faccia!

Questo appello è stato pubblicato su Facebook da "JASMINE REVOLUTION coming soon from arabic lands" ieri alle ore 17:30

Gaza chiama a raccolta donne e uomini di buona volontà

L'8 marzo 2012 viene assassinato Zakarya Abu Iram, un ragazzo palestinese di 15 anni. Così Israele ha inaugurato la nuova serie di attacchi missilistici sulla Striscia di Gaza, uccidendo ormai 25 persone. L'attacco è ancora in corso. Noi ci opponiamo al silenzio della comunità internazionale asservita al potere sionista, con la complicità dei mezzi d'informazione che non comunicano, e se lo fanno sconvolgono drasticamente la realtà dei fatti con metodi degni dei peggiori regimi. 

Quello che sta succedendo a Gaza in questi ultimi due giorni non è solo un attacco: è la perpetrazione del genocidio contro bambini e civili, un nuovo crimine commesso dallo stato di apartheid di "Israele".

Noi non resteremo in silenzio ancora una volta. Non saremo complici di questo vile massacro. Non saremo complici del silenzio omertoso dei media e dell'intera comunità internazionale, perchè crediamo fermamente che il silenzio uccide più di Israele. 

Per questo chiediamo ai singoli, alle madri, ai giovani, ai bambini, agli studenti, ai mariti, ai padri, ai credenti, agli atei, agli agnostici, a tutti di occupare silenziosamente e pacificamente le strade e le piazze per esprimere il nostro dissenso alla politica sionista e la nostra solidarietà al Popolo Palestinese.

Ieri 11 marzo i membri romani di Jasmine Revolution spontaneamente sono usciti di casa e si sono diretti verso l'ambasciata israeliana a Roma. Solo in 14 siamo arrivati davanti al palazzo più protetto della nostra nazione. La polizia era in numero esponenziale superiore a noi. 

Ora Gaza chiama per il 30 marzo e chiede a tutti di protestare davanti alle ambasciate sioniste. Noi vogliamo aderire, non vogliamo primi posti, non vogliamo essere protagonisti di nulla, quindi chiediamo a tutti di aderire alla chiamata di Gaza. 

In questo momento Gaza è la nostra urgenza.

Il 30 marzo coincide con la Giornata della Terra in Palestina, sappiamo che a Roma ci sono altre iniziative in calendario. Troviamo un punto d'accordo e insieme marciamo verso l'ambasciata sionista. Solo così riusciremo a sensibilizzare i media e a creare attenzione sulla Palestina. 

Jasmine Revolution c'è!

contatti: jasminerevolutionitalia@gmail.com 


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Operazione NO-ACTA - LIBERIAMO LE STORIE


Ricevo e pubblico volentieri.
Gentile staff di Palestina News, 
sono Federico Floris, un piccolo editore e produttore cinematografico.
Come casa editrice e in collaborazione con l'autrice del romanzo, abbiamo fondato una nuova iniziativa: “Operazione NO-ACTA - LIBERIAMO LE STORIE“, come protesta alle restrittive leggi che limiteranno sensibilmente la privacy di ognuno di noi, mascherando tutto ciò con la difesa del copyright. In risposta a questi oltraggiosi provvedimenti abbiamo deciso di “Liberare le storie” (autopiratarsi!); il libro, oltre che in vendita nei maggiori store, sarà scaricabile gratuitamente direttamente dalla pagina dell'autrice! 
“Liberare le storie, per liberare i sogni e le idee”. 
Dopo il nostro documentario “Olos 2012” (http://www.youtube.com/watch?v=_IYKG7DcrT0&feature=results_main&playnext=1&list=PL9943BD5032E666F3), autoprodotto e lanciato gratuitamente su youtube, per permetterne la massima divulgazione,  torniamo questa volta con una produzione letteraria.
Vi scriviamo per farvi omaggio e condividere con voi la pubblicazione del nostro nuovo romanzo. Un thriller storico-esoterico, quanto mai attuale:
ÈA - IO SONO L'ACQUA ... E VENGO A LIBERARVI. 
2012, momento di crisi e di necessario cambiamento. Essere Eroi, ora come 2000 anni fa, significa avere la forza di reagire, con coraggio e bellezza, ai soprusi ed alle bassezze della nostra società, spesso sporca e corrotta, sin dalle classi politiche che dovrebbero rappresentarci. 
Un Metaforico 2012:
La storia è ambientata nell'antica Roma. Roma è  in decadenza; in un momento critico, difficile, attanagliata da un governo corrotto, è una fine dei tempi, la fine di quei tempi, per mano dei protagonisti e dell'Acqua. “Si parla di allora per parlare di ora”, spiega l'autrice. Parla di quello che sarebbe dovuto succedere ora; di quello che avrebbe potuto succedere, e forse di quello che succederà! Ma soprattutto parla di quello che è successo realmente sotto il dominio dell'imperatore Nerva! 
L'Acqua è la vera protagonista di questa storia, la sua anima, il suo pensiero e le sue soluzioni, l'acqua che attraverso la figura di Domitilla ci trascina nel mondo degli Dei. 
Il SITO DELL'AUTRICE: www.penelopelondonbooks.com ; nella sezione "COPIA OMAGGIO" troverete la copia disponibile gratuitamente.
Siate anche voi promotori di questo nuovo movimento. Aiutateci a divulgare l'iniziativa.
Un saluto, buona libera lettura e buon cambiamento.
Federico Floris e quelli di Olos 2012

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8 marzo 2012

Celebriamo l’8 marzo a fianco di Hana Shalabi


L’8 marzo, Giornata internazionale della donna, ricorre quest’anno mentre Hana Shalabi giunge al suo 22° giorno di sciopero della fame. Il Palestinian Centre for Human Rights (PCHR), nel celebrare l’8 marzo e nel raccontare le sofferenze delle donne palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, ricorda in special modo la sua lotta e le infami condizioni di detenzione nelle carceri israeliane.


L’8 marzo il mondo celebra la Giornata Internazionale della Donna, celebrata per la prima volta come evento popolare a partire dal 1977, quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite invitò gli Stati membri a proclamare l’8 marzo Giornata dell’Onu per i Diritti della Donna e la Pace Internazionale. La maggioranza degli stati ha scelto l’8 marzo in commemorazione del ruolo svolto dalle donne americane durante le proteste del 1909 contro le disumane condizioni in cui le donne erano costrette a lavorare.
   
L’8 marzo giunge mentre la 30enne Hana Yahia Shalabi, una donna palestinese proveniente dal villaggio di Bourqin, nei pressi di Jenin, arrestata dalle Forze di occupazione israeliane e detenuta dal 16 febbraio 2012, è in sciopero della fame da 21 giorni. La Shalabi ha dichiarato pubblicamente lo sciopero della fame in segno di protesta per essere stata nuovamente arrestata dalle Forze di occupazione israeliane dopo che era stata rilasciata nell’ottobre del 2011 nel contesto dello scambio di prigionieri tra la resistenza palestinese e l’esercito israeliano.

Il caso della Shalabi pone in evidenza le condizioni delle otto donne palestinesi che attualmente sono detenute insieme a circa 5.000 uomini nelle carceri israeliane, in condizioni crudeli e disumane.

Le sofferenze delle donne palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania rimangono persistenti a causa della violazione dei loro diritti e delle politiche praticate dalle Forze di occupazione israeliane, che incidono sulle loro condizioni di vita. L’esercito israeliano continua a imporre da oltre 5 anni la totale chiusura della Striscia di Gaza, mentre ha intensificato gli attacchi e l’attività di colonizzazione in Cisgiordania.

Secondo quanto osservato dal PCHR, nei mesi scorsi, le condizioni di vita delle donne palestinesi sono peggiorate a causa delle violazioni dei loro diritti economici e sociali. In particolare, continuano le sofferenze delle donne palestinesi nella Striscia di Gaza in conseguenza del permanere del blocco illegale israeliano che ha aggravato le loro condizioni di vita. Per esempio, la crisi dell’energia elettrica, riemersa a causa della mancanza del combustibile necessario per il funzionamento della centrale elettrica di Gaza, ha avuto un impatto particolare sulle donne, in quanto esse sono responsabili dei compiti di casa secondo il ruolo tradizionale da esse ricoperto nella società palestinese, tanto più che le interruzioni di corrente sono spesso accompagnate dalla sospensione delle forniture idriche.

Le condizioni sperimentate dalle donne in Cisgiordania non sono meno dure rispetto a quelle vissute dalle donne nella Striscia di Gaza. In Cisgiordania le donne continuano a soffrire a causa dell’intensificarsi delle attività di colonizzazione, che includono la demolizione delle abitazioni, la confisca dei terreni agricoli e gli attacchi portati dai coloni israeliani, spesso protetti dall’esercito, contro i civili palestinesi e le loro proprietà. Le sofferenze delle donne sono provocate anche dalle restrizioni alla libertà di circolazione imposte dalle Forze di occupazione israeliane mediante più di 500 posti di blocco e barriere, presso i quali i civili palestinesi, inclusi donne e bambini, sono sottoposti a vessazioni e umiliazioni.

All’interno, le donne palestinesi continuano a soffrire a causa dell’attuale spaccatura palestinese e delle sue ripercussioni. Tale divisione ha influenzato negativamente la vita sociale delle donne al pari degli sforzi esercitati a livello locale per ottenere giustizia in favore delle donne, per migliorare le loro condizioni e per promuovere i loro diritti. Poiché il Consiglio legislativo palestinese è inattivo, la spaccatura politica influisce inoltre sugli sforzi volti a modificare le specifiche disposizioni legislative riguardanti i diritti delle donne in linea con gli strumenti internazionali.

In occasione della Giornata Internazionale della Donna, il PCHR elogia le donne palestinesi, che costituiscono un simbolo di incrollabilità e di sacrificio a dispetto delle condizioni estremamente dure e complicate in cui vivono, e che tuttavia non hanno impedito loro di unirsi agli uomini nella lotta per la realizzazione dei diritti nazionali e per lo sviluppo della società palestinese. Il PCHR elogia inoltre le donne palestinesi detenute nelle carceri israeliane, specialmente Hana Shalabi, che è in sciopero della fame. Alla luce delle continue sofferenze delle donne palestinesi, il PCHR ribadisce il proprio appello alla comunità internazionale perchè si ponga la fine alle violazioni dei diritti umani dei palestinesi da parte di Israele, in particolare al blocco imposto a Gaza e all’accresciuta attività di colonizzazione in Cisgiordania.

Il PCHR chiede inoltre alle due parti della frattura politica palestinese di rendere attivo l’Accordo di Doha e di adottare misure concrete per raggiungere l’unità palestinese e per creare un’atmosfera adeguata per tenere le elezioni, che serviranno a promuovere a livello interno i diritti delle donne palestinesi e a far cessare le loro sofferenze.   

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6 marzo 2012

Iniziative di ISM-Italia: marzo 2012

MONZA, 16 marzo alle ore 19 
presso FOA Boccaccio 003 in via Rosmini 11
Palestina come bene comune
Ore 19.00 Apericena benefit
Ore 21.00 Presentazione dei libri:
Non ci sarà uno Stato palestinese – Diario di un negoziatore in Palestina di Ziyad Clot
Zambon editore 2011, a cura di Alfredo Tradardi
Missione di inchiesta delle Nazioni Unite sul conflitto di Gaza (Rapporto Goldstone) del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a cura di Pietro Beretta
Ore 22.00 Proiezione Tomorrow's land

MILANOsabato 17 marzo e domenica 18 marzo
Palestina come bene comune
Corso di formazione e training per attivisti "in e per" la Palestina
Per iscriversi al corso inviare una mail all'indirizzo info@ism-italia.org.
Per i dettagli vedi il programma completo all'indirizzo www.ism-italia.org (Primo piano).

TORINO, giovedì 22 marzo alle ore 21
officine CAOS. Piazza Montale 18
Palestina come bene comune
Esposizione di lavori di Piero Gilardi +
GAZA, spettacolo liberamente tratto da Restiamo Umani di Vittorio Arrigoni, da Versi di Ibrahim Nasrallah, e dalla poesia Gaza di Sami Al Qasim, di e con Cam Lecce e Jörg Grünert, musiche originali composte ed eseguite da Luigi Morleo e Michelangelo del Conte.
Produzione Deposito Dei Segni Onlus in collaborazione con ISM-Italia +

dibattito e buffet

vedi anche 
www.ism-italia.org/2012/03/palestina-come-bene-comune-alle-officine-caos-di-torino.
mezzi pubblici: bus 29, 59, 40, 75 - tram 3

IVREA, sabato 24 marzo alle ore 20.30
Sala Santa Marta in piazza Santa Marta
Palestina come bene comune
GAZA, spettacolo liberamente tratto da Restiamo Umani di Vittorio Arrigoni, da Versi di Ibrahim Nasrallah, e dalla poesia Gaza di Sami Al Qasim, di e con Cam Lecce e Jörg Grünert, musiche originali composte ed eseguite da Luigi Morleo e Michelangelo del Conte.
Produzione Deposito Dei Segni Onlus in collaborazione con ISM-Italia.
Vedi anche:



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