9 febbraio 2011

In Medio Oriente, l'appoggio americano genera un potere dispotico.

Le sollevazioni popolari in atto in Medio Oriente, specialmente in Egitto, segnano probabilmente la fine della politica perseguita fino ad oggi dagli Usa nell’area, che ha visto anteporre la lotta all’incombente minaccia del fondamentalismo islamico e, naturalmente, la garanzia della sicurezza di Israele alla libertà, al benessere e al rispetto dei diritti umani delle popolazioni costrette a vivere sotto il tallone dell’oppressione dei regimi semi-dittatoriali amici degli Stati Uniti.

Ciò vale anche e soprattutto per i “cavalli” Abu Mazen e Salam Fayyad su cui hanno puntato gli Usa per tenere a bada Hamas e che hanno portato l’Anp a diventare un vero e proprio braccio operativo dell’occupazione israeliana nella West Bank, un’autorità brutale e repressiva che imprigiona e tortura chiunque sia sospettato di vicinanza all’organizzazione islamica.

Ancora lunedì scorso quattro attivisti di Hamas sono stati arrestati nel villaggio di Assira, uno a Salfit ed un altro a Jenin, mentre a Tulkarem lo Sheikh Hasan Manasra è stato ricoverato in ospedale per le ferite riportate al volto a seguito delle torture inflittegli dai servizi di sicurezza dell’Anp.

Il vero è che l’attuale leadership palestinese ha perso ogni legittimazione sia da un punto di vista formale, essendo ormai scaduto da due anni il mandato elettorale di Abbas, sia da quello sostanziale, dopo che la pubblicazione dei cd. Palestine Papers ha drammaticamente evidenziato come gli attuali dirigenti dell’Autorità palestinese siano pronti ad ogni concessione ad Israele e a svendere i diritti del popolo palestinese pur di mantenere il potere e, soprattutto, l’afflusso dei generosi finanziamenti Usa e Ue.

Di questo tratta l’articolo che segue, scritto da Fadi Elsalameen per il quotidiano israeliano Ha’aretz e qui pubblicato nella traduzione di Medarabnews.

In Meadest, U.S. backing means absolute power
di Fadi Elsalameen – 4.2.2011
I cavalli americani, Salam Fayyad e Mahmoud Abbas, spiace dirlo, hanno creato uno stato di polizia autoritario che sta attivamente reprimendo lo scontento popolare.

L’ondata di rivolte popolari che stanno avendo luogo in Medio Oriente manda un chiaro messaggio a coloro che sono – o che aspirano ad essere – al potere nel mondo arabo. Assieme alla serie di documenti segreti recentemente trapelati, tali rivolte dimostrano come non si debba mai puntare sul “cavallo dell’America”.

Il “cavallo dell’America” è il leader arabo sostenuto dagli Stati Uniti, e autorizzato a governare qualora lo ritenga opportuno, purché non minacci la sicurezza di Israele o altri interessi americani nella regione. In cambio, egli è autorizzato a violare i diritti umani e a negare i diritti economici e politici al suo popolo. Con la benedizione dell’America, e sotto la bandiera della lotta al fondamentalismo islamico, può reprimere ogni possibile forma di opposizione.

In tutti i 10 anni trascorsi per studio negli Stati Uniti, ho sognato di tornare in Palestina e di contribuire alla creazione del futuro stato palestinese. Provenendo da un ambiente modesto a Hebron, e avendo avuto il privilegio di studiare in alcune delle migliori università degli Stati Uniti, mi sentivo in dovere di aiutare la mia gente, consapevole di essere stato più fortunato degli amici e fratelli che erano rimasti in Palestina.

Tuttavia, quando lo scorso settembre sono tornato, ho trovato un muro ancora più alto della barriera di separazione israeliana ad impedirmi di aiutare i miei fratelli e le mie sorelle palestinesi. Quel muro era costituito dai “cavalli” palestinesi dell’America: il primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad e il presidente Mahmoud Abbas.

Quando ho iniziato a sollevare pubblicamente obiezioni nei confronti dello stato di polizia che si stava formando in Cisgiordania, e contro la paura instillata in coloro che osavano criticare il governo di Fayyad, i servizi segreti hanno cominciato a molestarmi, al punto che non mi sono sentito più al sicuro in Cisgiordania. Anche adesso che sono tornato negli Stati Uniti, ricevo telefonate di minaccia a causa delle mie critiche a Fayyad e Abbas. Molti amici in Palestina sono stati arrestati o convocati per interrogatori da parte di funzionari dell’intelligence palestinese, a causa delle loro critiche a Fayyad e Abbas su Facebook e Twitter.

Quello che si legge sui giornali circa il governo tecnocratico di Fayyad, sulla base di interviste con il primo ministro stesso, non corrisponde alla realtà. Sono colpevole di essere stato tra quelli che hanno ingiustamente elogiato il lavoro di Fayyad. Fayyad offre un approccio teorico molto interessante alla creazione dello stato, ma nella pratica la sua attuazione non potrebbe essere più lontana dai principi di democrazia, trasparenza, libertà e senso di responsabilità. I “cavalli dell’America”, Fayyad e Abbas, mi spiace dirlo, hanno creato uno stato di polizia autoritario che sta attivamente reprimendo lo scontento popolare.

Molti prima di me si sono dovuti scontrare con questa realtà. In effetti, ciò che si vede oggi in Palestina e nel mondo arabo in generale non è che una reazione alle politiche repressive dei “cavalli dell’America” nei confronti di popoli istruiti che sognano le riforme.

I “Palestine Papers” pubblicati da Al Jazeera e dal Guardian non sono emersi perché due insoddisfatti ex dipendenti dell’ANP sono stati incoraggiati a farlo da presunti operatori della CIA e dell’MI6, come ha affermato il negoziatore palestinese Saeb Erekat. Al contrario, essi sono la conseguenza di anni di insoddisfazione vissuti da palestinesi intelligenti, capaci, che hanno studiato in Occidente, e che hanno abbandonato gli stipendi redditizi che avevano negli Stati Uniti per tornare in patria ed avere un ruolo nel processo di pace palestinese e nella costruzione delle istituzioni del futuro stato.

Ma il loro duro lavoro e le loro opinioni sono state completamente ignorate dalla leadership dell’Autorità Palestinese. Come risultato, molti di essi hanno smesso di lavorare per l’ANP e, ispirati da Wikileaks, si sono sentiti in dovere di entrare in contatto con network come Al Jazeera per far luce sulle gravi carenze della leadership di Abbas e dei suoi collaboratori.

Ci saranno altre fughe di notizie che comprometteranno ulteriormente ciò che resta della credibilità dell’Autorità Palestinese fino a quando non vi sarà un serio cambiamento nel processo decisionale, affinché sia più inclusivo e rappresentativo del popolo.

Gli Stati Uniti e i paesi occidentali dovranno riconsiderare il loro approccio nei confronti dei regimi del Medio Oriente. Al “cavallo dell’America” non basterà più usare la bandiera della moderazione e dei valori occidentali, e il pretesto di combattere gli islamisti, per reprimere ogni opposizione. Dopotutto, chiunque nel mondo arabo sa che non è in questo modo che l’America sceglie i propri leader e tratta la propria opposizione politica.

Questo è un momento cruciale per gli Stati Uniti, che dovranno riflettere a lungo e con attenzione sui loro interessi nella regione, osservandoli attraverso la lente dei bisogni e dei desideri delle masse arabe, e non giocando d’azzardo e scommettendo su questo o quel “cavallo” americano. Più gli Stati Uniti e Israele ignoreranno le voci dei giovani arabi che chiedono le riforme, più sarà difficile che essi troveranno in tali giovani degli alleati quando questi ultimi prenderanno il destino nelle proprie mani.

La lezione da trarre è che il “cavallo dell’America” non può vincere la gara. Il presidente Obama ha imparato la lezione? Lo capiremo dal modo in cui sta gestendo la crisi in Egitto – e in Palestina – e dal messaggio che sta inviando alle masse arabe desiderose della libertà politica.

Fadi Elsalameen si occupa dell’American Strategy Program presso la New America Foundation; è anche direttore dei giornali online palestinenote.com e diwanpalestine.com

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2 Commenti:

Alle 13 febbraio 2011 alle ore 14:27 , Anonymous Anonimo ha detto...

bhe gli stati uniti con bush avevano già dimostrato di lavorare a favore del benessere e dei diritti umani in medioriente, poi questo deve andare ovvimente di pari passo con realismo e pragmatismo. con obama questo era cambiato ma nonostante questo la spinta riformatrice messa in atto da bush unita alla crisi economica hanno fatto il resto. definire l'anp un braccio operativo dell'occupazione israeliana fa un po ridere visto che non hanno raggihnto nessun accordo sui territori e la vera autorità brutale è quella di hamas e arrestarli è il minimo che si può fare. e stiamo attenti che i "cavalli dell'america" sono il male minore, sono molto più buoni dei nemici dell'america e questo è uno dei motivi che le sollevazioni popolari contro di loro possono avere successo. che poi l'anp non sia un gruppo di angeli è evidente, di arabi angeli ancora non ne esistono, l'anp ha sta garantendo in questi anni pace e sviluppo per il loro popolo diversamente di quanto faceva arafat. il "cavallo dell'america" non potrà vincere la gara, ma dimmi te un governo arabo che l'ha vinta vincendo il consenso del suo popolo. nessuno
www.maurod.ilcannocchiale.it

 
Alle 16 febbraio 2011 alle ore 08:40 , Anonymous Anonimo ha detto...

Molto buone cose.

 

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