4 novembre 2005

Guerra aperta.

Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale era completamente focalizzata sulle minacce iraniane nei confronti di Israele, l’esercito israeliano poteva tranquillamente continuare a mettere a ferro e a fuoco i Territori occupati, in un’offensiva militare senza precedenti per intensità e ferocia, che ormai dura da oltre una settimana.
Ieri mattina truppe israeliane dell’unità di élite Maglan, con l’appoggio di una trentina di blindati e di due elicotteri Apache, sono entrate nel campo profughi di Jenin, città a nord della Cisgiordania, prendendo posizione, in particolare, intorno ad una moschea nel centro della città.
Nel corso degli scontri con i militanti palestinesi, i valorosi soldatini di Tsahal hanno gravemente ferito un bambino palestinese 12enne, Ahmed al-Khatib, che si trovava lì con la sua famiglia per visitare alcuni parenti in occasione della festa di Id al-Fitr, che segna la fine del Ramadan.
Il povero Ahmed aveva in mano un fucile giocattolo, ed ha pagato a caro prezzo la sua voglia di giocare, perché è stato scambiato per un militante armato ed è stato colpito alla testa e allo stomaco.
La cosa impressionante è che i soldati israeliani, ancor prima di permettere i soccorsi al povero bambino, si sono premurati di scattare alcune fotografie al terreno insanguinato su cui era caduto il fuciletto di plastica, foto successivamente distribuite dall’Ufficio stampa dell’Idf come prova della “buona fede” dell’esercito israeliano.
Solo dopo un’ambulanza palestinese ha potuto portare Ahmed all’ospedale di Ramallah, da dove poi è stato trasferito al Rambam Medical Center di Haifa, date le sue gravissime condizioni.
Ora, un giocattolo di plastica ben difficilmente può essere scambiato per un kalashnikov, e un bambino 12enne altrettanto difficilmente può assomigliare ad un nerboruto miliziano.
Ma, anche a voler dar credito alla versione ufficiale israeliana, le norme del diritto umanitario imporrebbero all’esercito israeliano di porre in essere ogni accorgimento per salvaguardare l’incolumità dei civili non coinvolti nei combattimenti, ed in questo, ancora una volta, Tsahal ha clamorosamente mancato.
E, ancora una volta, l’assassinio di un bimbo innocente non può essere fatto passare alla stregua di un semplice incidente, quando è chiaro che l’utilizzo sproporzionato della forza, l’uso di armamenti pesanti in centri abitati, la licenza di uccidere concessa di fatto ai soldati israeliani non possono che portare, inevitabilmente, all’uccisione di civili inermi ed innocenti.
Molti giornali israeliani ma anche europei ed italiani – tra cui quello che ha organizzato la marcia pro Israele di ieri sera – si ostinano a “giustificare” questa “ongoing operation” come una risposta all’attentato kamikaze di Hadera del 26 ottobre, che era costato la vita a 5 israeliani ma, come mostra la cruda e inconfutabile forza delle cifre, si tratta di una volgare menzogna.
Nella settimana precedente all’attentato di Hadera (20-26 ottobre), l’esercito israeliano ha ucciso tre civili, tra cui un ragazzo 17enne, e due militanti palestinesi, mentre altri tre civili sono rimasti feriti.
Nella settimana successiva all’attentato (27 ottobre – 2 novembre), l’Idf ha trucidato 13 Palestinesi, di cui cinque civili disarmati, mentre il conto dei feriti ammonta ad almeno 28, quasi tutti collegati a varie esecuzioni extra-giudiziarie.
L’esercito israeliano, dunque, il suo quotidiano massacro della popolazione palestinese lo svolge sempre regolarmente, dopo un attentato (ma anche dopo una semplice salva di razzi artigianali Qassam) si limita soltanto ad alzare un po’ il ritmo degli assassinii!
“Questa è guerra aperta” ha dichiarato il portavoce di Hamas, Mushir al-Masri: si può dargli torto?
Nonostante Israele si atteggi a vittima dell’aggressione terroristica, risulta che, dall’inizio della seconda Intifada, il numero dei Palestinesi uccisi ammonti a 3.729 e quello degli Israeliani a 1.074, mentre il numero dei feriti è pari, rispettivamente a 29.229 e a 7.520 (1), cifre queste che, al di là di ogni mistificazione propagandistica, dimostrano con chiarezza chi sia la vittima e chi il carnefice.
Ieri sera, grazie alla diretta di rai2, ho potuto guardare le immagini della manifestazione organizzata con abile sagacia da Giuliano Ferrara a difesa del diritto di Israele all’esistenza: bei discorsi, parata di politici, bandiere, balli e canti finali, tanta allegria.
Mancava qualcuno che portasse la foto di Ahmed al-Khatib e che chiedesse conto all’ambasciatore israeliano Ehud Gol del perché adesso sia in un letto d’ospedale a lottare contro la morte.
Mancava qualcuno che si ricordasse di questo povero bambino, che non ha potuto festeggiare il suo Id al-Fitr e che, comunque vada, non potrà più festeggiare nulla nella sua vita.
Mancava qualcuno che manifestasse per il diritto di Ahmed, e di tutti i bambini palestinesi, ad avere una propria Patria e a vivere lontano dalla miseria, dalla devastazione, dalla morte.

(1) Le statistiche relative ai morti e ai feriti palestinesi sono tratte dal sito web della Mezzaluna rossa (aggiornate al 31.10.2005), quelle relative ai morti e ai feriti israeliani sono tratte dal sito web dell’Idf (aggiornate all’1.11.2005).

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5 Commenti:

Alle 6 novembre 2005 alle ore 11:53 , Blogger vichi ha detto...

Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

 
Alle 6 novembre 2005 alle ore 11:54 , Blogger vichi ha detto...

Ieri Ahmed al-Khatib, 12 anni, è morto per le gravi ferite riportate.
I suoi genitori hanno acconsentito a donare gli organi, come auspicio "per la pace tra i popoli".
Una lezione di dignità e di forza morale, ed uno schiaffo in faccia a quello che qualche mattacchione definisce un "faro di civiltà" nel medio oriente.

 
Alle 9 novembre 2005 alle ore 13:42 , Blogger thecutter ha detto...

Bellissimo post, Vichy. Infatti, una delle cose che sembra così incredibile è il fatto che durante tutto questo carneficina continua della popolazione civile (che poi, non avendo un'esercito, e avendo messo fuori legge tutti i loro gruppi armati, non sono nemmeno permesso di resistere...) Israel gioca la carta della vittima e mette Iran come l'aggressore negli occhi della gente che non ha passato un po' di tempo di ragionare su queste cose.

Come una persona ha detto nel mio blog (vieni a commentare, Vichi, se ti senti un po' di scrivere in inglese), Iran è circondato da due Stati occupati da eserciti stranieri, è sotto osservazione e invece noi dobbiamo guardarlo come un pericolo. Nel frattempo, tutti dimenticano il vero ruolo che gioca Israele nel controllare il Medio Oriente, e le nostre coscienze.

 
Alle 13 novembre 2005 alle ore 17:37 , Anonymous Anonimo ha detto...

Il 9 novembre 1989 cadeva il muro di Berlino,
uno dei momenti più significativi della fine del secolo scorso.
Il dramma di uno stesso popolo, in uno stesso stato,
diviso a metà da politiche di divisione egemonica fra est filosovietico e ovest filoccidentale,
dopo 31 anni si concluse una sera a suon di martellate,
riunendo ciò che era stato artificialmente e forzatamente separato.

Pare assurdo, ritrovarsi in un Nuovo secolo,
e dover accertare il sorgere di nuovi muri di segregazione.
Come al solito, la storia non aiuta ad insegnare,

Così il nove novembre non rimane solo una data per ricordare un muro che è morto,
che è crollato, dalla foga di voler rinsaldare abbracci spezzati
ma anche quello che è risorto, a segregare,
in Palestina.

Il 9 novembre diviene quindi la giornata internazionale di solidarietà con i palestinesi contro il Muro della Segregazione.
.
Utilizzato da israele come un nuovo strangolamento della Palestina e come ultimo assalto in ambito di politica di occupazione,
quest'ultimo muro, a differenza di quello di Berlino,
produce ben più sofferenza alla popolazione civile:
confisca di terre, confisca delle fonti idriche, distruzione della vita e delle risorse dei palestinesi,
senza contare il crescente numero di morti e feriti colpiti dalla macchina di morte israeliana, colpiri mentre cercavano di difendere legittimamente la loro terra.
Il tutto in nome di una nuova espansione delle misure colonialiste sotto il solito pretesto adottato sin dal 1948.

Guerrilla radio auspica che presto anche questo muro
faccia la stessa fine del precedente ridotto in macerie.

g. r.

 
Alle 13 novembre 2005 alle ore 17:45 , Anonymous Anonimo ha detto...

Complimenti vividi sinceri per il tuo piccolo spazio che incute grande sviluppi di riflessione.
Fa piacere ritrovarsi innanzi qualcuno che non si è fatto fuorviare dai grandi circuiti mediatici.
Ci danniamo l'anima per risvegliare una coscienza civile verso una tragedia che pochi passi di noi sembra generare indifferenza, o peggio disinformazione ad uso dei più grossi mass media che sono tutti filo-israeliani.
Sono sicuro che alla fine
inshallah
vinceremo.
ps. sono stato a Bil'in e li attorno conservo amici,
che purtroppo lo democrazia dello stato d'israele mi impedisce di andare a visitate.
ma io ho le zucca dura non demordo, e farò una capatina a tel aviv presto a creare qualche problema...

 

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