Se manifesti ti uccido!
Il filmato qui sopra mostra l’ennesimo crimine compiuto dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza: un giovane palestinese disarmato, che partecipava ad una manifestazione di protesta, colpito a morte dai cecchini israeliani la mattina del 28 aprile scorso.
Ahmad Sliman Salem Dib, un giovane di soli 19 anni, la mattina del 28 aprile stava partecipando ad una manifestazione di protesta contro la “zona della morte”, una zona cuscinetto profonda fino ad un chilometro che Israele ha arbitrariamente imposto lungo il confine all’interno della Striscia di Gaza, dove i residenti non possono entrare pena il rischio, appunto, di essere uccisi dalla soldataglia israeliana.
Il video, girato da un collaboratore dell’ong B’tselem, mostra inizialmente un gruppo di Palestinesi e di attivisti internazionali che si recano in corteo dal quartiere al-Shaja’iya, nella zona orientale di Gaza, fino alla barriera di confine con Israele.
I giovani, del tutto disarmati, dopo essere giunti ad una distanza di qualche decina di metri dal confine, si sono fermati fronteggiando una postazione dell’esercito israeliano, ed alcuni di essi si sono messi a lanciare delle pietre. Ad un certo punto si sente un solo colpo, è quello che costa la vita al povero Ahmad.
Il giovane, ferito, è stato subito trasportato all’ospedale Shifaa di Gaza City, dove però è spirato durante la giornata. Da rilevare che un altro colpo di fucile era stato sparato una decina di minuti prima senza colpire nessuno, ma non è stato colto dalle riprese video.
Il filmato mostra chiaramente il carattere menzognero (more solito) delle successive dichiarazioni del portavoce dell’esercito israeliano il quale, dopo l’assassinio del giovane, ha affermato che “i soldati hanno agito in modo da allontanare i dimostranti e hanno sparato con l’obiettivo di allontanarli. L’area nei pressi della recinzione di confine è una zona di combattimento e la presenza in quel luogo di elementi terroristici mette in pericolo gli abitanti di Israele e le forze di sicurezza che operano nell’area”.
Ma sparare colpi d’arma da fuoco per “allontanare i dimostranti” è illegale. Il video mostra chiaramente che i manifestanti non rappresentavano in alcun modo una minaccia per Israele, i suoi abitanti e gli assassini in divisa.
B’tselem in svariate occasioni ha documentato i numerosi “incidenti” in cui le forze di sicurezza israeliane hanno utilizzato mezzi letali contro Palestinesi che tiravano pietre e contro dimostranti disarmati nella West Bank. Dal maggio 2008 ad oggi, almeno 8 Palestinesi sono stati uccisi dai soldati israeliani nel corso di simili manifestazioni di protesta, alcuni centrati da colpi d’arma da fuoco, altri colpiti da pallottole rivestite di gomma o da candelotti lacrimogeni sparati contro di loro ad altezza d’uomo e da distanza non consentita.
In questi ultimi anni, Israele ha imposto che l’area della Striscia di Gaza prossima al confine costituisca una vera e propria “zona della morte”, in cui ai soldati è consentito di sparare a vista contro chiunque, anche se – come in questo caso – non rappresenta alcuna minaccia per la sicurezza degli abitanti di Israele o dei soldati.
Questa zona – profonda fino ad un chilometro – impedisce agli agricoltori di Gaza di utilizzare circa il 10% dei terreni coltivabili di Gaza, con profonde ripercussioni sul già misero tenore di vita dei residenti della Striscia. In aggiunta, in diverse occasioni civili palestinesi sono stati feriti o arrestati in quell’area mentre cercavano di recuperare rottami da rivendere.
Queste assurde ed arbitrarie restrizioni hanno portato i Palestinesi e gli attivisti internazionali ad organizzare numerose marce di protesta, nel corso di una delle quali – svoltasi il 24 aprile – i soldati israeliani hanno ferito tre Palestinesi ed una attivista dell’International Solidarity Movement, la 28enne Bianca Zimmit.
Nel corso di questa settimana, l’esercito israeliano ha ufficialmente dichiarato che questa zona cuscinetto rappresenta una “combat zone”. Non è stato subito chiaro quali fossero le implicazioni operative di tale dichiarazione, adesso lo è.
Il nostro amico Vittorio Arrigoni (alias guerrillaradio) – eroico testimone a Gaza dei crimini israeliani – ha scritto sul suo blog: “continueremo a uscire con i civili resistenti-non violenti di Gaza, perchè anche senza di noi, loro continuerebbero a uscire lo stesso. E siamo ancora certi che la nostra presenza in loco qualcosa faccia. O almeno, ne sono convinti i palestinesi che richiedono la nostra presenza. Inshallah.
Siamo tutti pronti a morire per questo ideale stupendo che è la libertà di un popolo oppresso.
Ma ovviamente, nessuno di noi è pronto a morire…
Si marcia per la libertà e ormai è come camminare davanti ad un plotone di esecuzione assetato del nostro sangue”.
Dall’inizio dell’anno, Ahmad è il diciassettesimo Palestinese ad essere ucciso dagli assassini israeliani in divisa, mentre i feriti ammontano a oltre 70.
Questi morti e questi feriti hanno trovato poco spazio sui mezzi d’informazione italiani, nessuno spazio ha trovato l’assassinio a sangue freddo del giovane Ahmad, mio fratello che non c’è più.
E lo sconforto e la rabbia si rivolgono in parti uguali verso i suoi assassini vili e senza onore, e verso il giornalismo cialtrone e opportunista di casa nostra.