Quando verrà l'ora di discutere del nucleare israeliano?
Alla fine, anche l’esercito americano si è lasciato sfuggire quello che, in realtà, è il segreto peggio conservato al mondo: Israele possiede la bomba atomica.
Ufficialmente, gli Stati Uniti hanno sempre adottato una politica di ambiguità riguardo alla capacità nucleare israeliana, non riconoscendo mai – ma neppure negandolo – che Israele sia dotato di testate atomiche.
Ma uno studio del Dipartimento della Difesa, completato alla fine dello scorso anno, costituisce il primo caso in cui, in un rapporto non classificato, Israele viene esplicitamente definito come una potenza nucleare. A pagina 37 del rapporto del U.S. Joint Forces Command (JFCOM), infatti, si può leggere che “… c’è un arco crescente di potenze nucleari che va da Israele a ovest attraverso l’emergente Iran fino al Pakistan e all’India, e più avanti fino alla Cina, la Corea del Nord e la Russia ad est”.
Questo singolo riferimento è molto più di quanto fino ad oggi gli Stati Uniti abbiano pubblicamente ammesso riguardo alla capacità nucleare di Israele, benché in realtà il mondo intero, già dal 1986, conoscesse il programma atomico israeliano grazie alle rivelazioni di Mordechai Vanunu.
Alcuni anni dopo, esattamente nel 1991, il reporter investigativo Seymour Hersh pubblicò un libro intitolato “The Samson Option”, in cui rivelava in dettaglio la strategia israeliana di un massiccio attacco nucleare contro gli Stati arabi nel caso in cui l’esistenza stessa di Israele fosse in pericolo. Tra l’altro il libro rivela come già nel 1973, al terzo giorno della guerra dello Yom Kippur, Israele avesse minacciato di usare l’arma atomica, ricattando l’allora Presidente americano Richard Nixon e inducendolo ad autorizzare ulteriori rifornimenti militari.
Attualmente, si ritiene che Israele possieda circa 200 testate atomiche, ma alcuni analisti fanno giungere tale stima a 400 testate, eppure Israele e gli Usa continuano con il solito giochino di non ammettere, ma neppure di negare, la capacità nucleare israeliana. Ancora lo scorso 9 febbraio Barack Obama – nel corso di una conferenza stampa – ha preferito glissare sull’argomento pur a fronte di una esplicita domanda in tal senso della corrispondente Helen Thomas.
Ma c’è un motivo per questo atteggiamento palesemente ipocrita, e risiede nel fatto che, in base alla legge, gli Stati Uniti dovrebbero immediatamente cessare di fornire i miliardi di dollari annualmente destinati ad aiuti per Israele, ove fosse ufficialmente determinato che questo Paese ha un programma di armamenti nucleari. Questo perché il cd. Emendamento Symington, approvato nel 1976, vieta ogni assistenza a quelle nazioni che sviluppino tecnologie di proliferazione degli armamenti nucleari.
Vista la pluriennale tradizione di “cecità selettiva” degli americani nei confronti del nucleare israeliano, tuttavia, è logico attendersi che il rapporto del JFCOM non avrà nessuna conseguenza di rilievo, restando una semplice e innocua gaffe. Del resto, come ricordava Ha’aretz in un articolo dedicato al rapporto, già nel dicembre del 2006 era stato lo stesso Segretario alla Difesa U.S.A. Robert Gates a riferirsi ad Israele come una delle potenze nucleari che circondano l’Iran e che lo spingono a dotarsi anch’esso dell’arma atomica.
Eppure, nel momento in cui molti paventano come catastrofica l’ipotesi che l’Iran di Ahmadinejad si doti dell’arma nucleare, sembrerebbe giunta finalmente l’ora di discutere anche della questione dell’arsenale nucleare israeliano. Perché nulla è di maggior ostacolo ad ogni prospettiva di disarmo globale e di non proliferazione nucleare del regime di doppio standard applicato, anche in questo campo, a favore di Israele.
Di recente, in un articolo per l’International Herald Tribune, il Direttore dell’IAEA Mohamed El Baradei, ha sostenuto che il vero problema è che “il regime di non proliferazione nucleare ha perso la sua legittimazione agli occhi della pubblica opinione nel mondo arabo a causa di quello che viene percepito come un doppio standard concernente Israele, il solo Stato nella regione al di fuori del Trattato di non proliferazione e di cui è noto che possiede armi nucleari”.
Aggiungendo poi, con una bordata rivolta a Stati Uniti ed Israele: “soprattutto, dobbiamo porre fine alle evidenti violazioni di principi fondamentali del diritto internazionale quali le restrizioni all’uso unilaterale della forza, la proporzionalità nell’autodifesa e la protezione dei civili durante le ostilità, al fine di evitare il ripetersi di carneficine di civili come in Iraq e, più recentemente, a Gaza”.
Israele, in questi ultimi anni, ha dimostrato di non avere alcuna remora a dispiegare la terrificante potenza del suo arsenale bellico, dalle cluster bomb al fosforo bianco, dai proiettili DIME alle granate a flechettes, pur nella piena consapevolezza di mettere a repentaglio l’incolumità di intere popolazioni civili inermi.
E se un giorno decidesse che è l’ora di far rivivere Sansone?
Ufficialmente, gli Stati Uniti hanno sempre adottato una politica di ambiguità riguardo alla capacità nucleare israeliana, non riconoscendo mai – ma neppure negandolo – che Israele sia dotato di testate atomiche.
Ma uno studio del Dipartimento della Difesa, completato alla fine dello scorso anno, costituisce il primo caso in cui, in un rapporto non classificato, Israele viene esplicitamente definito come una potenza nucleare. A pagina 37 del rapporto del U.S. Joint Forces Command (JFCOM), infatti, si può leggere che “… c’è un arco crescente di potenze nucleari che va da Israele a ovest attraverso l’emergente Iran fino al Pakistan e all’India, e più avanti fino alla Cina, la Corea del Nord e la Russia ad est”.
Questo singolo riferimento è molto più di quanto fino ad oggi gli Stati Uniti abbiano pubblicamente ammesso riguardo alla capacità nucleare di Israele, benché in realtà il mondo intero, già dal 1986, conoscesse il programma atomico israeliano grazie alle rivelazioni di Mordechai Vanunu.
Alcuni anni dopo, esattamente nel 1991, il reporter investigativo Seymour Hersh pubblicò un libro intitolato “The Samson Option”, in cui rivelava in dettaglio la strategia israeliana di un massiccio attacco nucleare contro gli Stati arabi nel caso in cui l’esistenza stessa di Israele fosse in pericolo. Tra l’altro il libro rivela come già nel 1973, al terzo giorno della guerra dello Yom Kippur, Israele avesse minacciato di usare l’arma atomica, ricattando l’allora Presidente americano Richard Nixon e inducendolo ad autorizzare ulteriori rifornimenti militari.
Attualmente, si ritiene che Israele possieda circa 200 testate atomiche, ma alcuni analisti fanno giungere tale stima a 400 testate, eppure Israele e gli Usa continuano con il solito giochino di non ammettere, ma neppure di negare, la capacità nucleare israeliana. Ancora lo scorso 9 febbraio Barack Obama – nel corso di una conferenza stampa – ha preferito glissare sull’argomento pur a fronte di una esplicita domanda in tal senso della corrispondente Helen Thomas.
Ma c’è un motivo per questo atteggiamento palesemente ipocrita, e risiede nel fatto che, in base alla legge, gli Stati Uniti dovrebbero immediatamente cessare di fornire i miliardi di dollari annualmente destinati ad aiuti per Israele, ove fosse ufficialmente determinato che questo Paese ha un programma di armamenti nucleari. Questo perché il cd. Emendamento Symington, approvato nel 1976, vieta ogni assistenza a quelle nazioni che sviluppino tecnologie di proliferazione degli armamenti nucleari.
Vista la pluriennale tradizione di “cecità selettiva” degli americani nei confronti del nucleare israeliano, tuttavia, è logico attendersi che il rapporto del JFCOM non avrà nessuna conseguenza di rilievo, restando una semplice e innocua gaffe. Del resto, come ricordava Ha’aretz in un articolo dedicato al rapporto, già nel dicembre del 2006 era stato lo stesso Segretario alla Difesa U.S.A. Robert Gates a riferirsi ad Israele come una delle potenze nucleari che circondano l’Iran e che lo spingono a dotarsi anch’esso dell’arma atomica.
Eppure, nel momento in cui molti paventano come catastrofica l’ipotesi che l’Iran di Ahmadinejad si doti dell’arma nucleare, sembrerebbe giunta finalmente l’ora di discutere anche della questione dell’arsenale nucleare israeliano. Perché nulla è di maggior ostacolo ad ogni prospettiva di disarmo globale e di non proliferazione nucleare del regime di doppio standard applicato, anche in questo campo, a favore di Israele.
Di recente, in un articolo per l’International Herald Tribune, il Direttore dell’IAEA Mohamed El Baradei, ha sostenuto che il vero problema è che “il regime di non proliferazione nucleare ha perso la sua legittimazione agli occhi della pubblica opinione nel mondo arabo a causa di quello che viene percepito come un doppio standard concernente Israele, il solo Stato nella regione al di fuori del Trattato di non proliferazione e di cui è noto che possiede armi nucleari”.
Aggiungendo poi, con una bordata rivolta a Stati Uniti ed Israele: “soprattutto, dobbiamo porre fine alle evidenti violazioni di principi fondamentali del diritto internazionale quali le restrizioni all’uso unilaterale della forza, la proporzionalità nell’autodifesa e la protezione dei civili durante le ostilità, al fine di evitare il ripetersi di carneficine di civili come in Iraq e, più recentemente, a Gaza”.
Israele, in questi ultimi anni, ha dimostrato di non avere alcuna remora a dispiegare la terrificante potenza del suo arsenale bellico, dalle cluster bomb al fosforo bianco, dai proiettili DIME alle granate a flechettes, pur nella piena consapevolezza di mettere a repentaglio l’incolumità di intere popolazioni civili inermi.
E se un giorno decidesse che è l’ora di far rivivere Sansone?
Etichette: bomba atomica, el baradei, iaea, Israele, jfcom
2 Commenti:
imparato molto
La ringrazio per Blog intiresny
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