8 marzo: una petizione per chiedere la liberazione delle donne palestinesi detenute nelle carceri israeliane
Oggi, 8 marzo, centinaia di donne palestinesi sono scese nelle strade per dare vita ad una serie di manifestazioni celebrative per il 100° anniversario della Giornata internazionale della donna, ma anche per chiedere la riunificazione delle diverse fazioni e per protestare contro l’occupazione israeliana.
A Gaza City, circa 500 donne hanno sfilato per il centro della città sventolando bandiere palestinesi e chiedendo la riappacificazione tra Hamas e Fatah al grido “no alle divisioni, si all’unità nazionale”.
Numerose le manifestazioni anche nella Cisgiordania occupata, in particolare a Hebron, a Jenin, a Nablus, nel villaggio di Burin e a Beit Ummar, dove sono intervenute le truppe israeliane. Nei pressi di Ramallah, circa 150 donne, tra cui 2 componenti del governo uscente di Salam Fayyad, hanno cercato di passare attraverso il checkpoint sulla strada che da Qalandiya porta a Gerusalemme, per protestare contro l’occupazione.
A Gerusalemme est, infine, circa 15 manifestanti hanno distribuito rose alle donne che entravano e uscivano dalla Città Vecchia attraverso la Porta di Damasco.
Ma l’8 marzo è anche l’occasione per ricordare come la pluridecennale occupazione dei Territori palestinesi, l’assedio imposto alla Striscia di Gaza a partire dal giugno del 2007 e, soprattutto, i crimini di guerra commessi da Israele colpiscano soprattutto le fasce più deboli della popolazione civile palestinese, e in primo luogo le donne e i bambini.
A partire dal settembre del 2000, l’esercito israeliano ha massacrato 222 donne e 193 bambine e ragazzine. Oltre 88.300 donne hanno perso la propria casa demolita dai bulldozer o durante le incursioni israeliane, 1.217 delle case distrutte a Gaza dalla furia degli assassini israeliani durante Piombo Fuso appartenevano a donne palestinesi. Inoltre, 5.348 donne sono state direttamente colpite dalla devastazione dei campi coltivati ad opera dell’esercito israeliano: 472 donne erano proprietarie dei terreni devastati. Nello stesso periodo, 1.667 donne di Gaza hanno perso i loro mariti, uccisi dai soldati di Tsahal.
Si stima, infine, che dal 1967 ad oggi siano state oltre 10.000 le donne palestinesi arrestate e detenute nelle prigioni israeliane. Alla data del 1° febbraio, sono ancora 36 le donne palestinesi incarcerate nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani, incluse 3 in regime di detenzione amministrativa, quel mostro giuridico proprio dello stato-canaglia israeliano che consente di detenere indefinitamente una persona senza processo e senza alcuna possibilità di difesa.
Le due prigioni in cui vengono detenute le donne palestinesi, peraltro, sono situate al di fuori dei Territori occupati, in chiara violazione della IV Convenzione di Ginevra.
Una di queste donne, come ci ricorda Infopal, è Iman Ghazzawi, detenuta nel carcere di Ramle, che proprio oggi “festeggia” 11 anni di prigionia. Iman è una delle quattro detenute palestinesi il cui coniuge è in prigione in Israele: le viene negata assistenza medica, non riesce a vedere i suoi due figli e, da dieci anni, non incontra il marito. In tal modo, le vengano negati, assieme alla libertà, anche i diritti fondamentali di donna, primo fra tutti quello ad essere madre.
Ma sono molte le donne palestinesi che devono subire, all’atto dell’arresto o della detenzione, varie forme di tortura e di maltrattamenti, tra cui percosse, insulti, minacce, perquisizioni invasive, molestie sessuali e abusi psicologici.
Le carceri israeliane, inoltre, mancano completamente di un approccio di genere, e così le detenute palestinesi soffrono per le dure condizioni di prigionia, ivi compreso il sovraffollamento delle celle, che mancano dei requisiti minimi di salute e igiene, per la negligenza dei medici e la mancanza di una assistenza sanitaria specialistica, per la impossibilità di studiare e, come abbiamo visto, per il diniego di ricevere visite familiari.
E’ per tutto questo che l’associazione per i diritti umani Addameer, in occasione della Giornata internazionale delle donna, ha promosso una petizione per chiedere il rilascio di tutte le prigioniere palestinesi. Il testo della petizione è il seguente:
Noi, sottoscritti membri della società civile mondiale, vogliamo celebrare l’8 marzo 2011, Giornata internazionale della donna, chiedendo alle autorità israeliane di rilasciare immediatamente tutte le prigioniere politiche e le detenute palestinesi dalle carceri israeliane, incluse le donne in regime di detenzione amministrativa. Condanniamo il trattamento crudele e discriminatorio a cui sono soggette le prigioniere politiche e le detenute palestinesi durante il loro arresto, gli interrogatori e in prigione, ivi comprese le molestie sessuali, le punizioni psicologiche e fisiche e le umiliazioni, nonché la privazione di una assistenza sanitaria specialistica. Tutto ciò avviene in violazione del diritto internazionale e deve cessare immediatamente.
Chi scrive ha già sottoscritto la petizione a questo link. Spero vivamente vogliate farlo anche voi.
A Gaza City, circa 500 donne hanno sfilato per il centro della città sventolando bandiere palestinesi e chiedendo la riappacificazione tra Hamas e Fatah al grido “no alle divisioni, si all’unità nazionale”.
Numerose le manifestazioni anche nella Cisgiordania occupata, in particolare a Hebron, a Jenin, a Nablus, nel villaggio di Burin e a Beit Ummar, dove sono intervenute le truppe israeliane. Nei pressi di Ramallah, circa 150 donne, tra cui 2 componenti del governo uscente di Salam Fayyad, hanno cercato di passare attraverso il checkpoint sulla strada che da Qalandiya porta a Gerusalemme, per protestare contro l’occupazione.
A Gerusalemme est, infine, circa 15 manifestanti hanno distribuito rose alle donne che entravano e uscivano dalla Città Vecchia attraverso la Porta di Damasco.
Ma l’8 marzo è anche l’occasione per ricordare come la pluridecennale occupazione dei Territori palestinesi, l’assedio imposto alla Striscia di Gaza a partire dal giugno del 2007 e, soprattutto, i crimini di guerra commessi da Israele colpiscano soprattutto le fasce più deboli della popolazione civile palestinese, e in primo luogo le donne e i bambini.
A partire dal settembre del 2000, l’esercito israeliano ha massacrato 222 donne e 193 bambine e ragazzine. Oltre 88.300 donne hanno perso la propria casa demolita dai bulldozer o durante le incursioni israeliane, 1.217 delle case distrutte a Gaza dalla furia degli assassini israeliani durante Piombo Fuso appartenevano a donne palestinesi. Inoltre, 5.348 donne sono state direttamente colpite dalla devastazione dei campi coltivati ad opera dell’esercito israeliano: 472 donne erano proprietarie dei terreni devastati. Nello stesso periodo, 1.667 donne di Gaza hanno perso i loro mariti, uccisi dai soldati di Tsahal.
Si stima, infine, che dal 1967 ad oggi siano state oltre 10.000 le donne palestinesi arrestate e detenute nelle prigioni israeliane. Alla data del 1° febbraio, sono ancora 36 le donne palestinesi incarcerate nelle prigioni e nei centri di detenzione israeliani, incluse 3 in regime di detenzione amministrativa, quel mostro giuridico proprio dello stato-canaglia israeliano che consente di detenere indefinitamente una persona senza processo e senza alcuna possibilità di difesa.
Le due prigioni in cui vengono detenute le donne palestinesi, peraltro, sono situate al di fuori dei Territori occupati, in chiara violazione della IV Convenzione di Ginevra.
Una di queste donne, come ci ricorda Infopal, è Iman Ghazzawi, detenuta nel carcere di Ramle, che proprio oggi “festeggia” 11 anni di prigionia. Iman è una delle quattro detenute palestinesi il cui coniuge è in prigione in Israele: le viene negata assistenza medica, non riesce a vedere i suoi due figli e, da dieci anni, non incontra il marito. In tal modo, le vengano negati, assieme alla libertà, anche i diritti fondamentali di donna, primo fra tutti quello ad essere madre.
Ma sono molte le donne palestinesi che devono subire, all’atto dell’arresto o della detenzione, varie forme di tortura e di maltrattamenti, tra cui percosse, insulti, minacce, perquisizioni invasive, molestie sessuali e abusi psicologici.
Le carceri israeliane, inoltre, mancano completamente di un approccio di genere, e così le detenute palestinesi soffrono per le dure condizioni di prigionia, ivi compreso il sovraffollamento delle celle, che mancano dei requisiti minimi di salute e igiene, per la negligenza dei medici e la mancanza di una assistenza sanitaria specialistica, per la impossibilità di studiare e, come abbiamo visto, per il diniego di ricevere visite familiari.
E’ per tutto questo che l’associazione per i diritti umani Addameer, in occasione della Giornata internazionale delle donna, ha promosso una petizione per chiedere il rilascio di tutte le prigioniere palestinesi. Il testo della petizione è il seguente:
Noi, sottoscritti membri della società civile mondiale, vogliamo celebrare l’8 marzo 2011, Giornata internazionale della donna, chiedendo alle autorità israeliane di rilasciare immediatamente tutte le prigioniere politiche e le detenute palestinesi dalle carceri israeliane, incluse le donne in regime di detenzione amministrativa. Condanniamo il trattamento crudele e discriminatorio a cui sono soggette le prigioniere politiche e le detenute palestinesi durante il loro arresto, gli interrogatori e in prigione, ivi comprese le molestie sessuali, le punizioni psicologiche e fisiche e le umiliazioni, nonché la privazione di una assistenza sanitaria specialistica. Tutto ciò avviene in violazione del diritto internazionale e deve cessare immediatamente.
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Etichette: 8 marzo, diritti umani, donne palestinesi, palestina
1 Commenti:
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