11 settembre 2011

Tre morti e oltre mille feriti al Cairo nell'assalto all'ambasciata israeliana.

Ancora gravi disordini in Egitto per le manifestazioni di protesta popolare contro Israele a seguito dell’uccisione di cinque guardie di frontiera egiziane per opera dell’esercito israeliano, proteste che non accennano minimamente a placarsi.

Anche stavolta, come nel caso della crisi diplomatica con la Turchia, tutto nasce dall’eccesso di forza e dalle uccisioni indiscriminate dell’esercito israeliano, le cinque guardie di frontiera egiziane uccise dal fuoco degli elicotteri e delle truppe di Tsahal durante la caccia agli attentatori di Eilat, i nove attivisti turchi trucidati a bordo della Mavi Marmara, nave che faceva parte della Freedom Flotilla.

E nasce, soprattutto, dallo smisurato orgoglio e dal senso di onnipotenza di Israele, che gli impedisce di avanzare quelle scuse formali che avrebbero riportato la calma e impedito il degenerare della situazione.

Ma anche nel caso dell’uccisione dei soldati egiziani, il massimo che ha saputo fare il governo israeliano, per bocca del ministro Barak, è stato esprimere il proprio “rammarico”, come se a causarne la morte fosse stato un accidente naturale o il destino cinico e baro.

E si dimostra ancora, come se ce ne fosse bisogno, che lasciare mano libera a Israele nel suo uso incontrollato della propria potenza bellica, nei suoi raid, nei suoi crimini, non equivale affatto a fargli un favore o a dimostrargli amicizia, bensì, all’opposto, lo condanna all’odio e all’isolamento, e perpetua nella regione un clima di pericolosa tensione.


IL CAIRO - Si aggrava il bilancio delle violenze di ieri notte nei pressi dell'ambasciata di Israele al Cairo. Secondo fonti del ministero della Sanità ci sono tre vittime, mentre i feriti sono saliti a 1.049. E' intanto rientrato in Israele l'ambasciatore israeliano al Cairo insieme al suo staff, evacuati dall'ambasciata in Egitto dopo l'attacco alla sede da parte di manifestanti. Ora sarà il console israeliano, delegato agli Affari di Stato e rimasto al Cairo, a reggere l'ambasciata.


Respinte dimissioni Sharaf. Il premier egiziano Essam Sharaf ha offerto oggi le sue dimissioni, insieme ai ministri del suo gabinetto, per "l'incapacità mostrata ieri sera nel fronteggiare le proteste di piazza". Le dimissioni sono state comunque respinte dal consiglio militare egiziano, che detiene il potere da quando lo scorso febbraio è stato rovesciato il regime dell'ex presidente Hosni Mubarak.


Nella capitale egiziana intanto continuano gli scontri fra manifestanti e polizia nei pressi della sede diplomatica e dell'università, dove questa mattina si è udita una sparatoria con armi automatiche. I disordini erano iniziati ieri, dopo la preghiera del venerdì, quando è esplosa la protesta per l'uccisione da parte degli israeliani di cinque guardie di frontiera egiziane dopo gli attentati di Eilat 1


La rappresentanza diplomatica è stata assaltata da una folla di manifestanti egiziani, che prima hanno demolito il muro di protezione dell'edificio, poi sono entrati, lanciando documenti dalle finestre e costringendo l'ambasciatore a una precipitosa fuga in aeroporto. Il premier Netanyahu ha chiamato Obama per chiedere aiuto, il presidente americano ha invitato l'Egitto a garantire la sicurezza della sede diplomatica. Il ministro dell'Interno egiziano ha dichiarato lo stato di allerta, decine di blindati sono accorsi sul posto e ci sono stati scontri tra forze di sicurezza e manifestanti.


Per Netanyahu si è trattato di un "incidente serio" e una "grave offesa". Si è "evitato un disastro", ha aggiunto, ringraziando Barack Obama per il sostegno. Nei momenti più tesi dell'assalto, sei membri dello staff della rappresentanza diplomatica sono rimasti intrappolati all'interno dell'edificio e sono stati salvati solo grazie all'intervento delle teste di cuoio egiziane. Lo ha riferito alla Bbc un funzionario del governo israeliano.


In Israele è stata attivata un'unità di crisi, presso la sede del ministero degli Esteri a Gerusalemme, dove è giunto anche il ministro, Avigdor Lieberman. Per la leader di Kadima, il partito di opposizione centrista israeliano, ed ex ministro degli Esteri, Tzipi Livni, l'attacco rappresenta "un grave incidente", ma lo storico trattato di pace del 1979 - il primo sottoscritto dallo Stato ebraico con un Paese arabo - "deve essere mantenuto, a dispetto di una folla rabbiosa di strada".


A scatenare le proteste degli egiziani era stata la decisione delle autorità locali di erigere una protezione a difesa della rappresentanza diplomatica israeliana, oggetto di numerose manifestazioni, soprattutto dopo l'uccisione di cinque guardie di frontiera egiziane dopo gli attentati di Eilat. Secondo i manifestanti, l'Egitto dovrebbe seguire l'esempio della Turchia e del suo premier Recep Tayyeb Erdogan, che ha espulso l'ambasciatore israeliano e ha ritirato il suo in Israele in segno di protesta contro le mancate scuse per l'attacco alla flottiglia delle libertà lo scorso anno. Erdogan è atteso al Cairo lunedì, una visita che sta generando grande attesa.


Cdm Egitto: "Protezione ambasciate e misure severe". L'Egitto esprime il suo impegno "a rispettare tutti gli obblighi e accordi internazionali compresi quelli per la protezione di ambasciate e di missioni diplomatiche sul suo territorio". E' quanto emerge dalla riunione straordinaria del Consiglio dei ministri e del Consiglio supremo militare, che ha anche decretato che "Le forze dell'ordine reagiranno agli episodi di vandalismo con misure "ferme e severe" e utilizzeranno "il loro diritto a difendersi ricorrendo a tutte le regole

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