Uno Stato ebraico razzista.
Lo scorso 28 settembre, la Corte Suprema israeliana ha tenuto udienza per discutere di una petizione avanzata da Adalah e da altre organizzazioni per la tutela dei diritti umani, volta a chiedere che si ponga fine alla politica portata avanti dalla Israel Land Administration (ILA), che impedisce ai cittadini israeliani non ebrei di avanzare offerte d’acquisto per i terreni sotto il controllo del Jewish National Fund (JNF).
Secondo Adalah, infatti, l’ILA – in quanto organismo statale – nell’assegnare i terreni deve agire nel rispetto del principio di uguaglianza, e i cittadini arabi di Israele devono poter esercitare pienamente e liberamente il loro diritto alla terra. Al contrario, permettendo la vendita dei terreni controllati dal JNF soltanto agli ebrei, l’ILA partecipa attivamente nel perpetuare le odiose discriminazioni ai danni della popolazione araba israeliana.
Nel corso dell’udienza, gli avvocati che rappresentano il Jewish National Fund hanno annunciato di convenire su una precedente proposta avanzata dallo Stato di Israele, secondo la quale l’Israel Land Administration potrà assegnare i terreni in questione sulla base del principio di eguaglianza ma, in cambio, lo Stato compenserà il JNF per ogni singolo lotto di terra acquistato da cittadini non ebrei.
Poiché, tuttavia, il JNF e lo Stato di Israele non sono ancora riusciti ad accordarsi sulla formula con cui concretamente dovrebbe avvenire tale compensazione, la Corte ha concesso un rinvio di ulteriori trenta giorni al fine di raggiungere un eventuale accordo.
Il che, considerando che la petizione di Adalah è stata presentata nel 2004, fa impallidire persino i cronici ritardi della giustizia italiana…
La questione è di non poca rilevanza, dato che il JNF attualmente detiene circa 250.000 ettari di terra, pari al 13% dell’intera superficie di Israele, terra che fino ad oggi, come abbiamo visto, poteva essere venduta soltanto ai cittadini di religione ebraica per il tramite dell’ILA, una apposita agenzia governativa.
Qualora la Corte Suprema israeliana dovesse dare il proprio giudizio favorevole all’accordo tra lo Stato e il JNF, lo Stato di Israele dovrebbe compensare il JNF ogni volta che questo vende la propria terra ad un cittadino arabo, perpetuando in tal modo la politica discriminatoria nell’accesso alla terra nei confronti degli Arabi israeliani; al JNF, infatti, verrebbe consentito di tenersi comunque ben stretto quel suo 13% di territorio israeliano sul quale stabilire comunità ebraiche al 100%, laddove si consideri che la “compensazione” avverrà attraverso un meccanismo di scambio con analoghe estensioni di terra in altre zone del paese.
Chi giustifica queste politiche discriminatorie sottolinea come la mission del JNF sia proprio quella di distribuire la terra agli Ebrei della diaspora, e che i 250.000 ettari di proprietà del JNF – nelle parole di Israel Harel – sono stati comprati “dunam by dunam, clod by clod” con tante piccole donazioni nelle blue-box del JNF, per farli diventare “eterna proprietà del popolo ebraico, in accordo con il principio stabilito dal fondatore del moderno sionismo, Theodor Herzl …”.
A costoro si potrebbe far notare che – qualora non se ne fossero accorti – lo Stato di Israele è già stato fondato, e queste terre adesso devono poter servire a tutti i suoi cittadini.
Ma, soprattutto, a costoro si dovrebbe ricordare che gran parte di questi 250.000 ettari posseduti dal JNF erano in origine terre abbandonate o confiscate agli Arabi, successivamente rivendute al JNF da David Ben-Gurion nel periodo 1949-50, a prezzi irrisori.
Decisione, quella, assolutamente immorale ed illegale, in quanto non si trattava di terra di proprietà del governo israeliano, ma di quella conquistata con la guerra; decisione assunta, peraltro, con l’unico scopo di porre in essere uno stato di fatto che impedisse ai profughi arabi cacciati dalle loro terre di ritornarvi o di ottenere almeno un risarcimento.
Il titolo a questo articolo non è stato dato per caso, ma corrisponde a quello apposto ad un editoriale di Ha’aretz quando ha avuto modo di occuparsi della questione.
Salvo una diversa (e poco probabile) decisione della Corte Suprema, ILA e JNF continueranno a rappresentare la punta di diamante del persistere, in Israele, di una pratica discriminatoria nei confronti della minoranza araba che non riguarda solo l’accesso alla terra o l’edilizia abitativa (si pensi al trattamento riservato alla minoranza Beduina), ma investe anche altri settori, dalla sanità all’istruzione, dall’accesso alla cittadinanza alla distribuzione dei fondi per il welfare.
Ma c’è già chi ha affermato che uno Stato che voglia essere contemporaneamente “democratico” ed “ebraico” rappresenta una vera e propria contraddizione in termini.
Secondo Adalah, infatti, l’ILA – in quanto organismo statale – nell’assegnare i terreni deve agire nel rispetto del principio di uguaglianza, e i cittadini arabi di Israele devono poter esercitare pienamente e liberamente il loro diritto alla terra. Al contrario, permettendo la vendita dei terreni controllati dal JNF soltanto agli ebrei, l’ILA partecipa attivamente nel perpetuare le odiose discriminazioni ai danni della popolazione araba israeliana.
Nel corso dell’udienza, gli avvocati che rappresentano il Jewish National Fund hanno annunciato di convenire su una precedente proposta avanzata dallo Stato di Israele, secondo la quale l’Israel Land Administration potrà assegnare i terreni in questione sulla base del principio di eguaglianza ma, in cambio, lo Stato compenserà il JNF per ogni singolo lotto di terra acquistato da cittadini non ebrei.
Poiché, tuttavia, il JNF e lo Stato di Israele non sono ancora riusciti ad accordarsi sulla formula con cui concretamente dovrebbe avvenire tale compensazione, la Corte ha concesso un rinvio di ulteriori trenta giorni al fine di raggiungere un eventuale accordo.
Il che, considerando che la petizione di Adalah è stata presentata nel 2004, fa impallidire persino i cronici ritardi della giustizia italiana…
La questione è di non poca rilevanza, dato che il JNF attualmente detiene circa 250.000 ettari di terra, pari al 13% dell’intera superficie di Israele, terra che fino ad oggi, come abbiamo visto, poteva essere venduta soltanto ai cittadini di religione ebraica per il tramite dell’ILA, una apposita agenzia governativa.
Qualora la Corte Suprema israeliana dovesse dare il proprio giudizio favorevole all’accordo tra lo Stato e il JNF, lo Stato di Israele dovrebbe compensare il JNF ogni volta che questo vende la propria terra ad un cittadino arabo, perpetuando in tal modo la politica discriminatoria nell’accesso alla terra nei confronti degli Arabi israeliani; al JNF, infatti, verrebbe consentito di tenersi comunque ben stretto quel suo 13% di territorio israeliano sul quale stabilire comunità ebraiche al 100%, laddove si consideri che la “compensazione” avverrà attraverso un meccanismo di scambio con analoghe estensioni di terra in altre zone del paese.
Chi giustifica queste politiche discriminatorie sottolinea come la mission del JNF sia proprio quella di distribuire la terra agli Ebrei della diaspora, e che i 250.000 ettari di proprietà del JNF – nelle parole di Israel Harel – sono stati comprati “dunam by dunam, clod by clod” con tante piccole donazioni nelle blue-box del JNF, per farli diventare “eterna proprietà del popolo ebraico, in accordo con il principio stabilito dal fondatore del moderno sionismo, Theodor Herzl …”.
A costoro si potrebbe far notare che – qualora non se ne fossero accorti – lo Stato di Israele è già stato fondato, e queste terre adesso devono poter servire a tutti i suoi cittadini.
Ma, soprattutto, a costoro si dovrebbe ricordare che gran parte di questi 250.000 ettari posseduti dal JNF erano in origine terre abbandonate o confiscate agli Arabi, successivamente rivendute al JNF da David Ben-Gurion nel periodo 1949-50, a prezzi irrisori.
Decisione, quella, assolutamente immorale ed illegale, in quanto non si trattava di terra di proprietà del governo israeliano, ma di quella conquistata con la guerra; decisione assunta, peraltro, con l’unico scopo di porre in essere uno stato di fatto che impedisse ai profughi arabi cacciati dalle loro terre di ritornarvi o di ottenere almeno un risarcimento.
Il titolo a questo articolo non è stato dato per caso, ma corrisponde a quello apposto ad un editoriale di Ha’aretz quando ha avuto modo di occuparsi della questione.
Salvo una diversa (e poco probabile) decisione della Corte Suprema, ILA e JNF continueranno a rappresentare la punta di diamante del persistere, in Israele, di una pratica discriminatoria nei confronti della minoranza araba che non riguarda solo l’accesso alla terra o l’edilizia abitativa (si pensi al trattamento riservato alla minoranza Beduina), ma investe anche altri settori, dalla sanità all’istruzione, dall’accesso alla cittadinanza alla distribuzione dei fondi per il welfare.
Ma c’è già chi ha affermato che uno Stato che voglia essere contemporaneamente “democratico” ed “ebraico” rappresenta una vera e propria contraddizione in termini.
8 Commenti:
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L'autore,
Daniel Enrique C.
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è vero, israele discrimina i non ebrei. ma diciamo anche chiaramente che i suoi confinanti discriminano molto di più i non islamici e talvolta discriminano di più anche gli islamici di quanto faccia israele. e ricordiamoci anche che questo discrimine è ciò che fa sopravvivere israele, che se non fosse un paese basato che mette davanti gli ebrei, sarebbe già scomparso in seguito allo strapotere demografico degli arabi
l'anonimo sono io
www.maurod.ilcannocchiale.it
E, dunque, è dimostrato che uno Stato che vuole essere "ebraico" non può, al contempo, essere "democratico".
Ma a te, capisco, sembra una cosa perfettamente lecita e accettabile.
A mio giudizio, al contrario, uno Stato che, all'esterno, occupa militarmente (e brutalmente) territori altrui e, all'interno, discrimina pesantemente le minoranze, dovrebbe essere bandito dal consesso delle nazioni civili, isolato politicamente ed economicamente.
se così fosse sta pur certo che i palestinesi, gli egiziani, gli irakeni, i siriani e tutti gli altri verrebbero isolati ben prima di israele. israele fa parte dei paesi democratici in cui certi diritti però non sono garantiti. per farti un esempio anche in italia si dice spesso che gli immigrati non sono trattati come si deve che c'è fascismo ecc... ma scambiare delle democrazie imperfette (come quella italiana e quella israeliana) con dei torturatori terroristi ecc... in cui ti condannano a morte in base alla religione, in cui le donne non hanno diritto, non c'è libertà di espressione e via dicendo, non aiuta. il giorno in cui i palestinesi ameranno i loro figli quanto odiano israele, israele potrà aprirsi anche a loro, farlo ora porterebbe ad un altro olocausto e basta
www.maurod.ilcannocchiale.it
Di tutti i paesi che hai citato (e che potresti citare) Israele è l'unico ad occupare militarmente un territorio altrui, a violare la legalità internazionale, a infrangere clamorosamente i diritti umani della popolazione occupata.
Il vero è che - secondo gli standard Usa - Israele costituisce un vero e proprio prototipo dello Stato-canaglia.
tutti i stati occupano territori non propri se prendi come riferimento una situazione preguerra. per esempio oggi i palestinesi occupano ciò che un tempo era degli ebrei durante il regno di israele (http://it.wikipedia.org/wiki/Regno_di_Israele). stesso si potrebbe dire dell'italia con la germania ecc... la differenza è in palestina non c'è ne cultura ne democrazia ne legge, quindi non sono possibili accordi
mauroD
Ma certo, i Palestinesi sono solo dei barbari selvaggi, e come tali si possono affamare, vessare, torturare e massacrare impunemente!
Non è un caso che ormai gli ex generali o quanti hanno avuto a che fare con l'occupazione della Palestina non possono più andare all'estero per timore di essere arrestati (l'ultimo caso riguarda Ami Ayalon).
Per il resto, la posizione della comunità internazionale sulla questione israelo-palestinese, a partire dalla risoluzione onu 242 del 1967 è ben nota.
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