Cinquanta morti in due mesi.
Il mese di marzo si apre con l’ennesima esecuzione extra-giudiziaria da parte dell’aviazione israeliana che stamattina ha assassinato il 39enne Abu Waleed Al Dahdouh, esponente di spicco delle Brigate al-Quds, l’ala militare della Jihad islamica.
L’attacco ha avuto luogo a Gaza City, in una strada affollata nei pressi della sede del Ministero delle Finanze palestinese, e solo per un miracolo gli “effetti collaterali” del raid israeliano – probabilmente effettuato da un “drone - sono stati “limitati” al ferimento di due passanti.
Continua, dunque, l’alacre opera di assassinio da parte dell’esercito israeliano, che ha trasformato la Striscia di Gaza in un vero e proprio poligono in cui esercitarsi nella nuova specialità del tiro al Palestinese.
Non si tratta certo di una novità (vedi, da ultimo, “Piovono missili” 7 febbraio 2006) , così come non è una novità la colpevole acquiescenza della comunità internazionale di fronte al massacro del popolo palestinese in atto in queste settimane.
E di vero e proprio massacro deve parlarsi, dato che, dopo il raid odierno, sono saliti a cinquanta i Palestinesi uccisi dalla furia assassina di Tsahal nel corso del 2006, mentre i feriti ammontano ad almeno 185.
Di contro sono soltanto due gli Israeliani uccisi per mano palestinese, un colono di Migdalim ucciso in un agguato organizzato dalle Brigate al-Aqsa ed una donna israeliana uccisa circa due settimane or sono nel corso di un accoltellamento a bordo di un autobus.
In quest’ultimo caso, si è trattato di uno di quelli che lo Shin Bet chiama “popular attacks”, attacchi da parte di singoli Palestinesi non aderenti ad alcun gruppo armato o comunque non pianificati da alcuna organizzazione; tentativi di aggressione di questo tipo si sono significativamente incrementati in questi ultimi giorni, indice, insieme, dell’odio e della disperazione che si va diffondendo tra la popolazione palestinese e che spinge a gesti estremi ed inconsulti.
Odio per una occupazione militare pluridecennale che ogni giorno va diventando sempre più brutale ed oppressiva; disperazione per la crescente miseria che regna nei Territori occupati e per l’assoluta mancanza di prospettive di un miglioramento futuro, a causa dell’assoluto isolamento internazionale a cui li abbiamo condannati.
In soli due mesi, dunque, quella banda di assassini in cui si è trasformato l’esercito israeliano ha già ucciso cinquanta Palestinesi, ma ciò non è ancora sufficiente perché l’Europa si scuota dal suo torpore e decida finalmente di intervenire a difesa di questo sventurato popolo.
Prima che sia troppo tardi.
L’attacco ha avuto luogo a Gaza City, in una strada affollata nei pressi della sede del Ministero delle Finanze palestinese, e solo per un miracolo gli “effetti collaterali” del raid israeliano – probabilmente effettuato da un “drone - sono stati “limitati” al ferimento di due passanti.
Continua, dunque, l’alacre opera di assassinio da parte dell’esercito israeliano, che ha trasformato la Striscia di Gaza in un vero e proprio poligono in cui esercitarsi nella nuova specialità del tiro al Palestinese.
Non si tratta certo di una novità (vedi, da ultimo, “Piovono missili” 7 febbraio 2006) , così come non è una novità la colpevole acquiescenza della comunità internazionale di fronte al massacro del popolo palestinese in atto in queste settimane.
E di vero e proprio massacro deve parlarsi, dato che, dopo il raid odierno, sono saliti a cinquanta i Palestinesi uccisi dalla furia assassina di Tsahal nel corso del 2006, mentre i feriti ammontano ad almeno 185.
Di contro sono soltanto due gli Israeliani uccisi per mano palestinese, un colono di Migdalim ucciso in un agguato organizzato dalle Brigate al-Aqsa ed una donna israeliana uccisa circa due settimane or sono nel corso di un accoltellamento a bordo di un autobus.
In quest’ultimo caso, si è trattato di uno di quelli che lo Shin Bet chiama “popular attacks”, attacchi da parte di singoli Palestinesi non aderenti ad alcun gruppo armato o comunque non pianificati da alcuna organizzazione; tentativi di aggressione di questo tipo si sono significativamente incrementati in questi ultimi giorni, indice, insieme, dell’odio e della disperazione che si va diffondendo tra la popolazione palestinese e che spinge a gesti estremi ed inconsulti.
Odio per una occupazione militare pluridecennale che ogni giorno va diventando sempre più brutale ed oppressiva; disperazione per la crescente miseria che regna nei Territori occupati e per l’assoluta mancanza di prospettive di un miglioramento futuro, a causa dell’assoluto isolamento internazionale a cui li abbiamo condannati.
In soli due mesi, dunque, quella banda di assassini in cui si è trasformato l’esercito israeliano ha già ucciso cinquanta Palestinesi, ma ciò non è ancora sufficiente perché l’Europa si scuota dal suo torpore e decida finalmente di intervenire a difesa di questo sventurato popolo.
Prima che sia troppo tardi.
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