La felicità? Uccidere un arabo
In un bel sabato mattina pieno di sole, uno magari penserebbe di portare la propria famiglia, i propri figli a fare un giro in bicicletta, una passeggiata in campagna, un bagno al mare.
In Israele, invece, capita che si porti la propria famiglia, i propri bambini, a visitare il museo dell'esercito, ad ammirare le impareggiabili macchine di morte dell'esercito israeliano, a provare ad armare una mitragliatrice, a sedere a bordo di un tank.
E così un padre orgoglioso ricorda ai propri figli quali armi gli ha mostrato, e una ragazzina tutta seria ti spiega come funziona una bomba a mano.
Ma la cosa che più sgomenta e preoccupa di questo video è la disponibilità ad uccidere, si vorrebbe dire la noncuranza nell'immaginare di uccidere, mostrate da questi adolescenti, senza alcuna remora o esitazione.
"Come ci si sente a immaginare di uccidere degli arabi? "Mi sono sentita felice" risponde una ragazza. E un altro ragazzino, alla domanda su cosa immagina mentre sta seduto sopra ad un carro armato, risponde tranquillamente: "Mi immagino un arabo morto, e questo mi rende felice". Lo stesso ragazzino che si vede mentre combatte in Libano, e alla contestazione che Israele adesso non combatte in Libano ribatte che i soldati israeliani torneranno laggiù, a combattere una nuova guerra.
Questo è il risultato di anni di indottrinamento e di incitamento all'odio cui la società israeliana sottopone le nuove generazioni, e che altrimenti si è mostrata in questi ultimi tempi con le aggressioni agli arabi da parte di giovani israeliani, a volte anche minorenni.
Perchè in Israele, in un sabato mattina di sole, non si portano i figli a fare una passeggiata in campagna o un bagno al mare, ma li si porta a conoscere e a sperimentare gli strumenti di morte dell'esercito israeliano, e a fantasticare su quanti nemici (arabi) si possono uccidere con un mortaio o con un Merkava. O magari li si porta a scrivere messaggi sulle granate di artiglieria che, di li a poco, porteranno il loro carico di morte a far strage di civili innocenti, in Libano come a Gaza.
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