30 dicembre 2009

Natale in Terra Santa, oggi.

In questi giorni in cui celebriamo il Natale, sarebbe una buona idea pensare al luogo di nascita di Gesù.

Come si vive oggi in una Terra Santa sotto il tallone dell'occupazione, dell'ingiustizia e del razzismo? Come si vive il Natale se in Terra Santa i nostri fratelli vivono sotto assedio?

A me si riempie il cuore di tristezza per la sofferenza del popolo palestinese e l'incredibile indifferenza dei nostri governanti.

(Video a cura di Never Before Campaign).

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29 dicembre 2009

Sosteniamo i volontari della Gaza Freedom March!

Domenica 27 dicembre, il "Coordinamento di Solidarietà con il Popolo Palestinese" di Palermo ha organizzato un evento per commemorare le vittime innocenti del massacro compiuto dall'esercito israeliano a Gaza esattamente un anno fa. Il 27 dicembre 2008, infatti, Israele scatenava contro la Striscia tutta la potenza del suo infernale apparato bellico con l'operazione "Piombo Fuso", 22 giorni di bombardamenti aerei ininterrotti accompagnati, a partire dal 3 gennaio, da una invasione di terra: risultato, oltre 1.400 Palestinesi uccisi, l'83% dei quali civili inermi, immani distruzioni, rovina, terrore.

Nel corso della manifestazione avevamo ascoltato la voce di Luisa Morgantini in collegamento telefonico da El Arish, e avevamo percepito bene la preoccupazione per le sorti della Gaza Freedom March, a causa dell'atteggiamento di totale chiusura da parte delle autorità egiziane.

E i peggiori timori si sono avverati.

Nel pomeriggio, infatti, si è diffusa la notizia ("diffusa" per modo di dire, perchè i mezzi di informazione e, in specie, la Rai hanno vergognosamente censurato l'intero evento e quanto accade in queste ore) secondo cui la polizia egiziana avrebbe sequestrato i pullman delle delegazioni francese e italiana e starebbe impedendo loro anche di prendere i taxi per arrivare all'ambasciata italiana al Cairo.

Cosa fare? Intanto telefonate incazzate:
alla Farnesina 06 36225;
all'ambasciata egiziana in Italia 06 8440191;
all'ambasciata italiana al Cairo 0020 101994599;
al consolato d'Egitto a Milano 02 29518194 oppure 02 29516360;
alla RAI che non dà notizie 06 3728620.

Se volete, potete anche inviare questa email:

Dr Hosni Mubarak
Presidente della Repubblica Araba d’Egitto
Per il tramite dell’Ambasciatore Egiziano in Italia
S.E. MOHAMED ASHRAF GAML ELDIN RASHED
Via Salaria, 267 - 00199 Roma

Signor Presidente,
Sono un cittadino italiano, amante della libertà e della democrazia.

Sono convinto che Lei, come il suo popolo, condivide con me l’amore per la libertà e per la democrazia, per la giustizia e i diritti delle persone.

Ed è proprio per questo che io Le scrivo: io ho condiviso, anche da lontano, le sofferenze e le atrocità che il popolo palestinese ha subito e sta subendo ancora per mano dell’esercito israeliano; sono convinto del diritto storico che il popolo palestinese ha nella terra palestinese; ho visto compiere lo scorso anno a Gaza uno dei crimini più atroci della storia passata e recente; sono convinto che l’embargo e l’assedio che la popolazione civile sta subendo sia un’ennesima ingiustizia nei confronti del popolo palestinese, anzi nei confronti dell’umanità intera.

Non posso tacere la mia più totale disapprovazione di tutto quanto impedisce che il popolo palestinese possa godere della stessa libertà di cui godo io e che gode il suo popolo, pertanto mi rivolgo a Lei per chiederLe:

• Di bloccare ogni costruzione atta ad impedire il libero accesso ed uscita da e per Gaza;
• Di permettere la libera circolazione di persone e cose da e per Gaza;
• Di permettere alle Delegazioni dei 43 paesi che attualmente danno vita, anche a mio nome, alla Gaza Freedom March per rompere l’assedio di Gaza e che sono ancora trattenute al Cairo di accedere ai territori di Gaza;
• Di impegnarsi con forza e chiarezza per sostenere la causa del popolo palestinese, che passa attraverso la costruzione dello Stato palestinese libero, autonomo ed indipendente.

Nella certezza che Lei si impegnerà a realizzare visibilmente quanto sopra, le rassicuro che tornerò volentieri a considerare il suo paese meta dei miei pensieri e dei miei viaggi.

amb.egi@pronet.it

Almeno questo ai coraggiosi della Gaza Freedom March, almeno questo glielo dobbiamo.

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28 dicembre 2009

Natale 2009: i "fratelli maggiori" Ebrei negano ai Cristiani il permesso di recarsi a Betlemme.

E’ Natale, ma non per tutti, e soprattutto non per i nostri fratelli palestinesi.

Le forze di occupazione israeliane, infatti, hanno impedito ai giovani Cristiani della Striscia di Gaza di recarsi in Cisgiordania per festeggiare il Natale e l’arrivo del nuovo anno. Queste restrizioni sono state imposte nel contesto del blocco illegale della Striscia di Gaza, che Israele impunemente mantiene da ben 928 giorni consecutivi, nell’incredibile inerzia della comunità internazionale (che pure tanto si preoccupa per i disordini in Iran).

Secondo fonti palestinesi, le autorità israeliane hanno impedito ai Cristiani residenti nella Striscia di Gaza, di età compresa tra i 16 e i 35 anni, di recarsi da Gaza in Cisgiordania, per partecipare alle celebrazioni del Natale e Capodanno a Betlemme e Gerusalemme. Gli Israeliani, infatti, hanno rifiutato di esaminare le domande di permesso dei Palestinesi di entrambi i sessi compresi in questa fascia d’età, senza alcuna ragione apparente. Questa politica contraddice l’affermazione propagandistica secondo cui Israele avrebbe permesso a tutti i Cristiani di Gaza di partecipare alle celebrazioni natalizie nella West Bank.

Secondo il Palestinian Centre for Human Rights, almeno 550 Cristiani hanno avanzato domanda di permesso per recarsi in Cisgiordania, e le autorità israeliane hanno rifiutato di accettare le domande di altri 450 Palestinesi di Gaza di età compresa tra i 16 e i 35 anni, senza fornire alcuna spiegazione.

Le forze di occupazione israeliane hanno ammesso solo 450 domande, il 70% delle quali relative a bambini. E, tuttavia, è facile (e triste) osservare che le domande respinte sono state in gran parte di genitori di questi bambini, che sono stati così privati di fatto della possibilità di festeggiare il Natale, in quanto i loro genitori non sono stati in grado di accompagnarli.

Ma misure di questo genere non sono una novità di quest’anno. Nel 2008, la Commissione palestinese per gli Affari Civili ha presentato almeno 1.000 domande per ottenere i permessi necessari ai Cristiani di Gaza per recarsi in Cisgiordania per il Natale, ma le autorità israeliane ne hanno approvate soltanto 271, la maggior parte delle quali relative a bambini ed anziani. Coloro che sono stati autorizzati a viaggiare si sono dovuti sottoporre a umilianti ed estenuanti controlli al valico di Beit Hanoun (Erez), prima di essere finalmente autorizzati a passare.

L’assedio della Striscia di Gaza è una punizione collettiva adottata dallo Stato-canaglia israeliano in palese violazione dei diritti umani dei Palestinesi e del diritto umanitario, in particolare della IV Convenzione di Ginevra del 1949. In un mondo normale, la comunità internazionale sarebbe già da tempo intervenuta per permettere ai civili palestinesi di godere pienamente dei loro diritti alla libertà di movimento e di culto: ogni individuo, infatti, ha diritto alla libertà di fede e di religione, incluso il diritto di svolgere i riti religiosi, e il diritto alla libertà di movimento e/o di accesso ai luoghi sacri per la propria religione sono diritti fondamentali dell’uomo, e come tali vanno rispettati e tutelati.

Ma i tanti campioni della cristianità di casa nostra scompaiono quando si tratta di difendere i nostri fratelli palestinesi dalle angherie, dai soprusi, dai crimini che i “fratelli maggiori” Ebrei riservano loro ogni giorno che Dio manda su questa terra.

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24 dicembre 2009

Il bello di Gaza.

Oggi a Gaza la vita è insostenibile, con l’80% della popolazione che dipende dagli aiuti delle Nazioni Unite, il 90% dell’acqua inquinata, 750.000 bambini che soffrono di una totale devastazione psicologica, denuncia l’URWA, mentre la commissione di scienziati del New Weapons Research Group (Nwrc) segnala una altissima concentrazione di residui tossici nel terreno che sta causando cancro e malformazioni diffuse tra la popolazione.

Per l’Onu, ad un anno da Piombo Fuso siamo ancora vicini alla catastrofe umanitaria. Un apposito video è stato proiettato domenica 20 dicembre in cento città italiane, con la testimonianza coraggiosa di alcuni soldati israeliani che hanno confessato le loro azioni contro i civili: “Ecco il bello di Gaza: vedi un tizio sulla strada. Non è necessario che sia armato. Non serve identificarlo. Puoi semplicemente sparargli” (video a cura di Pax Christi - 18.12.2009).

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16 dicembre 2009

International Solidarity Movement: iniziative dal 16 al 18 dicembre.

ISM-Italia
Iniziative dal 16 al 18 dicembre 2009

1) Milano, mercoledi 16 dicembre ore 21,00 al CSA Vittoria (via Muratori)

Di ritorno dalla Striscia di Gaza

incontro con Vittorio Arrigoni
testimone dei recenti massacri israeliani a Gaza attivista di Free Gaza Movement
e Alfredo Tradardi
attivista per i diritti umani di International Solidarity Movement - Italia -
indicono: Forum Palestina – ISM-Italia

2) Torino, giovedì 17 dicembre ore 14.00 – 16.00 presso la Facoltà di Scienze Politiche, Aula N via Plana 10

incontro con Vittorio Arrigoni e Diana Carminati
Coordina la Prof.ssa Franca Balsamo

3) Ivrea, giovedì 17 dicembre ore 21 Centro culturale La Serra

incontro con Vittorio Arrigoni e Alfredo Tradardi
a cura di effetto serra e libreria la serra

4) Varese, venerdì 18 dicembre ore 21 la Piramide di piazza De Salvo (Bustecche)

incontro sul rapporto Goldstone, il rapporto ONU sui crimini di Gaza.

Interventi di Diana Carminati, Giorgio S. Frankel e Alfredo Tradardi.
Modera Emad Qaisi, membro della Comunità palestinese di Lombardia.

A cura del Comitato varesino per la Palestina-- Palestina News - voce di ISM (International Solidarity Movement) Italia http://sites.google.com/site/italyism

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2 dicembre 2009

Dov'è finita Hamas in Cisgiordania?

Parallelamente alla presa del potere nella Striscia di Gaza, Hamas in questi ultimi anni ha dovuto subire duri colpi in termini di arresti e di chiusura di sedi, esercizi commerciali, associazioni caritatevoli, ad opera sia dei soldati israeliani sia delle forze di sicurezza palestinesi.

L’attuale “invisibilità” e la inattività di Hamas nella West Bank sono dovuti alla necessità di mantenere un basso profilo o il movimento islamico è in semplice attesa che l’attuale governo retto da Abu Mazen finisca con il logorarsi definitivamente dietro alle estenuanti e dilatorie trattative di pace con Israele?

E’ questo il tema dell’articolo che segue, tratto dalla rassegna stampa del sito
Medarabnews.

Un interrogativo che serpeggia tra i palestinesi in questi giorni è per quale motivo il Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) – un gruppo che alcuni vedono con sospetto e altri con simpatia – sia diventato quasi invisibile in Cisgiordania. Certo, Hamas ha subito una serie di duri colpi in questi ultimi anni. In seguito alla cattura del soldato israeliano Gilad Shalit nel giugno del 2006, Israele ha arrestato circa un migliaio di membri del movimento, inclusi alcuni delegati eletti del Consiglio Legislativo Palestinese (PLC). E da quando Hamas ha assunto il controllo di Gaza, nel giugno del 2007, a seguito di un sanguinoso conflitto con Fatah, le forze di sicurezza palestinesi in Cisgiordania hanno organizzato campagne di arresti contro il gruppo. Hamas sostiene di aver subito 30.000 casi di interrogatori, arresti, chiusure di aziende e confische di beni finanziari. Ancora oggi, 600 dei suoi membri sono detenuti nelle carceri dell’Autorità Palestinese (ANP), e 150 delle organizzazioni ad esso affiliate sono tuttora chiuse.

Ciononostante, Hamas è più di una semplice organizzazione militante, o di un fornitore di servizi sociali. E’ una vasta rete di membri e seguaci con un programma ideologico e politico in grado di raccogliere 444.000 voti alle elezioni legislative del 2006. Ha un largo seguito popolare, soprattutto tra i palestinesi contrari agli accordi di Oslo e delusi dalla corruzione dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). Ma se è così, dove sono finiti in Cisgiordania Hamas e i suoi sostenitori?

Secondo fonti interne ad Hamas, il movimento ha congelato le proprie attività, in linea con una strategia risalente al 1989 che definisce le modalità attraverso cui gestire le crisi. Esso seguì questa strategia nel 1992, ad esempio, quando Israele esiliò 416 attivisti di Hamas e della Jihad Islamica nel sud del Libano dopo il rapimento e l’uccisione del soldato di frontiera israeliano Nassim Tolidano. Hamas non è pronto – sostiene uno dei suoi leader – a mobilitare i suoi sostenitori secondo una linea d’azione definita, per timore di esporli alla possibilità di essere arrestati dall’ANP o da Israele. Hamas è anche riluttante a far rischiare il posto di lavoro ai suoi seguaci, dato che già 1.200 di loro sono stati licenziati da posti governativi in Cisgiordania.

L’adozione di questa strategia preventiva per limitare i danni è dovuta in parte alla convinzione di Hamas che il presidente palestinese Mahmoud Abbas, a differenza del suo predecessore Yasser Arafat, non esiterebbe a distruggere il gruppo, qualora cominciasse a dargli troppo fastidio. Arafat, d’altra parte, prestava maggiore attenzione nel trattare con Hamas per due motivi: temeva di essere visto come un agente dell’occupazione israeliana, se avesse affrontato Hamas con la forza, e usava Hamas come una carta per rafforzare la sua posizione negoziale con Israele, presentandosi come l’unico in grado di contenere il gruppo.

Hamas è scomparso in Cisgiordania anche perché è convinto che la situazione attuale alla fine volgerà a suo vantaggio, soprattutto alla luce dell’incapacità di Abu Mazen di avviare seri colloqui di pace con Israele. L’incapacità del presidente degli Stati Uniti Barack Obama di esercitare pressioni su Israele per fermare la costruzione degli insediamenti in Cisgiordania, ha lasciato nella disperazione Abu Mazen, portandolo ad annunciare che non si candiderà alle prossime elezioni presidenziali.

Il calo di credibilità dell’ANP vale anche per Fatah, a cui non è stato permesso di opporsi alle forze di occupazione o ai coloni, a causa del tentativo dell’ANP di risolvere le controversie con Israele attraverso i negoziati, piuttosto che con la resistenza armata. Ciò che nuoce a Fatah è anche il fatto che esso viene associato all’Autorità Palestinese di Ramallah, vista da molti come un’istituzione corrotta. Gli alti funzionari dell’ANP sono sproporzionatamente benestanti rispetto al resto del popolo palestinese, il quale soffre di un tasso di disoccupazione del 25%, che lascia una famiglia su tre in condizioni di povertà.

E ‘ difficile stabilire se i membri di Hamas stiano organizzando azioni contro gli israeliani, data la natura segreta dell’organizzazione. E ‘ chiaro, tuttavia, che i palestinesi in questo momento non prevedono che Hamas organizzi manifestazioni o azioni simili, sebbene alcuni possano rimpiangere gli attentati suicidi, considerati come il modo più efficace per combattere un nemico molto più potente.

A questo proposito, Hamas sembra confidare nel fatto che, giustificando la sua assenza con la repressione da parte di Israele e dell’Autorità Palestinese, essa sarà maggiormente compresa ed accettata a livello popolare. In realtà, i sondaggi hanno mostrato un aumento della popolarità di Hamas in Cisgiordania, di fronte a un suo calo a Gaza. I palestinesi della Cisgiordania vedono Hamas come il simbolo della resistenza alla dominazione di Israele e degli Stati Uniti, mentre gli abitanti di Gaza – che hanno già avuto la possibilità di sperimentare il governo Hamas – lo vedono simile, se non peggiore, a quello della corrotta leadership dell’Autorità Palestinese.

Infine, mentre emerge dalla tempesta, Hamas ritiene di poter utilizzare a suo vantaggio diversi possibili scenari futuri:

- Se l’ANP si scioglie, Hamas sarà in grado di proporsi come alternativa all’OLP, rivendicando così il suo rifiuto di impegnarsi nei negoziati di pace.

- Se, come appare ormai improbabile, Abbas dovesse tenere le elezioni generali nel gennaio del 2009 (le elezioni sono state effettivamente rinviate a tempo indeterminato (N.d.T.) ), è possibile che Hamas le boicotti e ne metta in dubbio la legittimità, soprattutto se la metà dell’elettorato palestinese (a Gaza) non vi parteciperà.

- Se le elezioni si svolgeranno invece nel giugno del 2010 (come specificato nell’accordo di riconciliazione redatto dall’Egitto), Hamas avrebbe il tempo sufficiente per trovare un accordo con Israele che prevedrebbe il rilascio di Shalit in cambio di 450 prigionieri palestinesi. Tale accordo potrebbe rafforzare le chance elettorali di Hamas e aumentare la sua legittimità come leader della resistenza palestinese.

- Se, invece, non ci saranno elezioni, Hamas potrebbe utilizzare il continuo deteriorarsi della situazione per mettere in discussione la legittimità di Abbas. Hamas può sostenere che, al contrario, i suoi membri eletti del PLC continuano a godere di legittimità. La costituzione palestinese prevede infatti che il PLC resti in carica finché i nuovi membri non prestano giuramento, mentre il presidente dell’ANP può rimanere in carica solo per quattro anni.

Omran Risheq è uno scrittore e analista palestinese

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