13 luglio 2011

La legge sul boicottaggio sovverte la democrazia israeliana

La notte dell’11 luglio, il plenum del Parlamento israeliano ha approvato in lettura finale la cd. “Legge sul Divieto di Boicottaggio”, con 47 voti a favore e 38 contrari.


La legge mira a reprimere ogni appello al boicottaggio economico, culturale o accademico dello Stato, delle sue istituzioni o di ogni area che si trovi sotto il suo controllo, con chiaro riferimento, in questo caso, al boicottaggio dei prodotti provenienti dalle colonie nei Territori palestinesi occupati. I trasgressori possono essere citati in giudizio anche da singoli cittadini e sono passibili di sanzioni pecuniarie; le aziende o le organizzazioni che appoggiano il boicottaggio potrebbero essere escluse inoltre dalla partecipazione a gare pubbliche per l’assegnazione di lavori, mentre le ong rischiano di perdere ogni beneficio fiscale previsto in loro favore.


Si tratta, di tutta evidenza, di una legge anti-democratica che limita fortemente il diritto alla libertà di espressione, una vergognosa espressione della volontà del Governo e del Parlamento israeliano di calpestare i principi fondamentali della democrazia pur di difendere l’occupazione e il regime di apartheid che la sostiene.


Paradossalmente, Hagai El-Ad, il direttore esecutivo dell’Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI), ha fatto notare che, di recente, un gruppo di consumatori israeliani ha lanciato la prima campagna di boicottaggio coronata da successo, facendo scendere il prezzo della ricotta. “Perché dovrebbe essere consentito ai cittadini israeliani di boicottare la ricotta israeliana, come abbiamo sentito e visto nelle ultime settimane, ma dovrebbe essergli impedito di boicottare l’occupazione?”, ha sostenuto in una recente dichiarazione.


Persino il consulente legale della Knesset Eyal Yinon, nel presentare il suo parere, ha espresso aspre critiche sulla proposta di legge anti-boicottaggio, sostenendo che “l’ampia definizione di boicottaggio dello Stato di Israele costituisce una violazione del dogma centrale della libertà di espressione politica”, lamentando inoltre la contrarietà alle norme costituzionali della disposizione che permette ad ogni individuo di chiedere un indennizzo monetario che non dipende in alcun modo da un danno effettivamente causato.


Secondo Yinon, queste norme hanno lo scopo di “influenzare il dibattito politico sul futuro di Giudea e Samaria (cioè della Cisgiordania, n.d.r.), un dibattito che è stato al centro della discussione politica nello Stato di Israele per oltre 40 anni”.


Sul punto, non si può che condividere l’editoriale di Ha’aretz sull’argomento, pubblicato la mattina precedente all’approvazione della legge e rimasto purtroppo inascoltato. Israele infatti, temendo come la peste l’arma non violenta del boicottaggio e volendo nel contempo ridurre al silenzio ogni voce dissonante al suo interno, ancora una volta adotta provvedimenti liberticidi e si allontana dai principi fondamentali che dovrebbero caratterizzare uno stato civile e una democrazia.


La legge sul boicottaggio sovverte la democrazia israeliana


editoriale di Haaretz – 11.7.2011


E’ previsto per oggi che la Knesset approvi la lettura finale della Legge sul Divieto di Boicottaggio, che prevede severe sanzioni per chiunque promuova, direttamente o indirettamente, il boicottaggio di Israele. Tra l’altro, la legge prevede che ogni persona o organizzazione che invochi il boicottaggio di Israele, incluso il boicottaggio degli insediamenti colonici, venga ritenuta colpevole di un reato civile. Le organizzazioni che promuovono i boicottaggi non avrebbero diritto di ricevere donazioni deducibili dalle tasse o di ottenere finanziamenti da parte dello stato.


Questa legge spregevole viola palesemente le Leggi costituzionali israeliane. Essa è formulata in un linguaggio vago: definisce “un boicottaggio dello Stato di Israele” in modo molto esteso, mentre la definizione di causare un boicottaggio è fluida. Secondo la legge, sarebbe sufficiente che la richiesta di boicottaggio di Israele abbia “una ragionevole possibilità” di condurre ad un boicottaggio effettivo perché venga stabilito che il trasgressore (secondo l’Ordinanza sugli Illeciti Civili, nuova versione) ha commesso un reato civile. Il trasgressore verrebbe quindi privato di significativi benefici economici e dovrebbe anche pagare un elevato risarcimento a chi presumibilmente è stato danneggiato dal boicottaggio.


Questa vaghezza è intenzionale, finalizzata a nascondere l’obiettivo di stendere una vasta rete di protezione sulle colonie, i cui prodotti, le cui attività e in realtà la cui stessa esistenza – che tanto per cominciare è controversa – costituiscono il motivo principale delle iniziative di boicottaggio, sia nazionali che estere. I legislatori stanno quindi cercando di mettere a tacere una delle più legittime forme di protesta, e di limitare la libertà di espressione e di associazione di coloro i quali si oppongono all’occupazione e alla violenza dei coloni, e intendono protestare contro il viziato ordine di priorità del governo.


Gli sponsor della legge stanno anche creando una menzognera equivalenza tra lo Stato di Israele e la società israeliana nel suo complesso, da un lato, e le colonie dall’altro. In tal modo, essi stanno garantendo ai coloni una indiscriminata legittimazione.


Questo è un atto politicamente opportunistico e anti-democratico, l’ultimo in una serie di leggi oltraggiosamente discriminatorie ed esclusorie emanate lo scorso anno, che accelera il processo di trasformazione del codice delle leggi israeliane in un inquietante documento dittatoriale. Esso getta l’ombra intimidatoria del reato su ogni boicottaggio, petizione o persino commento su un giornale. Molto presto, ogni dibattito politico verrà messo a tacere.


I membri della Knesset che votano per questa legge devono comprendere che essi stanno sostenendo l’imbavagliamento della protesta come parte di uno sforzo in atto per liquidare la democrazia. Simili mosse possono essere rappresentate come mosse a difesa di Israele ma, in realtà, esse aggravano il suo isolamento internazionale.

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