31 maggio 2008

Petizione per Khalid Amayreh.

Ricevo notizia di questa petizione in favore del giornalista palestinese Khalid Amayreh, impossibilitato a recarsi dalla Cisgiordania, dove risiede, in Germania per svolgere il proprio lavoro.

E questo a causa della solita segnalazione dello Shin Bet, dei soliti e imperscrutabili “motivi di sicurezza”.

Ora, non si riesce bene a capire come il fatto che un giornalista palestinese si rechi in Germania possa ledere in alcun modo la sicurezza di uno Stato che quotidianamente dimostra di essere alquanto “agguerrito”.

Ma quel che è più grave è il fatto che Israele si arroghi il diritto di decidere le sorti di un cittadino su cui, in teoria, non dovrebbe esercitare alcun tipo di autorità, che possa lederne impunemente diritti fondamentali quali quello alla libertà di movimento e il diritto di svolgere liberamente il proprio lavoro, mentre la comunità internazionale non interviene, quasi considerando “normali” tali violazioni.

E’ dunque importante, a mio avviso, sottoscrivere la petizione (a cui si accede dal link qui sopra), difendiamo i diritti dei Palestinesi ancora una volta conculcati da uno Stato la cui ferocia oppressiva non finisce mai di stupire.

Lift travel restrictions on palestinian journalist.

Il giornalista palestinese Khalid Amayreh, che vive in Cisgiordania, è stato invitato a una conferenza stampa in Germania. Come richiesto, ha presentato la domanda per ottenere tutti i necessari documenti di viaggio, compreso un visto che va rilasciato dall’ufficio di rappresentanza tedesco a Ramallah. Dopo le domande di routine sulle sue affiliazioni politiche, è stato accertato che non solo non fa parte di alcun partito, né è formalmente associato ad alcuna organizzazione, ma anche che non è mai stato arrestato né fermato dalle autorità israeliane. Al signor Amayreh è stato dunque concesso un visto d’ingresso in Germania. Tuttavia le autorità militari israeliane gli hanno rifiutato il permesso di lasciare la Cisgiordania. Nessun palestinese può viaggiare all’estero senza aver ricevuto questo permesso, altrimenti viene rispedito indietro una volta arrivato al confine di Allenby Bridge, controllato dagli israeliani.

Il signor Amayreh si è allora recato al suo Ufficio di Coordinamento Distrettuale a Dura, dove è stato informato che i suoi dati erano stati inoltrati allo Shin Bet (i Servizi di Sicurezza Generali) del governo israeliano. Due giorni dopo i servizi comunicavano all’ufficio palestinese che Amayreh aveva il “divieto di lasciare la Cisgiordania per ragioni di sicurezza”. Non sono state fornite ulteriori spiegazioni.

I suoi tentativi di ottenere il permesso di viaggio non hanno avuto successo neanche quando si è rivolto al Quartier Generale dell’Amministrazione Civile di Hebron, un edificio di metallo in cui si raccolgono le persone che hanno bisogno del permesso temporaneo anche solo per recarsi a Gerusalemme Est per ricevere cure mediche, e dove può capitare di trovarle accalcate ad aspettare il proprio turno per dieci ore e anche più, sotto lo sguardo vigile delle torri di guardia dell’esercito israeliano.

Neanche l’Ufficio Coordinamento Affari Civili della Cisgiordania è stato in grado di mediare a suo favore, perché anch’esso dipende completamente dalle decisioni prese dalla Sicurezza Israeliana senza fornire spiegazioni, prove né giustificazioni.
E non c’è infatti alcuna giustificazione per la violazione dei diritti umani e civili di quest’uomo e di tutte le altre persone che come lui si vedono negata la libertà di movimento senza alcuna spiegazione.
Le autorità di Occupazione, pur non esercitando alcuna sovranità sui cittadini dell’Autorità Palestinese, dettano ciò che bisogna fare di quei cittadini e il mondo sembra considerare la violazione dei loro diritti accettabile e normale prassi. Queste persone non sono pedine su una scacchiera, sono individui che chiedono le libertà basilari che tutte le democrazie sono tenute a fornire ai loro popoli.

L’Autorità Palestinese non esercita il proprio diritto di garantire le libertà civili ai propri cittadini, e li tratta come se dovessero sottostare ai capricci dell’Occupante.

Chiediamo che sia immediatamente rivista la decisione riguardante il signor Amayreh, così che possa ricevere i documenti che gli sono necessari per esercitare la propria libertà di spostamento, mettendolo in grado di continuare a lavorare per mantenere se stesso e la propria famiglia.

Chiediamo inoltre che l’Autorità Palestinese assuma una posizione che assegni alle libertà dei propri cittadini una priorità maggiore rispetto ai rischi “per la sicurezza" dichiarati dallo Stato di Israele.

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1 Commenti:

Alle 31 maggio 2008 alle ore 07:38 , Anonymous Anonimo ha detto...

Io vorrei proprio sapere cosa ne pensa il rabino capo della Sinagoga di Roma, insieme al dr. Leone Pasermann e Riccardo Pacifici. Si scandalizzano per la minima protesta contro il governo Israeliano, poi dicono di volere la pace. Ma cosa significa per loro questa parola? Ma a queste persone dei diritti del popolo palestinese( non dei terroristi) importa qualcosa??? O la violenza è condannabile solo se rivolta contro Israele e i suoi alleati???

 

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