Non sparate sui civili (tranne che a Gaza)!
Alle prime luci del mattino di giovedì, 17 febbraio, l’esercito israeliano apriva un intenso fuoco di armi automatiche e di artiglieria, con l’appoggio aereo, contro alcuni palestinesi che si trovavano nei pressi del confine tra Gaza e Israele nell’area di As-Siafa, a nord-ovest della cittadina di Beit Lahya.
Una volta cessato l’intenso fuoco israeliano, durato almeno un’ora, venivano ritrovati i cadaveri di tre palestinesi: Jihad Fathi Mohammed Khalaf, 20 anni, di Jabalia, Ashraf Abdel Lateef Rasheed Iqteefan, 32 anni, e Tala’t Mohammed Salama Ar-Rawagh, 40 anni, entrambi di Gaza City.
Nella versione dell’esercito israeliano, i tre stavano cercando di introdursi illegalmente in Israele, ma, secondo quanto affermato dall’ong palestinese Al Mezan, i tre palestinesi erano invece dei semplici civili che stavano lavorando nella zona insieme ad altri, raccogliendo conchiglie da rivendere.
Le tre povere vittime, i cui cadaveri sono stati recuperati orrendamente sfigurati e straziati, erano solite recarsi nell’area di As-Siafa per raccogliere conchiglie e, in ogni caso, erano vestite in abiti civili, non avevano alcuna arma con sé, non costituivano in alcun modo una minaccia per Israele e i soldati israeliani.
“Incidenti” come questo accadono nel contesto della pratica israeliana – assolutamente arbitraria ed illegale – di imporre una “zona-cuscinetto” alle sue frontiere larga fino a un chilometro e mezzo all’interno della Striscia di Gaza, in tal modo impedendo ai palestinesi di coltivare e finanche di poter entrare in circa il 17% dell’intera superficie della Striscia.
Salgono così a 6 i Palestinesi uccisi a Gaza dall’inizio del 2011 (cinque civili), mentre i feriti ammontano a 33 (31 civili); di questi ultimi, ben 17 sono stati feriti mentre lavoravano nei pressi del confine con Israele, spesso ragazzini di 14 o 15 anni.
In questi giorni di terribili violenze in Libia, un vero e proprio genocidio secondo il vice ambasciatore libico all’Onu, si sono moltiplicati gli appelli della comunità internazionale, rivolti a Gheddafi e alle autorità libiche, per far cessare le violenze indiscriminate e impedire il massacro della popolazione civile.
Un coro unanime, dal Segretario Onu Ban al Segretario Nato Rasmussen al Segretario di Stato Usa Hillary Clinton ((la Libia deve porre “fine all’inaccettabile bagno di sangue”), chiede che non si spari contro i dimostranti e la popolazione civile, ma perché questo non deve valere anche per la Palestina e, in specie, per la Striscia di Gaza?
Perché Israele resta libero di imporre a suon di fucilate una “zona-cuscinetto” arbitraria ai confini con Gaza, uccidendo e ferendo civili innocenti e contribuendo in tal modo ad aggravare viepiù la crisi umanitaria in atto nella Striscia?
Perché i soldati israeliani possono tranquillamente esercitarsi al tiro al bersaglio contro i palestinesi di Gaza in spregio dei principi cardine del diritto umanitario della proporzionalità e della distinzione?
Possiamo ancora nutrire qualche speranza che la comunità internazionale si attivi un giorno – come sarebbe suo dovere – per imporre il rispetto della IV Convenzione di Ginevra e fermi, una volta per tutte, gli assassini israeliani?
Etichette: buffer zone, crimini di guerra, diritto umanitario, gaza
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