Uno strano concetto di tregua.
Nella notte tra martedì 4 e mercoledì 5 novembre l’esercito israeliano ha condotto un raid all’interno della Striscia di Gaza, uccidendo sei militanti palestinesi nel corso di alcuni attacchi aerei: si tratta della prima, seria violazione della tregua (Tahdi’a) che era entrata in vigore il 19 giugno di quest’anno.
Intorno alle 20:30 di martedì una unità di fanteria israeliana è penetrata per circa 400 metri all’interno della Striscia di Gaza in prossimità del villaggio di Wadi al-Salqa, a est di Deir al-Balah. I soldati di Tsahal hanno dapprima fatto irruzione in un abitazione appartenente a Mofeed Suleiman al-Rumaili, tenendo la famiglia in ostaggio dentro ad una stanza e utilizzando la casa come base operativa e, successivamente, hanno assediato un’altra abitazione adiacente, di proprietà di Hassan Suleiman al-Humaidi, intimando con un megafono ai 23 civili palestinesi che la abitavano di abbandonare l’edificio.
A quel punto, sono iniziati violenti scontri tra le truppe israeliane e alcuni militanti delle Brigate al-Qassam (l’ala militare di Hamas), nel corso dei quali il 32enne Mazen Abu Sa’da è stato ucciso da un missile lanciato da un aereo dell’aviazione israeliana, nel frattempo intervenuta in appoggio alla propria fanteria. A conclusione di questo primo raid, l’esercito israeliano ha provveduto a distruggere l’abitazione di al-Humaidi, a spianare circa 2.500 metri quadri di terreno coltivato e ad arrestare sei membri della sua famiglia, tra cui ben quattro donne.
Intorno a mezzanotte, in una azione separata svoltasi ad est del villaggio di al-Qarara, nei pressi di Khan Yunis, due missili sparati da un aereo della Iaf uccidevano altri quattro militanti palestinesi; infine, circa un’ora dopo, altri due missili lanciati all’interno dell’abitato di al-Qarara uccidevano il 21enne ‘Ammar Saleem Salhiya, portando a sei il numero complessivo delle vittime palestinesi di questo raid sanguinoso.
Da parte israeliana, sei soldati sono rimasti lievemente feriti dalle schegge di un colpo di mortaio palestinese, mentre alcuni civili sono stati ricoverati per shock a seguito del lancio di una trentina di razzi Qassam avvenuta nella mattinata di mercoledì in risposta al raid israeliano.
Ma perché questa improvvisa escalation di violenza? Perché questa ennesima aggressione e questo ennesimo crimine da parte dell’esercito israeliano?
Secondo quanto riferito dallo Yedioth Ahronoth, all’uscita da una riunione tenuta mercoledì mattina nell’ufficio del ministro della difesa israeliano Ehud Barak, il suo vice, Matan Vilnai, avrebbe dichiarato che “Israele non intende violare la tregua, che ha portato la calma nelle comunità del Negev” ma che, tuttavia, “il raid di martedì notte si è reso necessario per prevenire un rapimento o un attacco terroristico all’interno di Israele”.
Un ufficiale della sicurezza israeliana, citato in forma anonima dal quotidiano, ha ulteriormente precisato che l’operazione è stata decisa a seguito di non meglio precisate informazioni di intelligence, ma che non vi è nessuna intenzione di andare oltre: “se i gruppi terroristici mantengono la calma, noi faremo lo stesso; se no, saremo costretti a rispondere di conseguenza”.
Che bravi, che responsabili!
Detta in soldoni, dunque, la posizione di Israele è la seguente: abbiamo accumulato una tale quantità di intelligence (e non importa quanto veritiera sia o da quale sottoscala dello Shin Bet provenga o con quali mezzi sia stata “ottenuta”) che siamo praticamente certi che Hamas ha intenzione di compiere un’azione spettacolare all’interno del territorio israeliano, sia essa il rapimento di uno o più soldati (opzione ritenuta più realistica) ovvero un “classico” attentato terroristico.
Siamo stati, quindi, “costretti” ad agire, ad entrare nella Striscia di Gaza e a massacrare sei militanti cattivi che non volevano lasciarci passare, ma non abbiamo nessuna intenzione di rompere la tregua e, pertanto, se voi Palestinesi non reagirete e ve ne starete buoni noi faremo altrettanto.
Una strana concezione di tregua, questa, non c’è che dire!
Laddove, peraltro, va notato che la “tregua”, in questi mesi, non ha impedito all’esercito israeliano di praticare nella West Bank il suo sport preferito, l’assassinio o il ferimento (se va male…) di civili inermi, ivi compresi, in questi ultimi giorni, un agricoltore ultrasessantenne e una ragazzina all’interno della sua scuola.
E, soprattutto, la “tregua” in vigore dal 19 giugno non ha in nulla alleviato le sofferenze e i disagi di un milione e mezzo di Palestinesi della Striscia di Gaza, condannati a subire un embargo e una punizione collettiva del tutto illegali e immorali.
Per non dilungarci ancora su cose dette più e più volte, basterà qui ricordare:
il totale esaurimento di 94 farmaci essenziali (rispetto ai 63 di metà settembre e ai 48 di metà agosto);
la morte di ben 255 ammalati (dal giugno 2007) impossibilitati a ricevere le cure necessarie e non disponibili negli ospedali di Gaza (l’ultima vittima è stata un bambino di 1 anno e mezzo);
la continua rimozione da parte di Israele di beni essenziali dalla lista delle merci di cui è ammessa l’entrata nella Striscia: l’ultimo caso è rappresentato dall’esclusione da detta lista di tessuti e scarpe perché “potrebbero essere usati per produrre uniformi militari” (incidentalmente, siamo in inverno…);
l’insufficiente o del tutto mancante rifornimento di combustibili da parte di Israele rispetto alle necessità degli abitanti di Gaza: nella settimana compresa tra il 22 e il 28 ottobre, Israele ha consentito l’ingresso nella Striscia di 690.240 litri di gasolio (33% del fabbisogno settimanale), 1.325.640 litri di carburante industriale (42% del fabbisogno), 677.000 tonnellate di gas da cucina (39% del fabbisogno) e 0 (zero) litri di benzina (OCHA – Protection of Civilians Weekly Report n.283).
Si potrebbe continuare all’infinito citando le continue interruzioni nell’erogazione dell’energia elettrica o la mancanza di parti di ricambio per gli apparecchi ad uso medico, ma sarebbe inutile.
Basterà in proposito citare le parole di Mary Robinson, ex Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, che in una intervista alla Bbc sulla situazione a Gaza ha avuto modo di osservare: “la loro intera civiltà è stata distrutta, non sto esagerando; è quasi incredibile che il mondo non si preoccupi” mentre avviene quella che ha definito “una scioccante violazione di un numero così elevato di diritti umani”.
Ma ha davvero ragione Mrs. Robinson, il mondo non si preoccupa dei Palestinesi e delle disumane condizioni di vita in cui sono costretti a vivere da quel vero e proprio Stato-canaglia che è Israele.
E per fortuna che è in corso una tregua…
Intorno alle 20:30 di martedì una unità di fanteria israeliana è penetrata per circa 400 metri all’interno della Striscia di Gaza in prossimità del villaggio di Wadi al-Salqa, a est di Deir al-Balah. I soldati di Tsahal hanno dapprima fatto irruzione in un abitazione appartenente a Mofeed Suleiman al-Rumaili, tenendo la famiglia in ostaggio dentro ad una stanza e utilizzando la casa come base operativa e, successivamente, hanno assediato un’altra abitazione adiacente, di proprietà di Hassan Suleiman al-Humaidi, intimando con un megafono ai 23 civili palestinesi che la abitavano di abbandonare l’edificio.
A quel punto, sono iniziati violenti scontri tra le truppe israeliane e alcuni militanti delle Brigate al-Qassam (l’ala militare di Hamas), nel corso dei quali il 32enne Mazen Abu Sa’da è stato ucciso da un missile lanciato da un aereo dell’aviazione israeliana, nel frattempo intervenuta in appoggio alla propria fanteria. A conclusione di questo primo raid, l’esercito israeliano ha provveduto a distruggere l’abitazione di al-Humaidi, a spianare circa 2.500 metri quadri di terreno coltivato e ad arrestare sei membri della sua famiglia, tra cui ben quattro donne.
Intorno a mezzanotte, in una azione separata svoltasi ad est del villaggio di al-Qarara, nei pressi di Khan Yunis, due missili sparati da un aereo della Iaf uccidevano altri quattro militanti palestinesi; infine, circa un’ora dopo, altri due missili lanciati all’interno dell’abitato di al-Qarara uccidevano il 21enne ‘Ammar Saleem Salhiya, portando a sei il numero complessivo delle vittime palestinesi di questo raid sanguinoso.
Da parte israeliana, sei soldati sono rimasti lievemente feriti dalle schegge di un colpo di mortaio palestinese, mentre alcuni civili sono stati ricoverati per shock a seguito del lancio di una trentina di razzi Qassam avvenuta nella mattinata di mercoledì in risposta al raid israeliano.
Ma perché questa improvvisa escalation di violenza? Perché questa ennesima aggressione e questo ennesimo crimine da parte dell’esercito israeliano?
Secondo quanto riferito dallo Yedioth Ahronoth, all’uscita da una riunione tenuta mercoledì mattina nell’ufficio del ministro della difesa israeliano Ehud Barak, il suo vice, Matan Vilnai, avrebbe dichiarato che “Israele non intende violare la tregua, che ha portato la calma nelle comunità del Negev” ma che, tuttavia, “il raid di martedì notte si è reso necessario per prevenire un rapimento o un attacco terroristico all’interno di Israele”.
Un ufficiale della sicurezza israeliana, citato in forma anonima dal quotidiano, ha ulteriormente precisato che l’operazione è stata decisa a seguito di non meglio precisate informazioni di intelligence, ma che non vi è nessuna intenzione di andare oltre: “se i gruppi terroristici mantengono la calma, noi faremo lo stesso; se no, saremo costretti a rispondere di conseguenza”.
Che bravi, che responsabili!
Detta in soldoni, dunque, la posizione di Israele è la seguente: abbiamo accumulato una tale quantità di intelligence (e non importa quanto veritiera sia o da quale sottoscala dello Shin Bet provenga o con quali mezzi sia stata “ottenuta”) che siamo praticamente certi che Hamas ha intenzione di compiere un’azione spettacolare all’interno del territorio israeliano, sia essa il rapimento di uno o più soldati (opzione ritenuta più realistica) ovvero un “classico” attentato terroristico.
Siamo stati, quindi, “costretti” ad agire, ad entrare nella Striscia di Gaza e a massacrare sei militanti cattivi che non volevano lasciarci passare, ma non abbiamo nessuna intenzione di rompere la tregua e, pertanto, se voi Palestinesi non reagirete e ve ne starete buoni noi faremo altrettanto.
Una strana concezione di tregua, questa, non c’è che dire!
Laddove, peraltro, va notato che la “tregua”, in questi mesi, non ha impedito all’esercito israeliano di praticare nella West Bank il suo sport preferito, l’assassinio o il ferimento (se va male…) di civili inermi, ivi compresi, in questi ultimi giorni, un agricoltore ultrasessantenne e una ragazzina all’interno della sua scuola.
E, soprattutto, la “tregua” in vigore dal 19 giugno non ha in nulla alleviato le sofferenze e i disagi di un milione e mezzo di Palestinesi della Striscia di Gaza, condannati a subire un embargo e una punizione collettiva del tutto illegali e immorali.
Per non dilungarci ancora su cose dette più e più volte, basterà qui ricordare:
il totale esaurimento di 94 farmaci essenziali (rispetto ai 63 di metà settembre e ai 48 di metà agosto);
la morte di ben 255 ammalati (dal giugno 2007) impossibilitati a ricevere le cure necessarie e non disponibili negli ospedali di Gaza (l’ultima vittima è stata un bambino di 1 anno e mezzo);
la continua rimozione da parte di Israele di beni essenziali dalla lista delle merci di cui è ammessa l’entrata nella Striscia: l’ultimo caso è rappresentato dall’esclusione da detta lista di tessuti e scarpe perché “potrebbero essere usati per produrre uniformi militari” (incidentalmente, siamo in inverno…);
l’insufficiente o del tutto mancante rifornimento di combustibili da parte di Israele rispetto alle necessità degli abitanti di Gaza: nella settimana compresa tra il 22 e il 28 ottobre, Israele ha consentito l’ingresso nella Striscia di 690.240 litri di gasolio (33% del fabbisogno settimanale), 1.325.640 litri di carburante industriale (42% del fabbisogno), 677.000 tonnellate di gas da cucina (39% del fabbisogno) e 0 (zero) litri di benzina (OCHA – Protection of Civilians Weekly Report n.283).
Si potrebbe continuare all’infinito citando le continue interruzioni nell’erogazione dell’energia elettrica o la mancanza di parti di ricambio per gli apparecchi ad uso medico, ma sarebbe inutile.
Basterà in proposito citare le parole di Mary Robinson, ex Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani, che in una intervista alla Bbc sulla situazione a Gaza ha avuto modo di osservare: “la loro intera civiltà è stata distrutta, non sto esagerando; è quasi incredibile che il mondo non si preoccupi” mentre avviene quella che ha definito “una scioccante violazione di un numero così elevato di diritti umani”.
Ma ha davvero ragione Mrs. Robinson, il mondo non si preoccupa dei Palestinesi e delle disumane condizioni di vita in cui sono costretti a vivere da quel vero e proprio Stato-canaglia che è Israele.
E per fortuna che è in corso una tregua…
3 Commenti:
Hamas stava costruendo un tunnel segreto di 250 mt. partendo dall'interno di un edificio. Gli israeliani hanno sbagliato a intervenire perchè i militanti di Hamas dovevano soltanto comprare le sigarette in Israele!
Ops, e chi lo dice? Ma certo, le evidenze dell'intelligence cui faceva riferimento Vilnai!
Peccato che non lo sapremo mai, è saltato tutto per aria, che disdetta.
Restano fermi soltanto l'aggressione di Israele, i morti palestinesi (successivamente saliti a 7) e l'arresto di quattro donne gettate a languire nelle prigioni israeliane, non esattamente dei grand hotel.
Ah già, dimenticavo la totale chiusura della Striscia di Gaza e l'assedio imposto a un milione e mezzo di esseri umani.
Ma questo è solo un dettaglio...
faccio notare il tempismo perfetto dell'esercito israeliano, che ha fatto la sua strage mentre tutto il mondo aveva gli occhi puntati sugli USA....
GIovanni
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