11 maggio 2008

La menzogna siro-palestinese

Secondo l’articolo che segue, scritto dal noto giornalista israeliano Akiva Eldar e pubblicato il 2 maggio sul quotidiano Ha’aretz (qui proposto nella traduzione fornita dal sito Arabnews), il canale diplomatico aperto dal premier israeliano Olmert con la Siria rappresenta, nella realtà, null’altro che un diversivo per nascondere l’assoluta mancanza di progressi nei colloqui di pace in corso fra Israele e l’Anp di Mahmoud Abbas.

Ciò che, soprattutto, appare preoccupante è l’assoluta distanza e inconciliabilità tra le posizioni di Israeliani e Palestinesi, e l’inaccettabilità delle condizioni di pace proposte dal governo israeliano anche da parte di un leader politico conciliante e ben disposto come Quisling-Abbas.

Già qualche giorno addietro, del resto, il quotidiano Yedioth Ahronoth aveva raccontato come Ahmed Qureia, il capo negoziatore palestinese, avesse sdegnosamente respinto da sé le mappe presentate dagli emissari del ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni, in base alle quali Israele avrebbe mantenuto il controllo dei blocchi di insediamenti nella West Bank, dell’intera Gerusalemme nonché della Valle del Giordano.

Come possa arrivarsi alla pace sulla base di tali condizioni, che stravolgono ogni risoluzione Onu in materia e persino la road map, non è dato sapere.

Nel mentre, in barba ad ogni promessa e grazie al tempo concesso dalle lungaggini di questi negoziati effimeri e menzogneri, Israele continua ad espandere i propri insediamenti colonici illegali, soprattutto a Gerusalemme, dove un totale di 9.617 nuove unità residenziali nei quartieri della zona est della capitale si trovano a diversi stadi di realizzazione.

Nel mentre, in barba ad ogni promessa e rassicurazione, i check point in Cisgiordania, anziché diminuire per alleviare il “disagio” da questi provocato ad ogni aspetto della vita quotidiana dei Palestinesi, continuano a crescere di numero, passando dai 580 del 19 febbraio ai 612 dell’ultima
rilevazione dell’OCHA: trattasi di un incremento di quasi il 63% dal dato risultante all’agosto del 2005!
In questi giorni tanti, ivi compreso il nostro Presidente, hanno ritenuto, bontà loro, di ricordare che accanto al diritto all’esistenza dello Stato israeliano sussiste un analogo diritto dei Palestinesi ad avere un proprio Stato indipendente e internazionalmente riconosciuto.
Nessuno, tuttavia, ha pensato bene di spiegare come si possa arrivare a questo risultato in presenza di uno Stato che mente spudoratamente su ogni questione, che continua a violare il diritto internazionale e il diritto umanitario, che pone al proprio interlocutore condizioni di pace francamente ridicole e inaccettabili.

La menzogna siro-palestinese
(Ha’aretz, 2.5.2008)

Venerdì scorso, poche ore dopo che un terrorista aveva ucciso due guardie di sicurezza israeliane in Cisgiordania, e che alcuni elicotteri avevano cacciato dei lanciatori di razzi Qassam nella Striscia di Gaza, un piccolo gruppo di giovani israeliani e palestinesi si era seduto assieme in un albergo ad Aqaba. Un alto funzionario giordano aveva parlato con orgoglio agli ospiti, attivisti dell’organizzazione “Seeds of Peace”, a proposito di progetti economici comuni che beneficiano tutti e tre i popoli. Durante la pausa, l’oratore mi condusse in un angolo e mi chiese, “Mi può spiegare perché il suo governo sta ignorando la Giordania e l’iniziativa di pace araba?”. Poi, egli mi domandò: “Non capite quale catastrofe si abbatterà su di noi, sia giordani che israeliani, se non raggiungete un accordo con i palestinesi entro quest’anno?”.

Mercoledì scorso, il primo ministro Ehud Olmert ha avuto la possibilità di ascoltare la stessa cosa a più alti livelli. Re Abdallah ha invitato Olmert ad Amman, per ripetere il messaggio di angoscia che egli aveva trasmesso al presidente George W. Bush nei giorni precedenti. Non c’è bisogno di “essere una mosca sul muro” per sapere che cosa è stato detto nel palazzo reale. Il ministro degli esteri giordano Salah Bashir, che aveva accompagnato il re nel corso della sua visita negli Stati Uniti, aveva ammonito gli attivisti ebraici a New York che sprecare la possibilità di raggiungere un accordo di pace entro quest’anno “avrà gravi conseguenze per noi tutti “. I funzionari giordani di certo non parlavano della pace tra Israele e Siria.

Nel suo libro “The Much Too Promised Land”, Aaron David Miller, che è stato vice-coordinatore del team statunitense per i negoziati di pace israelo-palestinesi, scrive che ai tempi del governo di Yitzhak Rabin, l’approccio riassunto nella frase “la Siria prima di tutto” si era risolto in una profonda delusione. Sotto Ehud Barak, sostiene Miller, lo stesso approccio ha portato sia al blocco del canale israelo-siriano che ad una crisi tra Israele e i palestinesi. Il tentativo di Olmert di riaprire il canale siriano a scapito dei colloqui con i palestinesi, non solo non realizzerà nulla su entrambi i fronti; con la “longa mano” dell’Iran e di al-Qaeda (un nuovo periodico che l’organizzazione ha pubblicato a Gaza ha ricevuto la benedizione di Ayman al-Zawahiri) che raggiunge ogni angolo della regione, tale iniziativa potrebbe turbare anche la fragile pace con la Giordania e l’Egitto, e seppellire del tutto l’iniziativa di pace araba.

In base ad informazioni in possesso di alcuni stretti collaboratori di Olmert, sembra vi sia una gara tra gli emissari di Olmert inviati al presidente siriano Bashar al-Assad e i discreti colloqui che il ministro degli esteri Tzipi Livni sta portando avanti con il capo negoziatore palestinese Ahmed Qureia. Le recenti inchieste giornalistiche hanno raffigurato il primo ministro come un vigoroso statista, senza richiedere che egli pagasse un prezzo politico per questo. Dopo che Washington ha pubblicamente esposto i nefasti legami tra la Siria e la Corea del Nord, quali sono le probabilità che il presidente Bush cancelli Damasco dall’ “asse del male”? E’ difficile immaginare che Olmert ritenga che Assad possa rompere i suoi legami con l’Iran e con Hezbollah, fino a quando gli Stati Uniti lasceranno il presidente siriano davanti a una porta ermeticamente chiusa.

In realtà, Olmert è parte di una grande farsa organizzata in vista della prossima visita del presidente Bush – il promotore della dichiarazione di Annapolis, che annunciava “uno sforzo per raggiungere un accordo entro la fine del 2008″. Le voci di un presunto progresso nel tentativo di rinnovare i negoziati tra Gerusalemme e Damasco non sono altro che il tentativo di mimetizzare una grave battuta d’arresto nei colloqui di Israele con i palestinesi. Una fonte molto informata sui negoziati ha rivelato, questa settimana, che i motivi di disaccordo tra le due parti superano di gran lunga i punti di accordo.

E ‘difficile immaginare che il presidente palestinese Mahmoud Abbas sia tentato di accogliere la proposta israeliana, che chiede ai palestinesi di rinunciare all’8% della Cisgiordania (con una compensazione pari a non più del 2%), di accettare la sovranità israeliana sui luoghi santi di Gerusalemme, inclusa la Città Vecchia, e di accontentarsi di ricevere semplici briciole sul problema dei profughi (una riunificazione familiare per appena 10.000 persone). Tutto questo mentre Israele continua ad ampliare gli insediamenti e ad aggiungere posti di blocco sulle strade.

Quando i negoziati con i palestinesi giungeranno ad una clamorosa interruzione, e Hamas, avendo ristabilito la calma nella Striscia di Gaza, caccerà i residui del “fronte dei due Stati” fuori dalla Muqata a Ramallah, la favola dell’idillio con la Siria, mediato dai turchi, svanirà come un sogno. I pretesi negoziati attraverso due canali simultanei diventeranno un caso di doppia testardaggine israeliana.

Assad sbandiererà il suo infruttuoso corteggiamento di Olmert insieme alla violazione della dichiarazione di Annapolis. Egli invocherà l’attuazione della dichiarazione della Lega Araba pronunciata lo scorso marzo a Damasco, sosterrà che l’iniziativa di pace con Israele deve essere riesaminata, e chiederà che l’Egitto e la Giordania rispettino lo standard che vuole che la normalizzazione dei rapporti con lo stato ebraico sia condizionata al suo ritiro entro i confini del 4 giugno 1967. Questo è il pericolo di cui re Abdallah ha parlato a Bush. È per questo che egli ha invitato Olmert ad Amman.

Akiva Eldar è un analista politico israeliano; scrive abitualmente sul quotidiano “Haaretz”
Titolo originale:
[1] The Syrian-Palestinian lie

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3 Commenti:

Alle 11 maggio 2008 alle ore 09:54 , Anonymous Anonimo ha detto...

MMMM.....
LEGGI QUI
http://hashem.go.ilcannocchiale.it/post/1902008.html

 
Alle 11 maggio 2008 alle ore 10:52 , Anonymous Anonimo ha detto...

Strano non trovo niente su Hezbollah ed il tentativo di golpe in libano. Forse che non lo sai?

 
Alle 13 maggio 2008 alle ore 11:32 , Blogger vichi ha detto...

Benedetti anonimi, almeno mettete un nome di fantasia!
x anonimo 1: il link che hai postato non porta ad alcun contenuto significativo, c'è un errore oppure l'articolo è stato rimosso?
x anonimo 2: quello del Libano, più che un golpe, in realtà è stata una prova di forza.
Certamente, dal punto di vista israeliano, la situazione libanese è fonte di preoccupazione (anche se già c'è chi sostiene che adesso sarà più facile attaccare Hezbollah...), e tuttavia questo dovrebbe costituire semmai un motivo in più per concludere un accordo di pace definitivo con i Palestinesi e con la Siria.
Da qualcuno bisognerà pur cominciare, no?
A meno che in Israele non si ritenga conveniente coltivare la "sindrome dell'accerchiamento"...

 

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