7 settembre 2005

Buone maniere e brutalità dell'esercito israeliano.

Il recente sgombero forzato dei coloni israeliani dalla Striscia di Gaza e da quattro piccoli insediamenti del West Bank si è svolto tutto sommato in maniera tranquilla, nonostante l’opposizione di alcuni coloni irriducibili degli insediamenti del sud della Striscia, di ispirazione religiosa, e di alcuni supporters appositamente venuti dalle colonie della Cisgiordania per contrastare il disengagement plan fortemente voluto da Sharon.
Con una copertura mediatica impressionante da parte delle tv di tutto il mondo, quello che è risaltato è stato l’approccio soft dell’esercito e delle forze di polizia nell’adoperarsi per lo sgombero dei coloni, anche di quelli più violenti.
Tutti sono stati accompagnati più o meno gentilmente sui pullman predisposti per l’evacuazione, nessun colono è stato ferito, nessun colpo è stato sparato, ed anzi spesso i soldati hanno solidarizzato con chi doveva abbandonare gli insediamenti, spargendo lacrime copiose, calde e telegeniche.
Unanimemente favorevoli sono stati, in Israele ed all’estero, i commenti sull’operato di soldati e poliziotti durante l’evacuazione di Gaza, anche e soprattutto perché alcuni coloni non sono stati davvero “carini” nei loro confronti, definendoli dei “nazisti” e tirandogli addosso escrementi, vernice, acido e quant’altro.
Peccato che non sempre sia così, e che in occasione di altre manifestazioni di protesta il comportamento dei soldati di Tsahal non si dimostri altrettanto tranquillo ed accomodante.
Venerdì 2 settembre, ad esempio, nei pressi della località di Bil’in, in Cisgiordania, era in corso una delle tanti manifestazioni di protesta dei residenti palestinesi e di pacifisti israeliani e di altre nazionalità contro la costruzione del muro che dovrebbe essere di “sicurezza”, ma che in realtà serve anche e soprattutto a sottrarre ulteriori territori ai Palestinesi per espandere gli insediamenti esistenti e addirittura, in questo caso, per costruire un nuovo insediamento, che dovrebbe prendere il nome di Nahlat Heftziba.
Ora, la manifestazione non solo era più che legittima in quanto, tra l’altro, ad essere oggetto di espropriazione sono più della metà dei terreni del villaggio, ma soprattutto era assolutamente pacifica, eppure i valorosi soldati di Tsahal – che nel frattempo hanno evidentemente smarrito il loro self control – hanno caricato i manifestanti senza alcuna esitazione, sparando proiettili rivestiti di gomma, granate assordanti e lacrimogeni, picchiando e prendendo a calci i manifestanti (vi sono stati una dozzina di feriti, tra cui un giornalista francese), procedendo ad undici arresti.
Ieri sera un gruppo di giovani palestinesi, circa 200, si erano diretti verso l’insediamento di Neveh Dekalim, il più grande di quelli evacuati nella Striscia di Gaza, quando sono stati affrontati dai tank dell’esercito israeliano che, in risposta ad un lancio di pietre, hanno iniziato a sparare senza alcuna esitazione: risultato, un morto – il 24enne Nimar Saudoni – e due feriti.
Ancora una volta, due pesi e due misure vengono applicati ad arabi ed ebrei (ma non a quelli pacifisti!): per i coloni guanti di velluto e gentilezza, per gli altri botte, violenza, colpi di fucile.
E, beninteso, nessun indennizzo e neanche una lacrimuccia.

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