Un sondaggio "mirato".
Le esecuzioni extra-giudiziarie o, come le definiscono gli Israeliani, le “eliminazioni mirate” di militanti palestinesi – spesso leader delle fazioni armate ma talvolta anche semplici esponenti politici – costituiscono una pratica vietata dal diritto internazionale in quanto equivalgono, come più volte ricordato dal Segretario Onu Annan, a delle “executions without a trial”, ovvero a delle condanne a morte eseguite da Israele senza alcuna prova, alcun processo, alcuna giuria.
Ma il fatto ancor più grave è che queste “eliminazioni mirate”, per i luoghi e le modalità con cui vengono portate a compimento, determinano quasi costantemente il coinvolgimento di civili palestinesi inermi e inconsapevoli, e costituiscono dei feroci e spietati crimini di guerra.
In questi ultimi mesi, nella più totale e colpevole inerzia della comunità internazionale e dei media di regime, abbiamo visto Israele dispiegare tutto la capacità tecnologica del suo infernale apparato bellico, e abbiamo assistito impotenti a uccisioni e massacri di ogni sorta, intere famiglie spazzate via, bambini uccisi mentre giocavano in strada o magari costretti – come la piccola Mariyah Aman - a rimanere paralizzati per tutta la vita in un letto d’ospedale mentre, fino a pochi istanti prima, giocavano sulle ginocchia della propria madre.
Per un resoconto cronologico delle “prodezze” dell’esercito israeliano fino alla data del 14 giugno rimando a questa pagina del blog “Palestina libera!”, mentre, per il periodo successivo, mi limiterò a riportare i casi più eclatanti, dato che il ritmo delle uccisioni, delle violenze e delle distruzioni operate da Israele nei Territori occupati diventa ogni giorno più incalzante, tanto da rendere difficile persino il semplice tener dietro agli accadimenti.
Martedì 20 giugno, intorno alle 7:20 della sera, un aereo dell’aviazione israeliana ha lanciato un missile contro un auto che trasportava tre militanti delle Brigate al-Aqsa, l’ala militare di Fatah, all’interno del quartiere Sheikh Radwan di Gaza City.
Ma mentre i tre se la sono cavata con qualche ferita, l’esplosione del missile ha provocato la morte di due poveri bambini e del 16enne Bilal al-Hissi, nonché il ferimento di altri 13 Palestinesi innocenti, tra cui quattro bambini di 2, 5, 8 e 9 anni.
I due poveri bimbi uccisi, Mohammed Jamal Rouqa di sei anni e la sorellina Samia, di soli cinque anni, stavano tranquillamente giocando per strada davanti alla porta della loro casa.
Mercoledì 21 giugno, intorno alle 6:30 del pomeriggio, un altro aereo della Iaf ha lanciato due missili contro un pick-up che trasportava alcuni membri dei Comitati di Resistenza Popolare nei pressi della cittadina di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza.
Inopinatamente, tuttavia, i missili hanno completamente mancato il loro bersaglio, andando a colpire in pieno la vicina casa appartenente alla famiglia di Abdul Qadar Ahmed, in quel momento riunita in cucina.
Hanno trovato così la morte Zakaria Ahmed, il fratello 45enne del padrone di casa, giunto in visita dall’Arabia Saudita, e la sorella Fatema, una povera donna di 37 anni incinta di sette mesi; in aggiunta, altri undici componenti della famiglia e quattro passanti sono rimasti feriti, tra cui cinque bambini di 9 mesi e di 2, 3, 5 e 7 anni.
I soccorritori, più tardi, racconteranno che la cucina dell’appartamento era un vero e proprio lago di sangue.
Venerdì 5 luglio, intorno alle 9:15 del mattino, alcuni soldati israeliani hanno circondato una casa nel campo profughi di Ein al-Sultan, a nord-ovest di Gerico, intimando al Palestinese ricercato che la occupava, il 41enne Mahmoud Jaber, di uscire fuori e di arrendersi.
Mahmoud Jaber, dietro la minaccia israeliana di demolire la casa con i bulldozer, è uscito fuori con le mani alzate, e a quel punto i soldati israeliani lo hanno liquidato con un colpo di fucile alla testa a distanza zero, in puro stile SS.
Più tardi, naturalmente, un portavoce dell’esercito israeliano sosterrà che il povero Mahmoud aveva cercato di scappare, ma si tratta di una versione difficile da sostenere, dato che i soldati gli si erano già avvicinati e addirittura gli avevano ordinato di togliersi i vestiti…
Sabato 8 luglio, intorno alle 7:50 della sera, nel tentativo di colpire un gruppo di militanti palestinesi nei sobborghi di Gaza City, e precisamente alla fine di Mansour Street, l’aviazione israeliana ha lanciato un missile davanti al cortile di una casa di civile abitazione, uccidendo la 42enne Ammouna Hajjai e due dei suoi figli, Rawan e Mohammed, rispettivamente di 6 e di 20 anni; in aggiunta, altri cinque componenti della famiglia sono rimasti feriti.
Israele, in ognuna di queste occasioni, si è sempre dichiarata “dispiaciuta” per la morte di civili palestinesi innocenti, rigettando però, nel contempo, ogni responsabilità al riguardo, ed arrivando a definire l’esercito israeliano – come ha fatto il premier Olmert – “l’esercito più etico del mondo”: e meno male!
Sempre secondo Olmert, non vi sarebbe assolutamente “equivalenza morale” tra gli attacchi terroristici dei Palestinesi e le operazioni dell’esercito israeliano, in quanto Tsahal non ha mai l’intenzione di “colpire gli innocenti”.
A giudizio del capo dell’aviazione israeliana, il Maggiore Generale Elyezer Shkedy, gli uomini al suo comando compiono “sforzi sovrumani” per evitare di coinvolgere nei loro raids i civili innocenti, eppure i risultati sono sotto gli occhi di tutti: o Shkedy afferma il falso, oppure questi sforzi non sono poi così sovrumani!
Il vero è che condurre assassinii “mirati” all’interno di città o villaggi densamente popolati – come sono soprattutto quelli della Striscia di Gaza - comporta necessariamente l’uccisione e/o il ferimento di civili inermi ed innocenti, povere donne, bambini e neonati inclusi: come ha avuto modo di commentare Gideon Levy di Ha’aretz, tutto ciò “sta scritto sui muri”.
Lanciare dei missili nel cuore di quartieri residenziali o in strade affollate, soprattutto nelle prime ore della sera quando la gente esce fuori per strada per godere del fresco serale, non può che comportare inevitabilmente che anche la popolazione innocente venga coinvolta negli attacchi.
Resta fermo, in ogni caso, che Israele ha il dovere sancito dal diritto umanitario, e in primis dalla Convenzione di Ginevra, di non danneggiare in alcun modo nelle proprie azioni militari i civili disarmati e non coinvolti nei combattimenti.
Secondo il principio di proporzionalità, in particolare, è vietato ogni attacco – anche contro obiettivi legittimi – se vi è la probabilità di causare danni alla popolazione civile, sproporzionati rispetto al vantaggio che l’attaccante si propone di ottenere; il che, tra l’altro, comporterebbe per Israele anche l’onere di provare che non vi era altra alternativa ragionevole all’attacco stesso.
In tutti questi casi, dunque, ci troviamo di fronte di tutta evidenza a dei veri e propri crimini di guerra, che dovrebbero comportare sanzioni per i vertici politici che ordinano gli assassinii “mirati”, per i vertici militari che li pianificano, per gli esecutori materiali degli stessi.
In un Paese civile, il sanguinoso massacro di decine e decine di uomini, donne e bambini assolutamente inermi ed incolpevoli dovrebbe comportare, quanto meno, il ripensamento del modus operandi dell’esercito, nonché la rimozione dei vertici militari responsabili di questo bagno di sangue, in primis del comandante della Iaf Shkedy.
Ed invece Israele non sembra avere alcun ripensamento (né, tanto meno, alcun rimorso…), considerato che il giornale inglese The Guardian, citando fonti diplomatiche, ci informa che sarebbe già pronta una lista di ben 13 “candidati” all’uccisione “mirata”, comprendente Khaled Meshaal ed il premier palestinese Ismail Haniyeh.
In un Paese civile, l’opinione pubblica si ribellerebbe a questo folle e brutale spargimento di sangue innocente, e scenderebbe in piazza per protestare contro questa banda di assassini che siede al governo di Israele.
Ed invece, sorprendentemente, un sondaggio del giornale israeliano Ma’ariv, pubblicato il 7 luglio scorso, mostra che l’82% degli Israeliani sarebbe d’accordo all’assassinio dei leader di Hamas.
Dunque, secondo Ma’ariv, quattro israeliani su cinque sono d’accordo con la politica delle esecuzioni extra-giudiziarie portata avanti con gran vigore dal premier israeliano Olmert e da quell’assassino entusiasta di nome Amir Peretz, pur se essa viene rivolta a dei leaders politici estranei alla militanza armata, e pur se, in tutti questi mesi, le eliminazioni “mirate” hanno provocato il vero e proprio massacro della popolazione civile palestinese.
Eccola la razza, pardon, il “popolo eletto”, ecco il “faro di civiltà” nel mare della barbarie mediorientale, una collettività che pratica e approva il massacro e l’assassinio, che fonda la propria esistenza sulla cieca violenza, sulla brutalità, sul razzismo, sul furto della terra e delle risorse naturali, sull’arbitrio.
E pensare che qualche giullare della politica nostrana, di tanto in tanto, esce fuori a sostenere la proposta di accogliere questa gente nell’ambito della Comunità europea.
Ma il fatto ancor più grave è che queste “eliminazioni mirate”, per i luoghi e le modalità con cui vengono portate a compimento, determinano quasi costantemente il coinvolgimento di civili palestinesi inermi e inconsapevoli, e costituiscono dei feroci e spietati crimini di guerra.
In questi ultimi mesi, nella più totale e colpevole inerzia della comunità internazionale e dei media di regime, abbiamo visto Israele dispiegare tutto la capacità tecnologica del suo infernale apparato bellico, e abbiamo assistito impotenti a uccisioni e massacri di ogni sorta, intere famiglie spazzate via, bambini uccisi mentre giocavano in strada o magari costretti – come la piccola Mariyah Aman - a rimanere paralizzati per tutta la vita in un letto d’ospedale mentre, fino a pochi istanti prima, giocavano sulle ginocchia della propria madre.
Per un resoconto cronologico delle “prodezze” dell’esercito israeliano fino alla data del 14 giugno rimando a questa pagina del blog “Palestina libera!”, mentre, per il periodo successivo, mi limiterò a riportare i casi più eclatanti, dato che il ritmo delle uccisioni, delle violenze e delle distruzioni operate da Israele nei Territori occupati diventa ogni giorno più incalzante, tanto da rendere difficile persino il semplice tener dietro agli accadimenti.
Martedì 20 giugno, intorno alle 7:20 della sera, un aereo dell’aviazione israeliana ha lanciato un missile contro un auto che trasportava tre militanti delle Brigate al-Aqsa, l’ala militare di Fatah, all’interno del quartiere Sheikh Radwan di Gaza City.
Ma mentre i tre se la sono cavata con qualche ferita, l’esplosione del missile ha provocato la morte di due poveri bambini e del 16enne Bilal al-Hissi, nonché il ferimento di altri 13 Palestinesi innocenti, tra cui quattro bambini di 2, 5, 8 e 9 anni.
I due poveri bimbi uccisi, Mohammed Jamal Rouqa di sei anni e la sorellina Samia, di soli cinque anni, stavano tranquillamente giocando per strada davanti alla porta della loro casa.
Mercoledì 21 giugno, intorno alle 6:30 del pomeriggio, un altro aereo della Iaf ha lanciato due missili contro un pick-up che trasportava alcuni membri dei Comitati di Resistenza Popolare nei pressi della cittadina di Khan Yunis, a sud della Striscia di Gaza.
Inopinatamente, tuttavia, i missili hanno completamente mancato il loro bersaglio, andando a colpire in pieno la vicina casa appartenente alla famiglia di Abdul Qadar Ahmed, in quel momento riunita in cucina.
Hanno trovato così la morte Zakaria Ahmed, il fratello 45enne del padrone di casa, giunto in visita dall’Arabia Saudita, e la sorella Fatema, una povera donna di 37 anni incinta di sette mesi; in aggiunta, altri undici componenti della famiglia e quattro passanti sono rimasti feriti, tra cui cinque bambini di 9 mesi e di 2, 3, 5 e 7 anni.
I soccorritori, più tardi, racconteranno che la cucina dell’appartamento era un vero e proprio lago di sangue.
Venerdì 5 luglio, intorno alle 9:15 del mattino, alcuni soldati israeliani hanno circondato una casa nel campo profughi di Ein al-Sultan, a nord-ovest di Gerico, intimando al Palestinese ricercato che la occupava, il 41enne Mahmoud Jaber, di uscire fuori e di arrendersi.
Mahmoud Jaber, dietro la minaccia israeliana di demolire la casa con i bulldozer, è uscito fuori con le mani alzate, e a quel punto i soldati israeliani lo hanno liquidato con un colpo di fucile alla testa a distanza zero, in puro stile SS.
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A giudizio del capo dell’aviazione israeliana, il Maggiore Generale Elyezer Shkedy, gli uomini al suo comando compiono “sforzi sovrumani” per evitare di coinvolgere nei loro raids i civili innocenti, eppure i risultati sono sotto gli occhi di tutti: o Shkedy afferma il falso, oppure questi sforzi non sono poi così sovrumani!
Il vero è che condurre assassinii “mirati” all’interno di città o villaggi densamente popolati – come sono soprattutto quelli della Striscia di Gaza - comporta necessariamente l’uccisione e/o il ferimento di civili inermi ed innocenti, povere donne, bambini e neonati inclusi: come ha avuto modo di commentare Gideon Levy di Ha’aretz, tutto ciò “sta scritto sui muri”.
Lanciare dei missili nel cuore di quartieri residenziali o in strade affollate, soprattutto nelle prime ore della sera quando la gente esce fuori per strada per godere del fresco serale, non può che comportare inevitabilmente che anche la popolazione innocente venga coinvolta negli attacchi.
Resta fermo, in ogni caso, che Israele ha il dovere sancito dal diritto umanitario, e in primis dalla Convenzione di Ginevra, di non danneggiare in alcun modo nelle proprie azioni militari i civili disarmati e non coinvolti nei combattimenti.
Secondo il principio di proporzionalità, in particolare, è vietato ogni attacco – anche contro obiettivi legittimi – se vi è la probabilità di causare danni alla popolazione civile, sproporzionati rispetto al vantaggio che l’attaccante si propone di ottenere; il che, tra l’altro, comporterebbe per Israele anche l’onere di provare che non vi era altra alternativa ragionevole all’attacco stesso.
In tutti questi casi, dunque, ci troviamo di fronte di tutta evidenza a dei veri e propri crimini di guerra, che dovrebbero comportare sanzioni per i vertici politici che ordinano gli assassinii “mirati”, per i vertici militari che li pianificano, per gli esecutori materiali degli stessi.
In un Paese civile, il sanguinoso massacro di decine e decine di uomini, donne e bambini assolutamente inermi ed incolpevoli dovrebbe comportare, quanto meno, il ripensamento del modus operandi dell’esercito, nonché la rimozione dei vertici militari responsabili di questo bagno di sangue, in primis del comandante della Iaf Shkedy.
Ed invece Israele non sembra avere alcun ripensamento (né, tanto meno, alcun rimorso…), considerato che il giornale inglese The Guardian, citando fonti diplomatiche, ci informa che sarebbe già pronta una lista di ben 13 “candidati” all’uccisione “mirata”, comprendente Khaled Meshaal ed il premier palestinese Ismail Haniyeh.
In un Paese civile, l’opinione pubblica si ribellerebbe a questo folle e brutale spargimento di sangue innocente, e scenderebbe in piazza per protestare contro questa banda di assassini che siede al governo di Israele.
Ed invece, sorprendentemente, un sondaggio del giornale israeliano Ma’ariv, pubblicato il 7 luglio scorso, mostra che l’82% degli Israeliani sarebbe d’accordo all’assassinio dei leader di Hamas.
Dunque, secondo Ma’ariv, quattro israeliani su cinque sono d’accordo con la politica delle esecuzioni extra-giudiziarie portata avanti con gran vigore dal premier israeliano Olmert e da quell’assassino entusiasta di nome Amir Peretz, pur se essa viene rivolta a dei leaders politici estranei alla militanza armata, e pur se, in tutti questi mesi, le eliminazioni “mirate” hanno provocato il vero e proprio massacro della popolazione civile palestinese.
Eccola la razza, pardon, il “popolo eletto”, ecco il “faro di civiltà” nel mare della barbarie mediorientale, una collettività che pratica e approva il massacro e l’assassinio, che fonda la propria esistenza sulla cieca violenza, sulla brutalità, sul razzismo, sul furto della terra e delle risorse naturali, sull’arbitrio.
E pensare che qualche giullare della politica nostrana, di tanto in tanto, esce fuori a sostenere la proposta di accogliere questa gente nell’ambito della Comunità europea.
7 Commenti:
Cara Vichy,purtroppo siamo rimasti in pochi a trovare assurdi e da condannare i metodi che usa Israele per "difendersi"! Sentire in questi giorni Bush è più nauseante del solito,ma è molto ma molto deludente anche questa UE che in un certo senso comprende le motivazioni israeliane! Gli Hezbollah hanno rapito per ottenere uno scambio di ostaggi,per ricordare al mondo che ci sono migliaia di ostaggi nelle carceri israeliane senza processo,ma invece di capire gli Hezbollah si capiscono i missili che cadono sulle infrastrutture,che uccidono decine e decine di civili (siamo a 97 mentre scrivo),che piegano economicamente un paese che vive grazie al turismo. Trovo tutto ciò allucinante,per non dire peggio.
sono ammirata dal fatto che ci sia ancora chi cerca denunciare le ingiustizie sono invece terrorizzata da quanta certezza ci sia nella tua denuncia di dove stà la verità. Perchè non parlare allora anche dei crimini commessi dai palestinesi. Crimini attuali (come quello di sparare razzi, che come abbiamo visto causano anch'essi vittime, e rapire persone e farsi esplodere in mezzo ai civili inermi) e passati (mi riferisco ad es. alla strage di Dafour del 1976 in Libano, non dirmi che è troppo indietro nel tempo, un crimine è sempre un crimine). Grazie ai palestinesi in Libano si è assistito al triste fenomeno di avere dei profughi libanesi che hanno dovuto fuggire dalle loro case e dalla loro terra per far posto ai palestinesi. Come vedi non tutto è bianco o nero, e se si conservasse un pò di memoria storica capiresti meglio cosa stà accadendo in Libano. Dimmi, quanti altri paesi conosci dove un partito che siede in Parlamento è armato fino ai denti? Se la lega Nord decidesse di sparare razzi (o fuochi d'artificio, come li chiami tu) sulla Francia credi che la Francia si appellerebbe all'ONU o reagirebbe, e per favore cerca di essere onesto nella risposta. Dici che Israele ha risposto troppo violentemente ... ma l'Olp, Al-fatah, hezbollah hanno come scopo dichiarato la distruzione di israele .... non mi pare che sia lo stesso da parte di israele. E ti ricordo che quando hanno cercato di collaborare e non rispondere violentemente sono stati sterminati nei campi di concentramento... davvero ti sorprende che non vogliano fare di nuovo quella fine?
molto intiresno, grazie
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