E questa la chiamano democrazia...
Domenica scorsa, 23 maggio, l’attivista per i diritti umani israeliano Ezra Nawi ha iniziato a scontare la pena detentiva di un mese che gli è stata comminata per aver tentato di fermare i bulldozer israeliani che, il 22 luglio del 2007, stavano distruggendo alcune case di Beduini nella West Bank.
A questo proposito, il Professor Neve Gordon dell’Università Ben Gurion ha scritto ieri sul Guardian: “Questa sentenza non è un affare trascurabile. La corte israeliana ha fondamentalmente decretato che l’unico modo legittimo di opporsi all’occupazione consiste nello stare ai lati della strada con qualche tipo di cartello. Qualsiasi forma di disobbedienza civile o di azione diretta, come stendersi di fronte ad un bulldozer che sta costruendo la barriera di annessione o sta demolendo una casa, raccogliere olive o accompagnare a scuola a piedi i bambini palestinesi in un’area che è stata classificata come zona militare chiusa, è adesso soggetta a pene severe”.
Il caso di Ezra Nawi ha suscitato numerose proteste, e il suo avvocato, nel corso dell’udienza, ha consegnato al giudice un elenco di oltre 20.000 nominativi di persone (tra cui chi scrive) che avevano espresso la propria ammirazione ed il pieno supporto all’azione coraggiosa del pacifista israeliano. E, tuttavia, questo non è valso ad evitargli la prigione.
Nel corso di una riunione di addio prima di iniziare a scontare la pena, Ezra ha detto ai suoi amici: “In un paese in cui le leggi sono immorali, la disobbedienza civile è obbligatoria”.
Ma quello di Ezra Nawi non è l’unico caso, perché molti altri attivisti per i diritti umani sono ingiustamente incarcerati in Israele, ed alcuni di essi sono letteralmente “spariti” sotto il tallone del divieto imposto dalle corti israeliane di fornire notizie o commenti sui loro casi.
Ameer Makhoul, Omar Said, Izzet Sahim, Iyad Burnat, sono i nomi di coloro che sono stati arrestati o fermati o trattenuti senza alcuna accusa solo nel corso dell’ultimo mese, per la loro attività, assolutamente pacifica, a difesa dei diritti umani e contro l’occupazione dei territori palestinesi.
Il vero è che, in questo ultimo periodo, le autorità israeliane hanno scatenato una dura campagna contro le associazioni di tutela dei diritti umani e contro ogni forma di protesta e di resistenza civile.
In aggiunta alla detenzione e agli arresti arbitrari, gli attivisti vengono perciò colpiti da tutta una serie di misure repressive quali raid e perquisizioni, deportazioni, divieti di espatrio, diniego di visti, attacchi dei media governativi contro le ong.
In aggiunta le comunità palestinesi in prima linea nelle proteste contro l’occupazione e la costruzione del muro di annessione vengono colpite anch’esse con punizioni collettive quali coprifuoco, assedi, distruzione di proprietà, minacce a singoli o alle comunità nel loro complesso, incursioni militari, ferimenti o uccisioni intenzionali.
In questo quadro, non sorprende che alla Knesset sia stata presentata una proposta di legge di modifica della Legge sulle Associazioni, che proibirebbe la registrazione di una ong qualora “vi siano ragionevoli motivi per concludere che l’associazione fornisce informazioni a soggetti stranieri o è coinvolta in procedimenti giudiziari all’estero contro alti funzionari del governo israeliano o ufficiali dell’Idf, per crimini di guerra”. Una ong già esistente, se impegnata in tali attività, verrebbe immediatamente chiusa.
Va da sé che questa legge liberticida – che viola trattati internazionali e persino la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – mira essenzialmente a nascondere ogni informazione sui crimini che quotidianamente Israele commette a danno dei Palestinesi e si sposa alla perfezione con il vero sogno israeliano (comune agli amici italiani di Israele…): un Paese immune da critiche provenienti sia dall’interno che dall’estero.
E questa la chiamano democrazia…
A questo proposito, il Professor Neve Gordon dell’Università Ben Gurion ha scritto ieri sul Guardian: “Questa sentenza non è un affare trascurabile. La corte israeliana ha fondamentalmente decretato che l’unico modo legittimo di opporsi all’occupazione consiste nello stare ai lati della strada con qualche tipo di cartello. Qualsiasi forma di disobbedienza civile o di azione diretta, come stendersi di fronte ad un bulldozer che sta costruendo la barriera di annessione o sta demolendo una casa, raccogliere olive o accompagnare a scuola a piedi i bambini palestinesi in un’area che è stata classificata come zona militare chiusa, è adesso soggetta a pene severe”.
Il caso di Ezra Nawi ha suscitato numerose proteste, e il suo avvocato, nel corso dell’udienza, ha consegnato al giudice un elenco di oltre 20.000 nominativi di persone (tra cui chi scrive) che avevano espresso la propria ammirazione ed il pieno supporto all’azione coraggiosa del pacifista israeliano. E, tuttavia, questo non è valso ad evitargli la prigione.
Nel corso di una riunione di addio prima di iniziare a scontare la pena, Ezra ha detto ai suoi amici: “In un paese in cui le leggi sono immorali, la disobbedienza civile è obbligatoria”.
Ma quello di Ezra Nawi non è l’unico caso, perché molti altri attivisti per i diritti umani sono ingiustamente incarcerati in Israele, ed alcuni di essi sono letteralmente “spariti” sotto il tallone del divieto imposto dalle corti israeliane di fornire notizie o commenti sui loro casi.
Ameer Makhoul, Omar Said, Izzet Sahim, Iyad Burnat, sono i nomi di coloro che sono stati arrestati o fermati o trattenuti senza alcuna accusa solo nel corso dell’ultimo mese, per la loro attività, assolutamente pacifica, a difesa dei diritti umani e contro l’occupazione dei territori palestinesi.
Il vero è che, in questo ultimo periodo, le autorità israeliane hanno scatenato una dura campagna contro le associazioni di tutela dei diritti umani e contro ogni forma di protesta e di resistenza civile.
In aggiunta alla detenzione e agli arresti arbitrari, gli attivisti vengono perciò colpiti da tutta una serie di misure repressive quali raid e perquisizioni, deportazioni, divieti di espatrio, diniego di visti, attacchi dei media governativi contro le ong.
In aggiunta le comunità palestinesi in prima linea nelle proteste contro l’occupazione e la costruzione del muro di annessione vengono colpite anch’esse con punizioni collettive quali coprifuoco, assedi, distruzione di proprietà, minacce a singoli o alle comunità nel loro complesso, incursioni militari, ferimenti o uccisioni intenzionali.
In questo quadro, non sorprende che alla Knesset sia stata presentata una proposta di legge di modifica della Legge sulle Associazioni, che proibirebbe la registrazione di una ong qualora “vi siano ragionevoli motivi per concludere che l’associazione fornisce informazioni a soggetti stranieri o è coinvolta in procedimenti giudiziari all’estero contro alti funzionari del governo israeliano o ufficiali dell’Idf, per crimini di guerra”. Una ong già esistente, se impegnata in tali attività, verrebbe immediatamente chiusa.
Va da sé che questa legge liberticida – che viola trattati internazionali e persino la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo – mira essenzialmente a nascondere ogni informazione sui crimini che quotidianamente Israele commette a danno dei Palestinesi e si sposa alla perfezione con il vero sogno israeliano (comune agli amici italiani di Israele…): un Paese immune da critiche provenienti sia dall’interno che dall’estero.
E questa la chiamano democrazia…
Etichette: crimini di guerra, diritti umani, informazione, Israele, ong
2 Commenti:
Il signor Nawi è stato condannato semplicemente perché in Israele aggredire un poliziotto mentre svolge il suo dovere è un reato, a differenza di quanto accade da altre parti. Nawi si è specializzato nell’impedire l’abbattimento delle costruzioni abusive, specialmente quelle dei beduini, i quali quando devono farsi un’abitazione non vanno per il sottile, la costruiscono e basta. Seguissero la legge, come tutti, Ezra Nawi rimarrebbe disoccupato!
Ezra Nawi non ha aggredito nessuno. Il video e le testimonianze hanno raccontato come si sia anzi prodigato per evitare lo scontro fisico con i Palestinesi.
Ma il giudice israeliano ha basato la sua decisione solo sul resoconto fornito dalle forze di sicurezza israeliane.
Per il resto, a parte il fatto che Israele non avrebbe alcun titolo a restare a dettar legge nella West Bank, proprio in questi giorni il rapporto 2010 di Amnesty International ci dice che le autorizzazioni edilizie "vengono sistematicamente negate ai Palestinesi".
E se uno ha bisogno di una casa più grande, perchè gli nascono i figli e la famiglia si allarga, cosa fa, viene a stare a casa tua?
I criminali israeliani demoliscono financo le cisterne per la raccolta d'acqua - essenziali ai Beduini per sopravvivere - con la scusa che sono costruite "senza permesso"!
Per restare a Gerusalemme, in 43 anni di "unificazione" agli ebrei è stato concesso di costruire ben 50.000 appartamenti - spesso su aree espropriate ai Palestinesi.
Di contro ai Palestinesi - che pure rappresentano un terzo dei residenti della città - non è stato concesso di costruire neppure un box!
E allora che cosa scrivi, idiota?!
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