Quei bravi coloni.
In questi ultimi mesi, il numero di attacchi contro la popolazione civile palestinese, che vedono il coinvolgimento di coloni israeliani della West Bank, è in costante aumento; secondo gli ultimi dati resi noti dall’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (The Humanitarian Monitor, aprile 2008), nel solo mese di aprile sono stati riportati 25 incidenti di questo genere, rispetto ai 17 del mese di marzo, la maggior parte dei quali riguardanti gruppi di coloni armati che hanno attaccato Palestinesi al lavoro sulla loro terra o che portavano al pascolo le loro pecore.
L’ultimo di questi attacchi bestiali, assolutamente gratuiti e ingiustificati, è avvenuto domenica pomeriggio e ha riguardato un pastore palestinese 70enne, Khalil Salama al-Nawaj’a, sua moglie, la 68enne Thamam al-Nawaj’a, e il loro nipote Yousef, di 32 anni, picchiati selvaggiamente con mazze da baseball e spranghe da un gruppo di settlers mascherati provenienti dal vicino insediamento colonico di Susia.
Nel video che testimonia l’aggressione, visionabile sul sito internet della Bbc, si vede chiaramente la donna che pascola le proprie pecore a breve distanza dall’insediamento, i coloni che arrivano dalla sommità della collina, il brutale pestaggio della famiglia di pastori.
La Bbc ha chiesto un commento al portavoce della colonia, che ha declinato l’invito, mentre la polizia ha affermato che sta indagando sull’accaduto, benché la realtà dei fatti dimostri come molto raramente, nel passato, un colono israeliano sia stato arrestato per violenza contro i Palestinesi o le loro proprietà.
Giovedì, 12 giugno, un gruppo di israeliani armati provenienti dalla colonia di Yitzhar ha attaccato la casa della famiglia Khalaf, nella città di Howwara, ferendo a coltellate il 33enne Ahmad Khalaf e picchiando selvaggiamente il 25enne Samir Ali, entrambi successivamente ricoverati presso l’ospedale di Nablus; nessun arresto o fermo è stato effettuato dalla polizia israeliana.
Giovedì, 5 giugno, alcuni coloni provenienti da Kiryat Arba, insediamento situato a est di Hebron, hanno attaccato i civili palestinese a colpi di pietre e bottiglie, picchiando violentemente il 18enne Mahdi Maher Abu Hatta; nessuna arresto o fermo è stato effettuato dalla polizia israeliana.
Sabato pomeriggio, 3 maggio, coloni appartenenti all’insediamento di Yitzhar hanno dato fuoco ad alcuni campi coltivati nei pressi del villaggio di ‘Asira al-Qibliya, impedendo successivamente ai Palestinesi di raggiungere alcune aree interessate dall’incendio per spegnere il fuoco, scontrandosi con essi.
Giunti sul luogo, i soldati israeliani – anziché consentire ai pompieri di spegnere l’incendio ed arrestare i coloni autori del gesto – hanno apertamente spalleggiato i settlers, arrestando alcuni dei residenti del villaggio: forse erano stati troppo solerti nel cercare di spegnere le fiamme!
Ma, naturalmente, gli attacchi delle bestie coloniche non si limitano a queste violenze, né allo sradicamento di centinaia di piante di ulivo (oltre 1.200 nel solo mese di aprile), ma a volte hanno un esito ben più tragico.
Venerdì sera, 9 maggio, il 21enne Khaled Fat’hi al-Anati è stato ucciso a colpi di fucile dalle guardie della colonia di Ofra, mentre era a caccia nei terreni circostanti; nel mese di aprile, il 15enne Sherif Shtayyeh è stato investito e ucciso da un bus guidato da un colono israeliano mentre stava facendo attraversare al suo gregge la by-pass road situata vicino al villaggio di Salim, mentre il corpo senza vita di un altro palestinese 15enne è stato trovato nei pressi della colonia di Hamra.
Anche in questi casi, nessun arresto o fermo è stato effettuato dalle autorità israeliane…
Complessivamente, nel periodo compreso tra il settembre del 2000 e il mese di maggio di quest’anno, oltre 40 Palestinesi sono stati uccisi da coloni israeliani.
Degno di nota è il fatto che quando sono i Palestinesi ad attaccare un Israeliano, le autorità usano ogni mezzo a disposizione per arrestarli e sottoporli a processo, che avviene peraltro davanti ad una corte militare.
Viceversa, quando sono i coloni a commettere violenze o aggressioni, la polizia e l’esercito israeliani sono estremamente riluttanti a svolgere le dovute indagini, e nel corso degli “incidenti” non intervengono mai – come sarebbe loro dovere – a difesa dei Palestinesi e delle loro proprietà.
Nei rari casi in cui un colono è sottoposto a giudizio per crimini perpetrati nei Territori occupati, peraltro, esso viene giudicato in base al diritto penale israeliano e gode delle relative guarentigie, contrariamente a quanto accade per i Palestinesi che, come abbiamo detto, sono sottoposti alla giurisdizione delle corti militari.
Accade dunque che, per uno stesso reato e su uno stesso territorio, vengano applicate norme diverse in base alla nazionalità dell’autore del crimine, con una palese violazione (l’ennesima) del principio di eguaglianza di fronte alla legge.
Spesso si discute sullo status dei coloni israeliani, che secondo alcuni, pur risiedendo illegalmente negli insediamenti costruiti nei Territori occupati, godrebbero ugualmente delle garanzie previste dal diritto umanitario a tutela dell’incolumità della popolazione civile.
Ma definire “popolazione civile” queste sorte di bande paramilitari, spesso armate tal quale un esercito regolare e formate da bestie brutali e spietate, a volte appare davvero una forzatura.
L’ultimo di questi attacchi bestiali, assolutamente gratuiti e ingiustificati, è avvenuto domenica pomeriggio e ha riguardato un pastore palestinese 70enne, Khalil Salama al-Nawaj’a, sua moglie, la 68enne Thamam al-Nawaj’a, e il loro nipote Yousef, di 32 anni, picchiati selvaggiamente con mazze da baseball e spranghe da un gruppo di settlers mascherati provenienti dal vicino insediamento colonico di Susia.
Nel video che testimonia l’aggressione, visionabile sul sito internet della Bbc, si vede chiaramente la donna che pascola le proprie pecore a breve distanza dall’insediamento, i coloni che arrivano dalla sommità della collina, il brutale pestaggio della famiglia di pastori.
La Bbc ha chiesto un commento al portavoce della colonia, che ha declinato l’invito, mentre la polizia ha affermato che sta indagando sull’accaduto, benché la realtà dei fatti dimostri come molto raramente, nel passato, un colono israeliano sia stato arrestato per violenza contro i Palestinesi o le loro proprietà.
Giovedì, 12 giugno, un gruppo di israeliani armati provenienti dalla colonia di Yitzhar ha attaccato la casa della famiglia Khalaf, nella città di Howwara, ferendo a coltellate il 33enne Ahmad Khalaf e picchiando selvaggiamente il 25enne Samir Ali, entrambi successivamente ricoverati presso l’ospedale di Nablus; nessun arresto o fermo è stato effettuato dalla polizia israeliana.
Giovedì, 5 giugno, alcuni coloni provenienti da Kiryat Arba, insediamento situato a est di Hebron, hanno attaccato i civili palestinese a colpi di pietre e bottiglie, picchiando violentemente il 18enne Mahdi Maher Abu Hatta; nessuna arresto o fermo è stato effettuato dalla polizia israeliana.
Sabato pomeriggio, 3 maggio, coloni appartenenti all’insediamento di Yitzhar hanno dato fuoco ad alcuni campi coltivati nei pressi del villaggio di ‘Asira al-Qibliya, impedendo successivamente ai Palestinesi di raggiungere alcune aree interessate dall’incendio per spegnere il fuoco, scontrandosi con essi.
Giunti sul luogo, i soldati israeliani – anziché consentire ai pompieri di spegnere l’incendio ed arrestare i coloni autori del gesto – hanno apertamente spalleggiato i settlers, arrestando alcuni dei residenti del villaggio: forse erano stati troppo solerti nel cercare di spegnere le fiamme!
Ma, naturalmente, gli attacchi delle bestie coloniche non si limitano a queste violenze, né allo sradicamento di centinaia di piante di ulivo (oltre 1.200 nel solo mese di aprile), ma a volte hanno un esito ben più tragico.
Venerdì sera, 9 maggio, il 21enne Khaled Fat’hi al-Anati è stato ucciso a colpi di fucile dalle guardie della colonia di Ofra, mentre era a caccia nei terreni circostanti; nel mese di aprile, il 15enne Sherif Shtayyeh è stato investito e ucciso da un bus guidato da un colono israeliano mentre stava facendo attraversare al suo gregge la by-pass road situata vicino al villaggio di Salim, mentre il corpo senza vita di un altro palestinese 15enne è stato trovato nei pressi della colonia di Hamra.
Anche in questi casi, nessun arresto o fermo è stato effettuato dalle autorità israeliane…
Complessivamente, nel periodo compreso tra il settembre del 2000 e il mese di maggio di quest’anno, oltre 40 Palestinesi sono stati uccisi da coloni israeliani.
Degno di nota è il fatto che quando sono i Palestinesi ad attaccare un Israeliano, le autorità usano ogni mezzo a disposizione per arrestarli e sottoporli a processo, che avviene peraltro davanti ad una corte militare.
Viceversa, quando sono i coloni a commettere violenze o aggressioni, la polizia e l’esercito israeliani sono estremamente riluttanti a svolgere le dovute indagini, e nel corso degli “incidenti” non intervengono mai – come sarebbe loro dovere – a difesa dei Palestinesi e delle loro proprietà.
Nei rari casi in cui un colono è sottoposto a giudizio per crimini perpetrati nei Territori occupati, peraltro, esso viene giudicato in base al diritto penale israeliano e gode delle relative guarentigie, contrariamente a quanto accade per i Palestinesi che, come abbiamo detto, sono sottoposti alla giurisdizione delle corti militari.
Accade dunque che, per uno stesso reato e su uno stesso territorio, vengano applicate norme diverse in base alla nazionalità dell’autore del crimine, con una palese violazione (l’ennesima) del principio di eguaglianza di fronte alla legge.
Spesso si discute sullo status dei coloni israeliani, che secondo alcuni, pur risiedendo illegalmente negli insediamenti costruiti nei Territori occupati, godrebbero ugualmente delle garanzie previste dal diritto umanitario a tutela dell’incolumità della popolazione civile.
Ma definire “popolazione civile” queste sorte di bande paramilitari, spesso armate tal quale un esercito regolare e formate da bestie brutali e spietate, a volte appare davvero una forzatura.
1 Commenti:
non e' il caso che qualcuno si fa trovare al contatto in favore della Palestina poiche' da un po'di tempo mai qualcuno da la risposta a chi da sempre ha in mano la situazione? o si deve andare a forza per esigere l'appropirato statuto dichiarato?cioe',non e' che se una persona si e' presentata per chi e' non lo sia per fare piacere a dei fanulloni che ha aperto l'organizzazione,associazione,movimento,altro. Io ho piu' di trent'anni di esperienza al settore Palestina,Egitto,Israele e con l'OLP,il Fatah,Yassar Arafat ci ho fatto molto piu' della semplice amicizia DI CUI anche in Club privato in favore della Palestina per legge io posso entrare.Come mai mai qualcuno della libera Palestina mi risponde?devo venire di persona e con la forza del processo come per un club privato?
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