30 novembre 2010

Una speranza delusa: il blocco di Gaza continua.

Ventidue organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno pubblicato oggi un rapporto ed un ennesimo appello affinché venga tolto l’embargo criminale che affama i Palestinesi di Gaza e impedisce di ricostruire e riparare le devastazioni israeliane dell’offensiva “Piombo Fuso”.

Come già aveva ricordato qualche tempo addietro John Ging, il Direttore dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) nella Striscia, il presunto “alleggerimento” dell’assedio imposto a Gaza non ha portato “cambiamenti concreti per la popolazione”, ed ha più a che fare con una mossa propagandistica per allentare le pressioni internazionali su Israele.

E’ ora che la comunità internazionale si decida a costringere Israele a restituire ai Palestinesi di Gaza una condizione di vita degna di un paese civile.

Dashed hopes: continuation of the Gaza blockade.

Secondo un rapporto pubblicato oggi da una coalizione internazionale di 22 organizzazioni per lo sviluppo, la tutela dei diritti umani e la pace, le misure israeliane per “alleggerire” il blocco illegale di Gaza a fronte di una significativa pressione internazionale hanno fatto poco per modificare la situazione dei civili a Gaza. Esse chiedono una rinnovata azione internazionale volta a garantire una immediata, incondizionata e totale eliminazione del blocco. Secondo il rapporto Dashed Hopes: Continuation of the Gaza Blockade, la comunità internazionale ha allentato la sua pressione su Israele, ma troppo poco è stato fatto per alleviare effettivamente le restrizioni che colpiscono la vita quotidiana di un milione e mezzo di Palestinesi, la metà dei quali bambini. Il rapporto sostiene che Israele non solo ha trascurato di affrontare, con le sue misure di “alleggerimento”, i principali elementi del blocco, come l’eliminazione del divieto di esportazioni da Gaza, ma fino ad ora non è riuscita nemmeno a tener fede ai principali impegni che ha assunto.

Israele aveva promesso di accrescere e di accelerare l’importazione di materiali da costruzione di cui si ha un disperato bisogno per la realizzazione dei progetti dell’Onu e di altre organizzazioni internazionali, quali scuole, centri sanitari, case e impianti di depurazione, molti dei quali sono stati danneggiati o distrutti durante l’operazione militare nel periodo dicembre 2008 – gennaio 2009. Ma, in realtà, il rapporto mostra come i progressi siano stati lenti e limitati da quando questo impegno è stato assunto. Israele fin’ora ha approvato solamente l’importazione di materiali per la costruzione di 25 progetti dell’UNRWA per la costruzione di scuole e di cliniche, un mero sette per cento dell’intero piano di ricostruzione di Gaza dell’UNRWA. Ed anche per questi progetti approvati, fino ad ora è stato effettivamente autorizzato l’ingresso a Gaza solo per una piccola parte dei materiali da costruzione richiesti.

Più in generale, afferma il rapporto, le Nazioni Unite hanno stimato che soltanto per il fabbisogno di alloggi Gaza necessita di 670.000 camion di materiali da costruzione. Sempre secondo il rapporto, una media di soli 715 camion di materiali da costruzione al mese sono entrati nella Striscia di Gaza da quanto è stato annunciato l’”alleggerimento”. A questo ritmo, ci vorrebbero molti decenni per costruire le case di cui vi è necessità. E poiché l’UNRWA non è stata in grado di ottenere i materiali da costruzione per edificare nuove scuole, 40.000 bambini – pur avendone i requisiti – non potrebbero essere iscritti nelle scuole dell’ONU all’inizio del nuovo anno scolastico.

“Solo una piccola parte degli aiuti necessari hanno raggiunto i civili intrappolati a Gaza dal blocco”, ha affermato Jeremy Hobbs, il Direttore di Oxfam International. “Il mancato rispetto dei suoi impegni da parte di Israele e la mancanza di una azione internazionale volta a porre fine al blocco privano i Palestinesi di Gaza della possibilità di avere acqua potabile, elettricità, lavoro e un futuro di pace”.

L’”alleggerimento”, inoltre, non ha avuto alcun impatto sulle esportazioni, che fino ad ora restano vietate (con l’eccezione dell’esportazione di fragole e fiori, di cui oggi si ha notizia, n.d.t.). Ciò fa sì che i due terzi delle imprese industriali di Gaza restino chiuse e che il resto operi a capacità ridotta, mentre l’aumento delle importazioni di beni di consumo dannegga i produttori locali che non possono esportare o riavviare le loro attività, sostengono le organizzazioni.

Janet Symes, Direttore per il Medio Oriente di Christian Aid, afferma: “La comunità internazionale privilegia l’importanza dello sviluppo economico nel processo di pace in Medio Oriente. Eppure, con il mantenimento del blocco alle esportazioni, Gaza è economicamente paralizzata. Come può reggersi sulle sue sole gambe? L’impatto psicologico di dover dipendere dai buoni pasto è stato devastante per la popolazione di Gaza. La gente vuole un lavoro per poter vivere in modo dignitoso e non grazie alle donazioni”.

Anche la circolazione delle persone ha visto pochi cambiamenti. Nonostante il dichiarato impegno del governo israeliano di snellire l’entrata e l’uscita da e per Gaza degli operatori umanitari, il rapporto mostra che, di fatto, da quando le misure di “alleggerimento” sono state annunciate, vi è stato un aumento dei dinieghi di ingresso e di uscita del personale umanitario locale delle agenzie dell’Onu. Nel frattempo, la totalità della popolazione di Gaza resta bloccata, in quanto la sua libertà di movimento per viaggi, lavoro, studio o per visitare membri della famiglia o amici al di fuori di Gaza continua ad essere negata. Malgrado un incremento del numero di imprenditori a cui viene concesso di viaggiare, non vi è stato alcun aumento del numero complessivo di Palestinesi a cui è stato consentito di lasciare Gaza attraverso i valichi di frontiera israeliani, che rimane al di sotto dell’1% dei livelli precedenti alla seconda intifada del 2000.

In un recente commento, la responsabile della politica estera della UE Catherine Ashton ha dichiarato che “Riteniamo che ciò che è stato fatto per Gaza è insoddisfacent e, che Israele non ha tenuto fede ai suoi impegni in materia di alleggerimento del blocco della Striscia di Gaza”.

Il Direttore di Amnesty International UK Kate Allen ha detto: “il cosiddetto “alleggerimento” del blocco di Gaza non cambia il fatto che vi è ancora un blocco crudele e illegale che punisce collettivamente l’intera popolazione civile. L’unico vero alleggerimento è stato l’allentamento della pressione sulle autorità israeliane per porre fine a questa pratica crudele e illegale”.

Nota: la coalizione internazionale è formata dalle seguenti organizzazioni: AMNESTY INTERNATIONAL UK – BROEDERLIJK DELEN – CAFOD – CCFD-TERRE SOLIDAIRE – CHRISTIAN AID – CHURCH OF SWEDEN – CORDAID – DIAKONIA – EURO-MEDITERRANEAN HUMAN RIGHTS NETWORK – HANDICAP INTERNATIONAL – IKV PAX CHRISTI – INTERNATIONAL FEDERATION FOR HUMAN RIGHTS (FIDH) – MEDICAL AID FOR PALESTINIANS – MEDICO INTERNATIONAL – MS ACTION AID DENMARK – NORWEGIAN REFUGEE COUNCIL (NRC) – OXFAM INTERNATIONAL – QUAKER COUNCIL FOR EUROPEAN AFFAIRS – RCT – REDD BARNA – SAVE THE CHILDREN UK – TROCAIRE

Il rapporto completo è disponibile qui.

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23 novembre 2010

I rabbini israeliani come i nazisti

Akiva Eldar su Ha'aretz ci fa notare che, digitando sul motore di ricerca di Google la frase "Nazi Germany laws against renting property to Jews" (leggi naziste contro l'affitto di proprietà agli Ebrei), i risultati che si ottengono vedono ai primi posti articoli come questo o quest'altro, che denunciano il razzismo delle petizioni e degli appelli con cui numerosi rabbini israeliani hanno invitato i proprietari di appartamenti a non darli in affitto ad Arabi.

Un risultato di cui andare orgogliosi, è il commento del giornalista, e noi siamo d'accordo.

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17 novembre 2010

Bye, Gaza, bye!

Questo video, postato su YouTube dall'attivista israeliano Assaf Kintzer, è stato girato con un telefonino da alcuni soldati israeliani appartenenti alla Brigata Golani durante l'operazione "Piombo Fuso", a cavallo tra il 2008 e il 2009.

Le riprese mostrano il bombardamento e la distruzione di tre edifici palestinesi all'interno della Striscia di Gaza, accompagnati dalle risate e dalle esclamazioni di meraviglia e di compiacimento dei soldatini di Tsahal.

E' appena il caso di ricordare che, nel corso di "Piombo Fuso", gli assassini di Tsahal hanno ucciso 1.419 palestinesi, tra cui 111 donne e 326 bambini, hanno completamente distrutto 2.114 edifici e ne hanno danneggiati più o meno gravemente altri 19.242,

I soldati della Golani sono considerati truppe d'elite, e in che cosa consista la loro eccellenza (a parte la passione per i video) è ben chiaro: la totale assenza di moralità, di umanità, di senso dell'onore.

Più bestie che soldati, a dire il vero.

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10 novembre 2010

Gli Usa riarmano Israele: è questa la strada verso la pace?

L’aviazione israeliana di recente ha notevolmente aumentato la propria capacità di effettuare bombardamenti di precisione grazie alla fornitura del primo lotto di GBU-39 Small Diameter Bombs (bombe di piccolo diametro – SDB) provenienti dagli Stati Uniti.

La GBU-39 è una bomba di 250 libbre (113,6 kg.) sviluppata dalla Boeing Company come arma a basso costo che consente attacchi di alta precisione e con un basso livello di danni collaterali. Il Congresso Usa, alla fine del 2008, aveva autorizzato Israele ad acquistare mille unità di questo tipo di bomba, ed è interessante osservare come sia stato Israele, ancora una volta, il primo paese al di fuori degli Stati Uniti a ricevere la nuova arma.

La GBU-39, a guida GPS, è ritenuta una delle bombe di maggior precisione al mondo. Ha la stessa capacità di penetrazione di una normale bomba di 900 kg. (i test condotti dimostrano che può penetrare almeno 90 cm. di cemento armato), sebbene porti con sé solo 22,7 kg. di esplosivo: le sue piccole dimensioni (1,75 m. di lunghezza) aumentano inoltre il numero di bombe che ciascun aereo può trasportare e, conseguentemente, il numero di obiettivi attaccabili in un solo raid.

I primi aerei dell’aviazione israeliana a ricevere la nuova arma saranno gli F-15 che, potendo trasportare fino a 20 bombe sulle ali e sulla fusoliera, diventeranno quella che viene già definita come una “macchina per uccidere”.

L’amministrazione Obama, fin dall’inizio e ancora adesso, si è proposta come mediatrice per raggiungere finalmente un accordo di pace tra Israeliani e Palestinesi, eppure ancora una volta non si può che rilevare una profonda discrepanza tra le intenzioni e le belle parole, da una parte, e i fatti concreti dall’altra.

A fronte dell’annunciato, ennesimo piano israeliano per costruire 1.300 nuove abitazioni a Gerusalemme est, Obama non ha saputo far altro che dichiarare che questo nuovo impulso alla colonizzazione “non aiuta” gli sforzi di pace: un po’ poco per la verità.

Di contro, il governo americano non esita a fornire ad Israele nuove armi di precisione che non servono certo alla difesa del territorio israeliano, perché nessuno ha l’intenzione e/o la capacità di attaccare Israele, ma che vanno a incrementare il poderoso arsenale di cui Israele ha già dato prova di saper fare buon uso per massacrare civili inermi ed innocenti in Libano e, più di recente, nella Striscia di Gaza.

Il Presidente Obama avrà ora ancor più difficoltà ad accreditare il suo paese nel mondo arabo come “honest broker” di un accordo di pace tra Israeliani e Palestinesi, ma dovrebbe anche spiegare a tutti noi se davvero è questa la strada verso la pace in medio oriente, e nel mondo intero.

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8 novembre 2010

Per uno stato unico, laico e democratico nella Palestina storica.

Ciclo di seminari e di incontri con Ghada Karmi e Kevin Ovenden a Torino, Ivrea, Milano, Varese, Trieste, Cagliari, Napoli, Roma e Pisa
dal 13 al 20 novembre 2010

www.ism-italia.orginfo@ism-italia.org

Questo ciclo di seminari e di incontri, promosso da ISM-Italia e da Viva Palestina Italia in collaborazione con altre associazioni, segna il completamento di un ciclo di lavoro iniziato con il seminario La dimensione della parola condivisa – Quale futuro per Palestina/Israele?, Biella 12/13 maggio 2006. In quella occasione Ilan Pappé ebbe ad anticipare i contenuti del suo saggio La pulizia etnica della Palestina, edito in Gran Bretagna nell’ottobre del 2006 e in Italia nell’aprile 2008, e Omar Barghouti ebbe a introdurre i temi dell’appello al boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) lanciato dalla società civile palestinese il 9 luglio 2005, preceduto nel 2004 da quello per il boicottaggio accademico e culturale di Israele.

Ne sono derivate due delle principali linee di attività di ISM-Italia: la promozione della campagna BDS e l’impegno per la pubblicazione o per la promozione di strumenti critici sulla vicenda mediorientale.

La traduzione del saggio di Ilan Pappé e la presentazione di altri testi, come Distruggere la Palestina – La politica israeliana dopo il 1948 di Tanya Reinhart, Tropea 2004, La fine della soluzione dei due stati, curato da Jamil Hilal, Jaca Book 2007 e la promozione della pubblicazione di Politica (Poesie scelte 1997-2008) di Aharon Shabtai, Multimedia 2008 e de Il nuovo filosemitismo europeo e il “campo della pace” in Israele di Yitzhak Laor, Le Nuove Muse 2008, ne sono stati alcuni passaggi.

La pubblicazione, da parte della casa editrice DeriveApprodi, del saggio di Ghada Karmi Sposata a un altro uomo – Per uno Stato laico e democratico nella Palestina storica, riempie un vuoto nella pubblicistica italiana e permette, caduta la soluzione due popoli – due stati, di analizzare, in termini nuovi, una possibile soluzione della questione palestinese, la one-state solution, nel segno della giustizia e del rispetto dei diritti umani.

Centrale e irrinunciabile rimane il diritto al ritorno dei profughi, come riconoscimento da parte di Israele e del mondo occidentale del crimine commesso contro il popolo palestinese nel ‘47 – ‘48, crimine che continua in Cisgiordania, mentre nella Striscia di Gaza è in corso un genocidio.

Anche questo saggio è stato tradotto a cura di ISM-Italia.

A DeriveApprodi si deve anche nel 2009 la pubblicazione di Boicottare Israele: una pratica non violenta di Diana Carminati e Alfredo Tradardi, in corso di pubblicazione anche in tedesco, e nel 2010 de L’Iran e la bomba di Giorgio Frankel.

Agli incontri di Napoli, Roma e Pisa parteciperà anche Kevin Ovenden, leader del Convoglio VivaPalestina5, partito da Londra il 18 settembre ed entrato nella Striscia di Gaza il 21 ottobre insieme agli altri due convogli provenienti dal Qatar e dal Marocco.

Il Convoglio VivaPalestina5 è stata la prima risposta internazionale (30 le delegazioni presenti, 380 i partecipanti, circa 140 i veicoli) all’attacco omicida israeliano contro la Mavi Marmara nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2010.

A questo convoglio ha partecipato, organizzata da ISM-Italia e da Viva Palestina Italia, una delegazione italiana con sei veicoli, tra i quali una ambulanza e una auto medica, e 14 attivisti.

Sarà l’occasione per fare un esame politico di questa iniziativa e dei convogli e delle flottiglie a venire.

Un ringraziamento particolare ai relatori e alle relatrici e a quanti/e hanno collaborato alla organizzazione di questo ciclo di incontri.

ISM-Italia Viva Palestina Italia

Torino, sabato 13 novembre 2010 ore 9,30
Centro Culturale Italo-Arabo Dar Al Hikma in via Fiochetto 15

Programma del seminario
09.30 – 10.00 Registrazione

Sessione 1
10.00– 10-10 Welcome
10.10 – 10.30 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
10.30 – 11.30 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
11.30 – 13.00 Dibattito

Sessione 2
14.00 – 14.30 Il metodo di oppressione, repressione e di supremazia sionista, Giorgio Frankel
14.30 – 15.00 Il ruolo dell’arte in questi temi oscuri, Piero Gilardi
15.00 – 15.20 Il significato politico del convoglio VivaPalestina5 Alfredo Tradardi
15.20 – 16.00 Dibattito

Ivrea, sabato 13 novembre 2010 ore 20.30
Sala Santa Marta in piazza Santa Marta
in collaborazione con Varieventuali

Programma dell’assemblea
20.30 – 20.40 Welcome
20.40 – 21.00 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
21.00 – 21.40 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
21.40 – 22.00 Dibattito
22.00 – 22.30 L’Unione Europea e Israele, Gianni Vattimo
22.30 – 23.00 Il significato politico del convoglio VivaPalestina5, Alfredo Tradardi
23.00 – 23.30 Dibattito

Milano, lunedì 15 novembre 2010 ore 15.30
Centro Concetto Marchesi in via Spallanzani 6
in collaborazione con la Rete milanese per il BDS

Programma del seminario
15.30 – 16.00 Registrazione

Sessione 1
16.00 – 16-10 Welcome
16.10 – 16.30 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
16.30 – 17.15 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
17.15 – 17.30 Dibattito

Sessione 2
17.30 – 17.50 Il rapporto Goldstone, Pietro Beretta e Gianfranca Scutari
17.50 – 18.10 Il significato politico del convoglio VivaPalestina5, Alfredo Tradardi
18.10 – 19.00 Dibattito

Varese, lunedì 15 novembre 2010 ore 21.00
Istituto Traduttori e Interpreti in via Cavour 30
in collaborazione con il Comitato Varesino per la Palestina

Programma dell’assemblea
21.00 – 21.10 Welcome
21.10 – 21.30 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
21.30 – 22.30 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
22.30 – 23.00 Dibattito
23.00 – 23.20 Il significato politico del convoglio VivaPalestina5, Alfredo Tradardi
23.20 – 23.45 Dibattito

Trieste, martedì 16 novembre 2010 ore 18.00
Università di Trieste, Aula Magna in via Baciocchi
in collaborazione con il Centro Universitario Studi e Ricerche per la Pace e Salaam Ragazzi dell’Olivo Comitato di Trieste

Incontro-dibattito
Interventi di Diana Carminati e Ghada Karmi
Dibattito

Cagliari, mercoledì 17 novembre 2010 ore 16.30
Università di Cagliari-Facoltà di Scienze Politiche in via San Giorgio 12
in collaborazione con l’Associazione Amicizia Sardegna Palestina

Programma dell’assemblea
16.30 – 16.40 Welcome
16.40 – 17.00 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Wasim Dahmash
17.00 – 18.00 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
18.00 – 18.30 Dibattito

Cagliari, mercoledì 17 novembre 2010 ore 18.30
al Manàmanà di piazza Savoia
in collaborazione con il Circolo dei Lettori di Cagliari

Programma dell’incontro-dibattito
18.30 – 18.40 Welcome
18.40 – 19.00 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Wasim Dahmash
19.00 – 20.00 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
20.00 – 20.30 Dibattito

Napoli, giovedì 18 novembre 2010 ore 16.00
Università L’Orientale Palazzo Giusti in Largo San Giovanni Maggiore
in collaborazione con il Comitato Campano di Solidarietà con il Popolo Palestinese
e il Collettivo Autorganizzato Universitario (CAU)

Programma del seminario
16-00 – 16-30 Registrazione

Sessione 1
16.30 – 16.40 Welcome
16.40 – 17.00 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
17.00 – 18.00 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
18.00 – 18.30 Dibattito

Sessione 2
18.30 – 19.00 La natura coloniale del sionismo, Iain Chambers
19.00 – 19.30 Agire contro il sionismo, Kevin Ovenden
19.30 – 20.00 Dibattito

Roma, venerdì 19 novembre 2010 ore 10.00
Hotel Massimo d’Azeglio in via Cavour 18 (presso la stazione Termini)
in collaborazione con DeriveApprodi

Programma del seminario
10.00 – 10.30 Registrazione

Sessione 1
10.30 – 10.40 Welcome
10.40 – 11.00 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Biancamaria Scarcia
11.00 – 12.00 Per uno Stato, unico laico, e democratico nella Palestina storica, Ghada Karmi
12.00 – 13.00 Dibattito

Sessione 2
14.00 – 15.00 Agire contro Israele, Kevin Ovenden
15.00 – 15.30 Sionismo: un tabù depassé, Sergio Cararo
15.30 – 16.00 Il boicottaggio accademico e culturale di Israele, Diana Carminati
16.00 – 16.30 G Awad, psicoanalista palestinese: note sulla crisi del mondo arabo, Flavia Donati
16.30 – 17.30

Interventi programmati: La fabbrica del falso: il caso israeliano, Vladimiro Giacchè

Pisa, sabato 20 novembre 2010 ore 16.00
Facoltà di Lettere Palazzo Ricci in via del Collegio Ricci n. 10
in collaborazione con il Collettivo Autonomo Universitario di Pisa

Programma del seminario
16.00 – 16.10 Welcome
16.10 – 16.30 Presentazione del saggio di Ghada Karmi, Diana Carminati
16.30 – 17.20 Per uno Stato unico, laico e democratico, nella Palestina storica, Ghada Karmi
17.20 – 17.40 Dibattito
17.40 – 18.20 Agire contro Israele, Kevin Ovenden
18.20 – 19.00 Interventi programmati
19.00 – 19.30 Dibattito

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3 novembre 2010

Evento: "Palestina anno zero"


Venerdì 5 novembre, alle ore 18:00, presso il Laboratorio Zeta di Via Boito 7 a Palermo, presentazione della rivista:

Conflitti Globali 5
Palestina anno zero

Interverranno:

Federico Rahola - Università di Genova
Massimiliano Guarechi - Università di Genova
Paolo Cuttitta - Università di Palermo
Serena Marcenò - Università di Palermo

Inaugurazione della mostra:
"TERRA SPEZZATA - Immagini dalla Palestina"

Testi e foto di P. Cuttitta. Mappe dell'ARIJ. Organizzazione: Collettivo 20 luglio.

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Apartheid in Israele.

Ogni qual volta personalità eminenti si azzardano a paragonare il regime israeliano all’apartheid del Sudafrica ante 1990 si levano alte le proteste di quanti giudicano, al minimo, tale parallelo esagerato.

Eppure altro termine di paragone non si riesce a trovare, non solo rispetto all’occupazione dei Territori palestinesi, ma anche alla legislazione e alla pratica amministrativa vigenti in Israele, che vedono la popolazione araba pesantemente discriminata.

E tale stato di cose viene ora ad essere sancito sul piano giuridico dal disegno di legge di cui si parla nell’articolo che segue, proposto nella traduzione di Medarabnews.

Scrive Amnon Be’eri-Sulitzeanu: “Nel 2010 la segregazione tra ebrei e arabi in Israele è quasi assoluta. Quelli di noi che vivono qui lo danno per scontato. Ma i visitatori stranieri non possono credere ai loro occhi”.

E a chi non si reca in Israele questa realtà vergognosa, purtroppo, non la racconta nessuno.

Nel 2010 la segregazione tra Ebrei ed Arabi in Israele è quasi assoluta.
di Amnon Be’eri-Sulitzeanu – 29.10.2010

Sotto il nome ingannevolmente ordinario di “Emendamento al disegno di legge sulle Associazioni Cooperative”, la Commissione per la Costituzione, la Legge e la Giustizia della Knesset la scorsa settimana ha messo a punto un progetto di legge destinato a scavalcare le precedenti sentenze della Corte di Giustizia. Se davvero questa legislazione sarà approvata dalla Knesset, non potremmo che descriverla come una legge di apartheid.

Dieci anni fa, la Corte Suprema ordinò alla città di Katzir di accettare la famiglia di Adel e Iman Kaadan, cittadini arabi di Israele, in quanto membri della comunità. Sette anni più tardi, il giudice emise una sentenza simile contro il paese di Rakefet in Galilea, il quale, come Katzir, è un villaggio ebraico. Ora, però, l’assemblea legislativa ha elaborato una vera e propria risposta “sionista” per i giudici: se essa diventerà legge, l’emendamento darà a dei comitati di accettazione all’interno dei comuni il potere di limitare esclusivamente a cittadini ebrei la possibilità di risiedere nelle loro città.

Usando un linguaggio neutro ed asettico, il disegno di legge consentirebbe a tali comitati nei piccoli borghi rurali di respingere le domande provenienti da famiglie che “sono incompatibili con il tessuto socio-culturale della comunità, e dove ci sono dei motivi per supporre che esse possano distruggere questo tessuto”.

In altre parole, se i comitati di ammissione in precedenza erano costretti ad usare un po’ di creatività per nascondere le motivazioni etnico-nazionali dietro al rifiuto nei confronti degli arabi, ora, come ha affermato Rabbi Akiva, “è tutto previsto, e la libertà di scelta è concessa” ( Pirkei Avot 3). Gli arabi? Non qui. Siamo spiacenti, la legge è dalla nostra parte in questo caso.

Coloro che fingono innocenza, tra cui alcuni esponenti del centro del nostro panorama politico, diranno: “Il disegno di legge non è inteso per escludere gli arabi. Cosa c’è di sbagliato nel sostenere il diritto delle comunità a proteggere il loro stile di vita unico?”.

In effetti, cosa c’è di sbagliato in questo? Non c’è dubbio che i vegetariani di Moshav Amirim, in Galilea, hanno diritto a difendersi da un’invasione di carnivori, così come i praticanti della meditazione trascendentale a Hararit, nella regione di Misgav, devono poter meditare senza interruzioni, ma il carattere di queste comunità è assolutamente unico. Non è così per le decine di kehilati’im yeshuvim (letteralmente, “insediamenti comunitari”) in Israele, la cui principale caratteristica culturale è il fatto che i loro abitanti sono ebrei e sionisti – non proprio una popolazione sotto minaccia imminente, e il cui stile vita unico andrebbe protetto.

Già diversi mesi fa abbiamo potuto constatare quanto rapidamente questa nuova legge verrà messa in atto, quando alcuni paesi, anticipando l’azione della Knesset, in tutta fretta approvarono delle leggi che di fatto impedivano la presenza degli arabi. Nelle comunità di Yuvalim e Manof, nella zona di Misgav, coloro che fanno domanda di residenza sono ora tenuti a giurare fedeltà alla visione sionista, mentre in Mitzpe Aviv, un po’ più a sud, devono dichiarare di identificarsi con i valori del sionismo e con la definizione di Israele come stato ebraico e democratico.

Non è che le famiglie arabe facciano la fila per trasferirsi in queste comunità chiuse, le quali sono state istituite principalmente negli anni ‘70 e ‘80 da organizzazioni sioniste come l’Agenzia Ebraica ed il Fondo Nazionale Ebraico al fine di “giudaizzare” aree come il Negev e la Galilea. Nessuno si aspetta da queste cittadine che forniscano la risposta all’orrenda carenza di alloggi con cui la popolazione araba di Israele deve fare i conti. Nemmeno una sola nuova città è stata costruita per loro dal 1948, con l’eccezione di alcuni poveri insediamenti beduini del Negev. Allo stesso modo, il governo centrale non ha ritenuto opportuno aiutare o dare l’approvazione ai comuni arabi già esistenti per elaborare dei piani generali che permetterebbero loro di attuare un programma di crescita e sviluppo per soddisfare le esigenze di una popolazione in crescita e migliorare la loro modesta qualità della vita.

Non citiamo nemmeno cittadine come Nazareth Illit, Safed e Carmiel, dove sono stati emessi una serie di comunicati ufficiali – a volte da parte di alti funzionari comunali – con lo scopo di espellere gli arabi o impedirne l’integrazione al loro interno.

Nel 2010 la segregazione tra ebrei e arabi in Israele è quasi assoluta. Quelli di noi che vivono qui lo danno per scontato. Ma i visitatori stranieri non possono credere ai loro occhi: istruzione segregata, attività commerciali divise, luoghi di intrattenimento separati, lingue diverse, partiti politici diversi … e, naturalmente, alloggi separati. Per molti aspetti, questo è ciò che i membri di entrambi i gruppi vogliono, ma tale separazione contribuisce solo a una crescente reciproca alienazione tra ebrei e arabi.

Diversi tentativi coraggiosi – in particolare in città e regioni miste – sono stati intrapresi per cambiare la situazione, per ricucire le spaccature e promuovere l’integrazione. Essi vanno da sforzi per sviluppare contesti educativi misti, a iniziative imprenditoriali congiunte e ad altri interventi destinati a promuovere buone relazioni di vicinato sulla base delle pari opportunità. Fino ad ora, questi tentativi intervenivano su una situazione di segregazione de facto. Da oggi, però, la segregazione sarà de jure, per la vergogna di Israele.

Amnon Be’eri Sulitzeanu è co-direttore esecutivo dell’Abraham Fund Initiatives, un’organizzazione che promuove la coesistenza e l’uguaglianza fra i cittadini ebrei ed arabi di Israele.

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