2 novembre 2005

Ennesima esecuzione extra-giudiziaria dell'esercito israeliano.

Mentre fervono i preparativi per la manifestazione di giovedì a difesa del diritto all’esistenza dello Stato di Israele, Israele stesso manifesta la propria esistenza attraverso il modo che gli è più congeniale, quello brutale ed assassino delle armi.
Evidentemente non paghi delle esecuzioni extra-giudiziarie dei giorni scorsi (vedi "L'infame vendetta di Israele"), giovedì 1 novembre, nel pomeriggio, gli israeliani hanno compiuto un nuovo raid aereo nella Striscia di Gaza, e segnatamente nel campo profughi di Jabalya, uccidendo due militanti palestinesi, il 32enne Hassan al-Madhoun e il 37enne Fawzi Abu al-Qarea, entrambi affiliati ad Hamas.
Nel corso dell’assassinio mirato – avvenuto solo pochi minuti dopo che nella zona era transitato un convoglio di auto al seguito del Presidente dell’Anp Abu Mazen – anche dieci civili palestinesi sono stati feriti più o meno gravemente, ma a questi fastidiosi “effetti collaterali” delle esecuzioni extra-giudiziarie israeliane ormai siamo quasi assuefatti.
Naturalmente, anche in questo caso, nessun ministro degli esteri o capo di stato occidentale è stato minimamente sfiorato dall’idea di protestare con Israele (né nessuno ha organizzato alcuna manifestazione di protesta...), eppure – lo ha nuovamente da poco ricordato Kofi Annan – le esecuzioni extra-giudiziarie sono vietate dal diritto internazionale.
Eppure, secondo le regole del diritto umanitario, Israele avrebbe l’obbligo di prendere tutte le cautele per salvaguardare l’incolumità della popolazione civile: ma quando mai è accaduto?
Nel frattempo, il ministro della difesa israeliano ha vietato l’ingresso dei giornalisti stranieri nella Striscia di Gaza, nel tentativo di impedire il lavoro di quei pochi, onesti cronisti che ancora si ostinano a raccontare – per chi ha occhi per leggere e orecchie per sentire – le “prodezze” di Tsahal, le continue esecuzioni extra-giudiziarie, l’assassinio di civili innocenti, le salve di artiglieria e l’ultima trovata di Israele, le cosiddette "bombe sonore".
Si tratta dei jet di Israele che più volte nella giornata, ma soprattutto di notte, infrangono a bassa quota il muro del suono, terrorizzando la popolazione civile e sollevando le proteste di varie organizzazioni per la tutela dei diritti umani, che ne parlano come di una “terrificante punizione collettiva”.
Anche questo, forse, è un modo per riaffermare il diritto all’esistenza di Israele.

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