6 giugno 2012

Il PCHR condanna il rinnovo della detenzione amministrativa per otto palestinesi, tra cui un membro del PLC


E’ notizia di questi giorni che i detenuti palestinesi starebbero ipotizzando di riprendere lo sciopero della fame di massa a cui avevano posto fine lo scorso 14 maggio, a seguito del raggiungimento di un accordo in base al quale gli israeliani si erano impegnati a migliorare le condizioni di detenzione e, soprattutto, a cessare l’uso indiscriminato della politica della detenzione amministrativa, una violazione inaudita di ogni minimo standard di equità e di diritto in base al quale i palestinesi possono essere incarcerati sulla base di un semplice ordine dell’autorità militare, senza alcun processo e senza che l’imputato possa nemmeno conoscere le accuse che gli vengono mosse e le prove a sostegno.

In violazione dell’accordo infatti, qualche giorno addietro, gli israeliani avevano proceduto al rinnovo di ben otto ordini di detenzione amministrativa nei confronti di altrettanti palestinesi, tra i quali il deputato del Consiglio legislativo palestinese Mohammed Maher Bader.

Va rilevato, in proposito, che tra gli oltre 300 palestinesi incarcerati in regime di detenzione amministrativa, vi sono 20 componenti e lo stesso Speaker del Consiglio, il Dr. Aziz Dweik, ai quali  viene negato l’esercizio di ogni elementare diritto di difesa e ad avere un giusto processo.

Giova ricordare che i parlamentari attualmente detenuti erano stati eletti nel gennaio del 2006 nelle fila del partito Cambiamento e Riforma, riconducibile ad Hamas, e sono stati arrestati subito dopo la cattura di Gilad Shalit il 25 giugno del 2006, senza alcuna accusa se non quella di appartenere ad una organizzazione “terroristica” e di fornirle supporto attraverso la loro attività parlamentare, dunque come atto di pura e semplice ritorsione.

La detenzione amministrativa, in Cisgiordania, è applicata sulla base dell’Ordine Militare n.1226, che autorizza i comandanti militari a detenere un individuo fino a sei mesi qualora essi ritengano che sussistono ragionevoli motivi ”per presumere che la sicurezza dell’area o la sicurezza pubblica richiedano la detenzione”; tale Ordine, tuttavia, non definisce in alcun modo i termini “sicurezza dell’area” o “sicurezza pubblica”, né stabilisce un periodo massimo cumulativo di detenzione amministrativa, che dunque può essere prorogata all’infinito.

Poiché non vi è obbligo di rendere note le prove a carico degli imputati, inoltre, l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di proporre appello contro un ordine di detenzione amministrativa, pur ammessa, resta del tutto inefficace in quanto l’imputato e il suo avvocato non hanno alcun accesso alle informazioni sulle quali l’accusa viene proposta. In questo senso, la detenzione amministrativa è incompatibile con i fondamentali diritti umani ed è indegna di uno stato di diritto, quale evidentemente non è Israele.

Il Centro Palestinese per i Diritti Umani (Palestinian Center for Human Rights - PCHR) condanna il rinnovo degli ordini di detenzione amministrativa nei confronti di otto palestinesi, tra i quali Mohammed Maher Bader, un membro del Consiglio Legislativo Palestinese (Palestinian Legislative Council – PLC) appartenente al blocco Cambiamento e Riforma, da parte delle forze di occupazione israeliane. Il PCHR chiede alla comunità internazionale di fare pressione sulle forze di occupazione israeliane per porre fine alla politica della detenzione amministrativa, poiché essa viola il diritto fondamentale ad un giusto processo.

Le forze di occupazione israeliane hanno preso questa decisione due settimane dopo che era stato raggiunto un accordo tra i prigionieri palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane e il servizio carcerario israeliano. In base a tale accordo, i palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno posto fine il 14 maggio 2012 al loro sciopero della fame a tempo indeterminato, in cambio del soddisfacimento di molte delle loro richieste.

Circa 1.600 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane hanno iniziato uno sciopero della fame a tempo indeterminato il 17 aprile del 2012, mentre altri avevano iniziato il loro sciopero della fame singolarmente a partire dal 29 febbraio. Le richieste dei prigionieri in sciopero della fame includevano il miglioramento delle condizioni di detenzione all’interno delle carceri e dei centri di detenzione israeliani, il permesso di ricevere visite familiari, specialmente per i detenuti provenienti dalla Striscia di Gaza, la fine della detenzione in isolamento, la fine della detenzione amministrativa, il permesso ai detenuti di proseguire i loro studi e la fine delle campagne di perquisizioni notturne.

Va rilevato che oltre 300 detenuti amministrativi, tra cui 20 membri ed un Presidente del PLC, il Dr. Aziz Dweik, sono incarcerati in strutture di detenzione israeliane in violazione del diritto ad un giusto processo, che comprende il diritto di ricevere una difesa adeguata e di essere informato delle accuse a proprio carico. La detenzione amministrativa è applicata solamente in base ad un ordine amministrativo, senza ricorrere ad un tribunale, violando in tal modo gli standard di una equa procedura giudiziaria, comprendente il giusto processo.   

In considerazione di quanto precede, il PCHR invita:

1) La comunità internazionale ad esercitare pressioni sulle autorità israeliane affinché adempiano integralmente e rispettino l’accordo, e riconsiderino le loro politiche nei confronti dei prigionieri palestinesi, al fine di assicurare il rispetto delle norme relative agli standard internazionali per il trattamento dei prigionieri; e

2) Le organizzazioni per i diritti umani e le organizzazioni di solidarietà internazionali ad unire i loro sforzi per porre fine alla politica della detenzione amministrativa adottata da Israele, una politica che viola il diritto fondamentale ad un giusto processo.

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18 aprile 2012

Un popolo dietro le sbarre, senza alcun diritto

                

Poche cifre servono a dare la misura delle dimensioni del dramma rappresentato dai palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.

I palestinesi attualmente imprigionati nelle carceri israeliane sono circa 4.700, tra i quali 27 membri del Consiglio legislativo palestinese, 3 ex ministri, 320 detenuti in regime di detenzione amministrativa. Nove sono le donne detenute, 10.000 quelle incarcerate dal 1967 ad oggi; 185 sono i detenuti minorenni, 8.000 dal 2000 ad oggi.

Il numero complessivo di palestinesi che si è trovato a dover soggiornare nelle galere israeliane dal 1967 ad oggi è pari a circa 750.000, il 20% del totale della popolazione dei Territori occupati e il 40% della popolazione maschile (dati fonte Addameer).

In questo documentario prodotto dal Palestinian Centre for Human Rights per celebrare l'annuale Giornata dei Prigionieri Palestinesi, caduta il 17 aprile, si racconta anche altro, e cioè le condizioni terribili e disumane in cui sono costretti a vivere i prigionieri palestinesi, la quotidiana violazione dei loro diritti fondamentali, la violazione di norme basilari del diritto umanitario e di convenzioni che pure Israele formalmente risulta aver sottoscritto.
E si racconta la condizione normale di un prigioniero palestinese, le celle invivibili, il diniego di cure mediche, il diniego delle visite familiari, a volte per cinque o sei anni, la barbarie della detenzione amministrativa, che rende nulla ogni possibilità di difesa e ogni diritto processuale dell'imputato.

Da questo punto di vista, è davvero triste dover constatare che Israele assomiglia più a una dittatura di stampo sudamericano che ad un paese civile di democrazia occidentale, quale (a torto) ritiene di assomigliare.

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