Fuori dal coro.
Piu’ volte abbiamo criticato l’atteggiamento della comunità ebraica italiana la quale, al pari di quelle presenti negli altri Stati dell’Occidente, per la sua gran parte tende a schierarsi acriticamente a fianco di Israele e a giustificarne “a prescindere” l’operato, anche quando si tratta dei crimini di guerra più spietati ed efferati.
Naturalmente – e non potrebbe essere altrimenti – all’interno del mondo ebraico esistono anche voci dissonanti, inclini ad una riflessione anche critica nei confronti di Israele e della sua pluridecennale occupazione dei Territori palestinesi, di cui i due documenti che qui sotto riporto sono una significativa espressione.
Si tratta in realtà di null’altro di più che di due testi basati sulla pacatezza e sulla ragionevolezza, in cui ancora una volta si ribadisce l’urgente necessità di arrivare ad un accordo definitivo tra Israeliani e Palestinesi che sia onesto ed equo, nella consapevolezza che la pace e la sicurezza dei popoli della regione non potrà certo essere raggiunta e garantita dalla forza delle armi, dall’oppressione e dalla violazione dei diritti.
Una necessità ed una urgenza ancora più ribaditi, se ce fosse stato bisogno, dall’attentato di lunedì mattina ad Eilat.
“Noi ebrei di sinistra e le critiche ad Israele” (da “La Repubblica”, 26.1.2007).
Il pensiero critico rappresenta un cardine della tradizione e di tutta la storia ebraica, prima e dopo la nascita dello Stato di Israele. Ma negli ultimi anni, a causa di eventi tragici, si è andato affievolendo sino a un ripiegamento del mondo ebraico su se stesso, che – comprensibile dal punto di vista emotivo – ha portato a una involuzione identitaria in cui sono saltate le distinzioni stesse tra ebrei, ad esempio tra ebrei di sinistra e di destra. Si sono riaffacciate paure di annientamento – la “distruzione di Israele” – che non valutano lucidamente il rapporto effettivo tra minacce gravissime, come quelle del Presidente iraniano Ahmadinejad, e le possibilità reali del loro avverarsi. Il terrorismo islamico, pericolo più immediato, si alimenta peraltro dal proseguimento dell’occupazione dei territori palestinesi da parte israeliana, che è la vera fonte di immani disgrazie non solo per i Palestinesi ma anche per Israele …
Nell’ebraismo il pluralismo è una condizione esistenziale. Questo pluralismo, oggi, ha bisogno di essere riconfermato anche rispetto alla differenza tra “ebreo” e “israeliano”. Perché se è ovvio, per noi, un legame tra la propria identità diasporica e Israele, tale legame non deve diventare una appartenenza sostanziale, che genera confusione e rischia di portare acqua al mulino di chi non vuole distinguere tra ebreo e israeliano. Noi vogliamo coltivare il nostro legame con Israele alla maniera lucida con cui lo coltivò Primo Levi, che di fronte alla prima “avventura in Libano” dell’esercito israeliano levò la sua voce insieme a quella di molti altri ebrei diasporici e israeliani contro la logica aggressiva e non più solo difensiva dell’esercito israeliano …
Riconosciamo alle parole di David Grossman, durante la commemorazione di Rabin a Tel Aviv il 4 novembre, quel carattere che serve oggi a noi ebrei di sinistra in Italia, in Israele e nel mondo, per riprendere l’iniziativa in un panorama segnato dal cosiddetto “scontro di civiltà”. In questo quadro, il conflitto israelo-palestinese è ancora, purtroppo, un centro di irradiamento dell’odio globale tra culture e religioni, oltre che luogo dove si continua a perpetrare un’ingiustizia costante nei rapporti tra i popoli.
E’ nostra intenzione contribuire a ricostituire il “Campo della Pace Ebraico” in Italia, e a questo scopo chiediamo a quanti nel variegato mondo ebraico sentono la stessa esigenza di confrontarsi con noi. (Paolo Amati, Marina Astrologo, Andrea Billau Ilan Cohen, Beppe Damascelli, Lucio Damascelli, Marina Del Monte, Ester Fano, Gisella Kohn, Dino Levi, Stefano Levi Della Torre, Tamara Levi, Patrizia Mancini, Marina Morpurgo, Moni Ovadia, Renata Sarfati, Sergio Sinigaglia, Stefania Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Jardena Tedeschi, Claudio Treves – per contatti campodellapace@yahoo.it).
“Stop al boicottaggio contro i Palestinesi” (da “Il Manifesto” on-line, 28.1.2007).
Il 25 gennaio 2006 si sono svolte elezioni libere e democratiche per scegliere un nuovo Consiglio Legislativo Palestinese (Plc), lodate in tutto il mondo per il modo esemplare in cui sono state condotte.
Ne è risultato l’emergere di Hamas come il partito più forte, e quindi come il governo designato. A partire dalle elezioni, i governi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di Israele hanno attuato un boicottaggio paralizzante di Hamas, infliggendo una punizione collettiva all’intera popolazione palestinese della Striscia di Gaza e della Cisgiordania.
Con lo scopo dichiarato di ostacolare il governo Hamas, Israele, dal marzo 2006, ha trattenuto il denaro delle imposte raccolte nei Territori occupati, dovuto all’Autorità nazionale palestinese. L’Unione Europea e gli Stati Uniti trattengono anche le somme per mantenere i servizi pubblici e garantire un minimo di sicurezza sociale, sulle quali vi era un accordo basato sulla Quarta Convenzione di Ginevra.
Questo ha reso impossibile all’Autorità nazionale palestinese pagare i salari e mantenere anche solo i servizi di base. Tutti i dipendenti dell’Autorità nazionale palestinese, tra cui insegnanti, medici e poliziotti, sono rimasti senza paga per quasi un anno intero. Le donazioni dagli Stati arabi, da fonti internazionali e private non raggiungono la popolazione dei Territori occupati. Ne derivano fame, miseria e disperazione.
Non è stata concessa al governo eletto la possibilità di governare. Nel giugno 2006, 64 funzionari, tra cui 8 ministri e 20 altri parlamentari, sono stati arrestati dall’esercito israeliano. Altri funzionari, della politica e della società, vivono nascosti da allora. E’ evidente che Israele rifiuta di negoziare con ogni partner palestinese, qualunque sia il partito al potere. Sostenuti dai governi della Ue e degli Usa, gli occupanti israeliani hanno ora proceduto a negare ai Palestinesi anche un governo e leader politici da loro liberamente scelti.
Oggi, un anno dopo le elezioni palestinesi, il Comitato Esecutivo di European Jews for a Just Peace (Ebrei europei per una pace giusta) condanna il boicottaggio, l’assedio e la punizione collettiva dell’intera popolazione palestinese, che ha raggiunto livelli inumani e catastrofici in tutte le parti della Striscia di Gaza, di Gerusalemme Est e della Cisgiordania. Insieme a molti altri gruppi per la pace e la solidarietà, chiediamo ai governi europei e agli Usa di por termine al boicottaggio del governo palestinese ed alla punizione collettiva del popolo palestinese nei Territori occupati.
Solo con negoziati imparziali, onesti ed equi, fra tutte le parti coinvolte, e la fine completa dell’occupazione israeliana, si può raggiungere una soluzione al conflitto, che sarà vantaggiosa in egual misura per Palestinesi e Israeliani. L’Unione europea deve terminare il boicottaggio di un governo democraticamente eletto e chiedere la liberazione di parlamentari altrettanto democraticamente eletti. Ebrei europei per una pace giusta, che ha componenti e contatti in molti Stati della Ue, intende incontrare commissari e parlamentari europei per far pressione per queste richieste”.
Naturalmente – e non potrebbe essere altrimenti – all’interno del mondo ebraico esistono anche voci dissonanti, inclini ad una riflessione anche critica nei confronti di Israele e della sua pluridecennale occupazione dei Territori palestinesi, di cui i due documenti che qui sotto riporto sono una significativa espressione.
Si tratta in realtà di null’altro di più che di due testi basati sulla pacatezza e sulla ragionevolezza, in cui ancora una volta si ribadisce l’urgente necessità di arrivare ad un accordo definitivo tra Israeliani e Palestinesi che sia onesto ed equo, nella consapevolezza che la pace e la sicurezza dei popoli della regione non potrà certo essere raggiunta e garantita dalla forza delle armi, dall’oppressione e dalla violazione dei diritti.
Una necessità ed una urgenza ancora più ribaditi, se ce fosse stato bisogno, dall’attentato di lunedì mattina ad Eilat.
“Noi ebrei di sinistra e le critiche ad Israele” (da “La Repubblica”, 26.1.2007).
Il pensiero critico rappresenta un cardine della tradizione e di tutta la storia ebraica, prima e dopo la nascita dello Stato di Israele. Ma negli ultimi anni, a causa di eventi tragici, si è andato affievolendo sino a un ripiegamento del mondo ebraico su se stesso, che – comprensibile dal punto di vista emotivo – ha portato a una involuzione identitaria in cui sono saltate le distinzioni stesse tra ebrei, ad esempio tra ebrei di sinistra e di destra. Si sono riaffacciate paure di annientamento – la “distruzione di Israele” – che non valutano lucidamente il rapporto effettivo tra minacce gravissime, come quelle del Presidente iraniano Ahmadinejad, e le possibilità reali del loro avverarsi. Il terrorismo islamico, pericolo più immediato, si alimenta peraltro dal proseguimento dell’occupazione dei territori palestinesi da parte israeliana, che è la vera fonte di immani disgrazie non solo per i Palestinesi ma anche per Israele …
Nell’ebraismo il pluralismo è una condizione esistenziale. Questo pluralismo, oggi, ha bisogno di essere riconfermato anche rispetto alla differenza tra “ebreo” e “israeliano”. Perché se è ovvio, per noi, un legame tra la propria identità diasporica e Israele, tale legame non deve diventare una appartenenza sostanziale, che genera confusione e rischia di portare acqua al mulino di chi non vuole distinguere tra ebreo e israeliano. Noi vogliamo coltivare il nostro legame con Israele alla maniera lucida con cui lo coltivò Primo Levi, che di fronte alla prima “avventura in Libano” dell’esercito israeliano levò la sua voce insieme a quella di molti altri ebrei diasporici e israeliani contro la logica aggressiva e non più solo difensiva dell’esercito israeliano …
Riconosciamo alle parole di David Grossman, durante la commemorazione di Rabin a Tel Aviv il 4 novembre, quel carattere che serve oggi a noi ebrei di sinistra in Italia, in Israele e nel mondo, per riprendere l’iniziativa in un panorama segnato dal cosiddetto “scontro di civiltà”. In questo quadro, il conflitto israelo-palestinese è ancora, purtroppo, un centro di irradiamento dell’odio globale tra culture e religioni, oltre che luogo dove si continua a perpetrare un’ingiustizia costante nei rapporti tra i popoli.
E’ nostra intenzione contribuire a ricostituire il “Campo della Pace Ebraico” in Italia, e a questo scopo chiediamo a quanti nel variegato mondo ebraico sentono la stessa esigenza di confrontarsi con noi. (Paolo Amati, Marina Astrologo, Andrea Billau Ilan Cohen, Beppe Damascelli, Lucio Damascelli, Marina Del Monte, Ester Fano, Gisella Kohn, Dino Levi, Stefano Levi Della Torre, Tamara Levi, Patrizia Mancini, Marina Morpurgo, Moni Ovadia, Renata Sarfati, Sergio Sinigaglia, Stefania Sinigaglia, Susanna Sinigaglia, Jardena Tedeschi, Claudio Treves – per contatti campodellapace@yahoo.it).
“Stop al boicottaggio contro i Palestinesi” (da “Il Manifesto” on-line, 28.1.2007).
Il 25 gennaio 2006 si sono svolte elezioni libere e democratiche per scegliere un nuovo Consiglio Legislativo Palestinese (Plc), lodate in tutto il mondo per il modo esemplare in cui sono state condotte.
Ne è risultato l’emergere di Hamas come il partito più forte, e quindi come il governo designato. A partire dalle elezioni, i governi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di Israele hanno attuato un boicottaggio paralizzante di Hamas, infliggendo una punizione collettiva all’intera popolazione palestinese della Striscia di Gaza e della Cisgiordania.
Con lo scopo dichiarato di ostacolare il governo Hamas, Israele, dal marzo 2006, ha trattenuto il denaro delle imposte raccolte nei Territori occupati, dovuto all’Autorità nazionale palestinese. L’Unione Europea e gli Stati Uniti trattengono anche le somme per mantenere i servizi pubblici e garantire un minimo di sicurezza sociale, sulle quali vi era un accordo basato sulla Quarta Convenzione di Ginevra.
Questo ha reso impossibile all’Autorità nazionale palestinese pagare i salari e mantenere anche solo i servizi di base. Tutti i dipendenti dell’Autorità nazionale palestinese, tra cui insegnanti, medici e poliziotti, sono rimasti senza paga per quasi un anno intero. Le donazioni dagli Stati arabi, da fonti internazionali e private non raggiungono la popolazione dei Territori occupati. Ne derivano fame, miseria e disperazione.
Non è stata concessa al governo eletto la possibilità di governare. Nel giugno 2006, 64 funzionari, tra cui 8 ministri e 20 altri parlamentari, sono stati arrestati dall’esercito israeliano. Altri funzionari, della politica e della società, vivono nascosti da allora. E’ evidente che Israele rifiuta di negoziare con ogni partner palestinese, qualunque sia il partito al potere. Sostenuti dai governi della Ue e degli Usa, gli occupanti israeliani hanno ora proceduto a negare ai Palestinesi anche un governo e leader politici da loro liberamente scelti.
Oggi, un anno dopo le elezioni palestinesi, il Comitato Esecutivo di European Jews for a Just Peace (Ebrei europei per una pace giusta) condanna il boicottaggio, l’assedio e la punizione collettiva dell’intera popolazione palestinese, che ha raggiunto livelli inumani e catastrofici in tutte le parti della Striscia di Gaza, di Gerusalemme Est e della Cisgiordania. Insieme a molti altri gruppi per la pace e la solidarietà, chiediamo ai governi europei e agli Usa di por termine al boicottaggio del governo palestinese ed alla punizione collettiva del popolo palestinese nei Territori occupati.
Solo con negoziati imparziali, onesti ed equi, fra tutte le parti coinvolte, e la fine completa dell’occupazione israeliana, si può raggiungere una soluzione al conflitto, che sarà vantaggiosa in egual misura per Palestinesi e Israeliani. L’Unione europea deve terminare il boicottaggio di un governo democraticamente eletto e chiedere la liberazione di parlamentari altrettanto democraticamente eletti. Ebrei europei per una pace giusta, che ha componenti e contatti in molti Stati della Ue, intende incontrare commissari e parlamentari europei per far pressione per queste richieste”.
4 Commenti:
Ottimo! Anche noi abbiamo ripreso e pubblicato l'articolo sulle nostre pagine. Spperiamo che certe prese di posizioni influenzino le frangie più estremiste per un futuro moderamento.
Un caro saluto, Emanuele.
Palestina libera.
il futuro come al solito non è dei migliori per i fratelli palestinesi...è di ieri la notizia che gli USA hanno rifornito di armi abu mazen e i suoi uomini...a presto...
da un filo di speranza leggere le prese di posizione di ebrei che non si riconoscono e combattono contro il sionismo...
non sarà così semplice...ora li stanno facendo scontrare tra loro, sono riusciti anche ad arrivare a questo...a presto
orso
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