4 aprile 2011

Boicottare Israele dall'interno


Non si sottolineerà mai abbastanza l’importanza della campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) con cui, in tutto il mondo, la società civile conduce, con sempre maggior successo, la propria lotta contro i crimini dell’occupazione israeliana e la quotidiana violazione dei diritti umani dei Palestinesi.

E anche all’interno di Israele non sono poche le persone di buona volontà che, nonostante l’enorme pressione contraria e gli strumenti legislativi che si intendono approntare per combattere il fenomeno, conducono la loro lotta coraggiosa per la pace e la giustizia.

Di questo tratta l’articolo che Mya Guarnieri ha scritto lo scorso 26 marzo per il sito web in lingua inglese di al Jazeera, qui proposto nella traduzione offerta dal sito Stop Agrexco Italia.


di Mya Guarnieri – 26.3.2011

È stato l'Egitto a farmi cominciare a pensare al movimento Boicottaggio Disinvestimento e Sanzioni (BDS) in modo serio. Stavo già conducendo un boicottaggio mirato sotto tono dei prodotti provenienti dagli insediamenti – leggendo in silenzio le etichette al supermercato per essere sicuro di non comprare nulla che proveniva da oltre la linea verde.

L'avevo fatto da tempo. Ma, a un certo punto, ho capito che il mio personale boicottaggio mirato era un po' ingenuo. E ho capito che non bastava.

Non sono solo gli insediamenti e l'occupazione, le due facce della stessa medaglia, che rappresentano un grave ostacolo alla pace e violano i diritti umani dei palestinesi. È anche tutto ciò che li sostiene - il governo e le sue istituzioni. È la bolla dentro la quale molti israeliani vivono, l'illusione della normalità. È l'idea che lo status quo è sostenibile.

E gli insediamenti sono un diversivo, un bersaglio conveniente per la rabbia. Gli israeliani devono anche affrontare una delle maggiori ingiustizie che ha avuto come risultato la creazione del loro stato - la Nakba, l'espulsione di centinaia di migliaia di palestinesi.

Anche se la campagna BDS affronta ciò, oltre ad altre questioni - i tre principi del movimento sono il rispetto per il diritto di ritorno dei palestinesi, come indicato nella risoluzione ONU 194, la fine dell'occupazione e la parità di diritti per i cittadini palestinesi di Israele - sono rimasta riluttante a farmi coinvolgere.

Devo ammettere che il movimento mi spaventava. Non pensavo che sarebbe stato di aiuto. Ero sicura che avrebbe solo spinto Israele ad impuntarsi ancora più forte. Farà peggiorare le cose per tutti, ho pensato.

L'Egitto era il punto di svolta per me. Sono stata euforica a vedere le immagini di persone scendere in piazza per chiedere un cambiamento. E mentre i Palestine Papers dimostrano che il governo israeliano sembra intenzionato a mantenere lo status quo, conosco tanti israeliani che sono stufi di questo.

Ci sono madri che non vogliono mandare i loro figli nell'esercito; soldati che risentono di dover proteggere i coloni. Recentemente ho parlato con un uomo di 44 anni – una persona normale, un padre di due figli - che mi ha detto che è così frustrato con il governo e così preoccupato per il futuro che vuole bruciare qualcosa.

E l'Egitto è sulle labbra di molti israeliani in questo momento. Allora, che cosa si può fare per contribuire a portarlo dalle labbra ai piedi degli israeliani? Cosa si può fare per spingere gli israeliani a lottare per il cambiamento, lottare per la pace, per liberarsi da un conflitto che mina la loro auto- determinazione, la loro libertà?

Il BDS ha incassato una serie di successi, e questo è uno dei motivi per il quale il Knesset israeliano sta cercando di far passare una legge, nota come "legge Boicottaggio", che potrebbe effettivamente criminalizzare gli israeliani che si uniscono al movimento, sottoponendoli a pesanti multe.

E alcuni di coloro che sono impegnati nella campagna BDS sono già sottoposti ad una immensa pressione da parte dello Stato.

''La maschera della democrazia di Israele"

Leehee Rothschild, 26 anni, è una delle decine di israeliani che hanno risposto all'appello palestinese del 2005 per il BDS. Recentemente il suo appartamento di Tel Aviv è stato perquisito. La polizia lo faceva con il pretesto della ricerca di droghe, ma è stata portata alla stazione di polizia per un breve interrogatorio che è stato concentrato interamente sulla politica.

"La persona che è venuta a liberarmi [dall'interrogatorio] è stato un ufficiale dei servizi segreti che ha detto che è incaricato a monitorare l'attività politica dell'area di Tel Aviv ", ha detto Rothschild. A chiedere il mandato di perquisizione è stato questo ufficiale.

A seguito dell'Operazione Piombo Fuso, attivisti israeliani hanno riferito di pressioni sempre maggiori da parte della polizia così come i General Security Services - conosciuti con il loro acronimo ebraico, Shabak.

Il mandato di quest'ultimo include, tra le altre cose, l'obiettivo di mantenere Israele come Stato ebraico, pertanto coloro che auspicano la democrazia diventano degli obiettivi.

Le perquisizioni, come quella subita da Rothschild, non sono rare, né sono le telefonate da parte di Shabak.

"Ovviamente [la pressione] non è niente in confronto a quello che i palestinesi devono affrontare", ha detto Rothschild. "Ma penso che stiamo toccando un nervo scoperto".

Alla domanda sulla proposta di legge sul boicottaggio, Rothschild, commenta: "Se la legge viene approvata, si strapperà, un po' di più, la maschera della democrazia di Israele".

Amore duro

Per quanto riguarda il suo coinvolgimento nella campagna BDS, Rothschild commenta che non era a conoscenza del movimento fino a quando non è diventato un argomento serio di discussione all'interno della sinistra radicale israeliana, in cui era già attiva, e anche dopo aver sentito parlare del BDS, non ha aderito alla campagna subito.

"Ho avuto delle riserve in merito [al BDS]," Rothschild ricorda. "Ci ho pensato per molto tempo e ne ho discusso con me stessa e i miei amici.

"La riserva principale che avevo era che gli aspetti economici avrebbero danneggiato per prima i più deboli della società - la gente povera – coloro che hanno il minimo effetto su quello che sta succedendo. Ma ora penso che l'occupazione sta danneggiando queste persone molto più di quanto il boicottaggio".

Rothschild rileva che i fondi statali che vengono versati in "sicurezza e difesa e nell'oppressione del popolo palestinese" potrebbero essere meglio utilizzati in Israele per aiutare gli strati socioeconomici più deboli.

"Un'altra riserva che avevo era che si potrebbe rendere l'opinione pubblica israeliana più estremista, più fondamentalista", aggiunge Rothschild. "Ma devo dire che per diventare più estremista la strada non è ora molto lunga".

Come israeliana, Rothschild, ritiene che aderire al movimento BDS sia un atto premuroso. È un atto di amore duro per il paese in cui è nata e cresciuta.

"Spero che, per alcune persone, sarà uno schiaffo in faccia e loro si sveglieranno e vedranno cosa sta succedendo ", Rothschild, dice, aggiungendo che gli oppressori sono pure oppressi.

"Il popolo israeliano è oppresso dall'occupazione - vivono all'interno di un società che è militarizzata, violenta e razzista".

'Rinnegare i miei privilegi'

Ronnie Barkan, 34 anni, spiega che ha fatto il primo passo verso il boicottaggio 15 anni fa, quando ha rifiutato di completare il servizio militare obbligatorio.

"Ci sono tante pressioni sociali [in Israele]", Barkan dice. "Siamo cresciuti sin dalla scuola materna per essere soldati. Ci insegnano che è nostro dovere [servire nell'esercito] e se non lo vuoi fare, sei un parassita o un traditore".

"La cosa peggiore è che siamo cresciuti ad essere profondamente razzisti", aggiunge. "Tutto è mirato a sostenere i privilegi [ebraici] come i padroni della terra. Sostenere la campagna BDS significa rinunciare ai miei privilegi in questa terra e insistere sull'uguaglianza per tutti".

Barkan paragona la sua adesione al movimento di boicottaggio ai "bianchi che hanno rinunciato ai loro privilegi nel Sud Africa dell'apartheid e si sono uniti alla lotta dei neri".

Quando ho rabbrividito sentendo la parola 'apartheid', Barkan ha subito risposto: "Israele è chiaramente conforme alla definizione giuridica del 'crimine di apartheid' come definito nello Statuto di Roma".

'Mai più per nessuno'

Alcuni si oppongono al BDS perché fra le richieste c'è il riconoscimento del diritto di ritorno dei palestinesi. Questi critici dicono che l'evoluzione demografica intaccherebbe l'auto-determinazione ebraica. Ma Barkan sostiene che "il fondamento di base [del movimento] sono i diritti umani e il diritto internazionale universalmente riconosciuti".

Sottolinea che il BDS rispetta i diritti umani sia per i palestinesi che per gli ebrei e comprende fautori di uno stato democratico bi-nazionale così come quelli che credono che una soluzione a due stati sia la migliore risposta al conflitto.

Sottolinea inoltre che il BDS non è anti-semita. Né è anti-israeliano.

"La campagna di boicottaggio non prende di mira gli israeliani, ma le politiche criminali di Israele e le istituzioni che ne sono complici, non gli individui", ha detto.

"Quindi mettiamo che un musicista o accademico israeliano va all'estero e si è allontanato da una conferenza o un evento solo perché è israeliano..." comincio a chiedere.

"No, no, questo non rientra nelle linea guida del boicottaggio", Barkan dice.

"Perché questo non è un boicottaggio. Si tratta di razzismo," dico io.

"Esattamente", risponde Barkan, aggiungendo che l'appello palestinese per il BDS è "un appello molto responsabile" che "fa una differenziazione tra le istituzioni e gli individui ed è chiaramente un boicottaggio delle istituzioni criminali e le loro rappresentanti".

"Ogni volta che c'è una zona grigia", aggiunge, "noi prendiamo l'approccio più soft".

Eppure, Barkan è stato criticato per il suo ruolo nel movimento di boicottaggio.

"Mia nonna che è stata ad Auschwitz mi dice, 'Puoi pensare quello che vuoi ma non esprimere le tue politiche perché non sono belle', e io le dico: 'Tu sai chi non si è espresso 70 anni fa'".

Barkan aggiunge: "Penso che la lezione principale da trarre dall'Olocausto è 'Mai più per nessuno' e non 'mai più per gli ebrei'".

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3 Commenti:

Alle 10 aprile 2011 alle ore 20:07 , Anonymous Anonimo ha detto...

i prodotti di israele sono buoni

 
Alle 11 aprile 2011 alle ore 09:51 , Blogger vichi ha detto...

Naturalmente non si tratta di questo. Il vero problema è che è Israele, non i suoi prodotti, a far male alla salute. Dei palestinesi...

 
Alle 21 settembre 2011 alle ore 00:59 , Anonymous Anonimo ha detto...

Certo i prodotti saranno pure buoni, ma anche quelli di palestina lo sono e tutti abbiamo il diritto di poterli assaggiare e conoscere il prodotto derivante dall'accordo tra tutte le culture: la pace il rispetto...

Questo "prodotto", carissimo con il tuo sottile sarcasmo non l'hai proprio assaggiato ancora.

amen.

 

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