Le cattive amicizie israeliane sono amici ancora peggiori del popolo ebraico.
Vi è una contraddizione – come vedremo in realtà solo apparente – tra il fatto che diverse figure di spicco dell’estrema destra europea si professano grandi amiche di Israele e la loro militanza all’interno di formazioni politiche talvolta influenzate da ideologie antisemite.
Ci spiega perché Ian Buruma in questo articolo pubblicato sul Daily Star lo scorso 13 gennaio, e qui proposto nella traduzione di Medarabnews.
Ultimamente Israele ha ricevuto delle visite piuttosto particolari. Il populista olandese Geert Wilders è un frequente visitatore, il quale non perde occasione per ricordare ad un pubblico bendisposto che Israele è in prima linea nella guerra dell’Occidente contro l’Islam. E a dicembre una delegazione di politici europei di estrema destra ha intrapreso un tour per gli insediamenti ebraici della Cisgiordania occupata, e ha compiaciuto i suoi ospiti rassicurandoli sul fatto che quella sarebbe “terra ebraica”.
Alcuni di questi “amici di Israele” rappresentano partiti politici i cui sostenitori non sono tradizionalmente noti – per usare un eufemismo – per i loro sentimenti fraterni nei confronti degli ebrei. Heinz-Christian Strache, per esempio, è a capo del Partito della Libertà in Austria, il quale ha iniziato le sue attività politiche, con il defunto fondatore e leader Jorg Haider, adulando degli ex nazisti. “Più forza per il nostro sangue viennese”, tanto per citare uno dei suoi slogan elettorali, dà un’idea del tono usato da Strache. Il suo collega belga, Filip Dewinter, rappresenta un partito nazionalista fiammingo che si macchiò di collaborazionismo con i nazisti ai tempi della guerra.
Sicuramente al giorno d’oggi anche i politici di destra in Europa sono attenti a non sembrare apertamente antisemiti. Wilders, per esempio, è ostentatamente filosemita, e tutti i membri della nuova destra tengono a sottolineare l’importanza di quelli che essi chiamano “valori giudaico-cristiani”, i quali dovrebbero essere difesi contro l’”islamofascismo”.
I critici liberali e di sinistra della politica israeliana tengono a precisare che l’anti-sionismo e l’antisemitismo sono due cose distinte. Ma è altrettanto vero che essere amico di Israele non è necessariamente la stessa cosa che essere amico degli ebrei.
Richard Nixon, ad esempio, degli ebrei disse che “non ci si può fidare dei bastardi”, ma era un grande ammiratore di Israele. E, naturalmente, gli ultimi 2.000 anni hanno dimostrato che l’antisemitismo è perfettamente compatibile con l’adorazione di un ebreo chiamato Gesù di Nazareth. Negli Stati Uniti, alcuni dei più accaniti difensori del sionismo intransigente sono cristiani evangelici che credono fermamente che agli ebrei che rifiutano di convertirsi al cristianesimo un giorno verrà inflitta una terribile punizione.
A volte, le “cattive compagnie” possono rivelarsi utili. Quando Theodor Herzl fece il giro dell’Europa alla fine del XIX secolo, in cerca di sostegno per la creazione di uno Stato per gli ebrei, venne spesso respinto da ricchi e potenti notabili ebrei che lo vedevano come un piantagrane. Invece, trovò dei ferventi sostenitori tra i devoti protestanti, per i quali gli ebrei appartenevano alla loro Terra Santa piuttosto che all’Europa.
Dopo che fu istituito lo stato ebraico, i primi amici europei di Israele erano spesso persone di sinistra, le quali ammiravano la vita comunitaria dei kibbutz e vedevano in Israele un grande esperimento socialista, guidato da vecchi e saggi idealisti di sinistra, come David Ben Gurion. Il residuo senso di colpa per l’Olocausto rafforzò questo atteggiamento.
Le cose cominciarono a cambiare dopo la guerra del 1967, e ancor più dopo la guerra dello “Yom Kippur” dell’ottobre del 1973, quando ormai divenne chiaro che Israele non aveva alcuna intenzione di rinunciare ai territori palestinesi che aveva conquistato. Più tardi, quando Israele iniziò a costruire insediamenti in tutti i territori occupati, l’ammirazione si trasformò addirittura in ostilità attiva tra la sinistra europea.
Per molte persone di destra, tuttavia, ciò che veniva deplorato dalla sinistra europea (e israeliana) diventò motivo di ammirazione nei confronti di Israele. A questi nuovi “amici” piacque l’uso spietato della forza, il nazionalismo etnico, la continua umiliazione dei palestinesi. Spinti dalla necessità di rilanciare una forma più militante di nazionalismo nei loro paesi, politici come Strache, Wilders, e Dewinter trovarono in Israele una sorta di modello – un modello che era screditato ormai da lungo tempo in Europa, a causa dei brutti ricordi del fascismo e del nazismo.
In realtà, la sinistra anti-sionista cerca spesso di screditare Israele paragonando le sue azioni a Gaza e in Cisgiordania alle atrocità naziste. Questo è un facile e dubbio modo per produrre la più grande offesa. Contrariamente a quanto l’autore Jose Saramago, vincitore del Premio Nobel, affermò una volta, gli attacchi dell’esercito israeliano su Gaza non sono paragonabili in alcun modo ad Auschwitz. Ma la posizione, abbracciata dai nuovi “amici” di Israele appartenenti all’estrema destra, secondo la quale Israele si troverebbe in prima linea nella guerra contro il fascismo islamico, è altrettanto mendace.
Paragonare l’Islam in generale – non solo il terrorismo islamista – al fascismo, come fanno i populisti di destra, e affermare che l’Europa deve far fronte ad una minaccia paragonabile a quella nazista, non è solo sbagliato, ma pericoloso. Perché, se fosse vero, tutte le misure prese contro i musulmani, per quanto brutali, sarebbero giustificate, e Israele sarebbe in effetti uno stato in prima linea che si oppone all’ “islamofascismo” per prevenire un’altra Auschwitz. Questo è certamente il modo in cui un certo gruppo di politici israeliani di estrema destra spiega la realtà. E trova dei ferventi pappagalli tra alcune delle forze politiche europee più retrograde.
Si tratta di una visione che contiene la grave implicazione che una soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese è quasi impossibile. Quanto più Israele, applaudito dai suoi “amici” europei, continua ad umiliare i palestinesi e ad occupare le loro terre, tanto più l’odio e la violenza ostacoleranno il compromesso, senza il quale non ci può essere pace.
Tuttavia, vi è un’altra potenziale conseguenza. Le false analogie con il passato banalizzano la storia. Se gli israeliani o i palestinesi sono come i nazisti, l’orrore creato da ciò che i veri nazisti fecero è notevolmente diminuito.
Ma usare la storia per giustificare la violenza attuale non funziona sempre. Quando le persone smetteranno di credere che Israele difende l’Occidente contro il fascismo, Israele verrà accusato di tutte le violenze in Medio Oriente. E, per associazione, tutti gli ebrei nel mondo ne saranno ritenuti responsabili. In conclusione, le “cattive compagnie” di Israele sono amici ancora peggiori per il popolo ebraico.
Ian Buruma è professore di Democrazia, Diritti Umani e Giornalismo al Bard College di New York; il suo ultimo libro è ““Taming the Gods: Religion and Democracy on Three Continents”
Etichette: estrema destra, islamofascismo, Israele, questione palestinese
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