I bambini di Tel 'Adasa e il muro di "sicurezza".
Il muro di “sicurezza” che Israele sta attualmente completando, in buona parte in territorio palestinese, è chiaramente illegale.
Il suo attuale tracciato, disegnato per includere al suo interno il 76% dei coloni israeliani, corre per l’80% all’interno dei Territori occupati e, in corrispondenza dell’insediamento di Ariel, si insinua per ben 22 km. all’interno della West Bank.
Quando il muro sarà completato (inglobando un ulteriore 10,2% della terra di Palestina), circa 60.000 Palestinesi si troveranno imprigionati tra la green line e la barriera, ma un numero ben maggiore, pari ai circa 500.000 Palestinesi che vivono entro una fascia di un chilometro dal muro stesso, dovranno attraversarlo per raggiungere i propri campi o il proprio posto di lavoro, o semplicemente per mantenere i rapporti familiari, con le ovvie difficoltà causate dalle restrizioni arbitrarie di accesso operate da Israele.
In questo quadro si colloca l’assurda situazione in cui sono venuti a trovarsi i bambini palestinesi di Tel ‘Adasa, raccontata da un video di YouTube.
Sessantotto Palestinesi, tra cui 26 bambini, vivono oggi a Tel ‘Adasa, un’area di Gerusalemme est occupata da Israele nel 1967, situata nei pressi della zona industriale di ‘Atarot e della Route 404.
A ovest di questa strada, il cui uso non è consentito ai Palestinesi, Israele ha costruito una sezione del muro, separando i residenti di Tel ‘Adasa dalla vicina cittadina di Bir Nebala.
La situazione è complicata dal fatto che, sebbene questi Palestinesi risiedano nella zona da decenni (alcuni addirittura sono nati li), Israele non ha mai voluto riconoscere loro lo status di residenti di Gerusalemme e non gli ha mai rilasciato un documento d’identità israeliano: in pratica, questi sventurati sono considerati tecnicamente come dei residenti illegali di Gerusalemme, non possono entrarvi (in teoria non potrebbero nemmeno entrare in casa loro!), e ad essi non può essere fornito alcun servizio dalla municipalità.
Questa situazione ha costretto gli abitanti di Tel ‘Adasa a dipendere dalla cittadina di Bir Nebala per ogni esigenza legata alla quotidianità, gli acquisti, le cure mediche, l’istruzione.
Una volta costruito il muro, agli abitanti di Tel ‘Adasa venne concesso di attraversarlo tramite un passaggio pedonale, attraverso il quale i residenti potevano passare senza dover presentare alcun permesso alla polizia di frontiera israeliana.
Questo passaggio rappresentava l’unica via per gli abitanti del luogo per poter raggiungere Ramallah e il resto della West Bank, dato che il tragitto alternativo – attraverso il check point di Qalandiya – era ad essi impedito a causa del mancato rilascio, come abbiamo visto, di validi documenti di identità o di permessi di ingresso in Israele.
Il 12 settembre, senza alcun preavviso, le forze di sicurezza israeliane hanno chiuso il passaggio attraverso il muro, con il risultato che i 26 bambini di Tel ‘Adasa non sono potuti andare a scuola per dieci giorni; successivamente, il 23 settembre, i bambini hanno ripreso ad andare a scuola attraverso il check point di Qalandiya, con molti disagi e solo grazie all’intervento della ong israeliana B’tselem, ma si tratta di una situazione chiaramente provvisoria.
I bambini, infatti, possono passare al check point solo dopo che gli inviati di B’tselem ottengono lo sta bene dalle autorità israeliane, e questo stato di cose è chiaramente precario visto che questi bambini non hanno documenti di identità validi ed in ogni momento potrebbero essere fermati e rimandati indietro.
La soluzione equa sarebbe, naturalmente, il riconoscimento dei Palestinesi di Tel’ Adasa quali residenti di Gerusalemme est e la rimozione della sezione di muro (illegale) che impedisce loro ogni comunicazione con il resto della West Bank, in spregio a ogni norma di diritto umanitario e in grave violazione, tra gli altri, del diritto di libera circolazione.
Naturalmente, ogni volta che si parla del muro di separazione, gli Israeliani amano parlare della “sicurezza” del loro Paese, anche in casi come questo, in cui 26 pericolosi “terroristi” sono tagliati fuori dalle loro scuole.
Ma, ormai è chiaro, il muro serve solo a sottrarre ulteriore terra e risorse naturali ai Palestinesi, a render loro la vita impossibile e a scacciarli dalle loro case, a creare nuovi “fatti sul terreno” in attesa di una nuova, inutile conferenza di pace o di nuove, “generose” concessioni da parte degli aguzzini che siedono al governo di Israele.
E il parere dell’Alta Corte di Giustizia dell’Aja (fatto proprio dalla risoluzione ES-10/15 dell’Assemblea Generale dell’Onu), che ha stabilito l’illegalità del muro costruito in territorio palestinese e ne ha chiesto la distruzione, sembra ormai dimenticato.
3 Commenti:
La BARRIERA di sicurezza che Israele sta erigendo per difendere i suoi cittadini dai terrosisti che minacciano quotidianamente la vita del paese, si è dimostrata molto efficace: da quando è stata iniziata la sua realizzazione ( a proposito per oltre il 90% trattasi di rete metallica e NON di muro, il muro è stato tirato su nei punti in cui non era possibile fare diversamente visto che gli arabi si divertivano a sparare sui civili israeliani che passavano sotto le loro case) sono diminuiti gli attentati suicidi in maniera clamorosa.
Certo questo ha dato molto fastidio agli amici dei terroristi perche non potevano più mandare i soldi per le famiglie degli shahid, e ha dato fastidio pure ai pacifinti che non potevano tollerare il fatto che si impedisse la libera circolazione di armi e cinture esplosive: e che cavolo, se Israele è una democrazia, non può impedire agli arabi di esprimere il loro dissenso!!! Echeccazzo! Cosa ci fanno ora di tutto quel tritolo? se lo devono mangiare? Oppure gli tocca lavorare? Ma no... tranquilli, lavorare non fa per loro, c'è mamma UNRWA che li rifocilla quando sono stanchi dopo giorni e giorni passati ad esercitarsi con i kalshnikov!
BOYCOTT hamas!!!!!!!!
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w mashi.
e Pio.
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