La sofferenza delle donne palestinesi.
L’8 marzo segna la Giornata internazionale della donna, una data adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1977 per rimarcare il sostegno alla lotta delle donne per il pieno riconoscimento dei loro diritti e contro ogni discriminazione.
Ieri, in occasione di tale ricorrenza, il Presidente Napolitano nel suo rituale discorso ha avuto modo di ricordare il nostro dovere – mentre cerchiamo di migliorare la condizione delle donne italiane – di non dimenticare “le sofferenze che in altre parti del mondo tale condizione comporta”, citando, tra le altre cose l’alimentazione e le cure mediche inadeguate, ed il mancato accesso all’istruzione.
Un concetto, questo, assolutamente condivisibile, ma che dovrebbe trovare una concreta applicazione, senza restare soltanto una dichiarazione di intenti generica ed anche un tantinello ipocrita.
E’ tristemente noto a tutti, infatti, come le donne palestinesi continuino a dover affrontare circostanze estremamente difficili, in particolare nella Striscia di Gaza, a causa delle quotidiane violazioni dei diritti umani perpetrate nei loro confronti dallo Stato di Israele.
Violazioni dei diritti che hanno raggiunto il loro apice nel corso della recente operazione “Piombo Fuso” condotta dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, nel corso della quale hanno trovato la morte ben 211 donne, ragazze, bambine, il 15% del totale dei Palestinesi uccisi nel corso delle operazioni.
Ma il blocco degli accessi da e per Gaza – che continua ininterrotto – ha provocato anch’esso la morte di decine e decine di Palestinesi e, tra essi, di 17 donne, alle quali è stato negato l’accesso alle cure mediche all’estero o che non hanno potuto ricevere cure adeguate negli ospedali di Gaza.
L’assedio, inoltre, ha un impatto estremamente negativo anche sulle condizioni di vita quotidiana delle donne palestinesi, che si vedono negato o severamente ristretto l’accesso all’acqua potabile e ad una adeguata alimentazione: basti ricordare che, ad oggi, l’85% della popolazione della Striscia dipende, per la stessa sopravvivenza, dagli aiuti alimentari.
Anche se è trascorso ben più di un anno da “Piombo Fuso”, che ha provocato la distruzione di 2.114 abitazioni in cui risiedevano 3.314 famiglie (per un totale di 19.592 palestinesi), l’assedio israeliano impedisce l’afflusso dei materiali per la ricostruzione, e tutte queste persone, incluse centinaia di donne, sono costrette ancora a vivere in tende o in ricoveri di fortuna.
E, infine, a centinaia di donne palestinesi viene tutt’ora negato il diritto di accesso alla giustizia, in relazione ai vani tentativi effettuati per garantire il perseguimento di quanti hanno commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità uccidendo i loro mariti o i loro figli, o lasciandoli con disabilità permanenti.
L’accesso all’istruzione per gli studenti di Gaza continua poi ad essere negato, a causa della continua chiusura dei valichi di frontiera con Israele e con l’Egitto; attualmente sono ben 319 gli studenti impossibilitati a proseguire i loro studi all’estero a causa dell’assedio.
Ma ai residenti di Gaza è persino proibito di andare a studiare nella West Bank. Indicativo al riguardo è il dato relativo agli studenti dell’Università di Birzeit (Ramallah): nel 2000, gli studenti provenienti da Gaza erano 350, nel 2005 erano diminuiti a 35, oggi non ve ne è neanche uno.
Questo per tacere di vicende quali quella capitata a Berlanty Azzam, una studentessa di Gaza prossima alla laurea a Betlemme, arrestata e deportata nella Striscia di Gaza dai soldati israeliani – bendata e ammanettata – perché considerata una “residente illegale” (della Cisgiordania!).
Anche nella West Bank, peraltro, le donne palestinesi sono vittime di continue violazioni e soprusi da parte delle forze di sicurezza israeliane, comprese le razzie notturne e i raid di arresto nelle loro case, le restrizioni imposte alla libertà di movimento, le molestie e le aggressioni ai checkpoint.
Se davvero si vuole porre l’attenzione alle sofferenze delle donne nel mondo, la comunità internazionale potrebbe e dovrebbe iniziare chiedendo con forza ad Israele di togliere immediatamente il criminale assedio alla Striscia di Gaza, garantendo la ricostruzione e il ripristino di uno standard di vita minimamente decoroso. E una presa di posizione del Presidente Napolitano in questo senso darebbe un contenuto concreto al suo bel discorso.
Ieri, in occasione di tale ricorrenza, il Presidente Napolitano nel suo rituale discorso ha avuto modo di ricordare il nostro dovere – mentre cerchiamo di migliorare la condizione delle donne italiane – di non dimenticare “le sofferenze che in altre parti del mondo tale condizione comporta”, citando, tra le altre cose l’alimentazione e le cure mediche inadeguate, ed il mancato accesso all’istruzione.
Un concetto, questo, assolutamente condivisibile, ma che dovrebbe trovare una concreta applicazione, senza restare soltanto una dichiarazione di intenti generica ed anche un tantinello ipocrita.
E’ tristemente noto a tutti, infatti, come le donne palestinesi continuino a dover affrontare circostanze estremamente difficili, in particolare nella Striscia di Gaza, a causa delle quotidiane violazioni dei diritti umani perpetrate nei loro confronti dallo Stato di Israele.
Violazioni dei diritti che hanno raggiunto il loro apice nel corso della recente operazione “Piombo Fuso” condotta dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, nel corso della quale hanno trovato la morte ben 211 donne, ragazze, bambine, il 15% del totale dei Palestinesi uccisi nel corso delle operazioni.
Ma il blocco degli accessi da e per Gaza – che continua ininterrotto – ha provocato anch’esso la morte di decine e decine di Palestinesi e, tra essi, di 17 donne, alle quali è stato negato l’accesso alle cure mediche all’estero o che non hanno potuto ricevere cure adeguate negli ospedali di Gaza.
L’assedio, inoltre, ha un impatto estremamente negativo anche sulle condizioni di vita quotidiana delle donne palestinesi, che si vedono negato o severamente ristretto l’accesso all’acqua potabile e ad una adeguata alimentazione: basti ricordare che, ad oggi, l’85% della popolazione della Striscia dipende, per la stessa sopravvivenza, dagli aiuti alimentari.
Anche se è trascorso ben più di un anno da “Piombo Fuso”, che ha provocato la distruzione di 2.114 abitazioni in cui risiedevano 3.314 famiglie (per un totale di 19.592 palestinesi), l’assedio israeliano impedisce l’afflusso dei materiali per la ricostruzione, e tutte queste persone, incluse centinaia di donne, sono costrette ancora a vivere in tende o in ricoveri di fortuna.
E, infine, a centinaia di donne palestinesi viene tutt’ora negato il diritto di accesso alla giustizia, in relazione ai vani tentativi effettuati per garantire il perseguimento di quanti hanno commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità uccidendo i loro mariti o i loro figli, o lasciandoli con disabilità permanenti.
L’accesso all’istruzione per gli studenti di Gaza continua poi ad essere negato, a causa della continua chiusura dei valichi di frontiera con Israele e con l’Egitto; attualmente sono ben 319 gli studenti impossibilitati a proseguire i loro studi all’estero a causa dell’assedio.
Ma ai residenti di Gaza è persino proibito di andare a studiare nella West Bank. Indicativo al riguardo è il dato relativo agli studenti dell’Università di Birzeit (Ramallah): nel 2000, gli studenti provenienti da Gaza erano 350, nel 2005 erano diminuiti a 35, oggi non ve ne è neanche uno.
Questo per tacere di vicende quali quella capitata a Berlanty Azzam, una studentessa di Gaza prossima alla laurea a Betlemme, arrestata e deportata nella Striscia di Gaza dai soldati israeliani – bendata e ammanettata – perché considerata una “residente illegale” (della Cisgiordania!).
Anche nella West Bank, peraltro, le donne palestinesi sono vittime di continue violazioni e soprusi da parte delle forze di sicurezza israeliane, comprese le razzie notturne e i raid di arresto nelle loro case, le restrizioni imposte alla libertà di movimento, le molestie e le aggressioni ai checkpoint.
Se davvero si vuole porre l’attenzione alle sofferenze delle donne nel mondo, la comunità internazionale potrebbe e dovrebbe iniziare chiedendo con forza ad Israele di togliere immediatamente il criminale assedio alla Striscia di Gaza, garantendo la ricostruzione e il ripristino di uno standard di vita minimamente decoroso. E una presa di posizione del Presidente Napolitano in questo senso darebbe un contenuto concreto al suo bel discorso.
Etichette: 8 marzo, diritti umani, donne palestinesi, gaza, napolitano
5 Commenti:
Per non parlare del fatto che nella mite e spirituale Palestina le "donne" (o meglio, bambine) si possono sposare a partire dai sette anni, e in effetti c'è l'abitudine di farlo nella primissima adolescenza. O del fatto che in Palestina viene punita con la lapidazione ogni forma di contaminazione subita dalla donna, per esempio lo stupro (punendo la stuprata, voglio dire, non lo stupratore). O, infine, della recente legge di Hamas per la quale le donne non devono ricevere alcuna eredità.
Andrea, tuffati nel Lambro.
Lasciando da parte le lapidazioni e le altre amenità partorite dal cervello (?) di Andrea, nessuno nega che le donne palestinesi non abbiano ancora parità di diritti con l'uomo, al pari peraltro di quanto accade in tanti paesi amici degli Usa come Arabia Saudita o Pakistan, tanto per dire.
E allora c'è da chiedersi perchè Israele rifiuti agli studenti di Gaza di recarsi all'estero per studiare, considerato che l'istruzione è l'ovvio antidoto del fanatismo, che si nutre di ignoranza.
Ma, soprattutto, la mancanza di parità tra uomo e donna non significa certo dare disco verde ai massacri degli assassini di Tsahal.
Così come non giustifica l'assedio criminale alla Striscia di Gaza, che affama e umilia un milione e mezzo di Palestinesi, un crimine di guerra che grida vendetta.
A me pare che i diritti fondamentali da garantire alle donne palestinesi siano quelli alla vita, alla salute, all'alimentazione, all'istruzione. Tutti diritti negati dallo stato-canaglia israeliano con la complicità occidentale.
Ristabiliamo la legalità internazionale, mettiamo in galera i criminali israeliani e poi discutiamo di tutto il resto.
mi piace la veste grafica del blog? se inserissi anche un motore di ricerca interno? ciao e buon lavoro
Grazie del suggerimento!
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