9 febbraio 2006

Diciotto morti in 5 giorni, ovvero la politica dell'assassinio.

Picchia duro l’esercito israeliano, approfittando della finestra di opportunità rappresentata dalle proteste legate alla pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto, che evidentemente assorbono totalmente l’attenzione dei media e dei governi occidentali.
Assistiamo così, impotenti ed angosciati, ad una ripresa in grande stile della “politica dell’assassinio” israeliana, l’unico approccio che evidentemente questo grande e civile Paese riesce ad avere nei confronti del popolo palestinese.
Nemmeno il tempo di inserire l’ultimo pezzo ("Piovono missili", 7.2.2006) ed ecco che, alle quattro di mattina di martedì 7 febbraio, truppe israeliane sotto copertura hanno iniziato un’operazione di arresto nella cittadina di Nablus, circondando un edificio nel quartiere di Rafidya, a ovest della città e uccidendo dopo uno scontro a fuoco il militante che vi si nascondeva, il 32enne Ahmed Raddad, uno dei leader locali delle Brigate al-Quds, l’ala militare della Jihad islamica.
Secondo fonti mediche citate dal Palestinian Centre for Human Rights, il corpo di Raddad era crivellato da almeno 15 pallottole, alcune delle quali lo hanno letteralmente sfigurato.
Circa un’ora dopo, in località al-Sabra, a sud di Gaza City, un jet dell’aviazione israeliana ha lanciato due missili contro un’autovettura che trasportava due militanti delle Brigate al-Aqsa, il 34enne Mohammed Abu Sharia e il 29enne Suheil Abu Baker, uccidendoli sul colpo; in aggiunta, cinque Palestinesi che si trovavano nei pressi sono rimasti feriti, e due di essi, due bambini di sei e sette anni, attualmente versano in gravi condizioni.
Mercoledì mattina, 8 febbraio, le truppe israeliane hanno sparato contro due militanti delle Brigate al-Aqsa che cercavano di avvicinarsi al confine tra Gaza e Israele nei pressi del valico di Karni, uccidendo Mohammed al-Huer e ferendo gravemente il suo compagno; secondo fonti dell’autorità palestinese, i soldati hanno impedito l’arrivo dei soccorsi medici per circa un’ora.
Stamattina infine, 9 febbraio, in due separati scontri a fuoco nella Striscia di Gaza, nei pressi del valico di Erez, l’esercito israeliano ha ucciso tre militanti delle Brigate al-Aqsa e dei Comitati di Resistenza Popolare, ferendone un altro.
Martedì, peraltro, uno dei civili che erano rimasti coinvolti nel raid aereo, avvenuto domenica 5 febbraio, contro un club gestito da Fatah a Gaza City è morto in conseguenza delle numerose ferite da schegge che aveva riportato.
Oltre a questa vera e propria mattanza di militanti (ma anche di civili inermi), a merito dell’esercito israeliano vanno ascritti anche altri “incidenti” di minor rilievo:
lunedì 6, nel corso di un raid nel villaggio di Dora, a sud di Hebron (West Bank), l’Idf ha ferito sette civili residenti del villaggio, nel corso di un’operazione che, peraltro, non ha portato nemmeno ad un arresto;
martedì 7, truppe israeliane hanno fatto esplodere il piano terra di un edificio di 7 piani a Nablus, provocando seri danni alla struttura e causando vari feriti; in aggiunta, a Hebron, nel corso di un corteo di protesta, il 16enne palestinese Mohammed Makhamra è stato ferito ad una gamba dai colpi sparati ad altezza d’uomo dall’esercito israeliano contro i manifestanti;
mercoledì 8, infine, nel corso di un bombardamento effettuato dalla marina israeliana nel nord della Striscia di Gaza, è rimasto ferito il 15enne palestinese Yahya Bashir.
Nove assassinii “mirati” in tre giorni, 18 Palestinesi uccisi e almeno 37 feriti tra il 4 febbraio e le 12:00 a.m. di oggi, mentre, dall’inizio dell’anno, questi numeri salgono rispettivamente a 36 e a 67: si tratta di un vero e proprio bagno di sangue, che non mostra segni di dover cessare.
Stupisce e preoccupa, a parte l’informazione lacunosa o distorta fornita dai media sulle atrocità commesse da Tsahal, soprattutto il silenzio di tomba dei Governi occidentali di fronte all’escalation di violenza e di terrore scatenata da Israele e alle chiare violazioni del diritto internazionale e del diritto umanitario commesse dal suo esercito.
Martedì si è fatto vivo, con una dichiarazione ufficiale del suo portavoce, il solo Segretario generale dell’Onu Kofi Annan per rilevare con “preoccupazione … che negli ultimi giorni Israele ha condotto numerosi omicidi mirati in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza”, sottolineando come queste esecuzioni espongano civili innocenti a gravi rischi per la loro incolumità e rappresentino delle vere e proprie “esecuzioni senza processo”.
Un po’ tardi e, soprattutto, un po’ insufficiente, considerato che Annan – ricordando i lanci di razzi Qassam verso il territorio israeliano – sembra mettere le due parti sullo stesso piano, esortandole al “rispetto del diritto umanitario internazionale”.
Ora, se su un piano formale il Segretario Onu ha certamente ragione, dovrà esserci pure una graduazione delle responsabilità tra chi, in neanche un mese e mezzo, ha ucciso 36 persone e chi, invece, una sola; e dovrà pure esserci un biasimo e una condanna maggiori (non si parli di sanzioni, per carità!) per chi quotidianamente commette crimini di guerra nei Territori occupati, sterminando famiglie e massacrando bambini innocenti.
Il vero è che l’unico risultato visibile della vittoria di Hamas nelle recenti elezioni legislative palestinesi sembra essere quello di aver determinato i Paesi dell’occidente “civilizzato” a lasciare interamente mano libera ad Israele nella sua brutale e disumana lotta al “terrorismo” come anche nella ridefinizione unilaterale dei propri confini.
Si spiegano così la totale assenza di reazioni di fronte all’escalation di omicidi messa in atto da Tsahal, ma anche alle recenti dichiarazioni di Olmert alla tv israeliana Canale 2, secondo le quali il governo israeliano avrebbe intenzione, nel prossimo futuro, di annettersi (illegalmente) la Valle del Giordano e i tre principali blocchi di insediamenti di Ariel, Gush Etzion e Ma’aleh Adumim.
Si tratta, come si vede, della condanna a morte (rectius: della certificazione ufficiale della morte) della road map e, insieme, la fine di ogni speranza per il popolo palestinese di poter ottenere un equo accordo di pace ed il riconoscimento dei propri diritti (che pure dovrebbero essere) internazionalmente garantiti.
Ma se la semina è questa, non dovremo poi stupirci dei futuri raccolti.


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3 Commenti:

Alle 25 marzo 2006 alle ore 12:58 , Anonymous Anonimo ha detto...

Ti mando un articolo palestinese che può interessarti
saluti
mauro




I Nazisti dei nostri giorni
20 marzo, 2006

Khalid Amayreh

Tradotto dall'inglese in italiano da May Rizzo e revisionato da Manno Mauro, membri di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (tlaxcala@tlaxcala.es). Questa traduzione è in Copyleft.

Non ho il minimo dubbio che la classe dirigente militar-politico d’Israele e tutti coloro che la sostengono politicamente, economicamente e militarmente, rappresentano i nazisti dei nostri giorni.

Mi rendo conto che la parola “Nazista” è una parola pesante che non dovrebbe essere usata arbitrariamente per descrivere azioni o persone malvagi. Sono inoltre consapevole che etichettare gli ebrei ed il comportamento degli ebrei con l’epiteto “nazista” e considerato un tabù ben protetto in molti paesi dell’Occidente.

Però, la verità su cosa sta facendo Israele ai palestinese deve essere raccontato. Infatti, quando gli ebrei, o chiunque altro, pensano, agiscono e si comportano come nazisti, diventano nazisti.

Questo fa sorgere la domanda: è vero che Israele pensa, agisce e si comporta in un modo nazista nei confronti degli indifesi e non protetti palestinesi nelle strade e nelle colline della Cisgiordania e la Striscia di Gaza?

Ci potete giurare che lo faccia.

Negli ultimi giorni e settimane, la natura nazista del comportamento israeliano è stata evidente. La settimana scorsa, l’esercito israeliano, comportandosi come la Gestapo nazista, ha costretto i poliziotti palestinese a spogliarsi sotto la minaccia degli armi, e li ha fatti sfilare nudi davanti le telecamere, proprio allo stesso modo in cui facevano i nazisti più di 60 anni fa in Europa.

Quest’atto vergognoso, inteso solo ad umiliare, denigrare e ferire, non perseguiva nessun obiettivo logico, se non quello di soddisfare delle tendenze sadiche, ad utilizzare le parole dello scrittore veterano israeliano Uri Avnery.

Perché i dirigenti israeliani e i generali dell’esercito fanno queste cose ai palestinesi? Stiamo forse parlando di un bisogno inconscio o più probabilmente conscio di emulare i loro tormentatori del passato? Pensano forse i dirigenti e generali israeliani che umiliare le loro vittime è la massima prova della propria virilità? Potrebbe essere che alcuni ebrei ammirano nel subconscio i nazisti?

Inoltre, come mai dirigenti e personaggi pubblici ebraici, prontissimi nel condannare la più insignificante critica del comportamento israeliano, sono rimasti in silenzio su quest’atto abominevole? Si provi ad immaginare come questi ipocriti dirigenti ebraici avrebbero reagito se fossero stati degli ebrei e non dei palestinesi ad essere costretti a sfilare nudi davanti gli occhi del mondo.

Il secondo esempio di comportamento nazista, condotto dagli assassini sionisti di bambini, è quanto è avvenuto nel villaggio di el-Yamon vicino a Jenin nel Nord della Cisgiordania il 17 marzo. Lì, l’esercito israeliano ha sguinzagliato uno squadrone di soldati travestiti da palestinesi, per assassinare dei palestinesi che l’esercito sospetta di essere coinvolti nella resistenza.

Comunque, dopo avere girato a vuoto per più di un’ora, siccome la persona o le persone che dovevano essere uccisi non sono state trovate, i soldati, preoccupati di tornare alla base “a mani vuote”, hanno deciso di uccidere una bambina di 8 anni di nome Akaber Zayed.

La bambina era seduta sulla sedia posteriore di un tassì quando un proiettile le ha perforato il tenero cranio, uccidendola all’istante. Avendo portato a termine la loro missione, i soldati sono rientrati alla base, probabilmente hanno anche ottenuto una citazione di valore dai loro superiori.

L’esercito israeliano, aggiungendo la beffa al danno (in questo caso, all’assassinio), inizialmente ha dichiarato che i soldati hanno agito in conformità con precisi ordini e non hanno violato alcuna legge. Ebbene, la Gestapo, le SS e la Wehrmacht agivano pure loro in conformità agli ordini e non violavano alcuna legge.

L’assassinio a sangue freddo di Akaber Zayed è un altro chiaro esempio, se pure ce ne fosse bisogno, dell’uccisione fantasmagorica di Iman al-Hams a Rafah nell’estremità Sud della striscia di Gaza tre anni fa. Allora, un soldato dell’esercito israeliano uccise quella bambina di 9 anni mentre stava dirigendosi a scuola, ferendola gravemente nella parte superiore del corpo. E però, invece di cercare di salvarle la vita, quella bestia del soldato, per usare le parole di un giornale israeliano, svuotò l’intero caricatore di proiettili nel suo corpicino per assicurarsi che fosse morta e che non avrebbe più rappresentato un pericolo per le forze israeliane di “difesa” nella zona. Nel gergo dell’esercito israeliano, questo si chiama “verifica dell’uccisione”. (L’autore di questo pezzo è stato testimone di un altro simile atto barbarico alcuni anni fa a Hebron).

Non stiamo parlando di due o dieci o neanche di un centinaio di casi di assassinio deliberato di bambini palestinesi. Stiamo parlando di un numero che si aggira intorno ai 1.400 minori e bambini assassinati consapevolmente e deliberatamente dall’esercito israeliano d’occupazione e dai terroristi paramilitari ebraici, meglio conosciuto come coloni, in meno di sei anni da quelli che sono cioè i nazisti dei nostri giorni.

Lo stato israeliano, insieme con i suoi pappagalleschi portavoce nelle capitali dell’America del Nord e d’Europa, dichiarano, mentendo, naturalmente, che i soldati israeliani non mirano specificatamente ai bambini palestinesi e che i 1.400 ragazzini palestinesi sono stati uccisi per sbaglio.

Bene, errori possono succedere una volta, due, anche dieci volte. Ma, quando dei bambini vengono uccisi quasi giornalmente, ciò significa che ci troviamo di fronte a una politica di uccisioni istituzionalizzata di stato.

E ora, stiamo entrando nell’era della nuova politica nazista adottato dal governo d’Israele finalizzata ad affamare il popolo palestinese attraverso la chiusura ermetica dei centri dove vive la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

Il 19 marzo, la giornalista di Al-Jazeera.net, Laila el-Haddad, parlando da Gaza, ha documentato che la farina era già esaurita e che di conseguenza, i panifici stavano chiudendo. Questo, non è successo per caso. Due mesi fa, Dov Weisglass, consigliere dell’attualmente in coma Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, dichiarò alla radio pubblica israeliana che “l’idea è quella di mettere i palestinesi a dieta, non però fino a farli morire di fame.” Altri ufficiali israeliani hanno fatto simili dichiarazioni virulente, che, disgraziatamente, non hanno suscitato nessuna reazione nelle capitali dell’Occidente.

Affamare una intera popolazione non può definirsi altrimenti che genocidio di massa, puro e semplice. Ed Israele lo sta facendo gradualmente così da prevedere e proteggersi dalle reazioni occidentali. Israele sta agendo a questo modo ormai da due mesi questa volta, e deve sentirsi particolarmente contento dell’assenza di una qualsiasi risentita reazione delle capitali d’Europa e Nord America.

La prossima volta, il blocco dei viveri durerà ancora più tempo, e le prospettive di una autentica carestia cresceranno di conseguenza. Non si tratta di esagerazione o isteria. E’ semplicemente l’impressione onesta che si riceve, che chiunque riceverebbe, dopo aver esaminato obiettivamente i fatti.

Noi palestinesi non facciamo un appello agli Stati Uniti per chiedergli di tener a bada il nazismo israeliano. L’America è ancora più crudele con noi di quanto lo sia Israele stesso. L’America, la cui politica è controllato da gruppi ebraici della destra come l’AIPAC, è il nostro tormentatore per eccellenza.

E cosa si potrebbe dire d’Europa? Devono forse i popoli europei ed i loro governi fare ammenda per un’olocausto permettendo ad Israele di commetterne un altro, anche se più silenzioso?

E’ questo la domanda urgente che il vecchio continente dovrebbe affrontare ora.

 
Alle 29 novembre 2009 alle ore 17:51 , Anonymous Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

 
Alle 29 novembre 2009 alle ore 17:51 , Anonymous Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

 

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