1 settembre 2009

Perbacco, ai bambini di Gaza non insegnano la Shoah!

Dunque la notizia più importante che riguarda le istituzioni scolastiche nella Striscia di Gaza – almeno secondo il sito internet di rainews24 – è che “i circa 200.000 bambini istruiti nelle scuole dell’Onu nella Striscia di Gaza continueranno a non saper nulla dell’Olocausto”, e questo perché nel libro di testo adottato dall’UNRWA (l’Agenzia Onu che si occupa dei rifugiati) non vi è alcuna menzione di questa tragedia.

Si potrebbe qui ricordare che – in maniera speculare – nei libri di testo israeliani non si fa alcun cenno alla nakba, l’espulsione di 750.000 nativi palestinesi dalle loro terre e la distruzione di centinaia di villaggi che hanno preceduto ed accompagnato la nascita dello Stato di Israele, così ben raccontata dall’ultimo saggio dello storico israeliano Ilan Pappe (“La pulizia etnica della Palestina", ed. Fazi).

Ma questa sarebbe un’osservazione invero miserevole, perché in realtà è una vergogna che i bambini palestinesi non sappiano nulla della Shoah. Se conoscessero meglio la storia del popolo ebraico, le sue millenarie sofferenze, la morte di milioni di ebrei nei campi di sterminio nazisti, certamente sarebbero più umani e comprensivi nei confronti degli ebrei d’Israele, e accetterebbero di buon grado le dure conseguenze che devono patire a causa del criminale assedio imposto da questo Stato canaglia alla Striscia di Gaza.

I bambini palestinesi, peraltro, sarebbero avvantaggiati nello studio storico della persecuzione degli ebrei da parte della Germania nazista, dato che possono provare sulla propria pelle, nella realtà con cui devono quotidianamente confrontarsi, quello che era il trattamento riservato agli ebrei del ghetto di Varsavia.

Resterebbe, certo, da spiegare a questi bambini perché mai devono essere loro a pagare, insieme alle loro famiglie, per la tragedia del popolo ebraico e per i sensi di colpa di noi europei, ma questo è solo un dettaglio.

Più interessante sarebbe capire perché mai un’informazione imbelle e asservita dia conto di queste notizie, dimenticando di informare la pubblica opinione sullo stato disastroso in cui versa il sistema educativo palestinese a Gaza.

Eppure poco più di un mese fa, esattamente il 28 luglio, l’Onu e le Agenzie internazionali che operano nella Striscia di Gaza avevano pubblicato un appello per l’immediata riapertura delle frontiere di Gaza e la fine dell’assedio israeliano, anche al fine di risanare il sistema educativo di Gaza.

Secondo l’Onu, “durante i 23 giorni dell’operazione militare israeliana “Piombo Fuso” a Gaza, 18 scuole sono state completamente distrutte e almeno 280 sono state danneggiate. Oggi, ad un mese dall’inizio del nuovo anno scolastico, e a più di sei mesi dal cessate il fuoco, nessuna di queste scuole è stata propriamente ricostruita o ripristinata, a causa della mancanza di materiali da costruzione . Dall’imposizione del blocco, gli studenti hanno dovuto affrontare la cronica mancanza di supporti educativi quali libri di testo, carta, divise…”.

“Il blocco ha causato sofferenze indicibili ai bambini di Gaza, che affrontano un altro anno scolastico in condizioni terribili” ha detto Philippe Lazzarini, facente funzioni di Coordinatore umanitario nei Territori occupati.

Prima di assicurarsi che gli studenti palestinesi a Gaza studino l’Olocausto, forse bisognerebbe far sì che abbiano le scuole in cui studiare, i libri di testo da leggere e la carta per scrivere, e le uniformi da indossare.

Forse, prima, bisognerebbe costringere Israele a togliere un blocco infame e vergognoso imposto a un milione e mezzo di Palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza, un crimine umanitario inaudito che grida vendetta e che incredibilmente viene tollerato dalla comunità internazionale.

Poi magari ci andrò io stesso a insegnare la Shoah ai bambini di Gaza.

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23 Commenti:

Alle 1 settembre 2009 alle ore 13:49 , Anonymous Anonimo ha detto...

è scioccante quanto estremamente schifoso il fatto che si equipari la shoà all'espulsione dei palestinesi. La informo che altrettante persone di religione ebraica vennero cacciate ben prima dagli stati arabi.

http://www.youtube.com/watch?v=zmXXUOs27lI&feature=related

Ecco l'utilizzo delle scuole durante "Piombo Fuso"... questa è la solita propaganda sionista,vero?

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 11:31 , Blogger vichi ha detto...

E' scioccante ed estremamente riprovevole il fatto di non saper capire (o far finta di non capire...) che non si sta paragonando la shoah alla nakba, ma si fa semplicemente notare che, anche in Israele, certi fatti storici vengono cancellati dai libri di storia perchè non "convenienti".

Questo per tacere del fatto che ricade su Israele la colpa di aver mercificato l'olocausto e di averlo trasformato in una vera e propria arma, da brandire per ottenere cospicui risarcimenti da Germania e Svizzera, prima, e per tacitare ogni critica contro Israele, poi.

Per il resto, è noto che Israele e l'Idf hanno inondato il web di video per far ricadere su hamas la colpa dell'elevatissimo numero di vittime civili registrato a Gaza durante "piombo fuso".

Tentativo vano, perchè i report di svariate ong di tutela dei diritti umani - in primis hrw ed amnesty - e di organismi onu hanno dimostrato e reso palesi gli innumerevoli e inauditi crimini di guerra commessi da Israele nella Striscia.

E ancora deve arrivare il rapporto della commissione guidata da Goldstone...

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 11:50 , Anonymous Anonimo ha detto...

"Per il resto, è noto che Israele e l'Idf hanno inondato il web di video per far ricadere su hamas la colpa dell'elevatissimo numero di vittime civili registrato a Gaza durante "piombo fuso"."

I video mostrano chiaramente armamenti nascosti dentro moschee e abitazioni civili...ma anche l'utilizzo delle scuole ONU come rampe di lancio

"Tentativo vano, perchè i report di svariate ong di tutela dei diritti umani - in primis hrw ed amnesty - e di organismi onu hanno dimostrato e reso palesi gli innumerevoli e inauditi crimini di guerra commessi da Israele nella Striscia."

reso palesi cosa?dovrei fidarmi dell'ONU che ormai partecipa al terrorismo di hamas?

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 12:32 , Blogger vichi ha detto...

L'Onu ha sempre negato che, in occasione degli attacchi israeliani contro le sue strutture (in cui erano peraltro rifugiati donne e bambini), all'interno delle stesse vi fossero armi o militanti palestinesi, o che da esse si sparasse contro gli israeliani.

Ma, già, l'Onu, le ong, persino alcuni stati, si tratta solo un'accozzaglia di fiancheggiatori del terrorismo e di dichiarati antisemiti.

Si dovrebbe naturalmente credere solo alla versione di Israele, cioè dar credito alla versione degli assassini.

E' comodo rifiutare - come fa Israele - ogni indagine da parte di organismi terzi e negare ogni collaborazione alle commissioni di inchiesta.

Ma, così facendo, si perde ogni credibilità, e Israele l'ha già persa da tempo.

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 12:57 , Anonymous Anonimo ha detto...

Non è vero che gli ebrei furono espulsi dai paesi arabi prima della nascita di Israele, e nemmeno subito dopo. Furono i sionisti a fare propaganda nel Nord Africa per far emigrare i marocchini ebrei in Israele, e poi, negli anni '50, gli stessi sionisti allontanarono con metodi terroristi (per es. bombe nelle sinagoghe a Baghdad) gli ebrei dall'Iraq. Quando infine Israele prese di mira l'Egitto con la guerra dei sei giorni, altre ondate migratorie si spostarono in Israele a causa dell'atmosfera ormai troppo bellica.

Sono gli stessi storici ebrei ad aver fornito una ricostruzione dettagliata di questo fenomeno, e le testimonianze dal vivo di vecchi e meno vecchi ebrei marocchini, pentiti di aver lasciato il Marocco per andarsene in Israele, sono raccolte nel documentario "Route 181" di Michel Khlefi ed Eyal Sivan (ed. Bollati Boringhieri, un regista palestinese ed uno ebreo), documentario nel quale sono anche raccolte le testimonianze dei massacri compiuti dalle bande terroriste sioniste nel 1948, per esempio la famigerata banda "Stern".

Peraltro, non tutti fra gli ebrei che emigrarono all'epoca in Israele sapevano che il nuovo stato sarebbe stato edificato sopra le espulsioni e i crimini di guerra: molti dei più poveri immigranti, di ispirazione pacifista e socialista, rimasero scioccati dagli eventi e dalle pulizie etniche. Si veda il medesimo documentario, anche per questo argomento.

Una lettrice informata.

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 13:03 , Blogger vichi ha detto...

Ogni tanto, per fortuna, dai commenti al blog riesco ad imparare qualcosa anziché imbarcarmi in sterili polemiche.

Non conoscevo questo documentario e ringrazio la gentile lettrice per l'informazione.

 
Alle 2 settembre 2009 alle ore 17:31 , Anonymous Anonimo ha detto...

Coloro che sostengono che Israele avrebbe perpetrato una pulizia etnica a danno degli arabi non sono in grado di citare una sola ordinanza o disposizione in questo senso. La pulizia etnica degli ebrei dalle terre arabe, invece, fu una politica ufficiale di stato. Gli ebrei vennero ufficialmente espulsi da molte regioni del mondo arabo. La Lega Araba diffuse una dichiarazione con cui raccomandava ai governi arabi di promuovere l'uscita degli ebrei dai paesi arabi, risoluzione che venne attuata attraverso tutta una serie di misure punitive e di ordinanze discriminatorie che resero impossibile la permanenza degli ebrei nelle terre dove erano nati.
Il 16 maggio 1948 il New York Times registrava una serie di misure prese dalla Lega Araba allo scopo di emarginare e perseguitare gli ebrei cittadini degli stati membri. Riportava fra l'altro il testo di una legge "redatta dal Comitato politico della Lega Araba", volta a governare lo status legale degli abitanti ebrei nei paesi della Lega Araba. Essa disponeva che, a partire da una data specifica, tutti gli ebrei - ad eccezione di quelli che non fossero cittadini di un paese arabo - venissero considerati "membri della minoranza ebraica di Palestina". I loro conti bancari sarebbero stati congelati e usati per finanziare la resistenza contro "i piani sionisti in Palestina". Gli ebrei ritenuti sionisti attivi sarebbero stati internati e i loro beni confiscati.
Nel 1951 il governo iracheno approvò una legge che rendeva reato l'affiliazione al sionismo e ordinava "l'espulsione degli ebrei che si rifiutano di firmare una dichiarazione contro il sionismo". Il che contribuì a spingere fuori decine di migliaia di ebrei che vivevano in Iraq, mentre la gran parte delle loro proprietà veniva confiscata dallo stato.
Nel 1967 molti ebrei egiziani vennero internati e torturati, le case ebraiche confiscate. Quello stesso anno in Libia il governo "sollecitava gli ebrei a lasciare temporaneamente il paese" permettendo a ciascuno di loro di portare con sé una sola valigia e l'equivalente di 50 dollari.
Nel 1970 il governo libico promulgò nuove leggi per la confisca di tutti i beni degli ebrei libici, emettendo al loro posto obbligazioni con scadenza a 15 anni. Ma quando i buoni maturarono, non venne pagato nessun rimborso. Il leader libico Muammar Gheddafi si giustificò dicendo che "lo schierarsi degli ebrei con Israele, nemico delle nazioni arabe, li priva del diritto al rimborso".
Non sono che pochi esempi di ciò che divenne una politica comune un po' in tutto il mondo arabo, per non menzionare i pogrom e le aggressioni contro ebrei ed istituzioni ebraiche che giocarono un ruolo decisivo nell'esodo degli ebrei da quei paesi.

La lettrice informata non dovrebbe andare in giro a raccontare fesserie. Non è falsando la storia che si diventa informati.

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 09:56 , Anonymous Andrea ha detto...

Giusto il paragone tra Ghetto di Varsavia e attuale situazione a Gaza. E' noto che dal ghetto venivano lanciati razzi kassam sulle città tedesche, e che vi si addestravano kamikaze per farsi saltare in aria tra i civili tedeschi.

Un lettore informato

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 10:30 , Blogger vichi ha detto...

anonimo 7: non so, dice niente ad esempio il piano dalet?

andrea: dunque, seguendo il tuo ragionamento, vista l'ostilità degli ebrei e l'insurrezione del ghetto, ex post si può dire che i tedeschi facevano bene a tenerli rinchiusi dietro un muro!

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 11:01 , Anonymous gary78 ha detto...

David Ben Gurion negli anni trenta: "Dobbiamo usare il terrore, l'assassinio, l'intimidazione, la confisca di beni per ripulire la Galilea dalla sua precedente popolazione araba", dichiarazione spaventosa che evidenzia la volontà di pulizia etnica.
Sempre Gurion." Non esiste nessun luogo, qui in palestina, che non avesse una precedente popolazione araba. Tra di noi dobbiamo dirci la verità:noi siamo i conquistatori e loro si difendono".
Menehim Begin, capo dell'Irgun, gruppo terrorista:" I palestinesi periranno come cavallette, sfracellati con la testa contro il muro".
Questi sono gli "eroi" fondatori d'Israele e se i loro crimini non sono molto conosciuti è perchè riuscirono abilmente a coprirli, spesso con la complicità dei colonialisti inglesi, che pubblicavano rapporti ufficiali favorevoli ai sionisti.
Oltretutto vi sono testimonianze di viaggiatori del seicento e del settecento che descrivono la Palestina come una terra fertile e soprattutto piena di distese di grano, al punto tale che il grano esportato dalla palestina riuscì in parte a risollevare l'economia francese messa a dura prova dalle carestie nel Settecento.
Il mito sionista della terra desertica spopolata è falso e serve solo a giustificare la colonizzazione.
Per quanto riguarda gli ebrei espulsi dai Paesi arabi, non si hanno prove di una volontà di epurazione etnica, anche perchè molti ebrei aderirono al sionismo ed è possibilissimo che l'emigrazione fosse volontaria, dovuta alla volontà di arruolarsi nelle armate israeliane oppure dettata dalla volontà di abbandonare territori minacciati dal conflitto, non lo sappiamo.

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 11:26 , Anonymous Anonimo ha detto...

Ecco cosa scrive la storica ebrea francese E. Benbassa nel suo libro "Gli ebrei hanno un futuro?" (Bari 2003), a pag. 127: "Sappiamo per esempio che gli ebrei dell'Iraq non volevano emigrare in Israele. Secondo i lavori storici più recenti, furono alcuni agenti sionisti a far precipitare la loro partenza, collocando in una sinagoga di Bagdad una bomba che causò molti danni e che soprattutto provocò il panico fra gli ebrei iracheni, i quali si decisero allora a partire".

Per gli ebrei marocchini, invece, le partenze per ISraele furono sollecitate attraverso la propaganda condotta da una fitta rete di giovani attivisti sionisti, i quali peraltro facevano leva soprattutto sul mito di un Paese dove ci sarebbe stata ricchezza e benessere anche per i più poveri (non dimentichiamo che all'epoca il Marocco era molto povero e privo di aiuti internazionali, che invece affluivano dopo la II guerra mondiale al movimento sionista).

Testimonianze orali (una donna ormai 60enne, marocchina, ex-propagandista sionista da ragazza, che afferma di aver convinto la famiglia a partire grazie alle sue parole, si trattava del miraggio di una maggiore benessere e non di difficili rapporti con i marocchini arabi, che anzi erano ottimi) le ritroviamo nel documentario "Route 181" citato sopra (pubblicato unitamente a un libro da Bollati Boringhieri). Questo documentario contiene anche i dubbi dei medesimi ebrei marocchini, che si chiedono se sia valsa la pena di abbandonare tutto per un paese senza anima e costantemente in guerra con tutti.

Ho citato l'Iraq e il Marocco, ma le dinamiche furono simili in molti altri paesi. Dall'Algeria gli ebrei francesi se ne andarono quando cessò il dominio coloniale francese, e andarono in Francia, non in Israele. Questo perché, a differenza di altri paesi nordafricani, costituivano una classe agiata e borghese.
Peraltro, in Algeria non tutti se ne andarono, ma qualcuno di loro partecipò addirittura alla lotta anticolonialista a fianco degli algerini, e rimase anche dopo l'indipendenza.

Israele è nato come stato nazionalista imperiale, fondato sulla pulizia etnica (villaggi cancellati, nomi riscritti, abitanti uccisi, abitazioni rubate): per chi voglia informarsi dal vivo consiglio sempre la visione di "Route 181", i due registi – israeliano ebreo ed arano palestinese – viaggiano in auto a riscoprire le tracce dei villaggi e delle città arabe cancellate. Link: http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833915364.


Una lettrice informata.

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 12:06 , Anonymous Andrea ha detto...

Poca attenzione hanno ricevuto lo scorso luglio le rivelazioni del presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), sulla tv Al-Palestinia. Abu Mazen ha parlato della sua giovinezza a Safed, da dove racconta sempre che la sua famiglia fu cacciata a forza dalle truppe israeliane nel 1948. L’armamentario che gli è indispensabile sulla scena araba e internazionale: la commovente postura della povera vittima conferisce un’apparente autorità morale alla sua causa. Ma una spensierata disattenzione – o la convinzione che nessuno ascolti i discorsi tra arabi – a volte fa cadere la maschera così pazientemente fabbricata. È quello che è accaduto ad Abu-Mazen il 6 luglio scorso.
Il co-fondatore di Fatah, soffermandosi a lungo sulle sue origini a Safed, ha lasciato trapelare per caso la verità. “Fino alla nakba ( “la sciagura”, il greve sinonimo usato in arabo per indicare l’indipendenza di Israele) – ha raccontato – la sua famiglia “viveva da benestante a Safed”. Quando Abu Mazen aveva 13 anni, prosegue il racconto, “partimmo a piedi di notte per il fiume Giordano... Infine ci stabilimmo a Damasco... Mio padre era ricco, e spendeva con metodo il suo denaro. Dopo un anno, quando il denaro finì, cominciammo a lavorare”.
“La gente – continua Abu Mazen – era motivata ad andarsene... Temevano ritorsioni da parte delle organizzazioni terroriste sioniste, particolarmente quelle di Safed. Quelli di noi che erano di Safed temevano soprattutto che gli ebrei nutrissero vecchi propositi di vendetta per ciò che era avvenuto durante la sommossa del 1929. Questo era nella memoria delle nostre famiglie e dei nostri genitori... Si rendevano conto che l’equilibrio delle forze stava cambiando, e quindi l’intera città venne abbandonata sulla base di questa logica: salvare la nostra vita e i nostri averi”.
E così, ecco la verità direttamente dalle labbra del gran capo dell’Autorità Palestinese. Lui, e proprio lui, attesta che nessuno espulse gli arabi da Safed. Il loro esilio fu il frutto di una scelta, spinti dalla chiara consapevolezza della loro responsabilità e dalla convinzione che gli ebrei si sarebbero mossi sulla base degli stessi standard di faida e di sangue che prevalgono nella cultura araba. In modo poco realistico immaginavano che gli ebrei avrebbero fatto loro esattamente ciò che gli arabi avevano fatto agli ebrei a Safed. Se questa era la loro premessa, avevano un ottimo motivo per andare nel panico.
La “sommossa” cui fa riferimento Abu Mazen fu uno dei pogrom istigati in serie dal famigerato mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, ancor oggi venerato in tutto il mondo arabo: un entusiasta collaboratore nazista residente a Berlino durante la seconda guerra mondiale, un criminale di guerra ricercato nel dopoguerra.
Nell’agosto 1929 Husseini chiamò a raccolta gli arabi per massacrare gli ebrei con il falso pretesto che gli ebrei complottassero per impadronirsi del Monte del Tempio. Sessantasette membri dell’antica comunità ebraica di Hebron furono orrendamente fatti a pezzi. Fu la mattanza più famosa, ma non l’unica che venne perpetrata in quell’occasione nel paese. Nell’altrettanto antica comunità ebraica di Safed, ventun ebrei furono massacrati in modo altrettanto orrendo (un gatto venne infilato nell’addome sventrato di una donna). Un bambino e una giovane donna che doveva sposarsi il giorno successivo furono uccisi a sangue freddo da poliziotti arabi assegnati dalle autorità mandatarie inglesi a sorvegliare la maggioranza degli ebrei di Safed che aveva cercato salvezza nel cortile della polizia.

 
Alle 3 settembre 2009 alle ore 17:40 , Anonymous Anonimo ha detto...

http://torontodeclaration.blogspot.com/

 
Alle 4 settembre 2009 alle ore 09:09 , Blogger arial ha detto...

Lettera a Martin Buber di hans Khon: sul sionismo
Noi ci poniamo come innocenti che sono stati assaliti. Non vi è dubbio che ad agosto gli arabi ci hanno aggredito. Poiché non dispongono di nessun corpo armato, non pote vano neanche attenersi a regole militari. Hanno compiuto tutti gli atti barbarici che sono propri delle rivolte coloniali. Ma noi siamo obbligati a considerare le cause più profon de. Noi siamo da dodici anni in Palestina senza aver fatto neanche una volta il tentativo di affaticarci per il consenso del popolo, per trattare con il popolo che abita nel paese. Ci siamo affidati esclusivamente alla forza militare della Gran Bretagna. Ci siamo posti obiettivi che necessariamente e in se stessi avrebbero condotto a conflitti con gli arabi, e dei quali dovevamo dirci che sono motivo, e giustificato motivo, di una rivolta nazionale contro di noi. Non avremmo dovuto farci costringere al Libro Bianco del 1922 dall'esterno, ma avremmo dovuto svilupparlo come nostra propria ideologia. Quando siamo arrivati nel paese, era nostro dovere arrivare con proposte di costituzione che senza grande danno, anzi negazione dei diritti e libertà arabi, ci avrebbero permesso un libero sviluppo culturale e sociale. Invece per dodici anni abbiamo agito come se gli arabi non esistessero e ci ralle gravamo quando non ci veniva ricordata la loro esistenza.

continua qui

http://rete-eco.it/riflessioni/qagli-albori-di-israele-una-riflessione-sul-sionismoq-di-hans-kohn.html

 
Alle 4 settembre 2009 alle ore 09:17 , Blogger arial ha detto...

per capire "le pressioni" basta ricordare il recente caso degli ebrei iraniani E' stato offerto una somma di denaro e agevolazioni di tutti i tipi per lasciare l'iran e recarsi in Israele: sono pochissimi hanno ootato per questa scelta
DOCUMENTAZIONE E VIDEO tratto da haaretz )

 
Alle 4 settembre 2009 alle ore 12:24 , Blogger vichi ha detto...

Anche i matrimoni "misti" con non ebrei e l'assimilazione degli ebrei in Europa o nel Nord America vengono combattuti con ampio dispiego di mezzi finanziari e campagne informative.

Gli ebrei assimilati, infatti, sono considerati "persi" per sempre!

http://www.haaretz.com/hasen/spages/1112036.html

 
Alle 4 settembre 2009 alle ore 12:27 , Blogger vichi ha detto...

per arial: puoi indicarmi per caso il link di haaretz riguardante gli ebrei iraniani?

Un caro saluto.

 
Alle 4 settembre 2009 alle ore 21:39 , Blogger arial ha detto...

http://frammentivocalimo.blogspot.com/2008/12/ebrei-in-iran.html

tutto il materiale

sull'assimilazione:

http://frammentivocalimo.blogspot.com/2009/09/invito-agli-ebrei-della-diaspora-di-non.html

allucinante:


A proposito di «Israele come garanzia della continuità storica dell’Ebraismo». Lo Stato d’Israele, che non è che un ingranaggio di potere politico portante il nome d’Israele, non rappresenta una garanzia della continuità storica dell’Ebraismo (quale Ebraismo??). Non c’è proprio nulla che possa «assicurare (!!) un’esistenza eterna (!!) al popolo (definito in base a che?) nello Stato e nella diaspora». Fondare l’esistenza di un popolo - che non abbia né una specifica sostanza culturale e spirituale né uno specifico sistema di vita - sullo Stato, ossia sull’ingranaggio del potere, è l’essenza dell’ideologia fascista. A qual pro tenere in vita un popolo «ebraico» la cui sostanza non sia altro che una sovranità «ebraica» una bandiera «ebraica», un governo «ebraico», un esercito «ebraico» e tutti gli altri accessori del cannibalismo nazionalista?
Leibowitz

 
Alle 5 settembre 2009 alle ore 10:47 , Anonymous Anonimo ha detto...

il termine nabka è bandito semplicemente perchè è un termine improprio che non descrive bene la storia. descrivere la nascita di Israele come una catastrofe non è un fatto storico, ma un opinione di qualche imbecille che non merita di essere studiata. il non insegnamento della shoah è la punta dell'iceberg visto che ai palestinesi viene insegnato che dio li salverà se uccideranno tanti ebrei, che gli ebrei diffondono l'aids, e tante altre boiate. per avere la verità bisogna combattere l'ignoranza, quindi la cultura palestinese
www.maurod.ilcannocchiale.it

 
Alle 6 settembre 2009 alle ore 19:09 , Blogger arial ha detto...

i tanti che si lacerano le vesti perchè non si insegna la shoah, usandola strumentalmente per i loro fini, hanno mai parlato del Museo palestinese sulla shoah, degli arabi musulmani che hanno salvato gli ebrei, del palestinese che spiega la sua scoperta personale dell'Olocausto? Se i tanti che hanno trasformato la shoah, negandola per primi, in uno strumento politico usandola per i loro fini si preoccupassero di più di come sono trattati i superstiti dell'Olocausto in israele e della loro protesta...forse creerebbeo ponti universalizzando la tragedia avvenuta...ma a questi fa copo l'uso personale per continuare a dividere e a demonizzare

PS tutte le affermazioni fatte hanno riscontro in documenti ebraici e israeliani ufficiali

 
Alle 7 settembre 2009 alle ore 11:09 , Blogger vichi ha detto...

arial: grazie per i riferimenti!

anonimo n.19: come non averci riflettuto, il negazionismo "su larga scala" - quello dell'Olocausto per intenderci - è bandito e condannato da numerose leggi, il negazionismo "su piccola scala", quello relativo alla pulizia etnica - scientificamente pianificata e posta in essere - che ha preceduto e accompagnato la nascita e la vita dello Stato di Israele è invece ammesso, ed anzi è una degna battaglia culturale!

C'è davvero una grossa battaglia culturale che dobbiamo intestarci, fare piazza pulita (in maniera metaforica, s'intende...) di tutta la spazzatura propagandistica, del fanatismo e dell'ignoranza sparsa a piene mani per il web (ma non solo) dai sostenitori della causa sionista e dagli amici di quello Stato canaglia che ha per nome Israele.

 
Alle 9 settembre 2009 alle ore 07:40 , Blogger arial ha detto...

Moni Ovada
Ma la questione principale della memoria è a mio parere un’altra. Se la memoria non è uno strumento di costruzione del futuro, se non viene sottratta alle forme retoriche della routine, rischia di diventare un boomerang. Per evitare una simile pericolosa eventualità, è urgente vivificare il senso ultimo della Shoà nella battaglia contro ogni forma di razzismo, di sopraffazione, di offesa alla dignità e al diritto degli uomini, di ogni uomo. Solo il legame con le grandi battaglie per l’uguaglianza, per la pace, per la giustizia sociale, per la sacralità universale di ogni esistenza umana tiene viva quella memoria e la rilancia eticamente contro l’inaridimento celebrativo e l’isterilirsi nelle forme museali che ne fanno una comoda copertura delle false coscienze.

http://it.peacereporter.net/articolo/7149/


h

 
Alle 18 novembre 2009 alle ore 02:45 , Anonymous Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

 

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