19 aprile 2012

Progetto di Servizio Volontario Europeo (SVE) in Palestina

Ricevo in data odierna dalla newsletter di reteccp, la riporto anche se la data di scadenza indicata è ormai superata.

Siamo URGENTEMENTE alla ricerca di un volontario per un progetto di Servizio Volontario Europeo (SVE) in Palestina - che affianchi Federica una volontaria che si trova già lì dal 7 aprile. 

Qui di seguito la call del progetto:

Servizio Volontario Europeo (SVE) in Palestina con i “Comitati di Resistenza Popolare”

Età: 18-30
Luogo: Al Masara, Betlemme
Periodo: Aprile (Maggio)-Ottobre 2012

Costi di viaggio, vitto, alloggio e trasporti interni: coperti dal progetto
Pocket money: 60 euro al mese

Scadenza invio candidature: tutti gli interessati dovranno inoltrare CV e lettera di motivazione in inglese entro il 17 aprile all'indirizzo evs@sci-italia.it

Il Servizio Civile Internazionale è alla ricerca di 1 volontario SVE per il progetto Multiplying Solidarity, a Betlemme, nei Territori Palestinesi Occupati, a supporto del lavoro del Popular Struggle Coordination Committee (PSCC <http://www.popularstruggle.org/> ). 

Questo progetto nasce dalla volontà di promuovere dinamiche e processi di mobilitazione e resistenza civile capaci di coinvolgere -  accanto alla società palestinese - gli attivisti israeliani e internazionali.

I volontari saranno impegnati nelle seguenti attività 
- iniziative e azioni di resistenza civile a supporto del PSCC;
- realizzazione di laboratori e trainings - video e media trainings in particolare;
- campagne, attività di advocacy, analisi e pubblicazioni, comunicati stampa, reports e video\radio interviste;
- attività di networking con le associazioni, comitati e gruppi informali del territorio;
- coordinamento delle delegazioni di attivisti internazionali e di un campo di volontariato

E' preferibile precedente esperienza con lo SCI nel Sud del mondo (meglio se in Palestina), conoscenza della storia e del contesto palestinese e israeliano, forte spirito di adattamento, flessibilità, spirito di iniziativa, capacità di gestire situazioni di stress, capacità di lavorare in gruppo. Sarà data la priorità ad attivisti con procedente esperienza in Palestina e familiarità con tecniche di video-editing e nuovi media.

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Non vogliamo che la Chiesa Valdese con l'8 per mille finanzi il Centro Peres

Non vogliamo che la Chiesa Valdese con i nostri contributi dell'8 per mille finanzi il Centro Peres

Qualche mese fa abbiamo saputo che la Chiesa Valdese, attraverso i fondi dell'8 per mille, intende continuare a finanziare il progetto del Centro Peres “Saving Children”, giustificando questa decisione con la volontà di permettere la cura di bambini palestinesi malati in ospedali israeliani. Il progetto sembra del tutto nobile e generoso, ma la realtà si presenta molto differente.

La nostra opposizione al progetto ha portato all’invio di molte lettere ai valdesi, abbiamo prodotto un dossier di documentazione che abbiamo spedito ai responsabili della Chiesa, abbiamo avuto un incontro a Roma l'8 marzo scorso presenti i massimi responsabili della Chiesa. Per spiegare le motivazioni che ci vedono nettamente contrari all'uso dei fondi dell’8 per mille (che molti di noi affidano ai Valdesi) al Centro Peres ci siamo affidati alla competenza del Prof. Stefanini, che è stato per anni responsabile dell'OMS per i Territori Occupati, nonché responsabile della Cooperazione Italiana, e che ha avuto rapporti sia con il Centro Peres, sia con il progetto “Saving Children” (da non confondere con Save the Children). Inoltre abbiamo individuato progetti palestinesi, alternativi a quello del Centro Peres, per curare i bambini palestinesi, e molto probabilmente uno o due progetti palestinesi verranno finanziati dai Valdesi.

Tuttavia né quest’ultimo finanziamento né la decisione definitiva rispetto a quello a favore di “Saving children” verranno decisi prima di luglio, e quindi non sarà possibile sapere in tempo utile per la dichiarazione dei redditi del corrente anno se il nostro intervento ha sortito gli effetti sperati. Per questa ragione chiediamo a chi solidarizza con la causa palestinese di sospendere per l’anno in corso la destinazione dell'8 per mille alla Chiesa Valdese, nella convinzione che, se si vogliono aiutare i bambini palestinesi, è alla sanità palestinese che vanno destinati gli aiuti, e non a strutture israeliane.

Inviteremo a riprendere la devoluzione dell’8 per mille alla chiesa valdese se e quando verranno accolte le nostre obiezioni e le nostre proposte.

Non si può tacere il disegno politico che soggiace a una simile operazione. Il Centro Peres si fa bello del dialogo tra palestinesi e israeliani, ma si astiene dal criticare la politica del governo che sotto gli occhi della comunità mondiale si fa beffe del diritto internazionale, favorendo l'espansione delle colonie con il furto dell'acqua e della terra palestinese. Il cosiddetto “dialogo”, così come inteso da progetti come “Saving children”, serve principalmente a rendere accettabile il regime di occupazione. Ben altro sono quelle associazioni israeliane e i loro attivisti che insieme ai palestinesi si impegnano per resistere in modo nonviolento al regime di apartheid e di occupazione, ai quali va la nostra solidarietà.

Vogliamo chiarire in modo inequivocabile che la nostra azione intende sostenere la Chiesa Valdese nel prendere una decisione evidentemente difficile, consapevoli del suo forte contributo nel sostegno ai progetti sociali e della sua netta collocazione nel campo democratico.

Movimento BDS Italia 19 aprile 2012

Scrivi alla Chiesa Valdese:

Sintesi della lettera del Prof. Angelo Stefanini alla Chiesa Valdese

In sintesi, il Prof. Stefanini sostiene quanto segue:
1) Ragioni di opportunità. In un contesto come quello palestinese, non si può prescindere dal contesto generale. Ogni intervento deve rispettare la legalità internazionale e tener conto dell’eventuale impatto sul conflitto. In questo progetto viene eluso totalmente l’obiettivo di contribuire al rafforzamento delle istituzioni destinatarie locali, ossia quelle palestinesi. Al contrario, vengono favoriti, anche dal punto di vista economico, gli ospedali israeliani, penalizzando invece i nascenti centri specialistici palestinesi, in cui operano gratuitamente con regolare frequenza anche valenti professionisti italiani. Inoltre “Saving children” non prende in considerazione gli ospedali presenti in Giordania ed Egitto, ma solo quelli israeliani, per i diversi interventi terapeutici sui piccoli pazienti palestinesi.

2) Perplessità di carattere tecnico. All’inzio non è stata coinvolta nessuna istituzione palestinese, poi si è fatto ricorso all’ONG locale “Panorama”, sconosciuta ai palestinesi. Nel caso del progetto 'Saving Children', l’opposizione continua del Centro Peres al coinvolgimento attivo del Ministero della Salute palestinese e il fatto di non aver coinvolto, almeno fino al 2008, il Consolato italiano a Gerusalemme ha avuto effetti negativi sul progetto, tra cui l’uscita dalla scena della Cooperazione Italiana, compresa la Regione Emilia-Romagna, che nel 2011 ha deciso di non continuare il finanziamento.

Non si sono prese in considerazione le innumerevoli, e a volte insormontabili, difficoltà, di movimento dei piccoli pazienti e delle loro famiglie a causa della struttura di controllo dell’occupazione israeliana nei territori occupati.
Infine, il Peres Centre incassa una consistente percentuale (almeno il 14%) per individuare l’ospedale più idoneo in Israele, che a sua volta trattiene la sua parte. Così, fondi destinati allacooperazione con paesi in via di sviluppofiniscono a finanziare strutture private di un paese ricco e tra i primi al mondo per sviluppo tecnologico.
 
3) Ragioni di principio. Il Centro Peres per la Pace sostiene di favorire la collaborazione ed il dialogo tra le parti in conflitto, per facilitare la pace e la riconciliazione. Ciò prescinde dalle vicende storiche che stanno alla base del problema e questa amnesia rappresenta uno dei maggiori successi della propaganda israeliana. Questi progetti finiscono per dare l’idea di una situazione di uguaglianza tra i due parti in conflitto. Si tratta di una finzione. Questi progetti sono funzionali al mantenimento della disparità di condizione tra i contendenti. Importanti personalità israeliane, come l’ex vice sindaco di Gerusalemme Meron Benvenisti, hanno denunciato questo aspetto delle attività del Centro Peres, volte ad “addestrare la popolazione palestinese ad accettare la sua inferiorità”.

4) Va infine rilevato che il fondatore del Centro, Shimon Peres, è da sempre uno dei maggiori artefici e sostenitori delle politiche di occupazione dei territori occupati e delle azioni militari più sanguinose messe in atto da Israele. Risulta per lo meno paradossale che si presentino alla popolazione palestinese delle attività umanitarie e a favore della pace utilizzando il suo nome.

Per maggiori informazioni, scarica il documento "Le ragioni di una opposizione al finanziamento al Centro Peres"

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18 aprile 2012

Un popolo dietro le sbarre, senza alcun diritto

                

Poche cifre servono a dare la misura delle dimensioni del dramma rappresentato dai palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.

I palestinesi attualmente imprigionati nelle carceri israeliane sono circa 4.700, tra i quali 27 membri del Consiglio legislativo palestinese, 3 ex ministri, 320 detenuti in regime di detenzione amministrativa. Nove sono le donne detenute, 10.000 quelle incarcerate dal 1967 ad oggi; 185 sono i detenuti minorenni, 8.000 dal 2000 ad oggi.

Il numero complessivo di palestinesi che si è trovato a dover soggiornare nelle galere israeliane dal 1967 ad oggi è pari a circa 750.000, il 20% del totale della popolazione dei Territori occupati e il 40% della popolazione maschile (dati fonte Addameer).

In questo documentario prodotto dal Palestinian Centre for Human Rights per celebrare l'annuale Giornata dei Prigionieri Palestinesi, caduta il 17 aprile, si racconta anche altro, e cioè le condizioni terribili e disumane in cui sono costretti a vivere i prigionieri palestinesi, la quotidiana violazione dei loro diritti fondamentali, la violazione di norme basilari del diritto umanitario e di convenzioni che pure Israele formalmente risulta aver sottoscritto.
E si racconta la condizione normale di un prigioniero palestinese, le celle invivibili, il diniego di cure mediche, il diniego delle visite familiari, a volte per cinque o sei anni, la barbarie della detenzione amministrativa, che rende nulla ogni possibilità di difesa e ogni diritto processuale dell'imputato.

Da questo punto di vista, è davvero triste dover constatare che Israele assomiglia più a una dittatura di stampo sudamericano che ad un paese civile di democrazia occidentale, quale (a torto) ritiene di assomigliare.

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16 aprile 2012

Palermo 15/4, presidio in ricordo di Vittorio Arrigoni




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15 aprile 2012

Vittorio lo ricorderò sempre così

                                                                                             
Il mio ricordo di Vittorio Arrigoni sarà sempre legato a questo video, che ancora non riesco a guardare senza un pizzico di commozione. Vittorio, un uomo straordinario che in realtà una bandiera l'aveva e la teneva alta, quella della giustizia, della solidarietà, della pace tra i popoli. La bandiera dell'umanità.

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Ufficiale israeliano colpisce al volto un'attivista con il suo M-16

                                                                               
I soliti valorosi pezzi di merda dell'Idf...

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12 aprile 2012

Marco, Giorgio, Abdellah e Issa liberi subito! Stop illegal deportation!

Ieri, 11 aprile 2012, sono stati arrestati Marco e Giorgio, cittadini italiani, dalle forze di occupazione israeliane nella città di Hebron. Domani avrà luogo il processo e sembra molto probabile l’espulsione forzata in Italia, con l’accusa di manifestazione non autorizzata, sebbene non fosse in atto alcuna manifestazione.

Si tratta di attivisti impegnati in azioni nonviolente, che stavano partecipando alla Conferenza Internazionale per la Resistenza Popolare. Gli arresti sono avvenuti durante la pausa pranzo. Nella stessa operazione militare sono stati arrestati Issa Amro, noto attivista nonviolento del gruppo “youth against the settlements” di Hebron, e Abdellah Abu Rahma, coordinatore della conferenza.

Riteniamo che quanto avvenuto sia esemplificativo del comportamento delle forze di occupazione all’interno dei territori palestinesi, come si permettano di arrestare torturare ed ammazzare gli abitanti locali al fine di sottrarre loro la loro terra.

L’accusa di partecipazione a manifestazione non autorizzata è quantomai ridicola, infatti gli imputati si trovavano in pausa pranzo durante un’iniziativa di portata internazionale, cui erano presenti anche cariche istituzionali di livello europeo; e la possibilità che gli attivisti subiscano il rimpatrio forzato è inquietante.

Gli arresti hanno avuto luogo nella zona H2 della città, dove la schiacciante maggioranza di palestinesi vive sotto completo controllo israeliano, in balia delle angherie dei coloni ultrasionisti.

Per informazioni chiamate il numero: +970 59 2364644 oppure +970 59 7453221 oppure scrivete a italianism@inventati.org

vi chiediamo di:

- diffondere quanto più possibile, attraverso mails e social media la notizia

- chiedere il rilascio immediato degli attivisti telefonando ai seguenti numeri:

Unità di crisi
Tel. 06 36225

Farnesina
Tel. 06 36911

Ambasciata israeliana in Italia
Tel. 06 36198500

Consolato israeliano in Italia
Tel. 06 3221541

- scrivere agli indirizzi sottoelencati chiedendo il rilascio immediato ed incondizionato dell’attivista, inoltrando se volete questo modello di mail (ovviamente aggiungendo il vostro nome) altrimenti scrivendone un altro:

(versione italiana)

indirizzi:

Unità di crisi
unita.crisi@esteri.it

Ambasciata israeliana in Italia
amb-sec@roma.mfa.gov.il

Consolato israeliano in Italia
cons5@roma.mfa.gov.il

Mi chiamo… e scrivo la presente perchè Marco e Giorgio, due attivisti italiani, sono stati incarcerati con due palestinesi dalla polizia israeliana in territori palestinesi senza nessuna specifica ragione.

I due attivisti non erano assolutamente coinvolti in nessuna azione violenta o in qualsiasi altra azione che potesse mettere in pericolo la vita di qualcuno, erano semplicemente nella pausa pranzo della Conferenza Internazionale della Resistenza Popolare.

Al momento sono minacciati da un ordine di deportazione senza aver avuto la possibilità di conoscere i loro diritti e la loro situazione tramite un incontro con un avvocato ne’ la possibilità di informare persone che erano presenti durante l’accaduto e che potrebbero partecipare a un’udienza del tribunale. Non sarebbe la prima volta che Israele applica un ordine di deportazione senza nemmeno un’udienza. Credo che questo genere di politiche che lo stato di Israele applica quotidianamente non rappresentano ciò che una democrazia dovrebbe rappresentare.

Sono sconvolt@ dal comportamento della Polizia e dello Stato di Israele e Vi raccomando caldamente di adoperarvi per la loro liberazione e per i Palestinesi arrestati senza ragione che sono con loro, senza nessuna condizione, perché non stavano commettendo nessun reato.

(versione inglese)

indirizzi:

ambasciata italiana a tel aviv

amb.telaviv@cert.esteri.it

ufficioculturale.telaviv@esteri.it

stampa.telaviv@esteri.it

passaporti.telaviv@esteri.it

visti.telaviv@esteri.it

cittadinanza.telaviv@esteri.it

anagrafe.telaviv@esteri.it

consolato.telaviv@esteri.it

sportellounico.telaviv@esteri.it

info.telaviv@esteri.it

consolati israeliani

segreteria.gerusalemme@esteri.it

milano@israeltra.gov.il

ministero degli affari esteri israeliano:

pniot@mfa.gov.il

mankal@mfa.gov.il

sar@mfa.gov.il

ministero del turismo:

webmaster@tourism.gov.il

info@goisrael.com

My name is … … and I am writing because Marco and Giorgio, two Italian activists, have been imprisoned with two Palestinians from the Israeli police in the Palestinian Territories without any specific reason.

They were not involved in any violent action or in anything who could put in danger the life of anybody, they were just in the lunch break of the International Conference for the Popular Resistance.

They’re now been threatened with a deportation order without giving them to know their rights and their situation from a meeting with a lawyer and the right to inform people who witnessed the event and can participate to a court hearing. It will not be the first time that Israel applies a deportation order without a court hearing. I think that these kind of policies that Israel applies daily do not represent what a democracy should look like.

I am really shocked from the behavior of israeli Police and israeli Government, and I strongly recommend you to endeavor for their liberation and for the Palestinians arrested who were also arrested without any reason with them, without any condition, because they were not doing anything illegal.

… … (nome cognome)

Raccomandiamo vivamente, quando scrivete agli indirizzi delle ambasciate e ministeri israeliani, di mettere in cc i seguenti indirizzi di giornali per aumentare la pressione:

quotidiani@rcs.it

lettere@ilfoglio.it

info@gazzettino.it

redazione@ilmanifesto.it

posta@ilmattino.it

posta@ilmessaggero.it

redazione@ilsecoloxix.it

larepubblica@repubblica.it

lasera@tiscalinet.it

lettere@lastampa.it

ansnews@netvision.net.it

info@agenziaitalia.it

aise@uni.net

info@agenews.it

webinfo@adnkronos.com

unitaonline@unita.it

franca.ferri@quotidiano.net

culture@liberazione.it

webnews24@rai.it

info@agopress.info

(nell’ordine: Corriere della sera, Il foglio, Il gazzettino, Il manifesto, Il mattino, Il Messaggero, Il secolo XIX, La repubblica, La sera, La stampa, ANSA Israele, AGI, AISE, AGE, ADNKRONOS, L’UNITA, Il resto del carlino, Liberazione, Rainews24, Agopress)


(fonte:  https://www.facebook.com/events/244889592277096/)

Aggiornamento:
Alle ore 13.15 la console Anna Pappalardo ha telefonato alla moglie di Giorgio dicendo che Marco e Giorgio verranno deportati in Italia con il primo volo, senza processo.

Arrestati con l'accusa di partecipazione a manifestazione illegale, quando in realtà non c'era nessuna manifestazione in corso, e violenza sui militari quando invece
...sono stati solo i militari ad usare violenza sugli internazionali ed i palestinesi che erano di ritorno dalla pausa pranzo in occasione della Conferenza Internazionale..

Il fatto che non vengano sottoposti a giudizio rende il fatto ancora più grave, vi invitiamo a continuare a mandare mail e telefonare. Ringraziamo per la solidarietà espressa e per le mail inviate.

Questi i fatti fino a ieri sera: http://italy.palsolidarity.org/2012/04/12/marco-giorgio-abdellah-e-issa-liberi-subito-stop-illigal-deportation/

Il numero da chiamare sul posto (in italiano) per ricevere ultieriori informazioni è +970 59 2364644

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10 aprile 2012

Presidente Monti, la IV Convenzione di Ginevra è dunque solo carta straccia?



Se c'è un settore in cui il governo Monti non si discosta in nulla rispetto al precedente a guida Berlusconi è quello della politica estera. Non a caso a Frattini - il ministro più sionista d'Europa secondo la felice definizione di Ha'aretz - è succeduto Terzi di Sant'Agata, il quale sin dagli esordi (su twitter...) non ha esitato un attimo ad appuntarsi la medaglietta di amico di Israele.

Così, nel video qui sopra, ci tocca assistere allo spettacolo, in verità penoso, del nostro Presidente del Consiglio che reiteratamente si rifiuta di rispondere alla precisa domanda sul muro e sull'occupazione rivoltagli dell'inviata di Nena News. 

Eppure Monti non dovrebbe ignorare l'esistenza di un noto parere della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell'Aja che ha dichiarato a chiare lettere l'illegalità del muro dell'apartheid per la parte che corre al di là della green line e ne ha chiesto l'immediata demolizione.

E, soprattutto, non dovrebbe ignorare che il parere dell'ICJ richiama tutti gli Stati al preciso obbligo di non riconoscere la situazione di illegalità determinata dal Muro stesso e di non fornire in alcun modo aiuto o assistenza ad Israele nel mantenere in essere detta situazione; gli Stati firmatari della IV Convenzione di Ginevra, peraltro, avrebbero l'ulteriore obbligo di far si che Israele si conformi alle norme di diritto umanitario contenute nella Convenzione medesima. 

Fino a quando, caro Presidente Monti, l'amicizia con Israele ci porterà a ignorare il diritto internazionale e il diritto umanitario, a ignorare le sofferenze e le ruberie a danno del popolo palestinese, a violare la IV Convenzione di Ginevra che pure l'Italia ha sottoscritto e che costituisce un fondamentale presidio di civiltà? 

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3 aprile 2012

A Gaza a volte è meglio essere malati


Tre parrucchiere e due barbieri non potranno lasciare la Striscia di Gaza per partecipare al “Palestinian Beauty and Tradition Spring Fair” nella città di Tulkarem, in Cisgiordania, non perché l’esercito (israeliano) abbia dei sospetti relativi alla sicurezza nei loro confronti, ma semplicemente perché “in considerazione dell’attuale situazione politica e della sicurezza, i residenti della Striscia di Gaza non sono autorizzati ad entrare in Israele se non in casi umanitari eccezionali, con una particolare attenzione ai casi medici” (in ebraico).

Il problema è che altre persone, difficilmente qualificabili come “eccezionali casi umanitari”, riescono a lasciare la Striscia di Gaza, ma si tratta prevalentemente di uomini. Fino a 100 grossi commercianti sono autorizzati a uscire dalla Striscia di Gaza ogni giorno. Solo a febbraio, commercianti sono usciti dalla Striscia di Gaza per recarsi in Israele 2.146 volte. Il sito web del Coordinatore delle Attività Governative nei Territori (COGAT) vanta che nel 2011 8.411 commercianti hanno lasciato la Striscia di Gaza.

I permessi per uscire dalla Striscia di Gaza sono concessi solo a individui che il COGAT considera commercianti di rilevante importanza, nel presupposto che essi sono essenziali per lo sviluppo economico della Striscia di Gaza. A Gaza, come nel resto del mondo, è più probabile che siano gli uomini a possedere le grandi attività commerciali, così il risultato della decisione del COGAT è che le donne, le quali per lo più possiedono imprese più piccole, non soddisfano i criteri per poter lasciare Gaza per delle opportunità economiche. Anche le donne meritano una possibilità di accrescimento economico, non solo a proprio vantaggio, ma anche al fine di rafforzare il settore privato di Gaza. L’autoaffermazione delle donne è di cruciale importanza per lo sviluppo economico e per lo sviluppo di una società civile sana. Israele, come l’esercito e il governo affermano ripetutamente, hanno interesse a facilitare questo processo.

Vale la pena di notare che le parrucchiere non sono state le uniche a cui è stato vietato di uscire dalla Striscia di Gaza. A sette studentesse di Gaza è stato negato il permesso di recarsi all’Università Al-Quds di Abu Dis per partecipare ad una competizione internazionale di tecnologia organizzata da Microsoft. Anche a loro è stato detto che il motivo del loro viaggio non costituiva un “eccezionale caso umanitario” – un’altra opportunità persa per favorire l’accrescimento economico e professionale delle donne della Striscia di Gaza.
 
Si tratta solo di dieci donne. Dieci permessi di uscita che avrebbero migliorato le loro vite e la situazione della società civile di Gaza, anche se solo di un tantino; ma loro non erano abbastanza importanti e nemmeno abbastanza fortunate per essere “eccezionali casi umanitari” – a quanto pare, sono troppo in salute.  

(fonte: Gisha

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