24 agosto 2006

I rifiuti di Gaza.

Un grosso problema preoccupa in questi giorni gli Israeliani, e in particolare il Ministro per le Infrastrutture Binyamin Ben-Eliezer.
Pare, infatti, che i rifiuti scaricati dalla Striscia di Gaza nel Mediterraneo, senza aver subito alcun tipo di trattamento, stiano inquinando il mare antistante l’impianto di desalinizzazione di Ashkelon, mentre analoga situazione si verifica per i rifiuti che giungono in Israele attraverso i corsi d’acqua del West Bank.
In passato, in realtà, esistevano diversi progetti finanziati dagli Usa e dalla Germania per il trattamento dei rifiuti e delle acque reflue nei Territori palestinesi, progetti rimasti, però, sulla carta a seguito delle recenti elezioni legislative e dell’ascesa al potere di Hamas.
Strana gente, questi ebrei di Israele.
Dal 25 giugno al 16 agosto, hanno ucciso ben 207 Palestinesi, in gran parte civili, ivi inclusi 10 donne e 46 bambini, e ne hanno feriti almeno 815, tra cui 27 donne e 232 bambini.
Dal 25 giugno, le devastazioni provocate dai bombardamenti d’artiglieria e dai raid aerei israeliani costringono la popolazione di Gaza ad avere elettricità solo per 6-8 ore al giorno, ed acqua solo per 6 ore ogni due giorni, acqua la cui qualità – sia detto per inciso – è molto scarsa e provoca numerosi casi di diarrea acuta e dissenteria.
Il blocco dei finanziamenti e dei trasferimenti tributari in favore dell’amministrazione palestinese fa’ si che gli impiegati pubblici da tempo siano rimasti senza regolari stipendi, e ciò si riflette, tra le altre cose, sul servizio di rimozione dei rifiuti solidi urbani; a ciò aggiungasi che la mancanza di benzina costringe a restare fermi gran parte degli automezzi deputati a tale scopo.
L’impianto di depurazione delle acque di Beit Lahia è ormai al collasso, ed è stato ripetutamente danneggiato dal fuoco dell’artiglieria israeliana.
Nella Striscia di Gaza, soltanto il 30% dei residenti gode di entrate più o meno regolari, e ciò si riflette in una crescente malnutrizione degli strati più deboli della popolazione, solo in parte alleviata dall’intervento del World Food Programme e di altri enti umanitari.
Ed in tutto questo, l’unica cosa che preoccupa gli Israeliani è il “disturbo” di dover trattare e depurare l’acqua di mare di Ashkelon prima di avviare il processo di desalinizzazione vero e proprio!
Il Ministro israeliano Ben-Eliezer ha scritto all’ambasciatore tedesco, sostenendo che “questi progetti (di finanziamento degli impianti di trattamento dei rifiuti, n.d.r.) sono vitali da un punto di vista umanitario”, e tuttavia nessuno, in Israele, mostra di preoccuparsi del disastro umanitario in atto oggi a Gaza.
Naturalmente, di tutto questo, di questa ingiusta e bestiale punizione collettiva perpetrata ai danni della popolazione palestinese nessuno parla, anzi, al contrario, troviamo ancora oggi qualche anima bella che sostiene che Israele ha mostrato la sua “volontà di pace” mediante il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza.
Dimenticando che, attualmente, la Striscia di Gaza non è altro che una enorme prigione a cielo aperto, in cui regnano fame, povertà, distruzione, morte.
Anzi, è ancora peggio, perché almeno in una prigione sono i carcerieri a dover fornire cibo, acqua, elettricità e ad organizzare lo smaltimento dei rifiuti.
E in una prigione non succede mai che i carcerieri irrompano all’improvviso per massacrare i reclusi.

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