5 giugno 2009

Breve diario della Carovana della Speranza per Gaza.


Ricevo e pubblico volentieri.


Sono appena rientrati a Ferrara Fernando Rossi e Monia Benini, componenti italiani della Carovana della Speranza per Gaza, organizzata da The European Campaign to end the siege on Gaza, allo scopo di portare aiuti umanitari alla popolazione martoriata dalla guerra.

Il convoglio è partito dal porto di Genova l’11 maggio: 39 mezzi di cui 15 ambulanze, furgoni e camioncini pieni di sedie a rotelle, stampelle, lettighe, medicinali, attrezzature per ciechi. Un centinaio di delegati provenienti da 13 paesi europei si sono invece ritrovati al Cairo nei giorni seguenti, in attesa dell’arrivo del cargo al porto di Alessandria. Per i due ferraresi della lista civica nazionale “Per il bene comune” gli impegni hanno avuto inizio il 12 maggio, con l’incontro con il delegato del Ministro degli Affari Esteri egiziano per concordare il percorso via terra dei mezzi e l’arrivo del convoglio al valico di Rafah. A seguire, Rossi (capo convoglio) e Benini hanno personalmente incontrato l’ambasciatore italiano Pacifico per uno scambio di informazioni in merito alla missione. L’ambasciatore, ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa e si è detto orgoglioso per il fatto che proprio un italiano guidasse la Carovana, non tralasciando però di evidenziare i rischi e le problematicità dell’impresa.

In effetti, una serie di “inconvenienti tecnici” hanno prolungato sensibilmente la trasferta egiziana, dal momento che una volta giunti ad Alessandria, i mezzi hanno dovuto essere trasbordati su un’imbarcazione proveniente dalla Libia, per poi prendere la rotta di Port Said, come da indicazione delle autorità egiziane, preoccupate di possibili attacchi durante un tragitto via terra a loro parere troppo lungo. Il convoglio è finalmente partito verso Rafah, scortato lungo tutto il percorso da numerosissime camionette di guardie armate: dopo aver attraversato il deserto del Sinai e vari check point, al convoglio è stato imposta una sosta forzata durante la notte ad Al Arish per “ragioni di sicurezza”. Il mattino seguente, a Rafah, quando sembrava che il convoglio potesse finalmente transitare verso Gaza, dopo aver ottenuto il visto di uscita, è però giunto l’ordine dal Cairo alla security egiziana, la quale ha bloccato il gruppo, ritirando e trattenendo i passaporti, e fermando di fatto i componenti della delegazione, che per superare la notte hanno deciso di accamparsi dormendo sul pavimento della struttura doganale. La mattina seguente, sono ripresi i negoziati ed è stato lo stesso Rossi a contattare l’ambasciata per avere una sponda rispetto alle autorità egiziane. Dopo molte lunghe ore, è arrivato il via, ma con un drastico taglio ai compenenti: solo 20 persone sono state autorizzate a passare, mentre da Gaza sono arrivate le persone per guidare a destinazione i mezzi del convoglio. E’ toccato proprio a Rossi e alla Benini salire sui primi due mezzi che hanno passato il valico, fra ali di giornalisti e di persone acclamanti, mentre il ministro dei Sevizi Sociali si prodigava per dare il benvenuto alla Carovana della Speranza. Un momento emozionante e commovente, subito seguito da una conferenza stampa internazionale, che ha evidenziato il sopruso subito dal convoglio di aiuti umanitari, incredibilmente bloccato dopo aver ottenuto il visto di uscita.

Nei due giorni seguenti il ritmo degli appuntamenti è stato incalzante: dalla consegna dei mezzi e dei materiali a due ospedali di Gaza e Khan Yunis, alla distribuzione del software per i ciechi presso la scuola dell’ONU (UNRWA), dall’incontro con i parlamentari, a quello con il Primo Ministro e il Governo, dalla visita all’Università Islamica a quella ad un campo profughi, dall’assemblea con i familiari degli 11.000 palestinesi detenuti dagli Israeliani, all’appuntamento con un pool di giuristi e avvocati che si sta occupando di presentare ricorso alla Corte Penale Internazionale per i crimini di guerra commessi dalle truppe sioniste.

“Siamo rimasti scioccati.- raccontano Benini e Rossi – La furia sionista si è abbattuta senza pietà, anche con l’utilizzo di armi proibite come il fosforo bianco e le DIME, contro tutto e tutti: scuole, case abitate e disabitate, muri di cinta, ospedali (anche quelli nuovi, ancora da inaugurare), fabbriche, magazzini, cimiteri, bestiame. A peggiorare la situazione c’è anche l’embargo, al quale partecipa anche il nostro Paese, che lascia senza cibo, bevande, farmaci, materiali di prima assistenza, ecc…l’intera popolazione. In molti posti non possono nemmeno rimuovere le macerie dei bombardamenti, perché non hanno nulla a disposizione, eccetto le mani nude.”

Un’esperienza drammatica quindi, che fa emergere con nettezza l’importanza della missione alla quale hanno partecipato i due ferraresi: “Per i dirigenti degli ospedali i nostri aiuti hanno significato realmente una speranza di vita. Noi stessi abbiamo donato, a nome di Per il bene comune, un dispositivo per la potabilizzazione dell’acqua al reparto pediatrico dell’ospedale Naser: un piccolo gesto, ma molto apprezzato. La popolazione è ridotta agli stenti dalla ferocia della guerra e da un embargo criminale, che violano palesemente la Carta Universale dei Diritti dell’Uomo, ma la gente riesce ancora a trovare la forza necessaria per sopravvivere a tanta sofferenza. Il governo locale mette al centro le necessità dei propri cittadini, e gestisce in maniera onesta e responsabile le scarsissime risorse della Striscia, e al contempo il popolo Palestinese riesce a reagire al dolore e alla miseria con un amore per la vita e con una dignità quasi incredibile ai nostri occhi. In conclusione – sostengono Rossi e Benini – siamo partiti con il Convoglio, ma è Gaza che ha riempito noi di speranza: quel sentimento necessario per continuare ad operare anche in Italia, per una politica meno corrotta e degenerata, che metta realmente al centro il bene dell’intera collettività”.

“Per il Bene Comune”

Lista Civica Nazionale


tel/fax. 0532 52148

ufficiostampapbc@gmail.com

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