L'infame vendetta di Israele.
Gli Stati Uniti – che ben conoscono Israele e la portata delle sue vendette – avevano suggerito di agire con cautela nel rispondere all’attentato suicida di mercoledì ad Hadera, ma la replica di Tsahal è stata, come al solito, tempestiva e terribilmente letale.
Al culmine di 24 ore di escalation di violenza, che hanno portato i Palestinesi della Striscia di Gaza a vivere in una vera e propria atmosfera di guerra, con una serie di attacchi aerei e di artiglieria senza soluzione di continuità, l’esercito israeliano ha compiuto l’ennesima esecuzione extra-giudiziaria, provocando una strage di civili innocenti.
Verso le 19:30 di giovedì 27 ottobre, infatti, nel campo profughi di Jabalya, l’aviazione israeliana ha sparato alcuni missili contro una Subaru bianca che trasportava due militanti delle Brigate al Quds, Shadi Suhail Muhanna e Mohammed Ghazaineh, uccidendoli sul colpo.
Peccato che la deflagrazione abbia causato anche la morte di altri cinque civili innocenti, Mohammed al Wahidi, 65 anni, Faiz Badran, 52 anni, Rami Assaf, 17 anni, Karam Abu Naji, 14 anni, e suo fratello Saleh, 15 anni.
Peccato che almeno altri 19 Palestinesi siamo rimasti feriti nel corso di questo ennesimo crimine dell’esercito israeliano: tra loro, sette sono minori di 18 anni e tre di essi versano in condizioni critiche.
In un colpo solo, dunque, Israele si è vendicata con gli interessi dei morti di Hadera, ma non è certo finita lì.
Venerdì 28 ottobre, nel corso di una ulteriore esecuzione extra-giudiziaria, l’aviazione israeliana ha ucciso il 28enne Majid Natat, esponente delle Brigate al Aqsa nella Striscia di Gaza.
Domenica sera, 30 ottobre, nel corso di un raid nella cittadina di Qabatiyeh, nel West Bank, l’esercito israeliano ha ucciso tre militanti della Jihad islamica, mentre altri otto civili sono rimasti feriti nel corso della sparatoria.
Nel frattempo, sono piovute da tutto il campo occidentale dichiarazioni di condanna per l’attentato suicida di Hadera in cui, ricordiamo, sono morti cinque israeliani: gli Usa, per bocca di Condy Rice, l’Ue, tramite l’ambasciatore inglese in Israele Simon McDonald, il “Quartetto”, il Segretario Onu Kofi Annan, tutti hanno condannato senza mezzi termini, e giustamente, l’attentato e hanno chiesto al Presidente dell’Anp Abu Mazen di fare tutto il possibile per disarmare i terroristi.
Stupisce, tuttavia, che nessuno si sia premurato di fare altrettanto per i morti di Jabalya ed abbia condannato Israele per le vittime innocenti di questo crimine efferato.
Persino il solitamente equilibrato Segretario dell’Onu Annan si è limitato ad uno stringato comunicato in cui si dichiara “profondamente preoccupato” per l’escalation di violenza nel medio oriente: un po’ poco per l’ennesima esecuzione extra-giudiziaria ad opera di Israele, troppo poco per il massacro di cinque civili innocenti.
Eppure è lo stesso Annan a ricordarci che le esecuzioni extra-giudiziarie sono in contrasto con il diritto internazionale.
E non si riesce davvero a capire che differenza possa esserci tra il massacro di cinque civili davanti ad un chiosco di felafel ad opera di un kamikaze ed il massacro di cinque civili ad opera di un asettico missile lanciato da un F-16 o da un drone.
O dobbiamo pensare che si usino due pesi e due misure, che i morti israeliani valgano più di quelli palestinesi?
Questo, poi, per non parlare del vergognoso comportamento dei nostri media, che hanno dato ampio spazio (correttamente) all’attentato kamikaze di Hadera, ma hanno taciuto, e tacciono, sui raid, le incursioni, le uccisioni di Palestinesi ad opera dall’esercito israeliano, prima e dopo l’attentato stesso.
Tutti rimproverano ad Abu Mazen di non far nulla per combattere il terrorismo, e qualche parlamentare israeliano minaccia addirittura di confinarlo a Ramallah come a suo tempo fu fatto con Arafat, ma perché nessuno ricorda ad Israele gli obblighi che gli derivano dalla roadmap?
Dalla data del ritiro israeliano da Gaza (12 settembre) ad oggi, Tsahal ha ucciso 14 Palestinesi, di cui 6 minori di 18 anni, perché nessuno chiede conto a Israele di questo lento ma inesorabile massacro?
Secondo la roadmap, Israele avrebbe dovuto smantellare “immediatamente” gli avamposti illegali costruiti dopo il marzo del 2001 e congelare ogni attività di espansione degli insediamenti colonici; il famoso “rapporto Sasson” aveva individuato 24 di questi avamposti illegali ma, ad oggi, neppure uno è stato rimosso o distrutto, ma anzi in alcuni di essi – secondo Peace Now – si nota una frenetica attività di costruzione.
Uccisioni illegali, furto di terra, espansione degli insediamenti colonici in terra palestinese, questa è la pratica quotidiana di Israele.
Forse giovedì, al corteo organizzato dal Foglio, qualcuno marcerà per difendere anche il diritto di Israele a vivere al di fuori della legalità internazionale.
Al culmine di 24 ore di escalation di violenza, che hanno portato i Palestinesi della Striscia di Gaza a vivere in una vera e propria atmosfera di guerra, con una serie di attacchi aerei e di artiglieria senza soluzione di continuità, l’esercito israeliano ha compiuto l’ennesima esecuzione extra-giudiziaria, provocando una strage di civili innocenti.
Verso le 19:30 di giovedì 27 ottobre, infatti, nel campo profughi di Jabalya, l’aviazione israeliana ha sparato alcuni missili contro una Subaru bianca che trasportava due militanti delle Brigate al Quds, Shadi Suhail Muhanna e Mohammed Ghazaineh, uccidendoli sul colpo.
Peccato che la deflagrazione abbia causato anche la morte di altri cinque civili innocenti, Mohammed al Wahidi, 65 anni, Faiz Badran, 52 anni, Rami Assaf, 17 anni, Karam Abu Naji, 14 anni, e suo fratello Saleh, 15 anni.
Peccato che almeno altri 19 Palestinesi siamo rimasti feriti nel corso di questo ennesimo crimine dell’esercito israeliano: tra loro, sette sono minori di 18 anni e tre di essi versano in condizioni critiche.
In un colpo solo, dunque, Israele si è vendicata con gli interessi dei morti di Hadera, ma non è certo finita lì.
Venerdì 28 ottobre, nel corso di una ulteriore esecuzione extra-giudiziaria, l’aviazione israeliana ha ucciso il 28enne Majid Natat, esponente delle Brigate al Aqsa nella Striscia di Gaza.
Domenica sera, 30 ottobre, nel corso di un raid nella cittadina di Qabatiyeh, nel West Bank, l’esercito israeliano ha ucciso tre militanti della Jihad islamica, mentre altri otto civili sono rimasti feriti nel corso della sparatoria.
Nel frattempo, sono piovute da tutto il campo occidentale dichiarazioni di condanna per l’attentato suicida di Hadera in cui, ricordiamo, sono morti cinque israeliani: gli Usa, per bocca di Condy Rice, l’Ue, tramite l’ambasciatore inglese in Israele Simon McDonald, il “Quartetto”, il Segretario Onu Kofi Annan, tutti hanno condannato senza mezzi termini, e giustamente, l’attentato e hanno chiesto al Presidente dell’Anp Abu Mazen di fare tutto il possibile per disarmare i terroristi.
Stupisce, tuttavia, che nessuno si sia premurato di fare altrettanto per i morti di Jabalya ed abbia condannato Israele per le vittime innocenti di questo crimine efferato.
Persino il solitamente equilibrato Segretario dell’Onu Annan si è limitato ad uno stringato comunicato in cui si dichiara “profondamente preoccupato” per l’escalation di violenza nel medio oriente: un po’ poco per l’ennesima esecuzione extra-giudiziaria ad opera di Israele, troppo poco per il massacro di cinque civili innocenti.
Eppure è lo stesso Annan a ricordarci che le esecuzioni extra-giudiziarie sono in contrasto con il diritto internazionale.
E non si riesce davvero a capire che differenza possa esserci tra il massacro di cinque civili davanti ad un chiosco di felafel ad opera di un kamikaze ed il massacro di cinque civili ad opera di un asettico missile lanciato da un F-16 o da un drone.
O dobbiamo pensare che si usino due pesi e due misure, che i morti israeliani valgano più di quelli palestinesi?
Questo, poi, per non parlare del vergognoso comportamento dei nostri media, che hanno dato ampio spazio (correttamente) all’attentato kamikaze di Hadera, ma hanno taciuto, e tacciono, sui raid, le incursioni, le uccisioni di Palestinesi ad opera dall’esercito israeliano, prima e dopo l’attentato stesso.
Tutti rimproverano ad Abu Mazen di non far nulla per combattere il terrorismo, e qualche parlamentare israeliano minaccia addirittura di confinarlo a Ramallah come a suo tempo fu fatto con Arafat, ma perché nessuno ricorda ad Israele gli obblighi che gli derivano dalla roadmap?
Dalla data del ritiro israeliano da Gaza (12 settembre) ad oggi, Tsahal ha ucciso 14 Palestinesi, di cui 6 minori di 18 anni, perché nessuno chiede conto a Israele di questo lento ma inesorabile massacro?
Secondo la roadmap, Israele avrebbe dovuto smantellare “immediatamente” gli avamposti illegali costruiti dopo il marzo del 2001 e congelare ogni attività di espansione degli insediamenti colonici; il famoso “rapporto Sasson” aveva individuato 24 di questi avamposti illegali ma, ad oggi, neppure uno è stato rimosso o distrutto, ma anzi in alcuni di essi – secondo Peace Now – si nota una frenetica attività di costruzione.
Uccisioni illegali, furto di terra, espansione degli insediamenti colonici in terra palestinese, questa è la pratica quotidiana di Israele.
Forse giovedì, al corteo organizzato dal Foglio, qualcuno marcerà per difendere anche il diritto di Israele a vivere al di fuori della legalità internazionale.
1 Commenti:
Israele fa schifo! E poi non ci vengano a tediare colla solita patetica giornata della memoria!Bastardi!
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