Attentato suicida a Netanya.
Lunedì 5 dicembre, ore 11:30, nuovo attentato suicida a Netanya, cittadina israeliana situata a circa dieci chilometri da Tul Karm, e ancora una volta l’obiettivo è stato l’affollato centro commerciale Hasharon, pur strettamente vigilato dalle forze di sicurezza israeliane.
Pesante il bilancio, cinque morti ed una cinquantina di feriti, anche se ieri mattina il quotidiano Ha’aretz ha dato notizia che soltanto 19 persone sono ancora ricoverate in ospedale, una delle quali versa in gravi condizioni.
L’attentatore, il 21enne Lutfi Amin Abu Salem, era originario del vicino villaggio palestinese di Kafr Rai, situato tra Jenin e Tul Karm, ed era affiliato alla Jihad islamica, che ha rivendicato l’attentato dapprima con una telefonata alla tv di Hezbollah al-Manar e, successivamente, con un video.
L’attentato, naturalmente e giustamente, ha occupato le prime pagine di tutti i giornali e l’apertura dei principali telegiornali, ed unanime è stata la condanna e l’esecrazione da parte dei governi occidentali, della Ue, del “Quartetto”.
Questo ennesimo attentato, come ogni azione mirata a colpire civili inermi ed innocenti, è da considerarsi immorale e barbaro, e va condannato con tutta la forza possibile, anche perché atti del genere non aiutano in nulla la causa palestinese ma, al contrario, se ciò è possibile, contribuiscono ad aggravare ulteriormente la situazione.
Non possono essere sottaciuti, tuttavia, alcuni incontrovertibili dati di fatto.
L’attentato di Netanya segue quello avvenuto il 26 ottobre ad Hadera, che è costato la vita a sei civili israeliani, e in questo frattempo, quietamente e lontano dai riflettori dei media, Israele ha continuato i suoi raid indiscriminati, i suoi assassinii mirati, i bombardamenti della Striscia di Gaza.
Nel solo mese di novembre, l’esercito israeliano ha ucciso 15 Palestinesi, compresi tre ragazzini, e ne ha feriti 55, mentre nei primi tre giorni del mese di dicembre altri 2 Palestinesi sono caduti per mano dei soldati di Tsahal, ed altri dieci sono rimasti feriti (statistiche rilevate dai siti di B’tselem, dell’Idf e della Mezzaluna rossa): sommando il tutto si ha l’equivalente di tre attentati come quello di Netanya, con la sostanziale differenza che nessun giornale o tv ha dato notizia di questo lento ma costante stillicidio di morti, nessun governo occidentale ha condannato questo massacro, nessun Capo di stato o personalità politica ha chiamato Israele a cessare la violenza e l’assassinio a danno della popolazione palestinese.
Gli ultimi due “incidenti” mortali, in ordine di tempo, sono avvenuti nei giorni di venerdì 2 e sabato 3 dicembre.
Venerdì l’esercito israeliano ha ucciso a sangue freddo un ragazzino palestinese, il 15enne Sayid Abu Libdeh, mentre, assieme a due amici, rimasti feriti dal fuoco dei soldati, cercava di attraversare il confine tra Gaza ed Israele in cerca di lavoro: era assolutamente disarmato.
Sabato 3 dicembre è stata la Marina di Israele a farsi onore, uccidendo sulla sua barca un pescatore palestinese, il 22enne Ziad Dardawel: assassinio a sangue freddo, anche in questo caso, dato che il poveretto stava tranquillamente facendo il suo lavoro, peraltro in una zona autorizzata per la pesca.
Ma vi è di più.
Il giorno precedente l’attentato di Netanya, il Capo di Stato Maggiore israeliano Dan Halutz aveva dichiarato alla stampa che Tsahal avrebbe continuato i suoi attacchi contro i membri della Jihad islamica: ad oggi, secondo le stime di Ha’aretz, sono stati arrestati circa 1.200 esponenti di questa organizzazione.
Poche ore prima dell’attentato, il Ministro della Difesa Mofaz aveva annunciato la ripresa della politica israeliana degli assassinii “mirati” (anche se, per la verità, nessuno si era mai accorto che fosse stata sospesa!).
Oltre alla “normale” attività nel West Bank, l’esercito israeliano aveva continuato anche ad occuparsi della Striscia di Gaza, bombardando a più riprese, con missili e salve di artiglieria, anche obiettivi situati in centri abitati, usando la “cortesia” di avvertire prima gli abitanti mediante annunci fatti con l’altoparlante: risultato, gravi danni a edifici e infrastrutture e vari feriti tra la popolazione civile a causa delle schegge, un uomo anziano e una donna soltanto nella giornata di domenica 4 dicembre.
Ora, al netto delle interferenze esterne di quei Governi che hanno interesse a mantenere alta la tensione in questa martoriata regione, non si può certo chiedere, anzi pretendere, la pace e la calma mentre, contemporaneamente, si prende a bastonate il proprio avversario.
Dovrebbe essere ormai chiaro, e l’attentato di Netanya ancora una volta ne da la tragica conferma, che la soluzione del conflitto israelo-palestinese non può che essere politica, e non certo quella cieca, repressiva e brutale preferita da Sharon.
Ma non vi è molto da sperare in questo senso.
In attesa della risposta “misurata e professionale” preannunciata dall’Idf stamattina (in parole povere, nuovi assassinii “mirati”), le prime mosse di Israele sono state, una volta ancora, all’insegna dell’illegalità, ossia le solite punizioni collettive, come tali vietate dal diritto umanitario internazionale: l’arresto del padre e dei tre fratelli del kamikaze di Netanya, il preannuncio della ripresa della “strategia” della demolizione delle case di proprietà dei familiari degli attentatori, la chiusura dei valichi di ingresso e uscita dalla Striscia di Gaza (eccetto il valico di Karni, esclusivamente per le merci), in palese violazione degli accordi appena conclusi con l’Anp e “garantiti” dall’intervento di Condoleezza Rice; tutto ciò in aggiunta ad una retata di lavoratori palestinesi illegali (circa 500 arrestati nella sola giornata di martedì).
Ma è proprio sul fronte delle prospettive politiche per un accordo di pace che si registrano le maggiori difficoltà e i più impervi ostacoli, tutti frapposti, come sempre, da Israele.
L’unica cosa che accomuna le principali personalità politiche israeliane, segnatamente l’accoppiata giurassica Sharon-Peres e l’astro nascente del Labor Amir Peretz, è il totale e pregiudiziale rifiuto di ogni accordo e/o concessione sul fronte di Gerusalemme e del “diritto al ritorno” dei Palestinesi.
Secondo una recente dichiarazione di uno dei principali esponenti del governo Sharon, l’affascinante Ministro della Giustizia Tzipi Livni, rilasciata durante un convegno giuridico a Cesarea, “non c’è bisogno di essere dei geni per capire che il muro avrà implicazioni per quanto riguarda i futuri confini”; dichiarazione che ha provocato la risentita reazione di uno dei giudici della Suprema Corte israeliana presenti al convegno, Mishael Cheshin, che ha accusato la Livni di aver detto cose ben diverse davanti alla Corte, e cioè di aver sostenuto la ben nota tesi menzognera del muro con funzioni esclusivamente di “sicurezza”.
In queste condizioni, appare chiaro come i Palestinesi, con tutta la buona volontà, non potranno addivenire mai ad un accordo di pace in base al quale debbano rinunciare a Gerusalemme est e ad una sostanziosa fetta di quel 22% della Palestina storica che dovrebbe costituire il territorio del futuro Stato palestinese.
In queste condizioni si mostrano in tutta la loro ipocrisia ed inadeguatezza i continui richiami a quella “roadmap” che viene, di fatto, totalmente svuotata dai diktat e dai giochetti di Israele.
E tuttavia qualcosa di nuovo la comunità internazionale dovrà pure inventarsi, se non si vuole, per anni e anni ancora, continuare a piangere le vittime innocenti di questo conflitto.
P.S. Secondo il Ministro degli esteri italiano Fini, l’attentato di Netanya costituisce un tentativo di affossare il processo di pace e la roadmap.
Al Ministro vorremmo ricordare che la roadmap prevede, nella sua fase finale, la “fine dell'occupazione iniziata nel 1967” e”comprende una soluzione accettata, giusta, equa e realista della questione dei rifugiati, e una risoluzione negoziata sullo statuto di Gerusalemme che tenga conto delle preoccupazioni politiche e religiose delle due parti, che protegga gli interessi religiosi degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani del mondo intero, e che sia conforme al principio dei due Stati, Israele ed una Palestina sovrana, democratica e vitale, coesistenti nella pace e nella sicurezza”.
E’ chiaro, dunque, che dichiarare che Gerusalemme è e sarà sempre la capitale unica e indivisibile di Israele non appare conforme al dettato della roadmap, ed è altrettanto palese che il Ministro Fini non ha certo fatto gli interessi della pace quando ha affossato quel famoso rapporto Ue che denunciava proprio i pericoli derivanti dalla sistematica colonizzazione della parte est di Gerusalemme, quella palestinese.
Va bene che il Ministro Fini ha più volte dato mostra di una spiccata tendenza alla disinvoltura e all’opportunismo, ma un minimo di coerenza è richiesto anche ad un politico come lui.
Pesante il bilancio, cinque morti ed una cinquantina di feriti, anche se ieri mattina il quotidiano Ha’aretz ha dato notizia che soltanto 19 persone sono ancora ricoverate in ospedale, una delle quali versa in gravi condizioni.
L’attentatore, il 21enne Lutfi Amin Abu Salem, era originario del vicino villaggio palestinese di Kafr Rai, situato tra Jenin e Tul Karm, ed era affiliato alla Jihad islamica, che ha rivendicato l’attentato dapprima con una telefonata alla tv di Hezbollah al-Manar e, successivamente, con un video.
L’attentato, naturalmente e giustamente, ha occupato le prime pagine di tutti i giornali e l’apertura dei principali telegiornali, ed unanime è stata la condanna e l’esecrazione da parte dei governi occidentali, della Ue, del “Quartetto”.
Questo ennesimo attentato, come ogni azione mirata a colpire civili inermi ed innocenti, è da considerarsi immorale e barbaro, e va condannato con tutta la forza possibile, anche perché atti del genere non aiutano in nulla la causa palestinese ma, al contrario, se ciò è possibile, contribuiscono ad aggravare ulteriormente la situazione.
Non possono essere sottaciuti, tuttavia, alcuni incontrovertibili dati di fatto.
L’attentato di Netanya segue quello avvenuto il 26 ottobre ad Hadera, che è costato la vita a sei civili israeliani, e in questo frattempo, quietamente e lontano dai riflettori dei media, Israele ha continuato i suoi raid indiscriminati, i suoi assassinii mirati, i bombardamenti della Striscia di Gaza.
Nel solo mese di novembre, l’esercito israeliano ha ucciso 15 Palestinesi, compresi tre ragazzini, e ne ha feriti 55, mentre nei primi tre giorni del mese di dicembre altri 2 Palestinesi sono caduti per mano dei soldati di Tsahal, ed altri dieci sono rimasti feriti (statistiche rilevate dai siti di B’tselem, dell’Idf e della Mezzaluna rossa): sommando il tutto si ha l’equivalente di tre attentati come quello di Netanya, con la sostanziale differenza che nessun giornale o tv ha dato notizia di questo lento ma costante stillicidio di morti, nessun governo occidentale ha condannato questo massacro, nessun Capo di stato o personalità politica ha chiamato Israele a cessare la violenza e l’assassinio a danno della popolazione palestinese.
Gli ultimi due “incidenti” mortali, in ordine di tempo, sono avvenuti nei giorni di venerdì 2 e sabato 3 dicembre.
Venerdì l’esercito israeliano ha ucciso a sangue freddo un ragazzino palestinese, il 15enne Sayid Abu Libdeh, mentre, assieme a due amici, rimasti feriti dal fuoco dei soldati, cercava di attraversare il confine tra Gaza ed Israele in cerca di lavoro: era assolutamente disarmato.
Sabato 3 dicembre è stata la Marina di Israele a farsi onore, uccidendo sulla sua barca un pescatore palestinese, il 22enne Ziad Dardawel: assassinio a sangue freddo, anche in questo caso, dato che il poveretto stava tranquillamente facendo il suo lavoro, peraltro in una zona autorizzata per la pesca.
Ma vi è di più.
Il giorno precedente l’attentato di Netanya, il Capo di Stato Maggiore israeliano Dan Halutz aveva dichiarato alla stampa che Tsahal avrebbe continuato i suoi attacchi contro i membri della Jihad islamica: ad oggi, secondo le stime di Ha’aretz, sono stati arrestati circa 1.200 esponenti di questa organizzazione.
Poche ore prima dell’attentato, il Ministro della Difesa Mofaz aveva annunciato la ripresa della politica israeliana degli assassinii “mirati” (anche se, per la verità, nessuno si era mai accorto che fosse stata sospesa!).
Oltre alla “normale” attività nel West Bank, l’esercito israeliano aveva continuato anche ad occuparsi della Striscia di Gaza, bombardando a più riprese, con missili e salve di artiglieria, anche obiettivi situati in centri abitati, usando la “cortesia” di avvertire prima gli abitanti mediante annunci fatti con l’altoparlante: risultato, gravi danni a edifici e infrastrutture e vari feriti tra la popolazione civile a causa delle schegge, un uomo anziano e una donna soltanto nella giornata di domenica 4 dicembre.
Ora, al netto delle interferenze esterne di quei Governi che hanno interesse a mantenere alta la tensione in questa martoriata regione, non si può certo chiedere, anzi pretendere, la pace e la calma mentre, contemporaneamente, si prende a bastonate il proprio avversario.
Dovrebbe essere ormai chiaro, e l’attentato di Netanya ancora una volta ne da la tragica conferma, che la soluzione del conflitto israelo-palestinese non può che essere politica, e non certo quella cieca, repressiva e brutale preferita da Sharon.
Ma non vi è molto da sperare in questo senso.
In attesa della risposta “misurata e professionale” preannunciata dall’Idf stamattina (in parole povere, nuovi assassinii “mirati”), le prime mosse di Israele sono state, una volta ancora, all’insegna dell’illegalità, ossia le solite punizioni collettive, come tali vietate dal diritto umanitario internazionale: l’arresto del padre e dei tre fratelli del kamikaze di Netanya, il preannuncio della ripresa della “strategia” della demolizione delle case di proprietà dei familiari degli attentatori, la chiusura dei valichi di ingresso e uscita dalla Striscia di Gaza (eccetto il valico di Karni, esclusivamente per le merci), in palese violazione degli accordi appena conclusi con l’Anp e “garantiti” dall’intervento di Condoleezza Rice; tutto ciò in aggiunta ad una retata di lavoratori palestinesi illegali (circa 500 arrestati nella sola giornata di martedì).
Ma è proprio sul fronte delle prospettive politiche per un accordo di pace che si registrano le maggiori difficoltà e i più impervi ostacoli, tutti frapposti, come sempre, da Israele.
L’unica cosa che accomuna le principali personalità politiche israeliane, segnatamente l’accoppiata giurassica Sharon-Peres e l’astro nascente del Labor Amir Peretz, è il totale e pregiudiziale rifiuto di ogni accordo e/o concessione sul fronte di Gerusalemme e del “diritto al ritorno” dei Palestinesi.
Secondo una recente dichiarazione di uno dei principali esponenti del governo Sharon, l’affascinante Ministro della Giustizia Tzipi Livni, rilasciata durante un convegno giuridico a Cesarea, “non c’è bisogno di essere dei geni per capire che il muro avrà implicazioni per quanto riguarda i futuri confini”; dichiarazione che ha provocato la risentita reazione di uno dei giudici della Suprema Corte israeliana presenti al convegno, Mishael Cheshin, che ha accusato la Livni di aver detto cose ben diverse davanti alla Corte, e cioè di aver sostenuto la ben nota tesi menzognera del muro con funzioni esclusivamente di “sicurezza”.
In queste condizioni, appare chiaro come i Palestinesi, con tutta la buona volontà, non potranno addivenire mai ad un accordo di pace in base al quale debbano rinunciare a Gerusalemme est e ad una sostanziosa fetta di quel 22% della Palestina storica che dovrebbe costituire il territorio del futuro Stato palestinese.
In queste condizioni si mostrano in tutta la loro ipocrisia ed inadeguatezza i continui richiami a quella “roadmap” che viene, di fatto, totalmente svuotata dai diktat e dai giochetti di Israele.
E tuttavia qualcosa di nuovo la comunità internazionale dovrà pure inventarsi, se non si vuole, per anni e anni ancora, continuare a piangere le vittime innocenti di questo conflitto.
P.S. Secondo il Ministro degli esteri italiano Fini, l’attentato di Netanya costituisce un tentativo di affossare il processo di pace e la roadmap.
Al Ministro vorremmo ricordare che la roadmap prevede, nella sua fase finale, la “fine dell'occupazione iniziata nel 1967” e”comprende una soluzione accettata, giusta, equa e realista della questione dei rifugiati, e una risoluzione negoziata sullo statuto di Gerusalemme che tenga conto delle preoccupazioni politiche e religiose delle due parti, che protegga gli interessi religiosi degli ebrei, dei cristiani e dei musulmani del mondo intero, e che sia conforme al principio dei due Stati, Israele ed una Palestina sovrana, democratica e vitale, coesistenti nella pace e nella sicurezza”.
E’ chiaro, dunque, che dichiarare che Gerusalemme è e sarà sempre la capitale unica e indivisibile di Israele non appare conforme al dettato della roadmap, ed è altrettanto palese che il Ministro Fini non ha certo fatto gli interessi della pace quando ha affossato quel famoso rapporto Ue che denunciava proprio i pericoli derivanti dalla sistematica colonizzazione della parte est di Gerusalemme, quella palestinese.
Va bene che il Ministro Fini ha più volte dato mostra di una spiccata tendenza alla disinvoltura e all’opportunismo, ma un minimo di coerenza è richiesto anche ad un politico come lui.
5 Commenti:
Leggevo stamani che il Likud non attaccherà la formazione dei gemmeli del goal Sharon Perez. Dopo quello che è successo?!?
Su Virgilio, l'alta tensione sembra si sia spostata sul "chiudere le frontiere"
C'è una new entry: Omahalife44!
Che comincia con:
"Quando, dopo la guerra del Kippur i paesi della lega araba "imposero".."
Ho letto e mi son detto ecco la Nabucco band che vuole spostare il terreno dello scontro.
Forse sì, forse no...vediamo.
Te l'ho detto di là. Per me, è meglio, sui forums,dare degli inputs di discussione. Che se si svilupa ti può tornare utile per articoli completi da postare nei blogs.
Ti saluto, faccio ui giro...
Ciao;
C5
Ho dato uno sguardo al mio commento.
Madonna; quanti errori!
Però, i pals, stavolta, secondo me, l'hanno azzeccata a piazzare Marwan Barghouti come capolista di Fatah.
Come ho letto, dietro la scelta ci saranno state duri scontri, ma è il risultato quello che conta.
Proverò a scrivere qualcosa sul mio blog.
Ciao;
C5
necessita di verificare:)
torebki listonoszki torebka kuferek torebki zamszowe kazar
kazar david jones torebki damskie w³oskie
torebki david jones torebki 2011 torebki kazar torebki wizytowe torebki damskie sklep internetowy
tanie torebki torebki online [url=http://torebki4you.com]torby skórzane [/url]
http://www.newsarticleinsiders.com/how-to-unlock-iphone-4-effectively-in-just-minutes.html
My laptop recently got a virus on it from windows and there was no way of fixing it so i had to wipe the computer clean. The people at the computer place backed up all my stuff. SO i have my computer now and i havee all my documents and pictures. I dont have all my programs that i had, like itunes. So my itunes got wiped and i need to know did i lose all my music that i had on it. In the backup folder there is a sub folder for itunes but since it is not on my computer i cant access it. If i download it will all my music be there Please can some one help answer my question !
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page