28 maggio 2010

Rapporto di Amnesty 2010: Israele e Territori palestinesi occupati.


In questi giorni Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel corso del 2009.

La lettura della sezione che riguarda le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra commessi da Israele è semplicemente raccapricciante: uccisione indiscriminata di civili (si stima che l'83% dei Palestinesi uccisi fossero civili inermi), massacri di bambini (330, pari al 24% del totale degli uccisi), uso indiscriminato di fosforo bianco e altri armamenti proibiti in zone densamente popolate, attacchi a ospedali e personale medico e paramedico, uso di civili come scudi umani, il crimine della punizione collettiva costituita dall'assedio della Striscia di Gaza - un vero e proprio lager in cui continuano ad essere rinchiusi un milione e mezzo di Palestinesi.

Non si era mai vista, in questo nostro tempo, un'operazione militare come quella scatenata da Israele nella Striscia di Gaza, non si era mai visto che fosse negato ai civili l'accesso ai soccorsi e alle cure mediche, non si era mai visto che ai civili fosse addirittura impedito di fuggire dalle zone dei combattimenti.

E non si riesce a capire come uno Stato-canaglia come quello israeliano - responsabile di tali e tanti crimini - non solo non venga bandito dal consesso delle nazioni civili e isolato politicamente ed economicamente, ma sia stato di recente ammesso all'interno dell'OCSE.

Ma capisco bene che un simile commento - per una folta schiera bipartisan dei nostri politici - possa essere considerato antisemita. O forse, addirittura, lo stesso rapporto di Amnesty.


Stato d'Israele
Capo di stato: Shimon Peres
Capo del governo: Binyamin Netanyahu (subentrato a Ehud Olmert a marzo)
Pena di morte: abolizionista per i reati ordinari
Popolazione: 7,2 milioni (Israele); 4,3 milioni (Opt)
Aspettativa di vita: 80,7 anni (Israele); 73,3 anni (Opt)
Mortalità infantile sotto i 5 anni (m/f): 6/5‰ (Israele); 23/18‰ (Opt)
Alfabetizzazione adulti: 97,1% (Israele); 93,8% (Opt)

Le forze israeliane hanno commesso crimini di guerra e altre gravi violazioni del diritto internazionale nella Striscia di Gaza durante l'offensiva militare di 22 giorni dal nome in codice operazione "Piombo fuso" conclusasi il 18 gennaio. Tra le varie cose, hanno sferrato attacchi indiscriminati e sproporzionati contro civili, preso di mira e ucciso personale medico, usato civili palestinesi come "scudi umani" e lanciato in maniera indiscriminata fosforo bianco su zone residenziali densamente popolate. Più di 1380 palestinesi, compresi più di 330 bambini e centinaia di altri civili, sono rimasti uccisi. Gran parte di Gaza è stata rasa al suolo, lasciando infrastrutture vitali distrutte, l'economia in rovina e migliaia di palestinesi senzatetto.

Le forze israeliane hanno continuato a imporre forti restrizioni di movimento nei confronti dei palestinesi all'interno dei Territori palestinesi occupati (Opt) per l'intero anno, ostacolando l'accesso a servizi essenziali e alla terra. Le restrizioni hanno compreso un blocco militare della Striscia di Gaza, che ha di fatto reso prigionieri 1,5 milioni di residenti, provocando una crisi umanitaria. Ciononostante, Israele ha spesso fermato l'ingresso a Gaza degli aiuti internazionali e dell'assistenza umanitaria. Il permesso di lasciare Gaza per ricevere cure mediche è stato negato o ritardato per centinaia di palestinesi gravemente ammalati e almeno 28 persone sono morte mentre attendevano l'autorizzazione per poter uscire. Le forze israeliane hanno continuato a sgomberare con la forza i palestinesi, a demolire le loro abitazioni e a espropriare i loro terreni nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, mentre hanno concesso alle colonie israeliane di espandersi sui terreni illegalmente confiscati ai palestinesi.

Per tutto l'anno, le forze israeliane hanno impiegato forza eccessiva e, in taluni casi, letale contro civili palestinesi. Non sono cessate le accuse di maltrattamento nei confronti di detenuti palestinesi e raramente sono state indagate. Centinaia di persone sono state sottoposte a detenzione amministrativa senza accusa; altre hanno scontato sentenze imposte al termine di processi militari iniqui. Soldati e coloni israeliani che hanno compiuto gravi violazioni dei diritti umani nei confronti dei palestinesi hanno di fatto goduto dell'impunità.

Contesto

Le elezioni parlamentari israeliane di febbraio hanno visto una crescita del sostegno verso i partiti dell'ala destra e la formazione di una coalizione di governo che comprendeva il Partito laburista, il partito dell'ala destra Likud e quello di ultra destra Yisrael Beitenu. Il governo statunitense ha invitato più volte Israele a fermare l'insediamento delle colonie come primo passo per far ripartire il processo di pace ma le sue richieste sono rimaste inascoltate.

Operazione "Piombo fuso"

L'offensiva militare israeliana su Gaza, durata 22 giorni, e lanciata senza preavviso, aveva il dichiarato proposito di porre fine ai lanci di razzi su Israele da parte di fazioni armate affiliate ad Hamas e altri gruppi palestinesi. L'offensiva ha ucciso più di 1380 palestinesi ferendone all'incirca 5000, molti dei quali in modo grave. Oltre 1800 dei feriti erano bambini. Migliaia di abitazioni civili, edifici commerciali e pubblici sono andati distrutti. Interi quartieri sono stati rasi al suolo. L'elettricità, l'acqua e i sistemi di fognatura sono risultati gravemente danneggiati, così come altre infrastrutture essenziali. Vasti appezzamenti di terreni agricoli e molti beni industriali e commerciali sono stati distrutti. Gran parte della devastazione è risultata gratuita e deliberata e non trova giustificazioni in motivazioni di natura militare. Tredici israeliani sono rimasti uccisi nei combattimenti, compresi tre civili uccisi da razzi e mortai sparati da gruppi armati palestinesi nel sud di Israele (cfr. Autorità Palestinese).

Prima e durante l'operazione "Piombo fuso", l'esercito israeliano ha rifiutato l'ingresso a Gaza di osservatori indipendenti, giornalisti, organismi di monitoraggio dei diritti umani e operatori umanitari, di fatto tagliando Gaza fuori dal mondo esterno. Le autorità si sono inoltre rifiutate di collaborare con un'inchiesta del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Hrc).

Il rapporto dell'Hrc, pubblicato a settembre e noto come Rapporto Goldstone, ha accusato sia Israele che Hamas di crimini di guerra e di possibili crimini contro l'umanità a Gaza e nel sud d'Israele. Il rapporto raccomanda che i responsabili di crimini di guerra siano assicurati alla giustizia.

Le autorità israeliane non hanno istituito alcuna inchiesta indipendente o imparziale sulla condotta delle proprie forze durante l'operazione "Piombo fuso", sebbene siano state condotte alcune indagini interne.

Uccisioni illegali

Centinaia di civili sono stati uccisi durante gli attacchi israeliani condotti tramite il lancio di munizioni a lungo raggio sparate da aerei da combattimento, elicotteri e droni [aerei senza pilota, N.d.T.], o da carri armati piazzati a diversi chilometri di distanza dal loro bersaglio. Le vittime non sono state colpite nel fuoco incrociato o mentre proteggevano militanti, ma sono state uccise nelle loro abitazioni mentre dormivano, o svolgevano le loro attività quotidiane o mentre giocavano. Alcuni civili, bambini compresi, sono stati uccisi da distanza ravvicinata quando non rappresentavano alcuna minaccia alle vite dei soldati israeliani. Paramedici e ambulanze sono stati ripetutamente attaccati mentre soccorrevano i feriti, provocando diversi morti.

Decine di civili sono rimasti uccisi e feriti da armi con un inferiore grado di precisione, come lanci di artiglieria e di mortaio, e granate di "flechette" sparate dai carri armati.

Il fosforo bianco è stato ripetutamente sparato in maniera indiscriminata su zone residenziali densamente popolate, uccidendo e ferendo civili e distruggendone le proprietà.

Molti di questi attacchi hanno violato il diritto internazionale in quanto sproporzionati e indiscriminati; in quanto indirizzati a colpire civili e obiettivi civili, compreso personale medico e veicoli sanitari; in quanto non erano state adottate tutte le debite precauzioni per minimizzare i rischi verso i civili; e in quanto non era stato concesso un tempestivo accesso o passaggio dei mezzi e del personale di soccorso.

*Il 4 gennaio, Sa'adallah Matar Abu Halima e quattro suoi figli sono rimasti uccisi da un attacco al fosforo bianco lanciato sulla loro abitazione, nella zona di Sayafa, nel nord-ovest di Gaza. Sua moglie Sabah è rimasta gravemente ustionata e ha raccontato ad Amnesty International di aver visto la sua neonata Shahed sciogliersi nelle sue braccia. Poco dopo l'attacco, soldati israeliani hanno ucciso a colpi d'arma da fuoco sparati a distanza ravvicinata i cugini Matar e Muhammad Abu Halima, mentre tentavano di portare in ospedale i loro parenti ustionati.

*Nella notte del 6 gennaio, 22 membri della famiglia al-Daya, in maggioranza donne e bambini, sono rimasti uccisi quando un F-16 israeliano ha bombardato la loro abitazione nel distretto al-Zaytoun di Gaza City.

Attacchi a obiettivi civili

Le forze israeliane hanno attaccato ospedali, personale medico e ambulanze così come strutture umanitarie, compresi gli edifici dell'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati palestinesi nel vicino oriente (Unrwa). Almeno 15 dei 27 ospedali di Gaza sono rimasti danneggiati, alcuni in modo esteso; circa 30 ambulanze sono state colpite e 16 operatori sanitari sono rimasti uccisi. Amnesty International non ha rilevato prove che Hamas o militanti armati avessero usato gli ospedali come luoghi in cui nascondersi o per sferrare attacchi e le autorità israeliane non hanno fornito prove che suffragassero tali asserzioni.

*Tre paramedici, Anas Fadhel Na'im, Yaser Kamal Shbeir e Raf'at Abd al-'Al, sono rimasti uccisi il 4 gennaio a Gaza City da un missile israeliano, mentre raggiungevano a piedi due uomini feriti. Anche un ragazzo di 12 anni, Omar Ahmad al-Barade'e, il quale stava mostrando loro la strada, è rimasto ucciso.

*Circa alle 6 di mattina del 17 gennaio, una granata d'artiglieria al fosforo bianco è esplosa nella scuola primaria dell'Unrwa a Beit Lahia, dove si erano rifugiate più di 1500 persone. Due bambini, Muhammad al-Ashqar e suo fratello Bilal, rispettivamente di cinque e sette anni, sono rimasti uccisi. Oltre una dozzina di altri civili che si erano rifugiati nella scuola sono rimasti feriti.

Uso di civili come "scudi umani"

In diverse occasioni soldati israeliani hanno usato civili palestinesi, bambini compresi, come "scudi umani" durante operazioni militari o li hanno costretti a portare a termine compiti pericolosi. Soldati israeliani hanno inoltre lanciato attacchi dai pressi di case abitate.

*Per due giorni a partire dal 5 gennaio, le forze israeliane hanno usato Yousef Abu 'Ida, sua moglie Leila e i loro nove figli come "scudi umani", all'interno della loro abitazione di Hay al-Salam, a est di Jabalia, mentre utilizzavano la casa come postazione militare. Hanno poi costretto la famiglia a uscire e hanno distrutto la casa.

Blocco dell'assistenza umanitaria

Le forze israeliane hanno deliberatamente bloccato e altrimenti ostacolato i soccorsi di emergenza e l'assistenza umanitaria. Esse hanno inoltre attaccato convogli di aiuti e centri di distribuzione, nonché personale medico, costringendo l'Unrwa e l'Icrc a rinunciare alle loro operazioni a Gaza durante l'offensiva.

*Diversi membri della famiglia al-Sammouni sono morti dissanguati nei giorni successivi a un attacco sferrato il 5 gennaio sulla loro abitazione, nel quartiere al-Zaytoun di Gaza City, perché l'esercito israeliano non aveva permesso alle ambulanze o a chiunque altro di soccorrerli. I bambini sono rimasti a terra per tre giorni senza cibo né acqua vicino ai corpi dei loro parenti morti. Complessivamente sono 29 i membri della famiglia al-Sammouni che hanno perso la vita nell'episodio.

Blocco di Gaza - Crisi umanitaria

Il protrarsi del blocco militare israeliano di Gaza, in vigore dal giugno 2007, ha acuito la già profonda crisi umanitaria. Disoccupazione di massa, povertà estrema, insicurezza alimentare, aumento dei prezzi dei beni alimentari causato da carenze di reperibilità hanno costretto quattro abitanti di Gaza su cinque a dover dipendere dagli aiuti umanitari. La portata del blocco e le dichiarazioni dei funzionari israeliani riguardo al suo scopo sono la dimostrazione che questo era stato imposto come forma di punizione collettiva nei confronti degli abitanti di Gaza, in palese violazione del diritto internazionale.

L'operazione "Piombo fuso" ha spinto la crisi a livelli di catastrofe. Dopo la sua conclusione, il blocco ha ostacolato o impedito gli sforzi per la ricostruzione. Di conseguenza, vi è stato un peggioramento della fornitura d'acqua e dei servizi fognari; sono aumentati i tagli all'elettricità, causando gravi problemi durante il caldo estivo e negli edifici pubblici e sanitari; è cresciuto il sovraffollamento delle scuole; sono aumentate le difficoltà per un sistema sanitario già ai limiti del collasso, con strutture danneggiate e un numero crescente di richieste di intervento; il tutto in una scarsa se non nulla possibilità di ripresa economica. Israele ha continuato a negare l'accesso dei contadini alle loro terre entro 500 metri dal confine tra Gaza e Israele e a vietare la pesca oltre tre miglia nautiche dalla riva.

Tra quanti sono rimasti intrappolati a Gaza, vi erano persone gravemente malate che necessitavano di cure mediche al di fuori di Gaza e studenti e lavoratori che avevano bisogno di spostarsi per recarsi nelle università o nei luoghi di lavoro in Cisgiordania o all'estero.

*Samir al-Nadim è morto il 1° novembre dopo che la sua uscita da Gaza per un'operazione cardiaca era stata ritardata per 22 giorni. Quando le autorità israeliane ne hanno autorizzato la partenza il 29 ottobre, egli aveva ormai perso conoscenza ed era attaccato a un respiratore artificiale. È morto per collasso cardiaco in un ospedale di Nablus in Cisgiordania.

Restrizioni in Cisgiordania

Il muro/barriera di sicurezza israeliano di 700 km in Cisgiordania, che separa molti palestinesi dai loro terreni, posti di lavoro e familiari, unitamente ai prolungati coprifuoco, ai circa 600 posti di blocco israeliani, ai blocchi stradali e altre disposizioni restrittive hanno continuato ad annientare la capacità dei palestinesi di accedere ai servizi essenziali, comprese le strutture scolastiche e sanitarie.

Diritto all'acqua

Israele ha continuato a negare ai palestinesi degli Opt un equo accesso ad adeguate e sicure forniture di acqua, intralciando lo sviluppo socioeconomico e ponendo a repentaglio la salute, in violazione delle proprie responsabilità in quanto potenza occupante. Il consumo palestinese di acqua ha a fatica raggiunto i 70 litri al giorno pro-capite, ben al di sotto del minimo di 100 litri raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (Who). Il consumo pro-capite di acqua israeliano è quattro volte maggiore. L'esercito israeliano ha ripetutamente distrutto le cisterne di raccolta di acqua piovana usate dai palestinesi in Cisgiordania, con la motivazione che erano state costruite senza permesso.

Sgomberi forzati

Le forze israeliane hanno sgomberato con la forza i palestinesi e ne hanno demolito le case, in particolare a Gerusalemme Est, con la motivazione che gli edifici erano privi di permesso. Tali autorizzazioni vengono sistematicamente negate ai palestinesi. Per contro, le colonie israeliane sono state autorizzate a espandersi su terreni illegalmente confiscati ai palestinesi. La popolazione beduina del Negev è finita anch'essa nel mirino degli sgomberi forzati.

Uso eccessivo della forza

Le forze israeliane sono ricorse a un uso eccessivo della forza nei confronti di civili palestinesi, provocando molti feriti e alcuni morti. Hanno impiegato gas lacrimogeni, proiettili di metallo ricoperti di gomma e munizioni cariche, spesso quando non sussistevano gravi minacce nei loro o nei confronti di altri.

*Il 17 aprile, Bassem Abu Rahmeh è stato colpito da un candelotto lacrimogeno ad alta velocità israeliano, che gli ha provocato un'emorragia interna che lo ha rapidamente ucciso. Egli stava partecipando alla protesta settimanale nel villaggio di Bil'in contro il muro/barriera di sicurezza che taglia fuori il villaggio di Bil'in da gran parte dei suoi terreni agricoli. Un filmato mostra che Bassem Abu Rahmeh era disarmato e che non costituiva alcuna minaccia. Le autorità militari israeliane hanno affermato che sulla sua morte era in corso un'inchiesta.

Sistema di giustizia militare

Detenzioni senza processo

Il numero di palestinesi trattenuti nelle carceri di Israele senza accusa né processo è diminuito da 564 del mese di gennaio a 278 a dicembre.

*Hamdi al-Ta'mari, uno studente palestinese arrestato il 18 dicembre 2008, quando aveva 16 anni, ha continuato a essere sottoposto a detenzione amministrativa senza accusa nella prigione di Ofer, nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania, fino al suo rilascio il 14 dicembre. Egli era stato arrestato da soldati israeliani che lo avevano posto sotto tiro nella sua abitazione di Betlemme e, secondo la sua famiglia, era stato preso a calci, percosso e vittima di altri abusi durante l'arresto.
Processi iniqui

I palestinesi degli Opt, compresi minorenni, hanno continuato a essere interrogati senza la presenza di un avvocato e a essere processati davanti a tribunali militari piuttosto che civili, dove hanno subito altre violazioni del loro diritto a un equo processo.

Condizioni carcerarie - Diniego di visite familiari

Circa 900 prigionieri palestinesi hanno continuato a veder loro negate le visite dei familiari, alcuni per il terzo anno, poiché i residenti di Gaza non hanno il permesso di spostarsi in Israele da quando è stato imposto il blocco.

Tortura e altri maltrattamenti

Sono continuate a pervenire notizie di tortura e altri maltrattamenti di palestinesi da parte del Servizio di sicurezza generale (Gss). Tra i metodi che sarebbero stati impiegati si citano percosse, privazione del sonno e periodi prolungati in posizioni di stress. La legislazione interna israeliana prevede la "necessità" come possibile giustificazione per la tortura.

Impunità

L'impunità ha continuato a costituire la norma per i soldati israeliani, la polizia e altre forze di sicurezza, così come per i coloni israeliani, che compiono gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di palestinesi, comprese uccisioni illegali. Le violenze da parte dei coloni nei confronti dei palestinesi comprendevano percosse, lancio di pietre e danneggiamento dei loro raccolti e delle abitazioni. In rari casi il personale di sicurezza israeliano è stato giudicato colpevole e le pene sono risultate estremamente lievi.

*A giugno, l'ufficio del procuratore di stato ha ritirato l'incriminazione a carico di Ze'ev Braude, un residente della cOlonia di Kiryat Arba a Hebron, sebbene fosse stato filmato mentre sparava a due palestinesi, ferendoli in modo grave: Hosni Matriya e suo padre di 67 anni, Abed al-Hai, il 4 dicembre 2008.

Prigionieri di coscienza - Obiettori di coscienza israeliani

Almeno sei obiettori di coscienza israeliani sono stati incarcerati durante l'anno per essersi rifiutati di prestare servizio nell'esercito, in quanto si opponevano all'occupazione militare dei Territori palestinesi o alle azioni dell'esercito a Gaza. Si sono avute crescenti vessazioni nei confronti di Ngo israeliane che appoggiano gli obiettori di coscienza.

*Il 29 ottobre, Or Ben David ha ricevuto la sua prima condanna a 20 giorni di reclusione per essersi rifiutata di prestare servizio nell'esercito. A fine anno si trovava di nuovo in carcere dopo che le erano state comminate altre due sentenze.

Missioni e rapporti di Amnesty International

Delegati di Amnesty International hanno visitato Israele e gli Opt a gennaio, febbraio, giugno, luglio, ottobre e novembre.

Israel/OPT: The conflict in Gaza: A briefing on applicable law, investigations and accountability (MDE15/007/2009)

Israel/OPT: Fuelling conflict - foreign arms supplies to Israel/Gaza (MDE 15/012/2009)

Israel/Gaza: Operation "Cast Lead": 22 days of death and destruction (MDE 15/015/2009)

Israel/Occupied Palestinian Territories: Urgent steps needed to address UN Committee against Torture's concerns (MDE 15/019/2009)

Troubled waters: Palestinians denied fair access to water (MDE 15/027/2009)

Etichette: , , , ,

Condividi

29 maggio 2009

Il rapporto 2009 di Amnesty International: Israele e i Territori Palestinesi Occupati.

Ieri è stato presentato in vari capitali del mondo, tra cui Roma, il Rapporto Annuale 2009 di Amnesty International, che analizza la situazione dei diritti umani in 157 paesi e territori nell'anno precedente.

Qui di seguito riporto le note salienti che riguardano la situazione in Israele e nei Territori Occupati, l’ennesima, dura denuncia dei crimini di guerra commessi da Israele a danno del popolo palestinese, nella sconcertante indifferenza dei governo occidentali.

Va ricordato che gran parte dei crimini commessi dall’esercito israeliano durante l’operazione “Piombo Fuso”, ivi inclusi i massacri di civili innocenti e l’uso indiscriminato di armamenti proibiti, tra cui soprattutto il fosforo bianco, non formano oggetto del rapporto in quanto accaduti nei primi giorni del 2009.

Israele e Territori Palestinesi Occupati

Le forze israeliane hanno lanciato un'offensiva militare di una portata senza precedenti - dal nome in codice "Operazione piombo fuso" il 27 dicembre nella Striscia di Gaza, uccidendo molti civili e distruggendo abitazioni e altre proprietà civili. Fino ad allora, l'anno era stato segnato da una forte impennata di uccisioni di civili e altri soggetti da parte sia delle forze israeliane sia dei gruppi armati palestinesi in Israele e Territori Palestinesi Occupati (TPO) prima del raggiungimento di un accordo per il cessate il fuoco nel mese di giugno (cfr. Autorità Palestinese).

Tra i 425 palestinesi uccisi nella prima metà dell'anno, vi erano anche circa 70 bambini.

Oltre alla distruzione su vasta scala di abitazioni e proprietà nella Striscia di Gaza, le forze israeliane hanno distrutto anche decine di abitazioni palestinesi in Cisgiordania, e nei villaggi beduini del sud di Israele. Per tutto l'anno l'esercito israeliano ha mantenuto rigide restrizioni di movimento per i palestinesi nei TPO, compreso un blocco nella Striscia di Gaza, che ha provocato un livello di crisi umanitaria senza precedenti e ha di fatto reso prigioniera l'intera popolazione di 1,5 milioni di abitanti della Striscia di Gaza. Questa situazione è risultata ulteriormente esacerbata dall'offensiva israeliana lanciata il 27 dicembre.

A centinaia di pazienti in condizioni mediche critiche che necessitavano di cure non disponibili negli ospedali locali è stato negato il passaggio per uscire da Gaza; diversi sono morti. Centinaia di studenti non hanno potuto spostarsi per raggiungere le università all'estero perché non autorizzati a lasciare Gaza, dove molti indirizzi di studio non sono disponibili. La maggior parte degli abitanti di Gaza sono dipesi dagli aiuti internazionali, ma il blocco imposto da Israele ha ostacolato la capacità delle agenzie delle Nazioni Unite di fornire assistenza e servizi.

In Cisgiordania il movimento dei palestinesi è stato fortemente limitato da circa 600 posti di blocco e barriere israeliane, e dal muro/recinzione di 700 km che l'esercito israeliano continua a costruire principalmente all'interno della Cisgiordania. L'espansione degli insediamenti israeliani illegali sui terreni confiscati ai palestinesi è aumentata a un livello mai visto dal 2001. I soldati e i coloni israeliani che si erano resi responsabili di gravi abusi nei confronti dei palestinesi, comprese uccisioni illegali, aggressioni e attacchi a proprietà, nella maggior parte dei casi hanno goduto dell'impunità. Centinaia di palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane; le segnalazioni di tortura e altri maltrattamenti sono risultate frequenti, ma le indagini su questi episodi sono state rare. Circa 8.000 palestinesi continuavano a essere detenuti nelle carceri israeliane, molti in seguito a processi militari iniqui.

Crisi umanitaria alimentata dal blocco di Gaza e da altre restrizioni

Il blocco continuo della Striscia di Gaza ha esacerbato una già spaventosa situazione umanitaria, con problemi di ordine sanitario e fognario, povertà e malnutrizione per i suoi 1,5 milioni di abitanti. L'offensiva militare israeliana lanciata alla fine di dicembre ha portato le condizioni sull'orlo della catastrofe umanitaria. Anche prima di allora, l'economia locale risultava paralizzata dalla mancanza di prodotti di importazione e dal divieto di esportare. La carenza di disponibilità dei beni di prima necessità ha alimentato l'aumento dei prezzi, rendendo circa l'80% della popolazione dipendente dagli aiuti internazionali. Le Nazioni Unite e altre organizzazioni di aiuti e di assistenza umanitaria si sono confrontate con ulteriori restrizioni che hanno ostacolato la loro capacità di fornire assistenza e servizi alla popolazione di Gaza e ne hanno accresciuto i costi operativi. I progetti di ricostruzione delle Nazioni Unite per fornire alloggi alle famiglie le cui abitazioni erano state distrutte dall'esercito israeliano negli anni precedenti sono stati sospesi a causa della mancanza di materiali da costruzione. Pazienti in condizioni gravi che necessitavano di cure mediche non disponibili a Gaza e centinaia di studenti e lavoratori che desideravano studiare o viaggiare per lavoro all'estero sono rimasti intrappolati a Gaza a causa del blocco; un numero relativamente esiguo ha potuto lasciare la zona su autorizzazione delle autorità israeliane. Diversi pazienti cui era stato negato il passaggio al di fuori di Gaza sono in seguito deceduti.

*Mohammed Abu 'Amro, un paziente malato di cancro di 58 anni, è morto a ottobre. Egli aveva cercato di ottenere il permesso per lasciare Gaza sin da marzo. Il permesso gli era stato negato per non ben specificati «motivi di sicurezza» ma era stato alla fine concesso una settimana dopo la sua morte.
*Karima Abu Dalal, una 34enne madre di cinque figli affetta dal linfoma di Hodgkin, è morta a novembre per mancanza di cure. Le autorità israeliane le avevano ripetutamente negato il permesso di viaggio per raggiungere l'ospedale di Nablus, in Cisgiordania, sin dal novembre 2007.

In Cisgiordania, circa 600 posti di blocco militari e barriere israeliane hanno limitato il movimento dei palestinesi, ostacolato il loro accesso ai posti di lavoro, di istruzione e alle strutture sanitarie e ad altri servizi. L'esercito israeliano ha continuato la costruzione del muro/recinzione di 700 km, per lo più all'interno del territorio della Cisgiordania. Questo ha separato decine di migliaia di contadini palestinesi dalle loro terre; essi hanno dovuto obbligatoriamente ottenere permessi per poter accedere ai loro terreni ma questi sono stati frequentemente loro negati.

Ai palestinesi è stato inoltre negato l'accesso ad ampie zone della Cisgiordania vicine agli insediamenti israeliani stabiliti e mantenuti in violazione del diritto internazionale, ed è stato loro impedito di accedere, se non in maniera strettamente limitata, alla rete di 300 km di strade utilizzate dai coloni israeliani.
*A febbraio, Fawziyah al-Dark, di 66 anni, ha visto negato il permesso di attraversare un posto di blocco militare israeliano per accedere all'ospedale di Tulkarem in seguito a un attacco di cuore. La donna è morta poco dopo.

*A settembre, soldati israeliani si sono rifiutati di permettere a Naheel Abu Rideh di attraversare il posto di blocco di Huwara e raggiungere l'ospedale di Nablus sebbene fosse in pieno travaglio. La donna ha partorito nell'auto del marito al posto di blocco; il suo bambino è poi deceduto.

Uccisione di civili palestinesi inermi

Circa 450 palestinesi sono rimasti uccisi e migliaia di altri feriti nel corso di raid aerei israeliani e in altri attacchi, la maggior parte dei quali sono stati condotti nella prima parte dell'anno nella Striscia di Gaza. Circa la metà degli uccisi erano civili, compresi circa 70 bambini. Il resto erano membri di gruppi armati uccisi in scontri armati o in raid aerei mirati. Altre centinaia di civili palestinesi sono rimasti uccisi e feriti negli ultimi cinque giorni dell'anno durante l'offensiva militare israeliana, alcuni in seguito ad attacchi diretti contro civili o edifici civili, altri in attacchi indiscriminati e sproporzionati.
Molte uccisioni di civili palestinesi durante la prima metà dell'anno e nel corso dell'offensiva militare di dicembre sono avvenute in risposta ai lanci di razzi e di mortaio da parte di gruppi armati palestinesi dalla Striscia di Gaza contro le vicine città e villaggi israeliani e contro le postazioni dell'esercito israeliano lungo il perimetro della Striscia di Gaza. Sei civili israeliani e diversi soldati sono rimasti uccisi in questi attacchi e altri 14 civili israeliani, tra cui quattro diciassettenni, sono stati uccisi in sparatorie e in altri attacchi per mano di palestinesi a Gerusalemme e in altre località del Paese.

*Nel corso di un'incursione militare di quattro giorni nella Striscia di Gaza alla fine di febbraio le forze israeliane hanno ucciso più di 100 palestinesi, circa metà dei quali erano civili estranei al combattimento, compresi 25 bambini. Tra le vittime vi era la sedicenne Jackline Abu Shbak e suo fratello di 15 anni, Iyad. I due sono stati entrambi uccisi da un unico proiettile esploso alla testa davanti alla loro madre e ai fratelli più piccoli, nella loro abitazione a nord della Città di Gaza il 29 febbraio. I colpi sono stati sparati da una casa che era stata occupata da soldati israeliani proprio di fronte all'abitazione dei ragazzi.

*Il 16 aprile le forze israeliane hanno ucciso 15 civili palestinesi, tra cui 10 bambini di età compresa tra 13 e 17 anni e un giornalista, in tre attacchi separati, in cui sono rimasti feriti decine di altri civili, nella zona di Jouhr al-Dik, nel sud-est della Striscia di Gaza. Dapprima, il fuoco del carro armato israeliano aveva ucciso sei bambini, 'Abdullah Maher Abu Khalil, Tareq Farid Abu Taqiyah, Islam Hussam al-'Issawi, Talha Hani Abu 'Ali, Bayan Sameer al-Khaldi e Mohammed al-'Assar. Poi, soldati israeliani da un carro armato hanno sparato granate flechette contro Fadel Shana', un cameraman della Reuters, uccidendolo, mentre stava riprendendo il veicolo militare. Un'altra granata sparata subito dopo ha ucciso altri due bambini, Ahmad 'Aref Frajallah e Ghassan Khaled Abu 'Ateiwi, ferendone altri cinque. Due di loro, Ahmad 'Abd al-Majid al-Najjar e Bilal Sa'id 'Ali al-Dhini, sono morti tre giorni dopo.

Sistema di giustizia militare

***Detenzioni

Centinaia di palestinesi, tra cui decine di minorenni, sono stati detenuti dalle forze israeliane nei TPO e molti sono stati trattenuti in incommunicado per periodi prolungati. La maggior parte sono stati rilasciati senza accusa, ma centinaia sono stati incriminati di reati inerenti la sicurezza davanti a corti miliari, le cui procedure spesso non hanno rispettato gli standard internazionali sull'equo processo. Circa 8.000 palestinesi arrestati nel corso del 2008 o in anni precedenti a fine anno erano ancora incarcerati. Tra questi vi erano circa 300 bambini e 550 persone trattenute senza accusa né processo ai sensi di ordinanze amministrative militari di detenzione, compresi alcuni trattenuti anche da sei anni.

*Salwa Salah e Sara Siureh, due ragazze di 16 anni, sono state arrestate di notte nelle loro abitazioni a giugno e a fine anno si trovavano ancora in detenzione amministrativa.
*Mohammed Khawajah, di 12 anni, è stato arrestato da soldati israeliani nella sua abitazione del villaggio di Ni'lin alle 3 del mattino dell'11 settembre. Egli è stato picchiato e detenuto assieme ad adulti in un campo di detenzione dell'esercito fino al 15 settembre, quando è stato rilasciato su cauzione. È stato accusato di aver gettato pietre contro soldati e deferito a una corte militare per essere processato.

*Decine di membri di Hamas facenti parte del Parlamento palestinese e ministri dell'ex governo dell'AP a guida Hamas sono rimasti detenuti senza processo, anche per due anni dopo il loro arresto. Le autorità israeliane li hanno trattenuti apparentemente per esercitare pressioni su Hamas affinché rilasciasse un soldato israeliano trattenuto nella Striscia di Gaza dall'ala armata di Hamas dal 2006.

Quasi tutti i detenuti palestinesi sono stati trattenuti in carceri di Israele in violazione del diritto internazionale umanitario, che vieta il trasferimento di detenuti in territorio della potenza occupante. Ciò ha reso difficile se non impossibile di fatto per i detenuti ricevere le visite dei familiari.

***Visite familiari negate

Circa 900 prigionieri palestinesi della Striscia di Gaza hanno visto negate le visite dei loro familiari per il secondo anno consecutivo. Molti parenti di detenuti palestinesi della Cisgiordania hanno anch'essi visto negato il permesso di visitare i loro congiunti per non meglio specificate ragioni di "sicurezza". Molti genitori, coniugi e figli di detenuti non potevano visitare i loro familiari detenuti da oltre cinque anni. Nessun prigioniero israeliano è stato sottoposto a questo tipo di restrizioni.

Tortura e altri maltrattamenti

Sono aumentate le segnalazioni di tortura e altri maltrattamenti da parte del Servizio generale di sicurezza israeliano (GSS), in special modo durante gli interrogatori di palestinesi sospettati di pianificare o di essere coinvolti in attacchi armati. Tra i metodi citati figurano l'essere legati in posizioni forzate dolorose, privazione del sonno e minacce all'incolumità dei familiari dei detenuti. Percosse e altri maltrattamenti di detenuti sono risultati comuni durante e nei momenti successivi all'arresto e nel corso di trasferimenti tra un luogo e l'altro.

Aumento di violenza da parte dei coloni

Nell'ultimo trimestre dell'anno sono aumentati in modo significativo gli attacchi violenti da parte di coloni israeliani nei confronti di palestinesi e delle loro proprietà in tutta la Cisgiordania, specialmente durante il periodo della raccolta delle olive e quando l'esercito ha tentato di evacuare una casa che era stata occupata da coloni a Hebron. I coloni che hanno condotto gli attacchi spesso erano armati. A Hebron, nel mese di dicembre, un colono ha sparato a due palestinesi, ferendoli.

Impunità

Raramente giudici militari hanno ordinato indagini su accuse di tortura e altri maltrattamenti avanzate da imputati palestinesi durante i processi a loro carico davanti a corti militari, e non sono noti procedimenti giudiziari nei confronti di ufficiali del GSS per aver torturato palestinesi. A ottobre, due associazioni per i diritti umani israeliane hanno sporto denuncia presso un tribunale richiedendo al ministero della Giustizia di rendere note informazioni riguardo alla sua gestione delle querele per tortura e altri maltrattamenti avanzate da detenuti palestinesi nei confronti di ufficiali del GSS.

L'impunità è rimasta la norma per i soldati e i membri delle forze di sicurezza israeliani e per i coloni israeliani che commettono gravi violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi, comprese uccisioni illegali, aggressioni fisiche e attacchi alle loro proprietà. Poche indagini sono state condotte in questo tipo di abusi e la maggior parte sono state chiuse per «mancanza di prove». I procedimenti giudiziari sono stati rari e solitamente limitati a casi resi pubblici da organizzazioni per i diritti umani e dai media; in questi casi, i soldati accusati dell'uccisione illegale di palestinesi sono stati incriminati di omicidio colposo, e non di omicidio volontario, mentre soldati e coloni giudicati colpevoli di abusi nei confronti di palestinesi hanno generalmente ricevuto sentenze relativamente lievi.

*Un soldato che aveva sparato a un manifestante palestinese a un piede mentre quest'ultimo era bendato, ammanettato e trattenuto dal comandante del soldato nel mese di luglio è stato accusato del reato minore di "condotta impropria". A settembre, il procuratore capo dell'esercito ha rigettato una raccomandazione dell'Alta Corte che chiedeva la formulazione di accuse più gravi.

Sgomberi forzati, distruzione di abitazioni palestinesi ed espansione di insediamenti israeliani illegali

Le forze israeliane hanno distrutto molte abitazioni palestinesi così come fabbriche e altri edifici civili a Gaza nei primi cinque giorni dell'offensiva militare lanciata il 27 dicembre, radendo al suolo interi quartieri. In Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, le forze israeliane hanno demolito decine di abitazioni palestinesi, sfrattando con la forza le famiglie e lasciando centinaia di persone senzatetto. Le abitazioni prese di mira erano prive di permessi edilizi, sistematicamente negati ai palestinesi. Contemporaneamente, le autorità israeliane hanno rapidamente accresciuto l'espansione degli insediamenti israeliani su terreni palestinesi confiscati illegalmente, in violazione del diritto internazionale.
*A febbraio e marzo le forze israeliane hanno distrutto diverse abitazioni e rifugi di animali a Hadidiya, un piccolo villaggio nella zona della Valle del Giordano in Cisgiordania. Circa 65 membri delle famiglie Bisharat e Bani Odeh, 45 dei quali minorenni, sono rimasti senzatetto.

*A marzo, soldati israeliani hanno demolito le abitazioni di diverse famiglie nei villaggi delle Colline meridionali di Hebron: Qawawis, Imneizil, al-Dairat e Umm Lasafa. La maggior parte dei senzatetto erano bambini. Tra quanti hanno perso la propria abitazione vi erano tre fratelli, Yasser, Jihad Mohammed e Isma'il al-'Adra, le loro mogli e i loro 14 figli.

*Nel vicino villaggio di Umm al-Khair, a ottobre le forze israeliane hanno distrutto le abitazioni di 45 membri della famiglia al-Hathaleen, in maggioranza bambini.

Rifugiati, richiedenti asilo e migranti

Ad agosto, l'esercito israeliano ha rimpatriato con la forza decine di rifugiati, richiedenti asilo e migranti in Egitto senza consentire loro la possibilità di impugnare la decisione e nonostante il rischio che li esponeva a gravi violazioni dei diritti umani in Egitto o nei rispettivi Paesi di origine, tra cui Eritrea, Somalia e Sudan.

Etichette: , , ,

Condividi