Demolizioni record nel 2011 in Cisgiordania: il crimine impunito di Israele
Secondo una scheda informativa dell’Office
for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA), pubblicata a gennaio di
quest’anno, nel 2011 il numero dei palestinesi costretto a sfollare a causa
della demolizione delle loro case da parte dell’esercito israeliano è aumentato
dell’80% rispetto all’anno precedente. Il numero delle strutture demolite è
aumentato del 42% rispetto al 2010, e le persone direttamente o indirettamente
colpite da tali demolizioni sono oltre 5.300, buona parte delle quali bambini.
Sono dati ben noti e ampiamente divulgati, e
tuttavia passati senza alcun particolare clamore o conseguenza, l’ennesimo dato
statistico che certifica le sofferenze del popolo palestinese e i crimini
perpetrati dalle autorità israeliane.
La demolizione delle case dei palestinesi
residenti nella West Bank, nonché quella di strutture quali cisterne per
l’acqua o ricoveri per animali, è anzitutto un crimine umanitario: il diritto
internazionale, infatti, vieta il trasferimento forzato dei civili residenti
nel territorio occupato, nonché la distruzione delle proprietà private a meno
che non strettamente collegate e necessitate da un’operazione militare in
corso.
Ma la politica delle demolizioni
sistematiche è anche, e soprattutto, un’atrocità ed un abominio da un punto di
vista morale, ovvero – per dirla nel linguaggio più diplomatico del
Coordinatore umanitario dell’Onu per i Territori occupati Maxwell Gaylard, è
totalmente contraria agli “ideali umanitari”.
Chi scrive, per il racconto di persone care
che hanno vissuto la triste condizione del profugo, sa bene cosa significa
perdere la propria casa - sovente per i palestinesi l’unica fonte di certezze
fisiche ed economiche - i propri beni, dover abbandonare la propria terra ed
essere costretto a vivere in campi profughi, con la totale incertezza del
proprio futuro e di quello dei propri figli.
L’OCHA ci ricorda che l’impatto della
demolizione delle case per le famiglie che lo subiscono è psicologicamente
devastante: le mogli provano un accresciuto senso di insicurezza, i mariti
stress ed ansia, i bambini sono costretti a interrompere gli studi e soffrono
di depressione, ansia e sintomi da stress post-traumatico.
Di recente, a proposito del veto di Russia e
Cina ad una risoluzione di condanna contro il regime siriano, molte sono state
le reazioni irate dei governanti occidentali e dello stesso Segretario Onu Ban
Ki-moon, si è parlato di “farsa” e di “scandalo, e si è affermato che, di tal
guisa, l’Onu perderebbe ogni ragion d’essere.
Ma ciò è altrettanto vero se si guarda alla
scandalosa inerzia dell’Onu e della comunità internazionale a fronte dei
crimini israeliani e dell’occupazione illegale dei Territori palestinesi.
Appare incomprensibile come sia stata creata
e tutt’ora esista un’apposita agenzia dell’Onu per l’assistenza ai profughi, e
che nel contempo nulla si faccia contro quegli stati-canaglia che con il loro
operato e le loro politiche di pulizia etnica contribuiscono ad accrescere
senza posa il numero delle persone che sono costrette a vivere l’infelice
esperienza del rifugiato.
Ma evidentemente anche questi sono gli
ignobili dividendi assicurati ad Israele dall’industria dell’Olocausto.
OCHA Gennaio 2012
FATTI SALIENTI
- Quasi 1.100
palestinesi, oltre la metà bambini, sono stati sfollati nel 2011 a causa della
demolizione delle case da parte dell’esercito israeliano, oltre l’80% in più
rispetto al 2010.
- Altre 4.200
persone sono state interessate dalla demolizione di strutture connesse al loro
sostentamento.
- Le forze
israeliane hanno demolito 622 strutture di proprietà di palestinesi, un
incremento del 42% rispetto al 2010. Ciò ha incluso 222 case, 170 ricoveri per
animali, due aule scolastiche e due moschee (una demolita due volte).
- Il numero di
cisterne per la raccolta dell’acqua piovana e di vasche distrutte nel 2011 (46)
è stato più del doppio dell’anno precedente (21), con decine di altre strutture
connesse esposte a future demolizioni.
- La maggior
parte delle demolizioni (il 90%) e dei trasferimenti (il 92%)si sono verificati
nelle già vulnerabili comunità agricole e della pastorizia nell’Area C;
migliaia di altre rimangono a rischio di sfollamento a causa di ordini di
demolizione non ancora eseguiti.
- A
Gerusalemme est c’è stata una significativa diminuzione rispetto agli anni
precedenti, con 42 strutture demolite. Tuttavia, almeno 93.100 residenti, che
vivono in strutture costruite senza permesso, rimangono a rischio di
sfollamento.
- Oltre il 60%
delle strutture di proprietà di palestinesi demolite nel 2011 erano situate in
aree destinate alle colonie.
- Il 70%
dell’Area C è vietato all’attività edilizia dei palestinesi, ed è invece
destinato alle colonie o all’esercito israeliano; un ulteriore 29% soffre di
pesanti restrizioni.
- Solo il 13%
del territorio di Gerusalemme est è lottizzato ad uso edificabile dei
palestinesi, gran parte del quale risulta già costruito, rispetto al 35% che è
stato espropriato e destinato ad uso degli insediamenti colonici israeliani.
Dieci sulle
tredici comunità nell’Area C visitate dall’OCHA hanno riferito che delle
famiglie vengono costrette a trasferirsi a causa delle politiche israeliane che
rendono difficile soddisfare i loro bisogni primari. L’impossibilità di
costruire è uno dei principali fattori scatenanti di questi trasferimenti
forzati.
1. Il trasferimento forzato delle famiglie palestinesi e
la distruzione di abitazioni civili e di altre proprietà da parte dell’esercito
israeliano in Cisgiordania, ivi inclusa Gerusalemme est, hanno un grave impatto
umanitario. Le demolizioni privano le
persone delle loro abitazioni, che spesso costituiscono la loro principale
fonte di sicurezza fisica ed economica. Esse inoltre creano gravi disagi, riducendo
il loro tenore di vita e compromettendo le loro possibilità di accesso ai
servizi di base quali l’acqua e l’igiene, l’istruzione e l’assistenza
sanitaria.
2. L’impatto sul benessere psicosociale delle
famiglie può essere devastante. Spesso le donne sentono di perdere il
controllo sulle faccende domestiche e provano un accresciuto senso di
insicurezza mentre gli uomini sperimentano maggiori stress ed ansia. Per molti
bambini le demolizioni, unitamente all’interruzione della frequenza scolastica ed
alle accresciute tensioni familiari, si traducono in depressione, ansia e
sintomi di disturbi da stress post-traumatico.
3. Secondo le
autorità israeliane, le demolizioni vengono effettuate a causa del fatto che le
strutture sono prive dei necessari permessi di edificabilità. In realtà, per i palestinesi è quasi impossibile
ottenere i permessi. La zonizzazione e il regime di pianificazione urbanistica
applicati da Israele nell’Area C e a Gerusalemme est limita la crescita e lo
sviluppo dei palestinesi, mentre assicura un trattamento preferenziale per le
colonie israeliane illegali. Questo trattamento include l’approvazione di piani
regolatori e la fornitura di infrastrutture essenziali, la partecipazione al
processo di pianificazione urbanistica, e l’assegnazione di terreni e risorse
idriche.
4. Nell’Area C, una
combinazione di linee di condotta e di pratiche israeliane, tra cui
zonizzazioni e pianificazioni urbanistiche restrittive, l’espansione degli
insediamenti colonici, le violenze dei coloni, e le restrizioni alla
circolazione e agli accessi, hanno avuto
come risultato la frammentazione del territorio e il restringimento dello
spazio per i palestinesi, compromettendo la loro presenza. Le autorità
israeliane hanno inoltre segnalato la loro intenzione di trasferire numerose
comunità palestinesi al di fuori di settori strategici dell’Area C, sollevando
ulteriori preoccupazioni di carattere umanitario e giuridico.
5. Israele,
quale potenza occupante la
Cisgiordania , ha l’obbligo di proteggere la popolazione
civile palestinese e di amministrare il territorio a vantaggio di essa. Il diritto internazionale vieta lo spostamento forzato o
il trasferimento dei civili, al pari della distruzione di proprietà private se
non assolutamente necessarie ai fini di operazioni militari. Le demolizioni
delle case e di altre strutture ad uso civile dovrebbero cessare immediatamente
e i palestinesi dovrebbero ottenere imparziali ed effettive zonizzazioni e
pianificazioni urbanistiche per le loro comunità.
Etichette: demolizioni, ocha, palestina, west bank
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