4 novembre 2013

Il JNF si mangia tutta la Palestina!


Quella che vedete qui sopra è la copertina della newsletter del Jewish National Fund del mese di settembre. Come si può notare il JNF, forse precorrendo solo di un po' i tempi, si è mangiato tutti i territori palestinesi! E poi parlano dei libri di scuola...

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2 ottobre 2008

Uno Stato ebraico razzista.

Lo scorso 28 settembre, la Corte Suprema israeliana ha tenuto udienza per discutere di una petizione avanzata da Adalah e da altre organizzazioni per la tutela dei diritti umani, volta a chiedere che si ponga fine alla politica portata avanti dalla Israel Land Administration (ILA), che impedisce ai cittadini israeliani non ebrei di avanzare offerte d’acquisto per i terreni sotto il controllo del Jewish National Fund (JNF).

Secondo Adalah, infatti, l’ILA – in quanto organismo statale – nell’assegnare i terreni deve agire nel rispetto del principio di uguaglianza, e i cittadini arabi di Israele devono poter esercitare pienamente e liberamente il loro diritto alla terra. Al contrario, permettendo la vendita dei terreni controllati dal JNF soltanto agli ebrei, l’ILA partecipa attivamente nel perpetuare le odiose discriminazioni ai danni della popolazione araba israeliana.

Nel corso dell’udienza, gli avvocati che rappresentano il Jewish National Fund hanno annunciato di convenire su una precedente proposta avanzata dallo Stato di Israele, secondo la quale l’Israel Land Administration potrà assegnare i terreni in questione sulla base del principio di eguaglianza ma, in cambio, lo Stato compenserà il JNF per ogni singolo lotto di terra acquistato da cittadini non ebrei.

Poiché, tuttavia, il JNF e lo Stato di Israele non sono ancora riusciti ad accordarsi sulla formula con cui concretamente dovrebbe avvenire tale compensazione, la Corte ha concesso un rinvio di ulteriori trenta giorni al fine di raggiungere un eventuale accordo.

Il che, considerando che la petizione di Adalah è stata presentata nel 2004, fa impallidire persino i cronici ritardi della giustizia italiana…

La questione è di non poca rilevanza, dato che il JNF attualmente detiene circa 250.000 ettari di terra, pari al 13% dell’intera superficie di Israele, terra che fino ad oggi, come abbiamo visto, poteva essere venduta soltanto ai cittadini di religione ebraica per il tramite dell’ILA, una apposita agenzia governativa.

Qualora la Corte Suprema israeliana dovesse dare il proprio giudizio favorevole all’accordo tra lo Stato e il JNF, lo Stato di Israele dovrebbe compensare il JNF ogni volta che questo vende la propria terra ad un cittadino arabo, perpetuando in tal modo la politica discriminatoria nell’accesso alla terra nei confronti degli Arabi israeliani; al JNF, infatti, verrebbe consentito di tenersi comunque ben stretto quel suo 13% di territorio israeliano sul quale stabilire comunità ebraiche al 100%, laddove si consideri che la “compensazione” avverrà attraverso un meccanismo di scambio con analoghe estensioni di terra in altre zone del paese.

Chi giustifica queste politiche discriminatorie sottolinea come la mission del JNF sia proprio quella di distribuire la terra agli Ebrei della diaspora, e che i 250.000 ettari di proprietà del JNF – nelle parole di Israel Harel – sono stati comprati “dunam by dunam, clod by clod” con tante piccole donazioni nelle blue-box del JNF, per farli diventare “eterna proprietà del popolo ebraico, in accordo con il principio stabilito dal fondatore del moderno sionismo, Theodor Herzl …”.

A costoro si potrebbe far notare che – qualora non se ne fossero accorti – lo Stato di Israele è già stato fondato, e queste terre adesso devono poter servire a tutti i suoi cittadini.

Ma, soprattutto, a costoro si dovrebbe ricordare che gran parte di questi 250.000 ettari posseduti dal JNF erano in origine terre abbandonate o confiscate agli Arabi, successivamente rivendute al JNF da David Ben-Gurion nel periodo 1949-50, a prezzi irrisori.

Decisione, quella, assolutamente immorale ed illegale, in quanto non si trattava di terra di proprietà del governo israeliano, ma di quella conquistata con la guerra; decisione assunta, peraltro, con l’unico scopo di porre in essere uno stato di fatto che impedisse ai profughi arabi cacciati dalle loro terre di ritornarvi o di ottenere almeno un risarcimento.

Il titolo a questo articolo non è stato dato per caso, ma corrisponde a quello apposto ad un editoriale di Ha’aretz quando ha avuto modo di occuparsi della questione.

Salvo una diversa (e poco probabile) decisione della Corte Suprema, ILA e JNF continueranno a rappresentare la punta di diamante del persistere, in Israele, di una pratica discriminatoria nei confronti della minoranza araba che non riguarda solo l’accesso alla terra o l’edilizia abitativa (si pensi al trattamento riservato alla minoranza Beduina), ma investe anche altri settori, dalla sanità all’istruzione, dall’accesso alla cittadinanza alla distribuzione dei fondi per il welfare.

Ma c’è già chi ha affermato che uno Stato che voglia essere contemporaneamente “democratico” ed “ebraico” rappresenta una vera e propria contraddizione in termini.

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25 settembre 2007

Una terra solo per giudei.

La Suprema Corte israeliana ha tenuto ieri una seduta per deliberare su una petizione presentata da Adalah, una associazione per la tutela delle minoranze arabe in Israele, mirante a rimuovere il divieto vigente per gli Arabi israeliani di acquistare o prendere in affitto la terra controllata dal Jewish National Fund (JNF).

Il JNF attualmente detiene circa 2,5 milioni di dunam di terra (pari a 250.000 ettari), ovvero circa il 13% dell’intera superficie di Israele, che, attualmente, per il tramite della Israel Land Association (ILA) - un’agenzia governativa israeliana - può essere venduta o affittata soltanto ai cittadini di religione ebraica.

Con una decisione salomonica, la Corte ha adottato la proposta del Procuratore Generale e dello stesso JNF (!) di rendere disponibile per i prossimi tre mesi la terra controllata dal Fondo anche ai cittadini arabi, prevedendo però, nel contempo, che per ogni singolo appezzamento di terra venduto e/o affittato ad Arabi israeliani, lo Stato compensi il JNF con una analoga estensione di terreno in altre aree; la Suprema Corte ha, altresì, stabilito di posporre ogni ulteriore decisione sull’argomento allo scadere del sopraccitato periodo di tre mesi.

Ora, va premesso che tale ennesimo rinvio è assolutamente immotivato, in quanto la petizione di Adalah è stata presentata ben tre anni addietro, un tempo che avrebbe dovuto essere ben sufficiente alla Suprema Corte per assumere una qualsivoglia decisione.

Ma, soprattutto, in tal modo la giustizia israeliana non fa altro che perpetuare la politica discriminatoria nell’accesso alla terra nei confronti degli Arabi israeliani e consente al JNF di tenersi ben stretto quel 13% di territorio israeliano su cui possono stabilirsi soltanto comunità ebraiche al 100%.

Questa decisione, peraltro, segue da presso la legge adottata in prima lettura nel luglio di quest’anno dal Parlamento israeliano (The Jewish National Fund Law), che consente al JNF di continuare a distribuire la terra da esso posseduta soltanto agli ebrei, e che persino in Israele è stata definita una legge razzista (vedi l’editoriale di Ha’aretz del 20 luglio 2007 dal significativo titolo “A racist jewish State”).

I sostenitori del sionismo – tenacemente ancorati al passato – giustificano questo stato di cose sottolineando come la mission del JNF sia proprio quella di distribuire la terra agli Ebrei della diaspora, e che i 250.000 ettari di proprietà del JNF – nelle parole di Israel Harel - sono stati comprati “dunam by dunam, clod by clod” con le tante piccole donazioni nella “blue-box” del JNF, per farli diventare “eterna proprietà del popolo ebraico, in accordo con il principio stabilito dal fondatore del moderno sionismo, Theodor Herzl, nel quinto Congresso sionista del 1901”.

Si tratta, naturalmente, dell’ennesima menzogna storica, specialità in cui gli ebrei sono dei veri specialisti.

Dei circa 250.000 ettari di terra del JNF, infatti, oltre 200.000 non sono stati comprati con le monetine nelle “blue-boxes”, ma erano terre abbandonate dagli Arabi che David Ben-Gurion vendette al JNF, nel periodo 1949-50, a prezzi irrisori.

Una decisione, questa, assolutamente immorale ed illegale, in quanto non si trattava di terra di proprietà del governo israeliano, ma di quella conquistata durante la guerra; decisione che, peraltro, aveva come pressoché unico scopo quello di porre in essere una realtà di fatto che inibisse per sempre ogni velleità al ritorno dei profughi arabi cacciati dalle loro terre (e negasse loro alcun risarcimento), alla faccia della risoluzione Onu n.194.

Ancora oggi, dunque, ILA e JNF rappresentano la punta di diamante del persistere, in Israele, di una pratica discriminatoria nei confronti della minoranza araba per quanto riguarda l’accesso alla terra e l’edilizia abitativa, ed il governo israeliano destina vaste aree all’insediamento di comunità per soli ebrei, spesso ai danni delle comunità arabe, con una pratica indegna di uno Stato civile e democratico.

Ma già altri hanno osservato che uno Stato che voglia essere contemporaneamente “ebraico” e “democratico” rappresenta una contraddizione in termini.

E uno Stato e un Parlamento che autorizzino un ente governativo a vendere la terra solo agli Ebrei non fanno altro che praticare una palese ed immorale discriminazione razziale.

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