2 settembre 2004

Rischio allargamento del conflitto in Palestina?

Come era facile prevedere, arrivano puntuali le ritorsioni di Israele dopo il tragico attentato di Be'er Sheva, ritorsioni già avviate, peraltro, con il totale blocco di Hebron, con la distruzione delle case delle famiglie dei due attentatori, con il divieto fino a nuovo ordine per i Palestinesi di recarsi al lavoro in Israele e nella zona industriale di Erez.
Nella tarda serata di ieri, infatti, un elicottero della IAF ha sparato due missili nel campo profughi di Khan Yunis - nel sud della Striscia di Gaza - ferendo sette Palestinesi, di cui tre versano in gravi condizioni.
Sempre a Khan Yunis, nelle prime ore di stamattina, l'impresa di demolizioni Tsahal ha provveduto a distruggere due edifici di dieci piani, situati nelle adiacenze della colonia illegale di Neveh Dekalim.
Nel corso della brillante operazione - che ha causato il ferimento di 5 Palestinesi e di 2 soldati - ben 6.000 Palestinesi sono stati costretti ad evacuare le proprie abitazioni, e circa 150 famiglie la loro casa l'hanno persa per sempre!
Spiegava il colonnello Yehoshua Rinski, comandante della ... demolizione, che la distruzione degli edifici è stata resa necessaria dalla vicinanza degli stessi alla colonia israeliana di Neveh Dekalim, e dall'incombente pericolo di aggressione che ne derivava per i "settlers".
Ma bravi! Ma come, con l'anno nuovo le colonie della Striscia di Gaza saranno evacuate, e Tsahal proprio ora distrugge due edifici e lascia 150 famiglie senza casa?
E quando i coloni se ne saranno andati, dove andranno a dormire questi poveri disgraziati, a casa di Rinski?
Ma gli sviluppi più gravi della situazione riguardano il nuovo peggioramento dei rapporti tra Israele e la Siria, che viene senza mezzi termini accusata dagli Israeliani di aver favorito l'attentato di Be'er Sheva, consentendo agli esponenti di Hamas di vivere ed operare indisturbati all'interno del proprio territorio.
L'accusa - proveniente da ambienti militari - è che gli uffici di Hamas a Damasco, guidati da Khaled Mashaal, non si occupano solo di propaganda, ma sono a tutti gli effetti dei comandi operativi.
Si teme, dunque, un nuovo raid aereo di Israele in territorio siriano, come avvenne circa un anno fa, quando fu colpito un presunto campo di addestramento dei terroristi vicino Damasco.
Il Ministro della Difesa israeliano Ze'ev Boim, in realtà, si è affrettato a precisare che, se attacco vi sarà, Israele adotterà ogni cautela per non causare una "conflagrazione", per mezzo di una "corretta selezione dei bersagli".
Sarà, ma violare lo spazio aereo di uno Stato sovrano per compiervi un raid missilistico non è, intanto, un'azione lecita, e nemmeno priva di rischi!
Per pronto accomodo un esponente di Hamas, Osama Hamda, ha minacciato ritorsioni gravissime nel caso Israele tentasse di assassinare i suoi leader all'estero.
Per Hamda, una simile azione rappresenterebbe una "luce verde" per dare il via ad attacchi contro bersagli israeliani in Paesi esteri.
La consueta, tragica spirale di azioni e ritorsioni che insanguina il vicino oriente rischia quindi, ancora una volta, di far precipitare gli eventi e di determinare un allargamento del conflitto di cui proprio nessuno sente il bisogno.

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