Escalation di terrore e morte in Palestina.
Al riparo dell’operazione “cosmetica” costituita dal miniritiro da Gaza e da quattro colonie della Cisgiordania, il governo israeliano ha potuto sguinzagliare i suoi cani di Tsahal in una operazione su larga scala nella Striscia di Gaza e nel West Bank, comprendente il solito repertorio di esecuzioni extragiudiziarie, raid aerei e terrestri, arresti di massa, coinvolgimento di civili inermi.
Ciò, tra l’altro, mostra come Israele continui nella sostanza ad occupare Gaza, visto che vi ha condotto oltre 30 attacchi aerei, distruggendo case ed edifici scolastici e sparando, altresì, vari colpi di artiglieria.
Il vero e proprio bollettino di guerra – relativo al solo periodo compreso tra il 22 ed il 28 settembre scorsi – comprende:
- l’esecuzione extragiudiziaria di quattro palestinesi nella Striscia di Gaza, in due separati attacchi aerei del 24 e 25 settembre, che hanno comportato anche il ferimento di quattro ignari passanti;
- l’uccisione, avvenuta il 22 settembre, di tre militanti armati nel villaggio di ‘Allar e di un civile disarmato a Jenin, che voleva solamente issare una bandiera palestinese nell’avamposto militare “Dutan” appena abbandonato dall’Idf;
- il ferimento di oltre 30 civili e la distruzione di numerosi edifici nella Striscia di Gaza nel corso di ben 27 attacchi aerei contro obbiettivi civili.
In Cisgiordania inoltre, nello stesso periodo, l’esercito israeliano ha arrestato circa 420 Palestinesi “ricercati” nel corso di oltre 100 raids, soprattutto nelle città di Nablus, Ramallah ed Hebron; molti dei “ricercati”, in realtà, erano semplici attivisti e candidati di Hamas alle ultime elezioni municipali, e ciò evidentemente significa che Sharon ha intenzione di mantenere la sua “promessa” di impedire la partecipazione di Hamas alle tornate elettorali.
Molti uffici di assistenza umanitaria e di welfare dell’organizzazione sono stati chiusi, in quanto davano sostegno alle famiglie dei kamikaze, un’altra delle tante forme di punizioni collettive espressamente vietate dal diritto umanitario.
Il 29 settembre, nel corso di due separate serie di scontri armati nella zona di Jenin, sono stati uccisi tre militanti palestinesi, tra cui il capo delle Brigate al Aqsa di Jenin, Samer al Sa’adi; gli altri due morti erano militanti della Jihad islamica, uccisi nel villaggio di Burqin; nel corso di quest’ultima operazione, il fratello di uno dei due uccisi è stato usato dai soldati israeliani come scudo umano.
Il 30 settembre, nel campo profughi di Balata, a Nablus, sono stati uccisi due militanti di Fatah, mentre, quasi contemporaneamente, si compiva l’ennesimo crimine dell’esercito israeliano.
Nel campo profughi di Askar, infatti, i paracadutisti israeliani trucidavano un ragazzino 13enne Palestinese, Udai Tantawi.
Un’indagine preliminare, condotta dal colonnello dell’Idf Yuval Bazak, ha accertato la violazione delle procedure di ingaggio, dato che il ragazzino era chiaramente disarmato e i soldati non erano in alcuna situazione di pericolo.
L’amministrazione israeliana ha contattato la famiglia di Tantawi, e si è detta dispiaciuta dell’accaduto, sostenendo che verrà condotta un’inchiesta.
Ci permettiamo di far osservare, tuttavia, che quasi mai le “inchieste” israeliane conducono ad alcuna condanna per gli autori di assassinii come quello di Udai Tantawi, e ciò accade perché è lo stesso esercito israeliano ad essere chiamato ad indagare ed eventualmente “punire” se stesso!
Non a caso, infatti, il direttore generale del movimento Peace Now, Yariv Oppenheimer, ha subito richiesto che venga condotta un’accurata indagine da parte di organismi esterni a Tsahal.
Ancora morti civili innocenti in Palestina, dunque, che non sono casuali se considerati nel quadro di una serie impressionante di attacchi militari, aerei e terrestri, condotti in spregio ad ogni convenzione di diritto umanitario e senza alcuna cautela e salvaguardia per la vita ed i beni della popolazione palestinese.
Ma, ormai, nemmeno la morte di un povero ragazzino indifeso merita l’attenzione del consesso delle nazioni “civili”.
Ciò, tra l’altro, mostra come Israele continui nella sostanza ad occupare Gaza, visto che vi ha condotto oltre 30 attacchi aerei, distruggendo case ed edifici scolastici e sparando, altresì, vari colpi di artiglieria.
Il vero e proprio bollettino di guerra – relativo al solo periodo compreso tra il 22 ed il 28 settembre scorsi – comprende:
- l’esecuzione extragiudiziaria di quattro palestinesi nella Striscia di Gaza, in due separati attacchi aerei del 24 e 25 settembre, che hanno comportato anche il ferimento di quattro ignari passanti;
- l’uccisione, avvenuta il 22 settembre, di tre militanti armati nel villaggio di ‘Allar e di un civile disarmato a Jenin, che voleva solamente issare una bandiera palestinese nell’avamposto militare “Dutan” appena abbandonato dall’Idf;
- il ferimento di oltre 30 civili e la distruzione di numerosi edifici nella Striscia di Gaza nel corso di ben 27 attacchi aerei contro obbiettivi civili.
In Cisgiordania inoltre, nello stesso periodo, l’esercito israeliano ha arrestato circa 420 Palestinesi “ricercati” nel corso di oltre 100 raids, soprattutto nelle città di Nablus, Ramallah ed Hebron; molti dei “ricercati”, in realtà, erano semplici attivisti e candidati di Hamas alle ultime elezioni municipali, e ciò evidentemente significa che Sharon ha intenzione di mantenere la sua “promessa” di impedire la partecipazione di Hamas alle tornate elettorali.
Molti uffici di assistenza umanitaria e di welfare dell’organizzazione sono stati chiusi, in quanto davano sostegno alle famiglie dei kamikaze, un’altra delle tante forme di punizioni collettive espressamente vietate dal diritto umanitario.
Il 29 settembre, nel corso di due separate serie di scontri armati nella zona di Jenin, sono stati uccisi tre militanti palestinesi, tra cui il capo delle Brigate al Aqsa di Jenin, Samer al Sa’adi; gli altri due morti erano militanti della Jihad islamica, uccisi nel villaggio di Burqin; nel corso di quest’ultima operazione, il fratello di uno dei due uccisi è stato usato dai soldati israeliani come scudo umano.
Il 30 settembre, nel campo profughi di Balata, a Nablus, sono stati uccisi due militanti di Fatah, mentre, quasi contemporaneamente, si compiva l’ennesimo crimine dell’esercito israeliano.
Nel campo profughi di Askar, infatti, i paracadutisti israeliani trucidavano un ragazzino 13enne Palestinese, Udai Tantawi.
Un’indagine preliminare, condotta dal colonnello dell’Idf Yuval Bazak, ha accertato la violazione delle procedure di ingaggio, dato che il ragazzino era chiaramente disarmato e i soldati non erano in alcuna situazione di pericolo.
L’amministrazione israeliana ha contattato la famiglia di Tantawi, e si è detta dispiaciuta dell’accaduto, sostenendo che verrà condotta un’inchiesta.
Ci permettiamo di far osservare, tuttavia, che quasi mai le “inchieste” israeliane conducono ad alcuna condanna per gli autori di assassinii come quello di Udai Tantawi, e ciò accade perché è lo stesso esercito israeliano ad essere chiamato ad indagare ed eventualmente “punire” se stesso!
Non a caso, infatti, il direttore generale del movimento Peace Now, Yariv Oppenheimer, ha subito richiesto che venga condotta un’accurata indagine da parte di organismi esterni a Tsahal.
Ancora morti civili innocenti in Palestina, dunque, che non sono casuali se considerati nel quadro di una serie impressionante di attacchi militari, aerei e terrestri, condotti in spregio ad ogni convenzione di diritto umanitario e senza alcuna cautela e salvaguardia per la vita ed i beni della popolazione palestinese.
Ma, ormai, nemmeno la morte di un povero ragazzino indifeso merita l’attenzione del consesso delle nazioni “civili”.
1 Commenti:
Ciao Vichi;
Ho letto sommariamente. Ripasserò per lasciare un commento più articolato.
Purtroppo sul mio blog, ho fatto un pasticcio. Cercando di rimaneggiarne la veste grafica, l'ho cancellato per ripostarlo.
Purtroppo sono andati perduti il tuo ed il mio commento.
'Sti blogghe!
Ed, adesso, non ho copiato neanche l'url del blog e mi tocca lasciarni identificare dalla firma:
Chomskyphil
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