29 luglio 2008

Quando i coloni coabitano con i militari.


Un bel giorno i soldati di una compagnia della Brigata Golani hanno “scoperto” che all’interno della loro base si erano materializzate ben sei roulotte piene di coloni della comunità ebraica di Hebron, ben sistemati e contenti di poter usufruire di tutti i servizi forniti dalla struttura militare.

Sembra incredibile, ma è quello che è accaduto nella base militare israeliana di Mitkanim, situata nei pressi del quartiere Avraham Avinu nella città di Hebron, nella West Bank. Come si può osservare nel video di Channel 10, una ripresa dall’alto mostra la struttura militare e il centro di comando e, in basso, lo spazio occupato dalle roulotte per le famiglie dei coloni, ivi compresi dei prati per far giocare i bambini.

Il movimento Peace Now in questi giorni ha presentato una petizione all’Alta Corte israeliana, chiedendo che l’esercito provveda a evacuare immediatamente i coloni che attualmente risiedono all’interno della base militare.

In risposta, l’esercito israeliano ha dichiarato che l’assegnazione del terreno è stata approvata dalle “autorità competenti”, ma esiste un precedente – relativo al caso della petizione “Alon Moreh” – in relazione al quale la Suprema Corte ha già statuito che è illegale annettere terreni per scopi militari e successivamente cederli in uso ai civili.

Perché due aspetti entrano in gioco in questa gravissima vicenda.

Il primo riguarda la circostanza che vede dei civili risiedere all’interno di una base militare, in violazione delle norme del diritto umanitario che definiscono il principio di separazione tra popolazione civile e militari.

Sempre che possano definirsi come civili quelle vere e proprie bande paramilitari costituite dai coloni, gentaglia barbara e razzista, pesantemente armata e dedita all’aggressione della popolazione civile palestinese, e che non disdegna peraltro di attaccare persino i soldati dell’Idf nei rari casi in cui questi cercano di imporre il rispetto della legge.

Ma, soprattutto, la vicenda di Mitkanim mostra come, ancora una volta, l’esercito israeliano sottragga estensioni di terreno sempre più ampie ai legittimi proprietari palestinesi, accampando falsamente esigenze di carattere militare, ma in realtà aiutando subdolamente i coloni israeliani a stabilire nuovi avamposti del tutto illegali. Ciò è ancor più grave laddove si consideri che questo accade in un’area “sensibile” come quella di Hebron, più e più volte teatro di violenze dei coloni e di brutali crimini dell’esercito israeliano ai danni della popolazione residente.

Mentre continuano i proclami di chi vede un accordo di pace tra Israeliani e Palestinesi a portata di mano, la realtà sul terreno mostra quali siano le reali intenzioni di Israele, le sue spudorate menzogne e le false rassicurazioni che, a giorni alterni, riguardano la rimozione dei check point, l’evacuazione degli avamposti, il miglioramento delle condizioni di vita dei Palestinesi, la fine dell’assedio a Gaza.

La realtà è che non uno degli avamposti illegali di cui la road map ha chiesto l’evacuazione è stato rimosso, ed anzi lo stato israeliano e il suo esercito si attivano con encomiabile efficienza a facilitarne l’insediamento di nuovi.

La realtà è che Israele è un partner subdolo, menzognero e assolutamente inaffidabile per la pace, e sarebbe ora che la comunità internazionale cominciasse a tenerne conto.

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11 dicembre 2007

C'è avamposto e avamposto!


L’area denominata E-1 (East-1), compresa tra Gerusalemme e la colonia di Ma’ale Adumim, è una delle più sensibili e controverse dell’intera West Bank.
Su questa terra (di proprietà palestinese, ma è quasi inutile ribadirlo), Israele progetta di costruire circa 3.500 unità abitative ed un insediamento industriale, mentre da poco è stata ultimato un edificio destinato ad essere sede della polizia locale.
Una volta realizzato il progetto, si creerà un continuus tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim, mentre, contemporaneamente, la West Bank verrà tagliata in due grossi tronconi e Gerusalemme Est separata dal resto dei territori palestinesi.
In quest’ottica, alla fine di settembre, Israele ha confiscato ai Palestinesi circa 110 ettari di terra, da destinare alla costruzione di una strada ad uso esclusivo dei Palestinesi (che gentili…), in modo da mantenere almeno un collegamento (sotto supervisione israeliana, naturalmente!) tra i due bantustan che si verrebbero in tal modo a determinare.
La “continuità territoriale” resterà così agli Israeliani, mentre i Palestinesi dovranno adattarsi alla bisogna attraverso ponti, tunnel, sottopassi e quant’altro, alla faccia delle promesse di assicurare loro uno Stato – come si usa ora dire – “viable”.
L’8 dicembre scorso, proprio nell’area E-1, alcuni attivisti dell’International Solidarity Movement (3 Palestinesi, 5 Israeliani e 3 Svedesi) hanno organizzato una fantasiosa manifestazione di protesta, erigendo una piccola costruzione abusiva e piantandovi sul tetto alcune bandiere palestinesi.
Naturalmente, in men che non si dica, è intervenuta in forze la polizia israeliana, con il supporto dell’esercito, demolendo la casa e arrestando gli attivisti.
Il comunicato dell’ISM relativo alla vicenda si chiedeva, retoricamente, se la stessa solerzia le forze di sicurezza l’avrebbero mostrata l’indomani, nell’affrontare le previste incursioni dei setter israeliani nella stessa zona e in altre parti della West Bank.
Neanche a dirlo, la polizia non è intervenuta affatto, nonostante l’evidenza delle opere messe su dai coloni e nonostante le aree in questione fossero state dichiarate “zone militari chiuse”.
C’è avamposto e avamposto, e che diamine!

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