Noa a Milano, accogliamo come merita questa ipocrita "pacifista" israeliana
Etichette: boicottaggio, castello sforzesco, milano, noa, women for expo
Un piccolo spazio di informazione e riflessione per rimediare al colpevole silenzio dei media sulla tragedia del popolo palestinese.
Etichette: boicottaggio, castello sforzesco, milano, noa, women for expo
La notte dell’11 luglio, il plenum del Parlamento israeliano ha approvato in lettura finale la cd. “Legge sul Divieto di Boicottaggio”, con 47 voti a favore e 38 contrari.
La legge mira a reprimere ogni appello al boicottaggio economico, culturale o accademico dello Stato, delle sue istituzioni o di ogni area che si trovi sotto il suo controllo, con chiaro riferimento, in questo caso, al boicottaggio dei prodotti provenienti dalle colonie nei Territori palestinesi occupati. I trasgressori possono essere citati in giudizio anche da singoli cittadini e sono passibili di sanzioni pecuniarie; le aziende o le organizzazioni che appoggiano il boicottaggio potrebbero essere escluse inoltre dalla partecipazione a gare pubbliche per l’assegnazione di lavori, mentre le ong rischiano di perdere ogni beneficio fiscale previsto in loro favore.
Si tratta, di tutta evidenza, di una legge anti-democratica che limita fortemente il diritto alla libertà di espressione, una vergognosa espressione della volontà del Governo e del Parlamento israeliano di calpestare i principi fondamentali della democrazia pur di difendere l’occupazione e il regime di apartheid che la sostiene.
Paradossalmente, Hagai El-Ad, il direttore esecutivo dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI), ha fatto notare che, di recente, un gruppo di consumatori israeliani ha lanciato la prima campagna di boicottaggio coronata da successo, facendo scendere il prezzo della ricotta. “Perché dovrebbe essere consentito ai cittadini israeliani di boicottare la ricotta israeliana, come abbiamo sentito e visto nelle ultime settimane, ma dovrebbe essergli impedito di boicottare l’occupazione?”, ha sostenuto in una recente dichiarazione.
Persino il consulente legale della Knesset Eyal Yinon, nel presentare il suo parere, ha espresso aspre critiche sulla proposta di legge anti-boicottaggio, sostenendo che “l’ampia definizione di boicottaggio dello Stato di Israele costituisce una violazione del dogma centrale della libertà di espressione politica”, lamentando inoltre la contrarietà alle norme costituzionali della disposizione che permette ad ogni individuo di chiedere un indennizzo monetario che non dipende in alcun modo da un danno effettivamente causato.
Secondo Yinon, queste norme hanno lo scopo di “influenzare il dibattito politico sul futuro di Giudea e Samaria (cioè della Cisgiordania, n.d.r.), un dibattito che è stato al centro della discussione politica nello Stato di Israele per oltre 40 anni”.
Sul punto, non si può che condividere l’editoriale di Ha’aretz sull’argomento, pubblicato la mattina precedente all’approvazione della legge e rimasto purtroppo inascoltato. Israele infatti, temendo come la peste l’arma non violenta del boicottaggio e volendo nel contempo ridurre al silenzio ogni voce dissonante al suo interno, ancora una volta adotta provvedimenti liberticidi e si allontana dai principi fondamentali che dovrebbero caratterizzare uno stato civile e una democrazia.
La legge sul boicottaggio sovverte la democrazia israeliana
editoriale di Haaretz – 11.7.2011
E’ previsto per oggi che
Questa legge spregevole viola palesemente le Leggi costituzionali israeliane. Essa è formulata in un linguaggio vago: definisce “un boicottaggio dello Stato di Israele” in modo molto esteso, mentre la definizione di causare un boicottaggio è fluida. Secondo la legge, sarebbe sufficiente che la richiesta di boicottaggio di Israele abbia “una ragionevole possibilità” di condurre ad un boicottaggio effettivo perché venga stabilito che il trasgressore (secondo l’Ordinanza sugli Illeciti Civili, nuova versione) ha commesso un reato civile. Il trasgressore verrebbe quindi privato di significativi benefici economici e dovrebbe anche pagare un elevato risarcimento a chi presumibilmente è stato danneggiato dal boicottaggio.
Questa vaghezza è intenzionale, finalizzata a nascondere l’obiettivo di stendere una vasta rete di protezione sulle colonie, i cui prodotti, le cui attività e in realtà la cui stessa esistenza – che tanto per cominciare è controversa – costituiscono il motivo principale delle iniziative di boicottaggio, sia nazionali che estere. I legislatori stanno quindi cercando di mettere a tacere una delle più legittime forme di protesta, e di limitare la libertà di espressione e di associazione di coloro i quali si oppongono all’occupazione e alla violenza dei coloni, e intendono protestare contro il viziato ordine di priorità del governo.
Gli sponsor della legge stanno anche creando una menzognera equivalenza tra lo Stato di Israele e la società israeliana nel suo complesso, da un lato, e le colonie dall’altro. In tal modo, essi stanno garantendo ai coloni una indiscriminata legittimazione.
Questo è un atto politicamente opportunistico e anti-democratico, l’ultimo in una serie di leggi oltraggiosamente discriminatorie ed esclusorie emanate lo scorso anno, che accelera il processo di trasformazione del codice delle leggi israeliane in un inquietante documento dittatoriale. Esso getta l’ombra intimidatoria del reato su ogni boicottaggio, petizione o persino commento su un giornale. Molto presto, ogni dibattito politico verrà messo a tacere.
I membri della Knesset che votano per questa legge devono comprendere che essi stanno sostenendo l’imbavagliamento della protesta come parte di uno sforzo in atto per liquidare la democrazia. Simili mosse possono essere rappresentate come mosse a difesa di Israele ma, in realtà, esse aggravano il suo isolamento internazionale.
Etichette: boicottaggio, boycott law, Israele, ong
Etichette: boicottaggio, diritto umanitario, ferrovia a1, gerusalemme, pizzarotti
In risposta alla campagna mondiale di boicottaggio dei prodotti israeliani, molti siti di propaganda sionista hanno cercato di contrapporre, per il 30 marzo, una sorta di “giornata dell’acquisto” di prodotti israeliani: pazienza, ognuno spende i soldi come vuole! Cogliamo, anzi, l’occasione – noi che siamo fautori convinti della campagna BDS – per segnalare alcuni siti dove trovare indicazioni sui prodotti provenienti da Israele da boicottare (in generale, quelli che sull’etichetta del codice a barre recano all’inizio la cifra 729):
http://tuttouno.blogspot.com/2009/01/elenco-dei-prodotti-israeliani-da.html
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23648
http://www.opappece.it/boicott/elenco%20prodotti.htm
http://www.inminds.co.uk/boycott-brands.html
http://www.comedonchisciotte.net/modules.php?name=News&file=article&sid=382
http://www.boycott-israel.co.uk/israeli-products
La campagna di Disinvestimento, Boicottaggio e Sanzioni (BDS) è una delle armi più temute sia dai governanti di Israele sia dai tanti amici che questo stato-canaglia ha nel mondo, perché si tratta di una forma di lotta e di denuncia contro i crimini dell’occupazione israeliana dal carattere assolutamente non violento, come tale difficile da condannare e da delegittimare.
E, infatti, i filoisraeliani ci provano usando argomenti meschini e totalmente destituiti di fondamento, quale è quello che accomuna la legittima denuncia dei crimini e delle violazioni dei diritti umani da parte di Israele all’antisemitismo tout court.
Ma la cosa che personalmente mi lascia davvero stupefatto è che questi “amici” di Israele, nel generoso e inesausto tentativo di difenderne l’immagine (ed anche le entrate commerciali, si presume), usino un argomento che più o meno suona così:
volete boicottare i prodotti che provengono da Israele? Allora dovete rinunciare a tutte le scoperte, invenzioni, brevetti, medicinali e quant’altro sia ascrivibile ad un ebreo!
E giù un elenco infinito (che vi risparmio, se volete consultate il link sopra) secondo cui io, che sono fautore della campagna BDS, non dovrei vaccinarmi contro la polio (essendo Salk un ebreo) o, qualora soffrissi di qualche turba psichica, non potrei farmi curare da uno psicanalista, parimenti essendo Freud, come è noto, un ebreo. Per chiudere, in ordine di tempo, naturalmente niente più Facebook (e chissà se potrei andare al cinema a vedere il film che racconta la storia di Zuckerberg)!
Ora, ciò che sorprende, è che siano proprio gli “amici” di Israele a usare una argomentazione di tipo razziale, compiacendosi di quante scoperte e quanti premi Nobel siano stati attribuiti ad ebrei, non rendendosi conto che è proprio l’insistenza a voler segnalare differenze tra gli uomini sulla base della razza ad aver storicamente contribuito a quelle derive antisemite di cui pure ancora oggi ci si lamenta con grande clamore.
E del resto non è una novità che, all’interno del mondo ebraico, vi sia chi sostenga che gli ebrei sono davvero il “popolo eletto”, stante il loro elevatissimo QI ascrivibile a ragioni genetiche.
Probabilmente sarà proprio così. Quel che è certissimo, invece, è che i governanti di Israele devono essere davvero dotati di una intelligenza fuori del comune (combinata ad una faccia di bronzo senza pari) per far digerire a tutto il mondo (occidentale) la colossale panzana che dipinge i palestinesi come i terroristi e gli aggressori, e gli israeliani come delle povere vittime che cercano solo di difendersi.
Non si spiegherebbe altrimenti come oggi i palestinesi di Gaza rappresentino l’unico caso al mondo di popolazione aggredita e massacrata che venga persino sottoposta ad un incredibile boicottaggio politico ed economico, con il beneplacito della comunità internazionale!
E quello sì che è un boicottaggio legittimo…
Etichette: antisemitismo, boicottaggio, campagna bds
Etichette: bds, boicottaggio, Israele, stop agrexco italia
Etichette: boicottaggio, Israele, processo di pace, sanzioni
Proprio all’indomani della demolizione, da parte israeliana, di un’ala dello storico Shepherd Hotel, nel popoloso quartiere arabo di Sheikh Jarrah – per farvi posto a 20 nuove unità abitative da destinare ai coloni israeliani – il quotidiano Ha’aretz da notizia di un rapporto redatto dai capi delle missioni diplomatiche dell’Unione europea a Gerusalemme e a Ramallah in cui si suggeriscono iniziative senza precedenti per contrastare e, in certo qual modo, sanzionare la giudaizzazione di Gerusalemme est.
Partendo dall’ovvio presupposto che non vi sarà mai pace tra Israeliani e Palestinesi senza che questi ultimi possano avere uno stato con Gerusalemme est come capitale, i consoli dell’Unione europea si spingono a suggerire una vera e propria svolta nei rapporti con Israele e nell’atteggiamento europeo rispetto all’occupazione israeliana, arrivando a suggerire misure come il boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti da Gerusalemme est o il divieto di ingresso nei paesi Ue per i coloni “violenti”.
E’ un primo segno di risveglio dell’Unione europea di fronte alla situazione di totale illegalità che connota l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, un segnale che rischia di arrivare tardi se consideriamo che a Gerusalemme est e nelle aree della West Bank annesse alla municipalità dopo il 1967 vivono ormai ben 190.000 Israeliani, a fronte di 250.000 Palestinesi ivi residenti.
Rimane da sperare che i suggerimenti dei diplomatici spingano finalmente i governi della Ue ad abbandonare la tradizionale pavidità e a costringere Israele, una volta per tutte, a rientrare nell’alveo della legalità internazionale.
DIPLOMATICI UE SOSTENGONO CHE GERUSALEMME EST DOVREBBE ESSERE TRATTATA COME LA CAPITALE PALESTINESE.
I consoli dell’Unione europea presso l’Autorità palestinese raccomandano il boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti da Gerusalemme est, chiedono che funzionari della Ue siano presenti durante la demolizione delle case e le evacuazioni.
di Nir Hasson
Gerusalemme est dovrebbe essere trattata come la capitale dello Stato palestinese, secondo un rapporto redatto dai capi delle missioni diplomatiche europee a Gerusalemme e a Ramallah. Il rapporto include varie altre raccomandazioni senza precedenti per l’Unione europea per quanto riguarda il suo atteggiamento nei confronti di Gerusalemme est.
I diplomatici europei, soprattutto consoli, raccomandano inoltre che i funzionari e i rappresentanti politici della Ue si rifiutino di recarsi presso gli uffici governativi israeliani dislocati al di là della Green Line e declinino ogni misura di sicurezza da parte israeliana a Gerusalemme est sia nella Città Vecchia sia altrove.
Il rapporto, completato il mese scorso, è stato inviato a Bruxelles al principale organismo di politica estera della Ue, il Comitato per la Politica e la Sicurezza. Al momento non è stato divulgato, chiaramente a causa della delicatezza del suo contenuto.
Il rapporto dei diplomatici discute anche della possibilità di vietare l’ingresso nei paesi della Ue ai “coloni violenti di Gerusalemme est”. Per quanto riguarda il commercio, si raccomanda di incoraggiare il boicottaggio dei prodotti israeliani provenienti da Gerusalemme est.
La prima parte del rapporto descrive nei dettagli la costruzione e l’espansione degli insediamenti colonici a Gerusalemme est, la violazione dei diritti umani dei Palestinesi che risiedono nella parte orientale della città, così come la disuguaglianza in materia di istruzione e di servizi sanitari a disposizione dei Palestinesi. Il rapporto conclude che, al di là del loro significato umanitario, queste condizioni indeboliscono il controllo dei Palestinesi sulla città.
Le critiche europee alla politica israeliana nei territori e, in particolar modo, a Gerusalemme est, non sono nuove. Ma il cambiamento radicale contenuto nel rapporto lo si può vedere nelle misure operative che esso raccomanda, che di fatto pongono le basi per imporre sanzioni contro Israele.
Ad esempio, il documento propone che gli alti funzionari della Ue in visita non si avvalgano delle aziende israeliane operanti a Gerusalemme est, come alberghi e aziende di trasporto, e che non visitino i siti archeologici gestiti dalle “organizzazioni pro-coloni” (un riferimento al Parco Nazionale “Città di Davide”).
Il rapporto continua suggerendo di promuovere la consapevolezza dell’opinione pubblica sui prodotti provenienti dalle colonie, “per esempio fornendo assistenza ai principali rivenditori della Ue in materia di etichettatura di origine per i prodotti delle colonie”, e di informare i cittadini della Ue sui “rischi finanziari derivanti dall’acquisto di proprietà nei territori occupati di Gerusalemme est”.
I diplomatici raccomandano, inoltre, che la Ue incoraggi Israele a consentire la riapertura degli uffici dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a Gerusalemme est, in linea con quanto previsto dalla road map. Israele ha chiuso le istituzioni dell’OLP durante la seconda Intifada.
Per il rapporto, inoltre, i diplomatici Ue sono chiamati a esprimere grande preoccupazione circa lo stato dei servizi di emergenza previsti per gli Arabi di Gerusalemme est durante i loro incontri con gli alti funzionari israeliani.
Il rapporto aggiunge che funzionari della Ue dovrebbero essere presenti in occasione della demolizione di case o della loro evacuazione, così come ai processi su tali questioni, nonché “assicurare l’intervento della Ue in caso di arresto o di intimidazione dei Palestinesi da parte delle autorità israeliane a causa delle loro pacifiche attività culturali, sociali o politiche a Gerusalemme est.”.
Il rapporto raccomanda, infine, che l’Unione europea “incoraggi i paesi arabi a riconoscere la dimensione multiculturale di Gerusalemme, ivi compreso il patrimonio culturale ebraico e cristiano”.
Etichette: boicottaggio, gerusalemme est, palestina, territori occupati, ue
Etichette: bds, boicottaggio, Israele, palestina, ue
Etichette: boicottaggio, gaza, palestina, pulizia etnica
Etichette: boicottaggio, centro sociale vittoria, fiera del libro, Israele
Etichette: boicottaggio, hamas, Israele, palestina