La strage degli innocenti.
Uno dei simboli più evidenti e più tragici dell’occupazione militare israeliana dei Territori palestinesi è costituita dai checkpoints.
Questi posti di blocco – a volte fissi a volte temporanei e inaspettati – hanno conseguenze devastanti per la vita e l’economia dei Palestinesi, impediscono la libera circolazione di persone e merci, vietano l’accesso della popolazione agli ospedali e alle cure mediche, spesso sono teatro di umiliazioni e di violenze fisiche, ben testimoniate da organizzazioni per i diritti umani quali Machsom Watch.
Ma la conseguenza più drammatica di questi checkpoints è evidenziata da un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu (OHCHR) datato 31 agosto 2005, secondo cui, nel periodo compreso tra il settembre del 2000 ed il dicembre del 2004, 61 donne palestinesi sono state costrette a partorire senza alcun aiuto ai checkpoints israeliani e, in conseguenza di ciò, ben 36 neonati sono morti, morti per la disumanità e la barbarie dei valorosi soldati di Tsahal.
Tra le tante testimonianze allegate, spicca quella relativa alla morte di una neonata nell’agosto del 2003 al checkpoint situato vicino al villaggio di Salem (Governatorato di Nablus); anche in quella occasione alla madre fu impedito di passare il posto di blocco, ed il padre della bambina fu costretto a tagliare il cordone ombelicale con una pietra, senza l’aiuto e, anzi, tra la totale indifferenza dei soldati addetti al checkpoint.
Come se ciò non bastasse, un’altra conseguenza indiretta di tale situazione è costituita dal notevole incremento delle nascite in casa; molte donne palestinesi infatti (si stima il 30% del totale), temendo di rimanere bloccate ai checkpoints, preferisce partorire tra le mura domestiche, aumentando il rischio di complicazioni e innalzando ulteriormente il livello della mortalità infantile.
Ancora una ennesima prova della ferocia e della barbarie di un esercito senza più alcun freno morale, di un Governo che perpetua un’occupazione militare illegittima, di un intero popolo che si gira dall’altro lato e fa finta di non vedere la sofferenza e la morte che i suoi figli in divisa provocano al popolo Palestinese.
Di tutto questo nessuna notizia sui media, che pure tanto spazio dedicano – e giustamente – al lancio dei missili artigianali Qassam su Sderot, che hanno provocato alcuni feriti leggeri; in Italia - se sbaglio i lettori vorranno cortesemente correggermi - questa notizia l’ha data solo il Manifesto, io l’ho appresa dalla Bbc.
In coda all’articolo ho messo il link al documento dell’OHCHR, se qualcuno vorrà potrà inviarlo a qualche amico, oppure magari a Magdi Allam, per inserirlo nel dossier di accompagnamento alla proposta di conferire il Nobel per la pace ad Ariel Sharon.
Questo rapporto (n.A/60/324 del 31.8.2005) è stato redatto a seguito della risoluzione della Commissione per i Diritti Umani dell’Onu n.2005/7 del 14.4.2005, nelle cui premesse, al quarto comma, si condanna Israele per “… il diniego di accesso agli ospedali da parte di Israele per le donne Palestinesi in stato di gravidanza, che le costringe a partorire ai checkpoints in condizioni, ostili, disumane e umilianti…”.
Questo è il trattamento che gli Israeliani riservano al popolo Palestinese, questo è il volto feroce e disumano di un Paese che ancora qualcuno osa definire un bastione di civiltà nel Medio Oriente.
Questi posti di blocco – a volte fissi a volte temporanei e inaspettati – hanno conseguenze devastanti per la vita e l’economia dei Palestinesi, impediscono la libera circolazione di persone e merci, vietano l’accesso della popolazione agli ospedali e alle cure mediche, spesso sono teatro di umiliazioni e di violenze fisiche, ben testimoniate da organizzazioni per i diritti umani quali Machsom Watch.
Ma la conseguenza più drammatica di questi checkpoints è evidenziata da un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu (OHCHR) datato 31 agosto 2005, secondo cui, nel periodo compreso tra il settembre del 2000 ed il dicembre del 2004, 61 donne palestinesi sono state costrette a partorire senza alcun aiuto ai checkpoints israeliani e, in conseguenza di ciò, ben 36 neonati sono morti, morti per la disumanità e la barbarie dei valorosi soldati di Tsahal.
Tra le tante testimonianze allegate, spicca quella relativa alla morte di una neonata nell’agosto del 2003 al checkpoint situato vicino al villaggio di Salem (Governatorato di Nablus); anche in quella occasione alla madre fu impedito di passare il posto di blocco, ed il padre della bambina fu costretto a tagliare il cordone ombelicale con una pietra, senza l’aiuto e, anzi, tra la totale indifferenza dei soldati addetti al checkpoint.
Come se ciò non bastasse, un’altra conseguenza indiretta di tale situazione è costituita dal notevole incremento delle nascite in casa; molte donne palestinesi infatti (si stima il 30% del totale), temendo di rimanere bloccate ai checkpoints, preferisce partorire tra le mura domestiche, aumentando il rischio di complicazioni e innalzando ulteriormente il livello della mortalità infantile.
Ancora una ennesima prova della ferocia e della barbarie di un esercito senza più alcun freno morale, di un Governo che perpetua un’occupazione militare illegittima, di un intero popolo che si gira dall’altro lato e fa finta di non vedere la sofferenza e la morte che i suoi figli in divisa provocano al popolo Palestinese.
Di tutto questo nessuna notizia sui media, che pure tanto spazio dedicano – e giustamente – al lancio dei missili artigianali Qassam su Sderot, che hanno provocato alcuni feriti leggeri; in Italia - se sbaglio i lettori vorranno cortesemente correggermi - questa notizia l’ha data solo il Manifesto, io l’ho appresa dalla Bbc.
In coda all’articolo ho messo il link al documento dell’OHCHR, se qualcuno vorrà potrà inviarlo a qualche amico, oppure magari a Magdi Allam, per inserirlo nel dossier di accompagnamento alla proposta di conferire il Nobel per la pace ad Ariel Sharon.
Questo rapporto (n.A/60/324 del 31.8.2005) è stato redatto a seguito della risoluzione della Commissione per i Diritti Umani dell’Onu n.2005/7 del 14.4.2005, nelle cui premesse, al quarto comma, si condanna Israele per “… il diniego di accesso agli ospedali da parte di Israele per le donne Palestinesi in stato di gravidanza, che le costringe a partorire ai checkpoints in condizioni, ostili, disumane e umilianti…”.
Questo è il trattamento che gli Israeliani riservano al popolo Palestinese, questo è il volto feroce e disumano di un Paese che ancora qualcuno osa definire un bastione di civiltà nel Medio Oriente.