La discriminazione razziale del sistema giudiziario israeliano
Gli amici di Israele – ahimé ben presenti anche in Italia – amano propinarci la favoletta secondo cui lo stato ebraico sarebbe una nazione civile e democratica, garante delle libertà e dei diritti di tutti i cittadini e, dunque, anche della minoranza araba. Naturalmente si tratta di una clamorosa menzogna.
Lo dimostra, ad esempio, un recente studio statistico commissionato dall’Amministrazione dei Tribunali israeliani e dall’Ordine degli Avvocati, che ha rivelato che, per certi crimini, gli Arabi israeliani hanno più probabilità di essere condannati rispetto agli Ebrei e, una volta condannati, hanno maggiori probabilità di finire in prigione, e per un tempo più lungo.
Lo studio, condotto su un campione di 1.500 casi penali, mostra, in particolare, che il 48,3% degli Arabi condannati per violenza, reati contro la proprietà, crimini relativi a droga o armi, viene punito con una pena detentiva, mentre ciò avviene soltanto nel 33,6% dei casi quando il condannato è un Ebreo.
Ancora più marcata è la disparità se si esaminano separatamente i crimini violenti: in questo caso, infatti, il 63,5% degli Arabi israeliani riceve una condanna ad una pena detentiva, contro una percentuale pari al 43,7% se il colpevole è un Ebreo.
Anche la durata della condanna varia secondo un criterio “etnico”, dato che la durata media della detenzione è di nove mesi e mezzo per gli Ebrei e di 14 mesi per gli Arabi.
In buona sostanza, dunque, i ricercatori sostengono che il sistema giudiziario israeliano discrimina pesantemente gli Arabi, giudicati più duramente con riguardo sia alle percentuali di condanna degli indagati sia alla percentuale di pene detentive comminate sia alla durata media delle pene detentive medesime.
Si tratta, come dovrebbe essere ben chiaro a tutti, di un fatto gravissimo, perché si assume che la discriminazione razziale arrivi addirittura a permeare l’intera organizzazione statuale e, in specie, persino il sistema giudiziario, che dovrebbe costituire il faro e la guida di una nazione per quanto attiene alla giustizia e al diritto.
E Ha’aretz, nell’editoriale che segue, non a caso parla di Israele, con buone ragioni direi, come di un regime di apartheid.
I tribunali israeliani devono cessare le discriminazioni anti-Arabe
Editoriale di Ha’aretz – 3.8.2011
I Tribunali israeliani discriminano gli Arabi israeliani. Se ci fosse stato qualche dubbio su ciò, un dettagliato studio, il primo del suo genere, commissionato dall’Amministrazione dei Tribunali israeliani e dall’Ordine degli Avvocati, lo ha appena stabilito conclusivamente.
Secondo lo studio, le cui principali risultanze sono state riportate da Tomer Zarchin sull’edizione di Ha’aretz di ieri, gli Arabi ricevono pene detentive in carcere più spesso degli Ebrei condannati per gli stessi reati, e agli Arabi vengono comminate sentenze detentive più lunghe rispetto agli Ebrei che finiscono in prigione. Gli autori dello studio concludono che la loro scoperta più rilevante è la tendenza dei Tribunali israeliani a trattare gli imputati arabi con maggiore durezza: quando gli Arabi finiscono in tribunale, hanno maggiori probabilità di essere condannati; quando vengono condannati, essi rischiano di ricevere una condanna più dura di quella che normalmente riceverebbe un Ebreo. E’ difficile immaginare una realtà più inquietante.
Non si tratta più di una questione di discriminazione sulla base della nazionalità da parte dei comitati di ammissione di piccole comunità o dei buttafuori di un locale notturno. Non si tratta solo di una questione di discriminazione negli stanziamenti di bilancio. Questo preoccupante parossismo ha già raggiunto il suo apice: lo stesso sistema giudiziario, che dovrebbe servire alla società come faro del diritto e della giustizia.
L’Amministrazione dei Tribunali e l’Ordine degli Avvocati hanno fatto bene a commissionare lo studio. Ma ora, spetta al sistema giudiziario sradicare questa piaga di sistematica discriminazione.
I giudici israeliani abitano in mezzo alla gente, ma non devono consentire che essi stessi vengano infettati dallo stato d’animo razzista che si sta diffondendo all’interno della società israeliana. Al contrario, il sistema giudiziario deve combattere contro questo atteggiamento moralmente riprovevole.
I cittadini arabi devono godere di eguali diritti sotto ogni punto di vista – ma anzitutto quando si tratta del sistema di applicazione della legge. Essi devono sapere che non dovranno mai affrontare condanne discriminatorie a causa della loro nazionalità. Questa condizione essenziale, tuttavia, attualmente non viene soddisfatta.
Ogni livello del sistema giudiziario, dalla Corte Suprema in giù, deve designare questa come una delle missioni più urgenti ed importanti – garantire parità di trattamento a tutti coloro che vi compaiono davanti. Il Presidente della Corte Suprema Dorit Beinisch deve inviare un messaggio urgente e inequivocabile ad ogni giudice in Israele: le condanne discriminatorie ai danni degli Arabi devono cessare. Razzismo? Non nei tribunali.
Perché altrimenti, chi accusa Israele di mantenere un regime di apartheid sarà giustificato per quanto riguarda i cittadini arabi israeliani.
Lo dimostra, ad esempio, un recente studio statistico commissionato dall’Amministrazione dei Tribunali israeliani e dall’Ordine degli Avvocati, che ha rivelato che, per certi crimini, gli Arabi israeliani hanno più probabilità di essere condannati rispetto agli Ebrei e, una volta condannati, hanno maggiori probabilità di finire in prigione, e per un tempo più lungo.
Lo studio, condotto su un campione di 1.500 casi penali, mostra, in particolare, che il 48,3% degli Arabi condannati per violenza, reati contro la proprietà, crimini relativi a droga o armi, viene punito con una pena detentiva, mentre ciò avviene soltanto nel 33,6% dei casi quando il condannato è un Ebreo.
Ancora più marcata è la disparità se si esaminano separatamente i crimini violenti: in questo caso, infatti, il 63,5% degli Arabi israeliani riceve una condanna ad una pena detentiva, contro una percentuale pari al 43,7% se il colpevole è un Ebreo.
Anche la durata della condanna varia secondo un criterio “etnico”, dato che la durata media della detenzione è di nove mesi e mezzo per gli Ebrei e di 14 mesi per gli Arabi.
In buona sostanza, dunque, i ricercatori sostengono che il sistema giudiziario israeliano discrimina pesantemente gli Arabi, giudicati più duramente con riguardo sia alle percentuali di condanna degli indagati sia alla percentuale di pene detentive comminate sia alla durata media delle pene detentive medesime.
Si tratta, come dovrebbe essere ben chiaro a tutti, di un fatto gravissimo, perché si assume che la discriminazione razziale arrivi addirittura a permeare l’intera organizzazione statuale e, in specie, persino il sistema giudiziario, che dovrebbe costituire il faro e la guida di una nazione per quanto attiene alla giustizia e al diritto.
E Ha’aretz, nell’editoriale che segue, non a caso parla di Israele, con buone ragioni direi, come di un regime di apartheid.
I tribunali israeliani devono cessare le discriminazioni anti-Arabe
Editoriale di Ha’aretz – 3.8.2011
I Tribunali israeliani discriminano gli Arabi israeliani. Se ci fosse stato qualche dubbio su ciò, un dettagliato studio, il primo del suo genere, commissionato dall’Amministrazione dei Tribunali israeliani e dall’Ordine degli Avvocati, lo ha appena stabilito conclusivamente.
Secondo lo studio, le cui principali risultanze sono state riportate da Tomer Zarchin sull’edizione di Ha’aretz di ieri, gli Arabi ricevono pene detentive in carcere più spesso degli Ebrei condannati per gli stessi reati, e agli Arabi vengono comminate sentenze detentive più lunghe rispetto agli Ebrei che finiscono in prigione. Gli autori dello studio concludono che la loro scoperta più rilevante è la tendenza dei Tribunali israeliani a trattare gli imputati arabi con maggiore durezza: quando gli Arabi finiscono in tribunale, hanno maggiori probabilità di essere condannati; quando vengono condannati, essi rischiano di ricevere una condanna più dura di quella che normalmente riceverebbe un Ebreo. E’ difficile immaginare una realtà più inquietante.
Non si tratta più di una questione di discriminazione sulla base della nazionalità da parte dei comitati di ammissione di piccole comunità o dei buttafuori di un locale notturno. Non si tratta solo di una questione di discriminazione negli stanziamenti di bilancio. Questo preoccupante parossismo ha già raggiunto il suo apice: lo stesso sistema giudiziario, che dovrebbe servire alla società come faro del diritto e della giustizia.
L’Amministrazione dei Tribunali e l’Ordine degli Avvocati hanno fatto bene a commissionare lo studio. Ma ora, spetta al sistema giudiziario sradicare questa piaga di sistematica discriminazione.
I giudici israeliani abitano in mezzo alla gente, ma non devono consentire che essi stessi vengano infettati dallo stato d’animo razzista che si sta diffondendo all’interno della società israeliana. Al contrario, il sistema giudiziario deve combattere contro questo atteggiamento moralmente riprovevole.
I cittadini arabi devono godere di eguali diritti sotto ogni punto di vista – ma anzitutto quando si tratta del sistema di applicazione della legge. Essi devono sapere che non dovranno mai affrontare condanne discriminatorie a causa della loro nazionalità. Questa condizione essenziale, tuttavia, attualmente non viene soddisfatta.
Ogni livello del sistema giudiziario, dalla Corte Suprema in giù, deve designare questa come una delle missioni più urgenti ed importanti – garantire parità di trattamento a tutti coloro che vi compaiono davanti. Il Presidente della Corte Suprema Dorit Beinisch deve inviare un messaggio urgente e inequivocabile ad ogni giudice in Israele: le condanne discriminatorie ai danni degli Arabi devono cessare. Razzismo? Non nei tribunali.
Perché altrimenti, chi accusa Israele di mantenere un regime di apartheid sarà giustificato per quanto riguarda i cittadini arabi israeliani.
Etichette: Arabi israeliani, diritti umani, Israele, razzismo, sistema giudiziario
5 Commenti:
Assad bombarda i profughi palestinesi...non lo scrivi questo vichi?
Piuttosto dovrei scrivere che, proprio in queste ore, l'aviazione israeliana sta bombardando per l'ennesima volta i civili di Gaza!
Ah, statistiche, povere statistiche, quante offese dovete sopportare! Altro che i "palestinesi"!
Mah, per eventuali critiche metodologiche rivolgersi alle autorità israeliane e/o all'ordine degli avvocati...
Forse questo non dipende da una discriminazione, ma dalla gravità dei casi, non trovate? So che è facile piangere per i poveri Palestinesi, ma la Giurisprudenza ci insegna due cose:
1) ogni crimine presenta diverse variabili
2) la pena per il crimine è assegnata in rapporto alle variabili.
Per fare un esempio idiota, assolutamente non provato, possiamo parlare del crimine di omicidio. Se, su dieci assassini Palestinesi, cinque hanno stuprato le loro vittime prima di ucciderle, hanno più probabilità degli altri cinque di finire in galera, o di restarci per un periodo più lungo. Se, invece, su dieci assassini Israeliani, quattro hanno stuprato le vittime prima di ucciderle, questi quattro avranno più probabilità degli altri sei di essere condannati, e in ogni caso avranno una pena maggiore. Tradotto in termini statistici, risulta che, a parità di crimine, sono stati condannati il 50% dei Palestinesi e il 40% degli Israeliani, ma questa statistica non ha senso, perché non esiste nessuna cosa come "la parità di crimine", considerando che ogni crimine ha peculiarità che lo distinguono da altri crimini simili, e che queste peculiarità, e non un odio etnico, fanno la differenza per quanto riguarda la condanna.
Alice
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